NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

lunedì 31 luglio 2017

Il libro azzurro sul referendum - VI cap. 7

Ricorso all’Amm. Stone degli esponenti dei raggruppamenti monarchici romani per ottenere il rinvio del Referendum
A S. E. l’Ammiraglio Ellery Stone, Capo della Commissione Alleata

ROMA
I partiti politici e le associazioni cd organizzazioni sottoscritte, si onorano sottoporre all'E.V. le seguenti considerazioni:
1. - La natura stessa del referendum istituzionale, che deve decidere delle fondamenta dello Stato sulle quali costruire una costituzione duratura, esige:
a) che la volontà del popolo sia manifestata da tutti i cittadini che hanno diritto di voto, nessuno escluso, quale presupposto giuridico;
b) che la volontà del popolo sia manifestata in piena libertà di voto c di coscienza, quale presupposto morale.
2. - I presupposti giuridici e morali sovraindicati, che sono requisiti essenziali per la validità delle consultazioni popolari, sono di fatto annullati dalla situazione che si è determinata in Italia nella fase preelettorale, come è dimostrato dalle constatazioni che seguono.
3. - In ordine al presupposto giuridico della partecipazione al voto di tutti i cittadini che vi hanno diritto, sta di fatto che: non tutti i cittadini italiani voteranno nei comizi elettorali del 2 giugno p. v., indetti con l’art. 1 del decreto Luogotenenziale in data 16-3-1946 n. 74 perché sono esclusi :
a) i cittadini di cinque provincie della Venezia Giulia e della provincia di Bolzano;
b) i cittadini delle 4 provincie libiche, delle quali la legge elettorale (decreto legislativo luogotenenziale 16-3-1946 n. 98) non ha tenuto conto;
c) i prigionieri non ancora rimpatriati;
d) i reduci per i quali i comuni non hanno provveduto alle iscrizioni nelle liste elettorali;
e) i profughi, gli sfollati, i senza tetto che per cambiamento di residenza o instabilità di residenza non risultano iscritti nei registri di popolazione o non hanno ricevuto i certificati elettorali o il cui certificato è disperso (fra questi, sono da tenersi presenti i 2.000 cittadini italiani espulsi dalla Tunisia, ai quali i Comuni di loro nuova residenza rifiutano l’iscrizione nelle liste elettorali);
f) i cittadini per i quali i Comuni non hanno completato gli accertamenti anagrafici e quindi non hanno provveduto, in molti casi per trascuratezza degli uffici, ad emettere i certificati elettorali;
g) i cittadini sospesi dal diritto elettorale in conseguenza di sommarie decisioni di epurazione, contro le quali hanno ricorso o possono ricorrere al Consiglio di Stato;
h) i cittadini per i quali pressioni di partiti, di Comitati, di persone irresponsabili, arbitrariamente esercitate sugli uffici comunali, hanno fatto omettere l’emissione del certificato elettorale;
i) i cittadini i cui certificati risultano errati, per i quali i necessari accertamenti di rettifica richiedono in molti casi uno spazio di tempo che non consentirà l’emissione del certificato elettorale prima dei comizi del 2 giugno.
4. - Non è errato calcolare che non meno di 4 milioni e mezzo di elettori in tutta Italia, saranno «contro la loro volontà », esclusi dal voto: vale a dire 1/6 e cioè oltre il 16 per cento, percentuale tanto elevata da inficiare in ogni caso la validità delle votazioni. Ciò perché non si tratta di una astensione volontaria, ma di una astensione forzata, arbitrariamente imposta o causata da fatti imputabili alle stesse autorità dello Stato o agli organi delegati alle operazioni elettorali.
5. - In ordine al presupposto morale che esige la garanzia assoluta della piena libertà di voto e di coscienza, tale garanzia non esiste di fatto perché:
a) permane e si va aggravando il clima delle minacce, delle intimidazioni, delle violenze, esercitate sulle persone e sulle coscienze da elementi irresponsabili dei partiti di estrema sinistra, decisi a conseguire una votazione favorevole alla Repubblica attraverso ogni specie di sopraffazioni e di imposizioni e di brogli elettorali, del che si sono avuti innumeri esempi nelle recenti elezioni amministrative;
b) non si è verificato il disarmo delle formazioni armate di partito, non soltanto, ma si continuano le incette di armi, come è stato apertamente dichiarato dallo stesso Presidente del Consiglio S. E. De Gasperi, al congresso del partito della Democrazia Cristiana, mentre si prepara per il caso di vittoria monarchica lo scatenamento di una guerra civile, la cui minaccia si tenta subdolamente di mascherare con gli atteggiamenti e gli sforzi apparenti dei partiti di estrema sinistra di tenere quiete le folle rivoluzionarie fino al giorno delle consultazioni popolari;
c) nonostante che i partiti di estrema sinistra si trattengano apparentemente da violenze, si alimenta il clima tipico della guerra dei nervi per influire sulla psiche degli elettori con una propaganda demagogica senza freno, che si risolve in una aperta coercizione morale;
