NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

lunedì 28 novembre 2016

Michele Pivetti, capo dei monarchici siciliani. “Quel referendum che tradì…”

di Salvatore Palagreco
I monarchici ci sono ancora e l’Unione Monarchica Italiana conta molti seguaci. Non se ne sa niente perché, contrariamente a quanto si crede, l’Unione Monarchica non è un partito e non si fa coinvolgere nelle beghe elettorali. Ma i suoi adepti fanno politica, dove ritengono meglio farla. Michele Pivetti, eletto delegato regionale dell’Umi in Sicilia, che ci spiega tutto questo, è un brillante avvocato quarantenne che è stato socialdemocratico con Carlo Vizzini ed ha seguito  le orme dell’ex Presidente del senato, Renato Schifani. La sua famiglia ha una lunga tradizione monarchica, ed uno zio, fratello del nonno, Ernesto Pivetti, monarchico, fu per più di un anno sindaco di Palermo. L’avvocato ha sangue blu, ma non vuole che se ne parli, “perché il mondo è cambiato e nel biglietto di visita le cose che contano sono altre”

“Se ritiene che io sia una mosca bianca si sbaglia…”, esordisce Michele Pivetti. “Cominciamo con il dire che ci sono monarchici in entrambi gli schieramenti, centrodestra e centro sinistra, in Campania ci sono sedici importanti militanti del Pd che aderiscono all’Unione Monarchica”
Quali ragioni la legano alla Monarchia, avvocato?
“Tradizione di famiglia, sono stato educato ed ho vissuto in una famiglia monarchica. I nostri valori sono semplici: il rispetto della tradizione, la famiglia, la patria ed il buon governo, che una dinastia regnante può assicurarci. Il re garantisce la stabilità, l’identità, la continuità. Parla con il popolo, non con i partiti…
Lei pensa che sia possibile ipotizzare il ritorno della Monarchia in Italia?
“Affatto, non ipotizziamo un bel niente. Prima di arrivare a questo, occorre modificare la Costituzione, che all’art.139 vieta il cambio di regime. Non può essere sottoposta al popolo la scelta, non è prevista la revisione della forma di Stato. La sovranità del popolo conosce questo unico limite. Credo che sia arrivato il momento di abbattere questo muro. A meno che non si tema che gli italiani possano tornare alla Monarchia…Ci sono grandi paesi moderni che oggi tengono in piedi la Monarchia, dalla Spagna al Regno Unito, la Svezia ecc. E’ anche per questa ragione, la riforma costituzionale non ha preso in considerazione questa modifica, che ho deciso di votare NO al referendum”
La Sicilia ha una tradizione monarchica…
“Esatto, al referendum i siciliani votarono in larga maggioranza Monarchia….”
E ci fu un momento in cui Umberto stava per assumere la Corona di Sicilia? Gli inglesi dopo lo sbarco ci avevano fatto un pensierino.
“Preferisco ricordare che lo Statuto speciale della regione siciliana fu firmato da Umberto nel 1946. E’ stato un Savoia a dare autonomia alla Regione siciliana, non la Repubblica. Lei sa che la Cassazione non ha mai sottoscritto il risultato del Referendum che sancì la vittoria della Repubblica? Umberto morì da Re, non abdicò mai. Tornando all’attuale riforma costituzionale, che punta sull’abbattimento dei costi attraverso la modifica del senato, mi permetta di ricordare che lo Statuto albertino prevedeva la gratuità dei senatori…”
Torniamo ai “signori” che possono permetterselo?
“Affatto, io vivo il mio tempo pienamente. Ci deve essere una forma di indennità, ci mancherebbe. Citavo lo Statuto albertino giusto per accennare alla rilevanza che la Monarchia ha dato ai costi…”
Parliamo della vita politica di un monarchico per tradizione familiare. Quali sono stati i suoi rapporti con la politica politicante?
“Sono stato socialdemocratico, poi ho contribuito a far nascere Forza Italia. Ho costituito tanti Circoli del buon governo, ho lavorato con il sottosegretario Simona Vicari e sono rimasto a lungo accanto a Renato Schifani, che ho seguito anche quando ha fondato il Nuovo centrodestra…Fu una reazione al partito gestito da due signore, la Pascale e la Rossi. Ma mi consenta di fare un passo indietro e parlare di ciò che conta, piuttosto che di me…Sono ancora con lui, naturalmente.
La Monarchia non sembra godere di grande appeal, diciamolo pure.
“Non sarei affatto sicuro di ciò che lei dice, anzi. Coloro che si sono documentati sulla storia del Paese, sanno per esempio che fu il buonsenso di Umberto e Casa Savoia, che all’indomani del referendum – una vittoria molto aiutata della Repubblica – impedì una guerra civile nel nostro Paese. Umberto sciolse dal vincolo di fedeltà le Forze armate italiane. Non per nulla il primo Presidente della Repubblica fu Enrico de Nicola, che era un liberale dichiaratamente monarchico. Sono stati gli eredi di Vittorio Emanuele III a creare l’UMI, per salvaguardare i valori della casa regnante, la monarchia, e cioè l’uguaglianza, le tradizioni italiane, come la famiglia, la patria. L’UMI è la più antica associazione italiana, nacque nel 1944. Un sondaggio, non recente, sostiene che gli italiani tendenzialmente monarchici sarebbero otto milioni. Ci sono personaggi importanti che si dichiarano monarchici. Come Antonio Tajani  fra gli altri. E i siciliani Tommaso Romano e Toti Bordonali”
L’UMI è organizzata in Sicilia?
“Certo, come ogni regione ha una sua struttura, c’è stata un’assemblea a Palermo, durante la quale i delegati provinciali mi hanno eletto loro rappresentante. E non nego che questa scelta mi ha gratificato. E’ come se avessi donato qualcosa d’importante alla mia antica tradizione familiare”.

