NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

sabato 24 novembre 2018

Tolleranza zero per chi occupa. Bloccare le scuole è un crimine.




In tutta Italia ci sono istituti presi in ostaggio dagli studenti. I giovani possono fare politica, ma il diritto all’istruzione non può mai essere calpestato. Ed è ora che i danni vengano fatti pagare alle famiglie.


Sono sei le scuole occupate a Roma, tra cui il prestigioso ginnasio liceo Torquato Tasso, la migliore scuola classica della capitale secondo la classifica stilata dalla Fondazione Agnelli. Occupazione per motivi politici, come si legge in un documento diffuso dagli studenti, in dissenso «riguardo alle politiche economiche e sociali». E aggiungo no che la dignità del lavoratore, sulla quale si fonda la Repubblica italiana è «svilita o addirittura cancellata da una forma di sussistenza sociale quale il reddito di cittadinanza». Pertanto gli occupanti si dichiarano «contro la demagogia del governo gialloblù, che continuamente strumentalizza e demolisce la solidarietà umana, trasformando in criminali coloro che cercano di dare dignità a tutti». Un taglio politico inequivoco, a tutto campo, con riferimento alla politica economica e sociale, genericamente richiamata, ma anche al reddito di cittadinanza, scelta portata avanti dal M5s, ritenuto, non senza ragioni, misura assistenziale.
Possono gli studenti fare politica? Evidentemente si. È un diritto fondamentale dei cittadini, incomprimibile in una democrazia e va tutelato.
E messo a confronto con un altro diritto fondamentale, quello di partecipare alle lezioni che lo Stato, con rilevante dispendio di risorse economiche, predispone peri giovani nell’ottica della loro crescita civile e professionale. La scuola, infatti, è il luogo dove s’impara a essere cittadini e ad acquisire le conoscenze che daranno loro una preparazione per la vita. Dalla scuola alla vita è stato il titolo di un bel libro, coordinato da Paola Maria Zerman, che qualche anno fa, con il concorso di personalità di varie esperienze di studio e di lavoro, ha indicato ai giovani il valore etico del lavoro nei vari settori professionali.
Luogo del sapere, servizio ai cittadini, la scuola deve mantenere la sua autonomia rispetto al dibattito della politica e deve essere posta nelle
condizioni di rendere con continuità il servizio istruzione. Con la conseguenza che se gli studenti possono manifestare liberamente le loro idee politiche non hanno il diritto di interrompere il servizio impedendo a chi ne vuole fruire di assistere alle lezioni. Infatti, a collocarla nel contesto giuridico suo proprio, l’occupazione degli istituti scolastici, con interruzione del servizio, costituisce un illecito dai molteplici profili, penali e di danno erariale, perché impedisce l’esercizio di una funzione pubblica. È evidente che gli studenti possono «marinare la scuola», come si diceva un tempo, anche a costo di subire conseguenze sul piano disciplinare, ove l’assenza ingiustificata si protraesse per un certo periodo rispetto alla durata legale dell’anno scolastico, con conseguenze anche sull’esito finale.
L’occupazione, come intuitivo, è contraria a regole elementari. Al di là dei danni che essa può provocare, come l’esperienza insegna, all’edificio scolastico e ai suoi arredi, e con l’utilizzazione impropria di strutture informatiche e con aggravio dei costi delle utenze, la stessa occupazione costituisce quello che si definisce un «pregiudizio erariale», cioè un danno al bilancio pubblico, considerato che lo Stato pagherebbe docenti che non hanno effettuato la loro prestazione.
Chi ne è responsabile sul piano giuridico? Innanzitutto le famiglie degli occupanti alle quali i presidi dovranno chiedere i danni. Non farlo fa gravare su di essi una diversa responsabilità, anch’essa di natura «erariale», di competenza della Corte dei conti. Infatti non pretendere il risarcimento di un danno ingiusto costituisce un comportamento illecito per un pubblico funzionario. Una responsabilità che si aggiunge a quella per l’interruzione del servizio scuola nel quale saranno coinvolti anche i responsabili delle forze di polizia (il questore). I presidi, per non aver messo in atto tutte le misure per impedire l’occupazione dei locali, il secondo per non essere intervenuto a liberarli per consentire la prosecuzione dei corsi. Senza arrivare al caso del preside che a Roma, qualche anno fa, di fronte a un’assemblea studentesca
decisa a proclamare lo «sciopero» e a occupare i locali, ha
consegnato agli studenti le chiavi del portone d’ingresso e se ne è andato a casa.
E qui s’innesca anche una responsabilità del governo, di «natura politica», insindacabile in sede giudiziaria, in quanto l’autorità politica potrebbe decidere di non intervenire per motivi di ordine pubblico. Ma una cosa è certa.
Se si attivasse la regola elementare della responsabilità
civile per danno, per cui «chi rompe paga», e una volta tanto i genitori degli studenti fossero chiamati a risarcire i danni provocati dai loro figli «esuberanti», probabilmente le occupazioni non si farebbero più e gli studenti potrebbero manifestare i loro legittimi orientamenti politici al di fuori dell’orario delle lezioni, magari nell’aula magna degli istituti (quelli che ne hanno una).

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