d) si continua a tollerare ogni forma di ostruzionismo alla propaganda monarchica, da un governo dominato dalla faziosità delle estreme sinistre, che durante la lunga tregua istituzionale — che doveva essere rispettata rigidamente — ha consentito, fomentato, ed esasperato ogni forma di propaganda unicamente in favore della repubblica, mentre ha impedito qualsiasi reazione ai sistematici insulti ed alle settarie calunnie contro l’istituto monarchico e la dinastia regnante.
6. - Conseguentemente, ragioni giuridiche c morali impongono il rinvio del referendum ad epoca nella quale tutti i cittadini siano posti in grado di manifestare col voto la loro volontà, e di manifestarla liberamente, in un clima di disarmo e di pacificazione materiale e morale.^ ^ vanno Elevate l’incongruenza e la contraddizione della legge (decreto Luogotenenziale 16 marzo 1946 n. 98) come di seguito si dimostra:
a) mentre all’art. 1 (primo capoverso) la legge dispone la convocazione dei Comizi per il 2 giugno sia per il referendum sia per le elezioni alla Costituente, dispone con lo stessoan. 1 (secondo capoverso) il rinvio di entrambe le consultazioni, non soltanto di quella relativa alla Costituente, per il collegio elettorale della Venezia Giulia e per la provincia di Bolzano;                      ....    . , ,
b) infatti, la lettera del 1° c del 2° capoverso e identica, perché nel primo capoverso si parla di convocazione dei «comizi elettorali »... per il referendum e la Costituente, nel secondo capoverso si fa eccezione « per la convocazione dei comizi elettorali » da disporsi successivamente, nei territori su indicati. La dizione del secondo capoverso c generica: «convocazione dei comizi elettorali», c quindi deve essere interpretata letteralmente come comprensiva dei comizi elettorali tanto per la Costituente quanto per il referendum;
c) ne consegue, che i cittadini della Venezia Giulia e della Provincia di Bolzano, saranno convocati successivamente non solo per eleggere i deputati della Costituente, ma anche per il referendum.
8. - Dalla incongruenza e contraddizione della legge deriva che:
a) giuridicamente, il risultato del referendum, il quale per essere valido deve essere completo, non potrà essere proclamato se non dopo che le votazioni del 2 giugno siano state integrate da quelle che si faranno successivamente nella Venezia Giulia e nella provincia di Bolzano;                           .           „  .
b) dovrà quindi la Suprema Corte di Cassazione tenere in sospeso hno ad allora la proclamazione dei risultati del referendum del 2 giugno;
c) quanto meno, questi non avranno alcun effetto giuridico fino a quando si sarà verificata la necessaria integrazione con la votazione del referendum nelle provincie suindicate;
d) tale integrazione è necessaria comunque, perché gli elettori delle provincie giuliane e di Bolzano costituiscono il 3 per cento della massa elettorale italiana.
Questa percentuale è enormemente sufficiente a spostare, se non anche capovolgere, i termini del risultato del referendum del 2 giugno,  in quanto è paradossalmente sancito  dall’art. 2 del decreto legislativo Luogotenenziale 16-3-46 n. 98 che è sufficiente un solo voto per determinare la maggioranza.
9. - Sospesa necessariamente la proclamazione del referendum, la Costituente che sia eletta il 2 giugno non avrà ancora l’indicazione giuridicamente certa della forma istituzionale, in rapporto alla quale è chiamata a deliberare la nuova costituzione dello Stato, e dovrà quindi tenere in sospeso deliberazioni essenziali, venendo così a trovarsi nella impossibilità di assolvere al suo mandato.
10. - La situazione che si determinerà in seguito alle inevitabili incertezze e manchevolezze nel funzionamento della Costituente, aggraverà la tensione degli animi nel paese, fino alle consultazioni delle provincie giuliane e di Bolzano; ciò specialmente se i risultati del referendum del 2 giugno, che indubbiamente saranno comunque conosciuti, riveleranno che in fatto, il referendum delle provincie oggi escluse   sarà determinante nei confronti delle votazioni del 2 giugno.
11. - Per le ragioni sopra esposte, si rende necessario non soltanto il rinvio della data del referendum istituzionale, ma anche il rinvio delle elezioni dei candidati alla Costituente.
Infatti :                      .
a) La situazione di disordine, di tensione, di coercizione delle coscienze, di minacce,di parzialità faziosa nei riguardi della libertà di propaganda elettorale, illustrata ai punti 3, 4 e 5 del presente esposto, riguarda direttamente le elezioni per la Costituente;
b) Le liste dei candidati alla Costituente, sono state compilate dagli organi direttivi dei partiti cosiddetti di massa, spesso senza tener conto delle designazioni spontanee e dirette dei candidati stessi da parte degli inscritti ai partiti con  evidente sopraffazione della libertà democratica, e risultano costituite quasi totalmente  di   candidati dichiaratisi repubblicani, perché ne sono stati volutamente esclusi molti nomi di candidati         monarchici nonostante la diversa volontà manifestata dagli inscritti ai partiti;