domenica 27 novembre 2016

L'Europa dall'Atlantico agli Urali

 di Domenico  Giglio, presidente del Circolo Rex


Questa  frase  di  De  Gaulle  va  oggi  ricordata, perché  le  incomprensioni  tra  l’Unione  Europea  e  gli  USA   di  Obama  e  la  Russia  di  Putin  hanno  raggiunto  un  livello  pericoloso. Con  questa  affermazione  fatta  da  un  uomo, profondamente  legato  alla  sua  patria, la  Francia, si  voleva  ricordare  che  la  Russia, oggi   non  più  URSS, faceva  storicamente  e  geograficamente  parte  dell’ Europa. De  Gaulle, come  tutti  gli  ufficiali  usciti  dalle  grandi  accademie  militari, non  aveva  solo  una  vasta  cultura  militare, con  una  moderna  visione  della  guerra, che  non  avevano  i  grandi  generali francesi, e  lo  si  vide  nel  1940,  ma  anche  una  altrettanto  vasta  cultura  storica, come  del  resto  avveniva  per  chi, nel  Regno  d’Italia, usciva  dalle regie  accademie  di  Torino  e  di  Modena. A  tale  proposito, a  titolo  indicativo,  ho  anche  un  ricordo  familiare, in quanto  mio  Nonno, entrato  all’Accademia  di Modena  nel  lontano 1875, studiò  la  storia  d’Europa  su  un  importante  testo  del  Senatore  del  Regno, professore  di  storia  nella  Università  di  Torino, Ercole  Ricotti, ( volume  di  736  pagine , che  fa  parte  della  biblioteca  di  famiglia), che  nulla  taceva  su  quanto  avvenuto  in Europa  dal  476  d.C.  al  1861, ed  anche  la  storia  mondiale  su  di un  altro  testo, ( volume  di  634  pagine ) opera  di  un  brillante  ufficiale  di  Stato  Maggiore, Tancredi  Fogliani, testo  specifico  per  la  Scuola  Militare .
Quindi  la  Russia, nella  visione  di  De  Gaulle, faceva parte  dell’ Europa, ed  in  effetti  questa  appartenenza  risale  almeno  a  Pietro  il  Grande, che  da  giovane  aveva  girato  per  l’Europa  per  studiarne  costumi  ed  istituzioni  e  per  conoscere  le  conquiste  di  carattere  tecnico, e  ad  ingegneri  ed  artisti  europei , specie  italiani, affidò  l’incarico  di  progettare  e  costruire  la  nuova  grande  capitale  che  da  lui  prese  nome. E  così  i  russi  combatterono  contro  la  Svezia, di  Carlo  XII, famoso  generale, per  fermarne  l’espansione, e  poi  contro  Napoleone, determinando  l’inizio  delle  sue  sconfitte, e  dopo  la  sua  caduta, presero  parte  quasi  da  protagonisti  nel  Congresso  di  Vienna, del  1814 e  nella  costituzione  della  “Santa  Alleanza “.
In  nome  di  questa, truppe  russe intervennero in Ungheria, nel  1849, ribellatasi  all’ Impero  Asburgico, per  riconsegnarla   a  Francesco  Giuseppe, e  poi  le  guerre  contro  l’Impero  Ottomano, che  portarono alla  nascita  di  Romania  e  Bulgaria, malgrado  l’intermezzo  della  guerra  di  Crimea, e  poi  ancora  l’intesa  dei  “tre  imperatori” , con l’Impero  Germanico   ed  Austro-Ungarico. Venne  poi  l’alleanza  con  la Francia  e  l’intervento  nel  1914  a  favore  della  piccola  Serbia, slava  ed  ortodossa, stupidamente  aggredita  dall’ Austria, e  l’inizio  della  prima  Guerra  Mondiale. In  sostanza  fino  al  1917, la  Russia  Imperiale  fece parte  del  “concerto” delle  potenze  europee, dove  pure  era  entrato, non  dimentichiamolo , anche  il  giovane  Regno  d’Italia.
La  frattura  avvenne   con  la  rivoluzione  bolscevica, e  con  la  nuova  URSS, che  voleva  espandere  l’idea   comunista  nel  mondo  per  cui  solo  lo  sciagurato  attacco  di  Hitler, nel  1941, dopo  l’effimero  accordo  Ribbentrop - Molotov, creò  nuovamente  una  alleanza  con  la  Gran  Bretagna  e  gli  USA, che  consentirono  all’Unione  Sovietica  di insediarsi  nel  mezzo  dell’ Europa  con  i  suoi  stati  satelliti, fino  alla  caduta  del  “muro”, all’avvento  di  Gorbaciov  e  poi  di   Eltsin.
Che  oggi  la  Russia, restituite  alla  indipendenza, magari  malvolentieri, i  tre  piccoli  stati  baltici, Estonia, Lettonia  e  Lituania, e  la  grande  Ucraina, non  sia  una  democrazia   perfetta, ma  quale  è  anche  negli  altri  paesi   perfetta, è   abbastanza  noto, ma  il  compito  storico  dell’ Europa  è  di  riportarla  nel  “concerto”, sia  per  il  numero  degli  abitanti, sia  per  le  sue   potenzialità  economiche ( non  dimentichiamo  la  Siberia), sia , infine , per  essere  un  paese  ancora  abbastanza  cristiano, anche  se  ortodosso, rispetto  ad  una  Europa  Occidentale, piuttosto  scristianizzata, malgrado  le  sue  indiscusse  origini  cristiane, e l’attività  ecumenica  e  quasi  missionaria  dei  più  recenti  Pontefici .


