Giustamente
è stato constatato che né il Pd, né Forza Italia e Fratelli d’Italia e neppure
il governo ha preso iniziative per ricordare l’unione del Veneto al Regno
d’Italia nel 150° anniversario. Vuoi per sudditanza nei confronti della Lega,
vuoi per non dovere celebrare una data che, come tutte quelle del Risorgimento,
richiama il ruolo della monarchia sabauda, vuoi per insensibilità per i valori
patriottici, vuoi per ignoranza della storia nazionale, fatto sta che il
messaggio che ne deriva è che l’Unità d’Italia, almeno in Veneto, è qualcosa di
cui dobbiamo vergognarci e che è bene ignorare. Senza cadere nella retorica
patriottarda, perdere il senso dell’identità e del comune destino in un periodo
di grave crisi come l’attuale è oltremodo pericoloso. A coloro che espongono la
bandiera col Leone di San Marco mi permetto di ricordare che fu definitivamente
ammainata, senza combattere, dalla Repubblica di Venezia davanti a Napoleone
quasi 70 anni prima dell’unione del Veneto al Regno d’Italia, con la breve parentesi
della repubblica veneta di Daniele Manin, sconfitta e perseguitata dagli
austriaci.
Carlo
Saffioti , farfallafanfulla@gmail.com
Caro
Saffioti, Mentre il governo taceva, qualcuno a Venezia, come all’Università di
Padova, non ha dimenticato il centocinquantesimo anniversario della unione tra
il Veneto e lo Stato italiano. Nella ricorrenza del giorno in cui ebbero luogo
le votazioni, l’Istituto Veneto di Lettere, Scienze e Arti (nato in epoca
napoleonica ma nuovamente fondato dall’Imperatore austriaco nel 1838) ha
organizzato un incontro per ricordare quell’avvenimento. Ne aveva i titoli.
Cento anni fa, nel 1916 (l’Italia era in guerra dal maggio dell’anno
precedente), l’Istituto aveva celebrato il cinquantesimo anniversario con una
conferenza di Luigi Luzzatti, uno dei maggiori esponenti della classe politica
italiana in epoca giolittiana. È stato ricordato che i voti favorevoli
all’unione furono 641.756, i no 69 e gli astenuti 366: un risultato migliore di
quello registrato sei anni prima per il referendum del Regno delle Due Sicilie
e per quello di due regioni dello Stato della Chiesa (Marche e Umbria). I
«venetisti» (come vengono chiamati i nostalgici della Serenissima) sostengono
che vi furono brogli, ma la manipolazione delle urne (ne avremo una nuova prova
se Donald Trump uscirà sconfitto dalle prossime elezioni presidenziali
americane) sono quasi sempre l’alibi dei perdenti. Qualcuno, invece, preferisce
invocare il ricordo dell’Austria tollerante e bonaria, governata da un sovrano
paterno. Nella realtà fu anche retriva e poliziesca con frequenti ricorsi al
boia e alla corda. Ma il vero problema è un altro. L’Impero austro-ungarico era
uno Stato d’Ancien Régime, fondato sulla lealtà dei sudditi per la dinastia
regnante. Sopravvisse grazie a una amministrazione sperimentata e non priva di
vecchia saggezza, ma la sua sorte, in un mondo dove il concetto di cittadinanza
stava prevalendo su quello di lealtà dinastica, era segnata. I Savoia ebbero il
merito di capirlo, e questo li rese credibili agli occhi della parte più viva e
dinamica della società nazionale. Non è necessario essere monarchici oggi, caro
Saffioti, per riconoscere che senza i Savoia non sarebbe nata, fra il 1848 e il
1870, una Italia unitaria.
http://www.corriere.it/lettere-al-corriere/16_ottobre_30/-I-PLEBISCITI-VENETI-DEL-1866-PERCHE-E-GIUSTO-RICORDARLI_3b8f1b8a-9e81-11e6-a6dc-5f117ed55cf3.shtml
http://www.corriere.it/lettere-al-corriere/16_ottobre_30/-I-PLEBISCITI-VENETI-DEL-1866-PERCHE-E-GIUSTO-RICORDARLI_3b8f1b8a-9e81-11e6-a6dc-5f117ed55cf3.shtml
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