c) Conseguentemente, in caso di vittoria monarchica nel referendum istituzionale, la Costituente risulterà composta in grande prevalenza di deputati repubblicani, che non potranno dare alcuna garanzia di legiferare conformemente alla volontà del popolo. Questo assurdo contrasto non potrà essere eliminato se non procedendo allo scioglimento della Costituente e a nuove elezioni.
12. - Poiché la vastità del movimento di popolo che già si manifesta in favore della monarchia, rivelata anche da una petizione attualmente in corso per chiedere il rinvio della data del referendum e dei comizi elettorali, per cui già affluiscono centinaia di migliaia di schede, consente di essere certi fin d’ora della vittoria monarchica, è necessario evitare che con le elezioni del 2 giugno si determini l’assurda situazione sopraccennata.
Per evitare questa situazione è necessario rinviare la data già fissata per il 2 giugno, come nel frattempo è necessario: ristabilire l’ordine nel Paese - pacificare gli animi - disarmare qualsiasi formazione di partito o comunque illegale - completare la emissione e la consegna dei edificati elettorali - porre in condizione di partecipare ai comizi elettorali tutti i cittadini che ne hanno diritto, e che oggi sono esclusi dal voto, come è specificato al punto 3 -  imporre il rispetto assoluto delle libertà democratiche, sia nello svolgimento della campagna elettorale, sia nella formazione di nuove liste di candidati alla Costituente che tengano conto delle designazioni espresse direttamente quanto meno dagli iscritti ai partiti.
13. - Le condizioni su esposte, che sole consentirebbero il rispetto dei presupposti giuridico e morale su cui si basa la validità dei comizi elettorali, come accennato al punto 1, non possono per altro essere conseguite permanendo al potere un governo che è direttamente responsabile del disordine materiale e morale della situazione su esposta. L’attuale governonon dà al Paese nessuna garanzia né di equità né di autorità, per lo spirito fazioso dei partiti di estrema sinistra che vi esercitano un prepotere ricattatorio, e che hanno impedito anche quell’allargamento di governo per il quale il Presidente del Consiglio S. E. De Gasperi,si era formalmente impegnato, escludendone la partecipazione di esponenti  di altri partiti e di altre correnti politiche, oggi ufficialmente presenti nelle competizioni elettorali.
14. - Conseguentemente è necessario che l’attuale governo  sia sostituito da    un governo che non sia emanazione di partiti politici in aperto contrasto fra loro, ma   da un governo di funzionari e comunque di persone estranee c superiori ai partiti, che da non altra preoccupazione siano guidate se non da quella di amministrare il Paese con imparzialità ed equità.
15. - Perché la pace interna sia conservata e si possa procedere all'elaborazione di una nuova costituzione, che sia saldo e duraturo fondamento della vita dello Stato, è necessario che la forma istituzionale prescelta ottenga nel referendum una grande maggioranza, che non lasci alcun dubbio sulla prevalente volontà del popolo.
Il popolo italiano è nella sua stragrande maggioranza fedele per tradizione e sentimento alla Monarchia. Perciò anche nella situazione attuale è prevedibile che il referendum del 2 giugno darà una prevalenza monarchica.
Ma oggi il popolo italiano è disorientato ed intimorito da una faziosa pressione repubblicana delle sinistre rivoluzionarie, e conseguentemente, nel referendum del 2 giugno, la prevalenza monarchica non potrà essere che una lieve maggioranza. Ciò costituirà l’occasione immediata di uno scatenamento della guerra civile, da parte delle estreme sinistre repubblicane, che si sentiranno abbastanza forti per tentare con la violenza il rovesciamento della situazione.
Se invece il popolo italiano sarà chiamato a votare dopo che nel paese sia ristabilito l’ordine ed il rispetto delle libertà democratiche, c sia quindi liberato da ogni timore è certo che esso manifesterà con una maggioranza schiacciante la sua volontà di conservare la Monarchia.
A conclusione del presente esposto, i sottoscritti si rivolgono all’alto senso di responsabilità dell’E. V. quale Capo della Commissione Alleata, c per le stesse responsabilità che alla Commissione Alleata medesima competono in dipendenza delle sue funzioni e dei suoi poteri nei riguardi dell’Italia tuttora in stato di armistizio, affinché:
1. - sia rinviata la data della convocazione dei comizi elettorali, tanto per il referendum quanto per la elezione dei candidati alla Costituente;
2. - sia costituito un «governo di affari » il quale provveda:
a) a riformare la legislazione elettorale;
b) a creare le condizioni perché tutti i cittadini che hanno diritto al veto, senza esclusione alcuna, possano esercitare nello stesso giorno il loro diritto;
c) a ristabilire l’ordine, con l’effettivo disarmo delle formazioni illegali c la pacificazione degli animi;
d) a riconvocare i comizi elettorali per la data che sarà consentita dalla ristabilita normalità della situazione del Paese.
Roma, 7 maggio 1946.
In originale firmati:



Gli esponenti dei raggruppamenti monarchici.

venerdì 28 luglio 2017

HANNO UCCISO CHARLIE GARD


di Mario Adinolfi

Tutto quel che c'è da dire è nel fatto nudo e crudo: hanno ucciso Charlie Gard. No, non oggi staccando il respiratore e lasciando che restasse senz'aria nei polmoni, soffocandolo (e a poco valgono le immagini palliative che rendiamo a noi stessi, pensandolo sedato e sereno, la morte non è mai faccenda indolore anche quando vogliamo farla sembrare tale per l'impossibilità di sopportarne la dura verità). Hanno ucciso Charlie a gennaio, quando i genitori hanno cominciato a parlare di cura sperimentale possibile negli Stati Uniti organizzandosi per rendergliela praticabile e i medici del Great Ormond Street Hospital si sono opposti dicendo fin da allora che non c'era nulla da fare e portando la questione in tribunale e trovando 'sto giudice Francis dell'Alta Corte britannica a dar ragione ai medici e poi la Corte d'Appello e poi la Corte Suprema e poi la Corte Europea dei Diritti Umani e poi di nuovo il giudice Francis, in un tragico gioco dell'oca che aveva un solo traguardo prefissato: l'uccisione di Charlie Gard, per la quale tutti unanimemente si sono pronunciati per mesi, medici del GOSH e giudici di ogni corte.

Sono loro ad aver ucciso il piccolo e ad averlo voluto uccidere per una ragione molto semplice: i disabili gravi inguaribili ma curabili sono un costo pesantissimo per la sanità britannica, che ai costi è estremamente attenta, e Charlie era un caso perfetto perché non poteva parlare e non aveva un passato. Uccidevano un bambino senza amici, senza mogli, senza figli che soffriva di una malattia devastante che subiva in maniera silente e così potevano costruire un precedente giuridico che in un sistema di Common Law come quello britannico tornerà utile vedrete in quanti altri casi. Pensavano che i genitori non avrebbero lottato più di tanto, questo ormai è il mondo in cui i bambini vengono abortiti e centinaia di migliaia l'anno in ogni nazione "civile", praticamente quasi sempre in caso di malanni riscontrati dalle varie forme di diagnosi prenatale, se poi nasce un bambino "handicappato" la società lo dipinge come "una disgrazia" e fior di accademici ne teorizzano la soppressione in vita in una moderna edizione della Rupe Tarpea.

Invece Chris e Connie hanno resistito, hanno lottato con le unghie e con i denti, si sono battuti come genitori che verrebbe da definire "d'altri tempi", con le loro grida e il loro dolore non esibito ma evidente. Poi s'è mobilitato il mondo e forse chi poteva fare tanto ha fatto poco, ci siamo innamorati delle solite inutili petizioni on line e davanti al Great Ormond Street Hospital a protestare erano in trenta, anche dalle autorità politiche e religiose ci si poteva attendere altro che non fosse un paio di frasi (comunque utili a far piombare il caso in prima pagina). Magari il poco, che comunque ha coinvolto l'anima e la commozione sincera di milioni di persone prevalentemente in Italia e negli Stati Uniti, sarebbe stato sufficiente in un tempo normale, ma questo è il tempo in cui gli assassini hanno un'ostinazione fuori dal comune, il parallelo con i nazisti che ogni volta ripeto davvero non è forzato. Non si potevano sfidare le SS con le petizioni on line, prima o poi dovremmo arrivare a capirlo: serve organizzazione, presenza di piazza, forza politica, rappresentanza nelle istituzioni e nei luoghi dove si decide. Altrimenti decideranno sempre contro la vita e la prova è nel cadavere di Charlie su cui noi oggi piangiamo.