venerdì 25 novembre 2016

CIRCOLO DI CULTURA E DI EDUCAZIONE POLITICA “REX”

LXIX CICLO DI CONFERENZE 2016-2017




27 novembre 2016
Prof. Pier Franco QUAGLIENI 

Benedetto Croce:  figlio  del  Risorgimento



 N. B. Ingresso ore 10,15, inizio conferenza ore 10,30. 



Roma Via Marsala 42

Casa Salesiana San Giovanni Bosco, Sala Uno nel

 Cortile 2

IL MODELLO USA PER L’ UNITA’ D’ EUROPA ?

di Domenico Giglio, presidente del Circolo Rex

Domenico   Fisichella, dopo il  fondamentale  trittico  dedicato  al  Risorgimento  ed  al  Regno  d’Italia , costituito  da  “Il  Miracolo  del  Risorgimento”, “Dal  Risorgimento  al  fascismo”  e  “Dittatura  e  Monarchia”, (  editi  rispettivamente  nel  2010 , 2012  e  2014 da  Carocci  Editore ), che  costituiscono  la  più  recente, documentata, completa analisi  della  storia  d’Italia dal  1800 al  1946, è  tornato, sempre  nel  campo  storico, al  quadro  più  generale  delle  realtà  europee  e  mondiali  ed  ai  temi  a  Lui  cari della  Dottrina  dello  Stato  e  Scienza  della  Politica  di  cui  è  stato  per  lunghi  anni  docente .
Il  nuovo  libro, testè  uscito ,facente  parte  della  “Biblioteca  di  Storia  e  Politica” dal  titolo  “Il  modello  USA   per  l’unità  di  Europa? ” ( edizione  “ Pagine  s.r.l.”  del  2016 – euro  18,00 ) , tratta  appunto  questo  problema che  come  precisato  dal prof.  Fisichella, non  vuole  essere  una  storia  degli  Stati  Uniti  d’America, anche  se  logicamente ha  dovuto  precisare  alcune  tappe  fondamentali  della  nascita  e  dello  sviluppo  di  questa Unione,  partendo  dalla  riunione  del  1774, a  Filadelfia , delle  tredici  originarie  colonie, che  nel  1776 , con  la “Dichiarazione d’ Indipendenza“, si  costituiranno  appunto   in  Unione  e  da  Colonie  in  Stati. E  necessariamente  ricorrono  i  nomi  di  Washington, Hamiltonn, Madison  e  poi  Monroe, con  la  sua  dottrina  e  le  tappe, anche  sanguinose  e  dolorose, della  guerra  civile, detta  “Guerra  di  Secessione“, dopo  la  quale  ritrovata  l’unità  e  la  preminenza  dello  stato  nazionale, nascerà, come  scrive  Fisichella  “ La  Grande  Potenza”, i  cui  sviluppi  “imperiali”, ben conosciamo  e  che  portarono nel  1917  i  primi  soldati  americani  in  Europa, in  appoggio  e  sostegno  delle  truppe  franco-inglesi, impegnate  nel  mortale  duello  con  l’Impero  Germanico .
Quanta  differenza  con   gli  stati  europei  di  cui  ricorda, per  sommi  capi, le  linee  di  sviluppo, i dibattiti  teorici  e  le  implicazioni  politiche, con  le  lotte  per  l’egemonia, soffermandosi  sulla  nascita  di  nuovi  stati, con  belle  pagine  dedicate  all’ unità  dell’ Italia, costituitasi   in  Regno, e  poi   ancora  gli  sviluppi  della  attuale  unione europea, anche  soffermandosi  sul “Manifesto  di  Ventotene”.  Importanti   infine   le  considerazioni,  svolte  anche  in  precedenza  da  Fisichella, sui   dati  numerici  della  popolazione  europea, che  nel  giro  di  un secolo, dal  1900  ad  oggi, l’ ha  vista  scendere  dal  25%  della  popolazione  mondiale, a  molto meno   del  10%, con  tendenza  inarrestabile  alla  ulteriore  diminuzione, a  vantaggio  dell’ Africa, ancora   più  che  dell’Asia, dove  già  esistono  l’India   e  la  Cina, superiori  al  miliardo  di  abitanti ! Dati  impressionanti  che  dovrebbero far  riflettere  gli  sprovveduti  che  rilanciano  i  nazionalismi  europei    o  auspicano, in  vari  casi  la  disintegrazione  degli  stati  nazionali, a  favore  di  più  piccole  patrie.

Testo  perciò  da  leggere  e  meditare , invece  di  romanzi  e  di  saghe  fuori  del  tempo  e  della  storia.

mercoledì 23 novembre 2016

Conferenza a Roma: “A 70 anni dal referendum istituzionale”

Giovedì 24 Novembre 2016



Avv. Paolo Albi

“A 70 anni dal referendum istituzionale”



L'incontro  si terrà presso la sede nazionale dell' U.M.I., dalle ore 18.00 alle ore 20.00, via Riccardo Grazioli Lante 15/A – 00195 ROMA   

Una repubblica a democrazia variabile

di Antonio Lombardi - 22 novembre 2016 

[...]

