In tutta Italia ci sono istituti presi in ostaggio dagli studenti. I
giovani possono fare politica, ma il diritto all’istruzione non può mai essere calpestato. Ed è ora che i danni vengano
fatti pagare alle famiglie.
Sono sei le scuole occupate a Roma, tra cui il prestigioso ginnasio liceo
Torquato Tasso, la migliore scuola classica della capitale secondo la
classifica stilata dalla Fondazione Agnelli. Occupazione per motivi politici,
come si legge in un documento diffuso dagli studenti, in dissenso «riguardo
alle politiche economiche e sociali». E aggiungo no che la dignità del
lavoratore, sulla quale si fonda la Repubblica italiana è «svilita o addirittura
cancellata da una forma di sussistenza sociale quale il reddito di
cittadinanza». Pertanto gli occupanti si dichiarano «contro la demagogia del governo
gialloblù, che continuamente strumentalizza e demolisce la solidarietà umana,
trasformando in criminali coloro che cercano di dare dignità a tutti». Un
taglio politico inequivoco, a tutto campo, con riferimento alla politica economica
e sociale, genericamente richiamata, ma anche al reddito di cittadinanza, scelta
portata avanti dal M5s, ritenuto, non senza ragioni, misura assistenziale.
Possono gli studenti fare politica?
Evidentemente si. È un diritto fondamentale dei cittadini, incomprimibile in una
democrazia e va tutelato.
E messo a confronto con un altro diritto fondamentale, quello di
partecipare alle lezioni che lo Stato, con rilevante dispendio di risorse
economiche, predispone peri giovani nell’ottica della loro crescita civile e
professionale. La scuola, infatti, è il luogo dove s’impara a essere cittadini
e ad acquisire le conoscenze che daranno loro una preparazione per la vita. Dalla
scuola alla vita è stato il titolo di un bel libro, coordinato da Paola Maria
Zerman, che qualche anno fa, con il concorso di personalità di varie esperienze
di studio e di lavoro, ha indicato ai giovani il valore etico del lavoro nei
vari settori professionali.
Luogo del sapere, servizio ai cittadini,
la scuola deve mantenere la sua autonomia rispetto al dibattito della politica
e deve essere posta nelle
condizioni di rendere con continuità il servizio istruzione. Con la conseguenza che se gli studenti possono manifestare liberamente le loro idee politiche non hanno il diritto di interrompere il servizio impedendo a chi ne vuole fruire di assistere alle lezioni. Infatti, a collocarla nel contesto giuridico suo proprio, l’occupazione degli istituti scolastici, con interruzione del servizio, costituisce un illecito dai molteplici profili, penali e di danno erariale, perché impedisce l’esercizio di una funzione pubblica. È evidente che gli studenti possono «marinare la scuola», come si diceva un tempo, anche a costo di subire conseguenze sul piano disciplinare, ove l’assenza ingiustificata si protraesse per un certo periodo rispetto alla durata legale dell’anno scolastico, con conseguenze anche sull’esito finale.
condizioni di rendere con continuità il servizio istruzione. Con la conseguenza che se gli studenti possono manifestare liberamente le loro idee politiche non hanno il diritto di interrompere il servizio impedendo a chi ne vuole fruire di assistere alle lezioni. Infatti, a collocarla nel contesto giuridico suo proprio, l’occupazione degli istituti scolastici, con interruzione del servizio, costituisce un illecito dai molteplici profili, penali e di danno erariale, perché impedisce l’esercizio di una funzione pubblica. È evidente che gli studenti possono «marinare la scuola», come si diceva un tempo, anche a costo di subire conseguenze sul piano disciplinare, ove l’assenza ingiustificata si protraesse per un certo periodo rispetto alla durata legale dell’anno scolastico, con conseguenze anche sull’esito finale.
L’occupazione, come intuitivo, è contraria
a regole elementari. Al di là dei danni che essa può provocare, come l’esperienza
insegna, all’edificio scolastico e ai suoi arredi, e con l’utilizzazione impropria
di strutture informatiche e con aggravio dei costi delle utenze, la stessa
occupazione costituisce quello che si definisce un «pregiudizio erariale», cioè
un danno al bilancio pubblico, considerato che lo Stato pagherebbe docenti che
non hanno effettuato la loro prestazione.
Chi ne è responsabile sul piano giuridico?
Innanzitutto le famiglie degli occupanti alle quali i presidi dovranno chiedere
i danni. Non farlo fa gravare su di essi una diversa responsabilità, anch’essa
di natura «erariale», di competenza della Corte dei conti. Infatti non
pretendere il risarcimento di un danno ingiusto costituisce un comportamento
illecito per un pubblico funzionario. Una responsabilità che si aggiunge a quella
per l’interruzione del servizio scuola nel quale saranno coinvolti anche i
responsabili delle forze di polizia (il questore). I presidi, per non aver messo
in atto tutte le misure per impedire l’occupazione dei locali, il secondo per
non essere intervenuto a liberarli per consentire la prosecuzione dei corsi.
Senza arrivare al caso del preside che a Roma, qualche anno fa, di fronte a un’assemblea
studentesca
decisa a proclamare lo «sciopero» e a occupare i locali, ha
consegnato agli studenti le chiavi del portone d’ingresso e se ne è andato a casa.
decisa a proclamare lo «sciopero» e a occupare i locali, ha
consegnato agli studenti le chiavi del portone d’ingresso e se ne è andato a casa.
E qui s’innesca anche una responsabilità
del governo, di «natura politica», insindacabile in sede giudiziaria, in quanto
l’autorità politica potrebbe decidere di non intervenire per motivi di ordine pubblico.
Ma una cosa è certa.
Se si attivasse la regola elementare della responsabilità
civile per danno, per cui «chi rompe paga», e una volta tanto i genitori degli studenti fossero chiamati a risarcire i danni provocati dai loro figli «esuberanti», probabilmente le occupazioni non si farebbero più e gli studenti potrebbero manifestare i loro legittimi orientamenti politici al di fuori dell’orario delle lezioni, magari nell’aula magna degli istituti (quelli che ne hanno una).
Se si attivasse la regola elementare della responsabilità
civile per danno, per cui «chi rompe paga», e una volta tanto i genitori degli studenti fossero chiamati a risarcire i danni provocati dai loro figli «esuberanti», probabilmente le occupazioni non si farebbero più e gli studenti potrebbero manifestare i loro legittimi orientamenti politici al di fuori dell’orario delle lezioni, magari nell’aula magna degli istituti (quelli che ne hanno una).
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