Alla fine, di tutto questo, resta la forza di una mamma e di un papà a cui noi oggi rendiamo omaggio nel momento del massimo dolore. A Chris e Connie, che avevano capito quel che i medici non avevano capito e che cioè una cura sperimentale per Charlie poteva esserci, non l'hanno perdonata e hanno davvero fatto di tutto fino a negare loro l'ultimo desiderio di far morire loro figlio a casa sua, dopo averlo stretto tra le braccia e avergli "fatto il bagnetto". Questo dettaglio commuove davvero (anche chi ne scrive, ora) e solo la disumanità degli assassini ostinati ha potuto negare a quella mamma e a quel papà almeno questo ultimo momento di vita familiare insieme.

Il caso Charlie Gard è un punto di non ritorno, ma anche un punto di partenza se vogliamo rendere efficace la difesa di un diritto alla vita che altrimenti sarà sempre più circoscritto al campo opinabile dei "sani e produttivi". Ma ci sarà occasione per parlare e scrivere di questo. Oggi non possiamo che pregare Dio di accogliere questo bambino innocente ucciso da mani che sapevano quel che facevano e che Maria gli canti materna la ninna nanna, facendolo dormire libero, ora che sicuramente libero è.

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mercoledì 26 luglio 2017

Il Re da Roma a Brindisi non fu vigliaccheria

da "Il Giornale"  21 luglio 2017



TEMPO DI GUERRA

Spesso al Re Vittorio Emanuele viene rivolta l’accusa di aver lasciato l'esercito senza ordini alla data dell'armistizio e gli viene contestato il fatto di aver lasciato Roma, con un atto di vigliaccheria, il 9 settembre '43.

In realtà, le cose andarono diversamente. 

Era ben nota a tutti i militari italiani, la possibilità che, subito dopo la proclamazione dell'armistizio, i tedeschi aggredissero l’Italia. D’altra parte, in virtù del Patto di alleanza del 22/5/'39, è evidente che l'Italia non potesse voltare i propri cannoni contro i tedeschi per il sol fatto di aver chiesto un armistizio agli anglo-americani. Alla lettura del proclama del Maresciallo Badoglio, dunque, ci si rese subito conto che non si poteva ordinare di attaccare i tedeschi: bisognava invece impartire ordini per il caso in cui fossero questi ultimi ad attaccare per primi. 

Ed ecco il significato della frase chiave del proclama: «le forze armate Italiane reagiranno ad attacchi di qualunque altra provenienza». Quale avrebbe potuto essere questa «altra provenienza», se non quella tedesca? Gli ordini, perciò, c'erano ed erano chiari ma vi fu chi
preferì non eseguirli, inventando la favola della mancanza, ben presto sfruttata dalla propaganda anti-monarchica, perpetuata nei decenni seguenti dagli storici conformisti, che di fatto hanno contribuito a coprire chi aveva preferito non compiere il proprio dovere. Al terzo Re d'Italia viene poi contestato di essere fuggito da Roma. 

Ma in un momento così delicato, il Re aveva il dovere di evitare che l'Italia cadesse in balia dei tedeschi o degli anglomericani, creando un governo fantoccio ai propri ordini, come accaduto in altri paesi d'Europa. Per dare continuità alle istituzioni italiane legittime era indispensabile quindi formare un nuovo governo e metterlo in grado di agire, evitando la cattura da parte dei nazisti (che avevano progettato di deportare l'intera Famiglia Reale già dal luglio 1943, come accaduto alla Principessa Mafalda) ma restando in Italia: così il Re si trasferì con il governo a Brindisi, portando con sé il Principe ereditario Umberto, che inizialmente chiese di poter rima-nere a Roma. 

Lo stesso presidente della Repubblica Ciampi ha affermato che così facendo «il Re ha salvato la continuità dello stato». Nella situazione confusa di quei giorni il Re sapeva bene che i suoi avversari politici avrebbero potuto accusarlo di vigliaccheria, ma scelse di sacrificare la sua immagine per il bene dell'Italia perché, come la storia ha sempre dimostrato, la salvezza della Corona avrebbe significato la salvezza della Patria.