La comprensione postmoderna della democrazia che si è realizzata nelle istituzioni dell’Occidente è tanto lontana dall'essenza democratica quanto siamo stati finora lontani  dalla comprensione di Platone
Lasciamo a quelle pagine (oggi più che mai urgenti, vista la condizione di confusione in cui versiamo circa i fondamenti giuridico-filosofici della convivenza politica) il compito della dimostrazione di quanto qui solo sinteticamente accennato; e al lettore l’onere e l’onore di verificarne il valore probativo. Quanto ci interesserebbe qui sottolineare è che, alla luce di una tale semplice ancorché potente acquisizione, che ci insegna che, come aveva già ben in chiaro Rousseaunon ogni forma di governo è adatta ad ogni paese(così è intitolato l’ottavo capitolo del terzo libro del Contratto sociale), a rigore, uno stato può essere monarchico e tuttavia più democratico di uno repubblicano, perché fondantesi su un più razionale confronto tra istituzioni e cittadini, secondo modalità che tengono conto delle caratteristiche e delle condizioni di quel popolo in quella precisa fase storica; che magari lo rendono più idoneo ad essere governato (e perciò a governarsi) monarchicamente, piuttosto che altrimenti. Fa specie oggi vedere come tale ragionamento, che è di una semplicità estrema, rimanga estraneo pressoché a chiunque.




martedì 22 novembre 2016

Commemorazione del ministro Lucifero sul sito del Re


"Il retaggio del Re Umberto II agli italiani", commemorazione del ministro Falcone Lucifero  del 26 aprile del 1986.

Ringraziamo l'Ambasciatore Zuccoli per aver tratto dall'archivio e condiviso con noi quest'altro pezzo della nostra memoria.

sabato 19 novembre 2016

Dai giardini del Quirinale a Lungotevere Arnaldo da Brescia

di Giovanni Semerano, terza parte

Nel corso degli anni successivi restai sempre vicino al Ministro e, in particolare, durante alcuni eventi che si susseguirono nella vita del movimento monarchico. Alla scissione che, nel giugno 1954, portò il Comandante Lauro a uscire dal PNM per costituire il Partito Monarchico Popolare - Corona e Leoni – (che, alle elezioni comunali di Napoli del 1956, trionfò ottenendo da solo la maggioranza assoluta dei voti e dei seggi) si cercò invano di evitare il danno, ma non fu possibile.

Il Ministro mi chiese di fare anch’io un tentativo per ricomporre il dissidio tra Lauro e Covelli e decidemmo di provare attraverso un “Comitato di Riunificazione Monarchica” con l’intervento dell’On. Enzo Selvaggi, il grande animatore della campagna per la Monarchia nel 1946 e Direttore del quotidiano “Italia Nuova” (tragicamente scomparso in un incidente stradale nel 1957 – quando era Deputato in carica – al rientro da una manifestazione monarchica a Latina). Anche questa iniziativa, purtroppo, non ebbe successo.
Il Ministro Lucifero, pur rappresentando il Re con assoluta imparzialità, non nascose mai i suoi personali convincimenti di socialista riformista, direi laburista, maturati all’Università di Torino fin dal 1919/’20.

Lo dimostrò quando propose al Re - con un preciso riferimento storico agli enormi sforzi compiuti dal Re Vittorio Emanuele III negli anni ’10 e inizio anni ’20 per allargare la base di governo ai socialisti - di mostrare comprensione per il centro-sinistra che si andava formando, e di includere delle espressioni augurali per il nuovo Governo nel messaggio agli italiani del Capodanno 1964. Il fatto mandò in bestia Alfredo Covelli che scrisse a Re Umberto un’aspra lettera di contrarietà verso il suo Ministro.

Anni prima un altro momento che avevo seguito da vicino fu quando una delegazione di parlamentari, guidata da Covelli, si era recata dal Re durante la campagna per le elezioni regionali sarde del 1949, che ho già rievocato, per chiederne l’appoggio. Successe il finimondo e il Ministro non perdonò per molti anni a Covelli di aver preso quella iniziativa senza prima consultarlo.

Quando la corrente antifascista nel PNM, della quale facevo parte con il settimanale “Azione Monarchica”, che dirigevo assieme ad Aldo Salerno, espresse il suo dissenso all’“apparentamento” del Partito con i missini nelle elezioni amministrative del 1952, il Ministro mi espresse la sua approvazione. Uguale approvazione ebbi quando accettai, negli anni ’60, l’invito dell’On. Giovanni Malagodi di aderire al Partito Liberale.

Un particolare e commosso pensiero devo dedicare ai giorni drammatici in cui l’Italia fu colpita da terremoti, alluvioni e altre tremende calamità - dal Polesine al Vajont, da Firenze alla Sicilia, da Ancona a Tuscania al Friuli fino all’Irpinia, devastata nel 1980. In quelle tragiche situazioni il telefono squillava da Cascais e immediatamente Falcone Lucifero, prima con me e Nicola Torcia e poi con Camillo Zuccoli, partiva per le zone disastrate a portare il conforto e la solidarietà del Re, costretto all’esilio, distribuendo ai più bisognosi aiuti in medicinali, viveri, attrezzature di pronto soccorso, un poco di denaro (si consideri che al Re la repubblica aveva sequestrato tutto, ogni bene privato. Ciononostante, prima di morire il Re volle lasciare allo Stato due casse di monete antiche stimate dagli esperti, al momento della consegna nel 1983, del valore di 20 miliardi di lire: si legga la testimonianza resa pubblica dal Marchese Fausto Solaro del Borgo, scomparso nel 2015, esecutore della consegna in accordo con l’allora Presidente del Consiglio Amintore Fanfani). E anche tante caramelle e dolciumi che il Ministro, circondato dai bambini, distribuiva a piene mani!

Dopo la morte di Re Umberto, nel 1983, i miei rapporti con il Ministro tornarono nuovamente quotidiani ed egli mi chiese di assisterlo nel riordino di tutte le carte del suo archivio politico. Un lavoro che si protrasse per mesi, coadiuvato dal fraterno amico Camillo Zuccoli che, da quindici anni, godeva dell’affetto e della stima del Ministro. Fummo insieme, giorno e notte, nel suo ufficio, in Lungotevere Arnaldo da Brescia n.14 (dove oggi, sulla facciata, vi è una bella lapide fatta apporre dal Marchese Alfredo Lucifero, devoto nipote del Ministro), ad aiutarlo a sistemare corrispondenza, documenti, articoli e tanto altro materiale e, su ogni carta, il Ministro ci dava notizie, spiegazioni, aneddoti, retroscena… una esperienza meravigliosa e indimenticabile!

Durante i momenti di pausa andavamo in cucina e il Ministro - coadiuvato da Camillo che, per la sua abilità coi fornelli, suscitava l’ammirazione del nostro “Capo” - cucinava le uova al tegamino e ci offriva i prodotti della sua amata Calabria, a volte fino a notte inoltrata!
Fu così, tra l’altro, che “riemerse” dall’oblio la prima angosciata lettera del Re dall’esilio, scritta il 17 giugno 1946 da Cintra: la leggemmo con grande emozione e, per il Ministro, fu l’occasione di ripercorrere con noi quelle ore e quei giorni dolorosi e drammatici.
Si giunse, infine, nel 1984 alla convocazione del X Congresso Nazionale dell’UMI che doveva sancire, sulla base delle Regie Patenti e delle due note lettere del Re scritte nel 1962, il riconoscimento del Principe Amedeo di Savoia Aosta alla successione ereditaria del Re. Il Ministro prese in mano la situazione, che si presentava assai difficile per le diversità di opinioni tra i monarchici e insieme, dal suo ufficio, organizzammo il Congresso dopo il ritiro del Segretario Sergio Boschiero e le dimissioni del Presidente Rinaldo Taddei.

Il Congresso ebbe un grande successo tra i media: tutti i giornali e le televisioni seguirono i lavori dell’assemblea che, d’accordo con le indicazioni del Ministro, elesse Presidente Nazionale l’On. Giuseppe Costamagna (già Deputato della D.C. per tre Legislature e da sempre iscritto all’U.M.I.) e Segretario Generale il sottoscritto. Il X Congresso si concluse al Pantheon dove la delegazione dei nuovi eletti Consiglieri nazionali, guidata dal Ministro Falcone Lucifero, rese omaggio alle tombe dei Re d’Italia Vittorio Emanuele II e Umberto I e della Regina Margherita, auspicando di avere qui sepolti anche i Re Vittorio Emanuele III e Umberto II e la Regina Elena (la Regina Maria José è scomparsa nel 2001).

Della delegazione con il Ministro ricordo che, assieme a me e a Camillo Zuccoli, facevano parte il Presidente Giuseppe Costamagna, l’On. Giuseppe Barberi, l’On. Stefano Cavaliere, il Sen. Umberto Bonaldi, l’On. Renzo de Vidovich, il Sen. Michele Pazienza, il Sen. Augusto Premoli, i Cavalieri della SS. Annunziata Amb. Renato Bova Scoppa, Amb. Pellegrino Ghigi, Prof. Giuseppe Ugo Papi e Prof. Ettore Paratore, il Cav. del Lav. Giovanni di Giura, il Gen. di Sq.A. M.d’O. al V.M. Giulio Cesare Graziani, il Gen. Piero Santoro d’Amico, il Gen. Enrico Basignani, il Col. Francesco Scoppola, la giornalista Flora Antonioni, il giornalista Federico Orlando, il Prof. Marino Bon Valsassina, il Prof. Vinigi Grottanelli de’ Santis, il Prof. Mario Attilio Levi, il Comandante Antonio Cordero di Montezemolo, il Conte Carlo Pianzola, il Conte Nello Nigra, l’Ammiraglio Antonio Cocco, il giornalista Franz Ferretti di Castelferretto, i Presidenti dell’U.M.I. della Lombardia, Tino Bruschi, della Toscana, Ildebrando Coccia Urbani, e del Friuli Venezia Giulia, Giuseppe Cabassi, i napoletani Duchi Ruggero e Giovanna Messanelli dé Normanni, il Prof. Marco Grandi e gli Avvocati Manlio Lo Cascio e Gian Nicola Amoretti in rappresentanza del Principe Amedeo.