Santino Giorgio Slongo


Busto Arsizio (Varese)

lunedì 24 luglio 2017

I monarchici siciliani (dell'UMI ) scelgono Musumeci "L'unico che può salvare la Sicilia

PALERMO - "Assistiamo in questi giorni al solito noioso 'balletto delle alleanze'. 
Il centrosinistra, su cui occorre stendere un velo pietoso vista la amministrazione degli ultimi 9 anni della Sicilia, tramortito dalla ricandidatura del governatore uscente ed il centrodestra imbalsamato dalle dichiarazioni di partiti che non hanno saputo esprimere seggi al consiglio comunale del capoluogo o che, ancor peggio, hanno sostenuto l’esecutivo uscente. 
Il candidato di centrodestra autorevole c'è già, ed ancora aspettiamo che qualcuno spieghi il perché di tanto indugiare da parte di Forza Italia, primo partito della coalizione. 
L’Unione Monarchica Italiana, in questo senso, invita tutti i monarchici siciliani, iscritti e simpatizzanti, a sostenere la candidatura dell'onorevole Nello Musumeci, quale unico politico in grado di potere offrire alla Sicilia una via d’uscita dal tunnel senza fine nel quale l'Isola sembra stazionare all’infinito a causa degli anni del governo Crocetta". 
Lo dice in una nota Michele Pivetti Gagliardi, presidente dell'Unione Monarchica Italiana (UMI) Sicilia.

http://livesicilia.it/2017/07/23/i-monarchici-scelgono-musumeci-lunico-che-puo-salvare-la-sicilia_874593/

domenica 23 luglio 2017

La Contea di Nizza Sabauda e le sue specificità

La sua posizione geografica aveva reso possibile nei secoli scambi fittissimi tra Italia e Francia, di modo ché una parte della Contea nizzarda era di lingua ligure (quella lingua ligure che, anche attraverso il retaggio del figòn, dialetto di influenza albenganese, conserva tuttora alcune tracce da Grasse a Saint Tropez) nella zona di Mentone e della Val Roya.


Se la Savoia, patria originaria della Real Casa, era divisa dal resto dei territori sabaudi dai massicci alpini ed era di lingua franco-provenzale, diversa fu la situazione di Nizza e della sua Contea. La sua posizione geografica aveva reso possibile nei secoli scambi fittissimi tra Italia e Francia, di modo ché una parte della Contea nizzarda era di lingua ligure (quella lingua ligure che, anche attraverso il retaggio del figòn, dialetto di influenza albenganese, conserva tuttora alcune tracce da Grasse a Saint Tropez) nella zona di Mentone e della Val Roya, mentre il capoluogo, seppure di lingua occitana (il nizzardo era una variante arcaica della lingua provenzale) era legato fortemente e tradizionalmente alla dinastia sabauda e al Piemonte.
Circostanza quest'ultima, che non trovò conferma nei dati addomesticati (anche dallo stesso Piemonte) del referendum che sancì il definitivo passaggio alla Francia nel 1861. Ma quando, dopo il Congresso di Vienna, nel 1815, il Regno di Sardegna ritornò in possesso della Contea di Nizza, tutta la stima e la riconoscenza dei nizzardi verso i Savoia fu evidente. La specificità sabauda di Nizza trovò molti elementi di riferimento nella generosa e illuminata relazione che proprio i Savoia intrattenevano con la città, la cui fortuna venne di volta e volta esaltata nei secoli precedenti da parte della Casa Regnante. Non solo: l'affermarsi della cultura italiana a Nizza deve le proprie origini proprio al clima sabaudo (e non solo ligure) di un territorio e di una cultura che trovano maggiori aderenze nel contesto dei rapporti transfrontalieri in dinamico interagire. La specificità più importante di Nizza poggia su una civiltà della libertà delle idee. Ma anche su una sana amministrazione.

[..]

GLI ANNIVERSARI REPUBBLICANI


Domenico   Giglio  

E’ incredibile che le repubbliche non abbiano migliori date per  celebrare la loro nascita, date che andrebbero invece  dimenticate per il loro intrinseco carattere partigiano, se non  addirittura contrario ai principi che vorrebbero esaltare.
Cominciamo dalla Francia che celebra il 14 luglio un eccidio  quale  fu la cosiddetta “presa della Bastiglia”. La  storia dice che nella  famosa Bastiglia, assunta  dai  repubblicani  come  simbolo  del  potere  monarchico, in  quel  famoso  giorno, non  vi  erano  che  alcuni  detenuti   comuni  ed  una  modesta  guarnigione, che  fu  quasi  del tutto  trucidata , per  cui  richiamare  libertà  e  fraternità  è  offensivo  per  entrambi  i  termini  dal  momento  che  trattata  la  resa  della  fortezza , con  salvezza  della  vita  dei  superstiti, la  stessa  resa  fu  disattesa  ed  il comandante  della  Bastiglia, De  Launay, fu  decapitato  e  la  sua  testa  mozza  innalzata  su  una  picca!
Inoltre, sempre per la storia, la Francia rimase Regno ancora  per  diversi anni e ben altre date potevano essere ricordate, come, ad  esempio quando fu approvata la dichiarazione dei diritti  dell’uomo, che aveva un ben  diverso valore  e  significato  e  che  avvenne ancora sotto Luigi  XVI, quando sembrò  che  si  potesse arrivare  ad una Monarchia Costituzionale.
Venendo  poi  all’Italia  ricordare  il  2  giugno  quale  “festa”  della  repubblica, suona  offesa  a  quella, quasi  metà, degli  elettori  che  avevano  votato  per  la  Monarchia  dei  Savoia e  anche  sul  25  aprile  “festa  nazionale”, molto ci sarebbe da discutere. Anche  qui  potevano  essere  scelte  altre  date , come  il  famoso, oggi  dimenticato, 4  novembre  che  aveva  vista  la  sola  grande  vittoria dell’Italia unita ed a proposito delle ricorrenze  ricordiamoci  che  la  grande  festività  dell’Italia  Monarchica, era  la prima domenica di  giugno, “Festa  dello  Statuto”, cioè  di  quella  Carta  Costituzionale  che  dal  1848, aveva  accompagnato  e  guidato  la  nostra  storia  unitaria.


Trecento anni fa la prima pietra del mito Superga

È tra le mete turistiche più visitate del Piemonte

La corona per re Umberto
Oggi, alle 15,30 sarà deposta una corona di alloro alla statua di re Umberto I nel piazzale della Basilica, restaurata in occasione dell’anniversario

È tra le mete turistiche più visitate del Piemonte con il Museo Egizio, la Reggia di Venaria e il santuario di Oropa. Dai turisti, soprattutto, perché i torinesi la osservano dal basso, pensano di esserci già stati da bambini e ci vanno poco. Così, un’occasione per ritrovare la Basilica di Superga, per scoprire che negli ultimi decenni lavori per milioni l’hanno ormai interamente restituita all’antica bellezza, sono gli appuntamenti che in questo weekend celebrano il 300° anniversario della posa della prima pietra della «Real Basilica», frutto di un voto fatto nella Torino sotto assedio del 1706. La città è invasa dall’esercito franco-spagnolo di Luigi XIV e le milizie piemontesi, insieme alle truppe alleate austriache, sono in difficoltà. «Il duca Vittorio Amedeo II e il principe Eugenio di Savoia-Soissons - ricorda Giovanni Seia, che oggi dalle 15 coordinerà la sessione storica del convegno dell’anniversario - salgono sul colle per osservare dall’alto il campo di battaglia e in una piccola chiesa fanno il voto: in caso di vittoria faranno costruire in quello luogo una basilica in onore della Madonna». Dopo una dura battaglia e il sacrificio di Pietro Micca la città è liberata. «I morti sono 3000 tra gli austriaci, 8000 tra i francesi. Dopo il Te Deum di ringraziamento in Duomo, Vittorio Amedeo II tiene fede al voto. La prima pietra viene posata il 20 luglio 1717, l’inaugurazione avverrà nel 1731». 
[...]

domenica 16 luglio 2017

Denis Mack Smith, amico dell'Italia?