La mia Segreteria durò venti anni, con la preziosa collaborazione di Camillo Zuccoli, di tanti altri amici e del Fronte Monarchico Giovanile di cui era divenuto Segretario Ettore Laugeni; senza dimenticare il Movimento Femminile diretto con passione dalla Baronessa Wanda Campanino e dalla Duchessa Giovanna Messanelli dé Normanni.
Mentre ero Segretario dell’Unione Monarchica Italiana la mia “storia personale”, vicino al Ministro Falcone Lucifero, si concluse con la sua scomparsa, il 2 maggio 1997. Il 3 gennaio 1998 avrebbe compiuto 100 anni.

Giovanni Semerano

venerdì 18 novembre 2016

Consulta dei senatori del Regno: "Votare 'No' per la libertà del cittadino, verso una riforma vera e condivisa"

Il Presidente della Consulta dei Senatori del Regno, Aldo A. Mola
ALDO MOLA - La Consulta dei senatori del Regno respinge la "riforma" della Costituzione, approvata da esigua maggioranza parlamentare, dai colori labili, e sottoposta ope legis a referendum popolare il 4 dicembre 2016.
Tale “riforma” non migliora, ma deforma il bicameralismo; non riduce il “costo della politica”; “sopprime” (termine inaccettabile) un istituto meritorio quale il CNEL, unico organo ausiliario dello Stato comprendente “esperti”; non accelera la formazione delle leggi; non chiarisce il rapporto Stato-Regioni, giacché, fra l'altro, non risolve la disparità fra regioni a statuto speciale e quelle a statuto ordinario.
Intrecciata alla legge per l'elezione della Camera dei deputati (a sua volta varata da esigua maggioranza, sub judice alla Corte Costituzionale e non modificata prima del referendum) e in assenza della legge per l'elezione del Senato da essa prospettato, la “riforma” consentirà, nel tempo, a un qualunque partito o movimento di impadronirsi della somma dei poteri pur con modesto consenso elettorale.
La Consulta afferma che la Carta vigente va certo innovata con modifiche formali e sostanziali, ma in direzione della monarchia costituzionale, non della dittatura di partito unico, dominatore in una Camera onnipotente. La “riforma” il 4 dicembre sottoposta a referendum impoverisce il diritto di rappresentanza, vanto della monarchia di Casa Savoia dal 1848.
Per tutti questi motivi, la Consulta invita i cittadini ad andare alle urne e a votare “No”, contro la “riforma” intestata al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che, caso abnorme, cumula presidenza del Consiglio e segretariato del partito maggioritario, e al ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi.
Occorre votare “No” per la libertà dei cittadini e per aprire la strada a una riforma vera e condivisa della Costituzione italiana. La Consulta vigilerà sui modi del voto e dello scrutinio, affinché non si ripetano le migliaia di brogli che falsarono il referendum del 2-3 giugno 1946, pagati a duro prezzo dal popolo italiano.
Memore del Magistero di Re Umberto II, la Consulta chiede fermamente che i poteri istituzionali veglino sulla correttezza del confronto tra le forze in campo e impediscano prevaricazioni dell'Esecutivo nei confronti del Parlamento e dei cittadini.
La Consulta osserva infine che per l'art. 139 della Carta vigente “la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale”, ma la via costituzionale non ne interdice altre, quali l'indizione di un nuovo referendum.
La “riforma” Renzi-Boschi ha diviso e divide gli italiani e allontana ogni prospettiva di restaurazione della monarchia costituzionale. Perciò al referendum del 4 dicembre occorre votare “No”.

mercoledì 16 novembre 2016

Fossano: partecipato e sentito convegno sui Savoia

Si è svolto domenica 13 novembre, dalle ore 10.00, presso il salone del Museo Diocesano di Fossano, il convegno dal titolo: I Savoia a Fossano: un legame oltre il tempo (1314-2016) che ha visto un’affluenza elevata di pubblico attento, qualificato, ma soprattutto inaspettato perchè giunto anche da Milano, Torino e Genova.
Casualmente, anche in relazione alle motivazioni storiche e tradizionali della ricorrenza della nascita del Ducato di Savoia, ricorrono appunto i 600 anni dalla fondazione, la data del 13 di novembre ha riproposto la nascita dell’Ordine cavalleresco dei Santi Maurizio e Lazzaro, fondato appunto, da Emanuele Filiberto di Savoia, il 13 novembre 1572.
Al convegno sono stati presente, per Casa Savoia, il Presidente della Giunta degli Ordini cavallereschi di Casa Savoia e Delegato regionale per il Piemonte il conte Carlo Buffa di Perrero, con lo stendardo della Delegazione, le Guardie d’Onore alle Reali Tombe al Pantheon della Delegazione provinciale di Cuneo e cavalieri e dame della Delegazione Intercomunale di Fossano dell’A.N.I.O.C. unitamente al proprio delegato il Cav. Uff. Giuseppe Vetrano.

[...]

martedì 15 novembre 2016

Circolo Rex. Conferenza " “1914 - 1918: Gli anni della Grande Guerra”

CIRCOLO DI EDUCAZIONE e 
CULTURA POLITICA 
REX


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Per  valutare  i  motivi  per  cui  votare  il  4  dicembre  il  referendum  sulle  modifiche  alla  Costituzione
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Domenica 20 novembre ore 10,30
Sala Uno – via Marsala 42 - Roma

La guerra iniziata nel 1914 dopo due anni non vedeva alcuna soluzione e sarebbe andata avanti fino al 1918...

Su questo tema parlerà 

Conte Vincenzo CAPASSO TORRE delle PASTENE

1914 - 1918: Gli  anni  della  Grande  Guerra

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La s.v. è invitata

sabato 12 novembre 2016

NELLE MONARCHIE REGINE ED IMPERATRICI

Le  difficoltà  incontrate  dalla  Clinton  per  l’elezione ,  poi  mancata, a  Presidente  degli  USA  , invitano,  ad  una  riflessione  sui  due  grandi  sistemi  istituzionali  esistenti, monarchico  e  repubblicano, e  sul  ruolo  delle  donne  negli  stessi   particolarmente  dove  le  monarchie  erano  più  diffuse  e  cioè  in  Europa  e  nei  paesi  intorno  al  Mediterraneo  a  dimostrazione  che  le  frasi  stantie  e  pur  diffuse  sul  progressismo  delle  repubbliche, sono  semplicemente  frasi  atte  a  colpire   gli  uditori, senza  valore  storico.

Tralasciamo  le  regine  mitiche, la  cartaginese  Didone  e  l’assira  Semiramide,  e  passiamo  alle  già  storiche  Sofonisba, numida, Cleopatra, regina  d’ Egitto  e  Zenobia , regina  di  Palmira, per  poi  andare  alla  bizantina  imperatrice  Teodora  ed  alla  longobarda  Teodolinda, tutte  figure  particolarmente  importanti  nella  storia  dei  loro  paesi  e  non  semplici  comparse .

Passiamo  ad  epoche  più  vicine  troviamo  la  grande  Elisabetta ,regina  d’ Inghilterra , che  ha  dato  il  nome  ad  un’epoca  “elisabettiana”, la  contemporanea   sfortunata   Maria  Stuarda, e  sempre  in  Inghilterra  , Anna  Stuart , determinante  nell’atto  di  unione  con  la  Scozia  del  1707 , due  regine  di  Francia , di  origine  italiana, Caterina  e  Maria  dei  Medici, anch’esse  dotate  di  forte  personalità  e  protagoniste  della vita  politiche  del  Regno , per  poi  andare  in  Russia  dalle  due  imperatrici  Caterina, la  seconda  detta  “la  Grande“, fra  le  quali  si inserisce  l’imperatrice  Anna  Ivanovna, tutte  tese  ad  un’opera  riformatrice  dell’impero , come  in  Austria  si  adoperava  Maria  Teresa , con  esiti  che  hanno  contrassegnato  e  contraddistinto  la  successiva  vita  dell’ impero  austriaco. Arriviamo  all’ottocento  e  sempre  in Inghilterra , oramai  Regno  Unito , abbiamo  Vittoria, anche  imperatrice  delle  Indie , da  cui  l’epoca  “vittoriana”, vera  e  propria  “nonna d’Europa”, i  cui  nipoti  sparsi  in  tutto  il  continente, non  sono  stati  purtroppo   alla  sua  altezza  .

Dobbiamo  aggiungere  altro ? Le  tre  regine  d’ Olanda , succedute  l’una  all’altra , per  123  anni , Guglielmina, Giuliana, Beatrice, ed  alla  attuale  Elisabetta  II, la  cui  durata  del  regno  , non  conosce  limiti, e  la  regina  di  Danimarca, Margherita  II , mentre  la  Svezia  dopo  la  famosa  regina  Cristina , figlia  di  Gustavo  Adolfo , donna  colta  e  sovrana  illuminata ,convertitasi  al  cattolicesimo  e  venuta  a  stabilirsi  a  Roma , avrà  nuovamente  una  regina  dopo  l’attuale  sovrano, di  cui  è  figlia . Questo  in  paesi  sulla  cui  importanza   nella  storia  d’ Europa  non credo  ci  sia  bisogno  di  soffermarci , ma  anche  dove  vigeva   la  “legge  salica” ,le  regine  pur  non  avendo  responsabilità  dirette  di  governo  hanno  contrassegnato  la  loro  epoca , come  è  stato  con  Margherita  di  Savoia , prima  regina  del  giovane  Regno, “icona  dell’Italia  Unita”, splendida  definizione  dello  storico  Galasso.


Domenico  Giglio. 

venerdì 11 novembre 2016

The Guardian: "Elezioni USA terrificante argomento per la Monarchia"

This US election result is a terrific argument for monarchy

Ora è THE GUARDIAN che, riferendosi anche al NEW YORK TIMES, sbalordisce I lettori affermando: «Il risultato (la spaccatura) della elezione presidenziale negli USA è un argomento formidabile per la Monarchia ».
E ancora:

«Quando si tratta di coesione e di continuità, la Corona può riuscire là dove i leader eletti falliscono per le divisioni causate dalla loro elezione. » 


Last week the New York Times, of all places, ran an opinion piece in defence of hereditary monarchy. Under the title, Consider a Monarchy, America, Nikolai Tolstoy argued that, unlike elected heads of state, monarchies offer stability, continuity and a focus for national togetherness. Quoting the historian Edward Gibbon, Tolstoy wrote: “The advantage of monarchy is that the institution ‘extinguishes the hopes of faction’ by rising above the toxic partisanship of competing parties and vying elected officials.” As thousands march on Trump Tower chanting “Not my president”, you can rather see his point.
Watching The Crown on Netflix as a distraction from the nightmare of the American election, a similar thought struck me: that there may be considerable advantage in having something beyond the ballot box to appeal to, something transcendent around which to unite, when the immanent is so hopelessly fraught and divided.
[...]

QUANDO NEGLI USA UNA DONNA PRESIDENTE ?


Sembrava  non  esserci  in  queste  elezioni  dell’ 8 novembre  2016, occasione  migliore  perché  una  donna, la  Hillary  Rhodam  in  Clinton, raggiungesse  la  Casa  Bianca,  dopo  un  cattolico, Kennedy, nel  1960  e  un  afro-americano, Obama, nel  2008. 

L’imponente  schieramento  a  suo favore  di  tutta  la  stampa, degli  “opinion  leader”, di  importanti  reti  televisive  ed  infine  la  strana  figura  del  suo  competitore, esponente  di  un  grande  e  storico  partito, il  GOP, ch , incredibile  a  dirsi, non  si  riconosceva  in  parte  proprio  nel suo  candidato  davano l’esito  della  partita  più  facile del  previsto  per  la  candidata  democratica. 
Il  tocco   finale  lo  avevano  dato  le  previsioni  degli  istituti  specializzati  ed  a  proposito  di  queste  indagini, quando  in una  elezione  vi  è  un  partito  od  un  candidato “demonizzato”, come  nel  caso  Trump, non  considerano  che  diversi  intervistati  non  osano  dichiararsi  a  favore  di  questi “indesiderabili” e preferiscono o  l’astensione ( ancora non ho deciso) o  addirittura  dichiarano di  votare  per  i  loro  avversari. 
Così  abbiamo  avuto  la  sorpresa  della  sconfitta  della  Hillary  ed  a  questo  punto   ci  si  pone  la  domanda   iniziale: quando  negli  USA  una  donna  presidente ?
L’attuale  candidata  sconfitta, tra  quattro  anni, avrà  ancora  i  mezzi  materiali  ingentissimi  di  cui  disponeva   oggi  e  soprattutto  le condizioni  fisiche, di  cui  già  adesso , vi  erano  stati  segnali  non favorevoli?

Allora  la  candidata  più  probabile  non  potrà  essere l’attuale  consorte  del  presidente  uscente, la  Michelle  Obama? Non  dimentichiamo  l’impegno  messo  dalla  stessa, quest’anno,  a  favore  della  Clinton. Fossero le prove generali, l’apprendistato, l’allenamento per una propria futura  candidatura? 

Se  effettivamente  lo  fosse, il  problema  dei   mezzi  finanziari  di  cui  la  Clinton  era  dotata, potrebbe  essere  uno  svantaggio iniziale, ma   i  mezzi  finanziari  si  troverebbero, come  già  si  trovarono   per  il  marito  nel  2008  e  nel  2012  per  cui  in  un  partito  democratico  disastrato  nel  parlamento, minoritario  nei  Governatori  degli  Stati  che  costituiscono  l’ Unione,   fermatasi   la  dinastia  Bush, naufragata   la  dinastia  Clinton  non  potrebbe  iniziare  una  dinastia  Obama?

L’ età, della  Michelle, anche  tra  quattro  o  più  anni , sarà  sempre  inferiore  a  quella  che  oggi  aveva  la  Clinton  e questa  possibile  candidatura  potrebbe  rivelarsi  l’ancora  di  salvezza.

Manzonianamente  “ ..ai  posteri  l’ardua  sentenza….”


Domenico   Giglio

giovedì 10 novembre 2016

Obama: un finale poco dignitoso

di Domenico  Giglio

Essersi  sbracciato, in  maniche di  camicia, per  appoggiare, lui  Presidente  degli  Stati  Uniti, una  candidata  alle  elezioni  presidenziali, sia  pure  del  suo  partito  democratico, non  ha  giovato  alla  stessa  candidata  battuta  dal  candidato  repubblicano, sia  pure  un po’  anomalo  rispetto  alle  tradizioni  del  suo  partito. 

La  popolarità  ed  il  giudizio favorevole  su Obama, per  il  50%  degli  americani, come  dicono  le  rilevazioni  statistiche, sulle  quali  dopo  il  clamoroso  errore  nelle  previsioni  per  queste  elezioni   presidenziali,  dovremmo   avere  notevoli  riserve, non  hanno  minimamente  influito  anche  sulle  elezioni  per  il  Congresso  ed  il  Senato  che  rimangono  a  maggioranza  repubblicana, per  cui  si  è  trattato  di  un  fattore  personale  e  familiare  non  trasmissibile  al  partito  democratico  di  cui  era espressione. 

Quello  che  però  va  rilevato  da  noi  europei, dove  ancora esistono  le  monarchie, o dove  il  loro  ricordo  è  ancora  vivo, è  l’atteggiamento  di  un  Capo  dello  Stato, quindi   rappresentante  di  tutti  i  cittadini  di  quello  stato, quali  fossero  le loro  opinioni,  che  si  schiera  senza  alcuno  scrupolo  costituzionale  a  favore  di  un  candidato, senza  pensare  che  , anche  quando  fu  eletto, la  maggioranza  avuta  nel  voto  popolare  era  stata  esigua, e  che, all’indomani della elezione, aveva solennemente  dichiarato   che  sarebbe  stato  il  presidente  di  tutti.

Con   questo  atteggiamento  invece  parziale  e  fazioso, spesso  con  termini  ed  espressioni  da  comiziante,  Obama, è  venuto  meno  alla  sua  solenne  promessa,  scendendo  nella  considerazione  di  quanti  ancora  credono   in  valori  di  equanimità  di  un  Capo dello  Stato, al di  sopra  delle  parti.