La recente scomparsa, l’11 luglio scorso, dello  storico inglese ha dato logicamente occasione ad articoli che ne ricordassero le sue opere, grande parte delle stesse dedicate alla storia dell’Italia e che ebbero anche una notevole diffusione, nel trentennio dal 1960 al 1990, riempendo un vuoto sulla storia della nostra  Unità, che dopo Benedetto Croce e Gioacchino Volpe, la cui “Italia  Moderna” si fermava al 1914, non aveva avuto per decenni alcuna opera di valore, vuoto che solo in occasione del centociquantesimo del Regno, ha  trovato in Domenico  Fisichella l’autore  che  in una trilogia  da  “Il miracolo  del Risorgimento”, “Dal Risorgimento al fascismo” e  infine “Dittatura e  Monarchia” ha  realizzato finalmente una  storia completa e leggibile dell'Italia Unita.
Da questo interesse  dello   Smith  per  la nostra storia,  farlo  passare  ad  amore  per l’Italia o  ad  amico  della  stessa , c’è  una notevole differenza, perché specie nell’opera  principale, “Storia  d’Italia- 1861-1958”, le sue simpatie, senza  dubbio giustificate, furono  solo per  Garibaldi , mentre su Cavour  il  giudizio  non  fu benevolo, tanto  che  Rosario  Romeo, il  più accreditato  tra  gli  studiosi  dell’opera  del Cavour dovette replicargli, ottenendo, successivamente una qualche ritrattazione. Egualmente  acre  fu  pure  il suo giudizio sui Re di Casa  Savoia, ”I Savoia re d’Italia”, arricchendo anche qui i suoi studi  di  aneddoti che stimolano la curiosità del lettore, ma non rappresentano il vero  quadro storico nel quale si erano svolti  i  fatti.
Senza dubbio in questa sua visuale era determinante la sua formazione ideologica, democratica radicale, così che anche per quanto  riguarda il fascismo lo Smith ne trova possibili origini addirittura nel Risorgimento e nel patriottismo liberale e successivamente in un Crispi , ma  non ricorda che senza il troppo spesso dimenticato ”biennio rosso”, dal 1919 al 1921, e la altrettanto famosa “rivoluzione d’ottobre” in Russia, di cui, fra l’altro, ricorre quest’anno il centenario, con le sue successive rivolte in Prussia, Baviera ed Ungheria, il fascismo non avrebbe  trovato il terreno fertile per la sua azione e successiva affermazione. E come  per Cavour, Smith aveva trovato le repliche di Romeo, così  per  il  fascismo le  trovò in De Felice, che partendo da una giovanile militanza comunista, era arrivato ad una visione globale, veramente storica, del fenomeno Mussolini, visione che a tutt’oggi rimane insuperata, provocando travasi di bile negli antifascisti  di “professione”, che non possono perdonargli di avere sottolineato gli anni del consenso al regime, di cui pure tanti e qualificati compatrioti del Mack  Smith erano stati pure ammiratori.


Domenico  Giglio

giovedì 13 luglio 2017

Un Paese in retromarcia


di Marcello Veneziani
Sono riusciti a rendere serie le cose ridicole e a ridicolizzare le cose serie. Dico i media, la Boldrini, Fiano, Sala, Renzi e compagnia cantante. Sono riusciti a ritenere un pericolo per la democrazia qualche bischerata da spiaggia, il mercatino web sul fascismo, il vintage e perfino i vini, le battute, i busti del duce.
E in questo modo sono riusciti a ridicolizzare e sputtanare, le istituzioni, le leggi, oltre che il fascismo storico e l’antifascismo storico, che furono cose serie.
Bel risultato, complimenti. Ed è bastato un tweet infelice del deputato Corsaro contro Fiano, il firmatario della legge fasciofoba per far dire: visto, avevamo ragione, ci vuole la legge.
Come se ci volessero leggi speciali per punire le battute infami. Lo “scritto Corsaro” dimostra che una legge liberticida avvelena gli animi e oscura le menti.
Proviamo a fare un bilancio di questa grottesca polemica nata da Insolazione & Desolazione, anzi di questa folle corsa a marcia indietro nella storia.
La retromarcia su Roma. Nell’anno in cui si dovrebbe parlare del comunismo, che nacque giusto cent’anni fa, il comunismo sembra archeologia e il fascismo sembra ancora in piedi, benché morto e sepolto molti decenni prima.
[...]

Intervista alla Regina Maria José

Con la seconda parte continua l'intervista rilasciata dalla Regina nel 1958. Nei suoi ricordi lo scoppio della Grande Guerra ed il primo incontro con Re Vittorio Emanuele III.



P.S. E' stato reinserito il link alla prima parte, che non era stato correttamente inserito il mese precedente.

mercoledì 12 luglio 2017

In merito alla legge liberticida


La proposta dell’”onorevole” Fiano, nel 2017, a 95 anni dalla Marcia su Roma, a 72 anni dalla fine della guerra civile, a 71 anni dalla repubblica, dopo una disposizione transitoria del 1948, che non transita neanche un po’, dopo una legge Scelba del 1952, creata per chiudere la bocca all’allora MSI che prendeva voti ed amministrava città nel meridione, la legge Mancino del 1993 è cosa che lascia sgomenti.

Come se 70 e più anni non fossero passati, come se la Nazione fosse uscita ieri dalla guerra, come se la democrazia italiana avesse sempre bisogno di una qualsiasi limitazione per sentirsi tale.
E la costituzione, la "più bella del mondo", che garantisce diritti, si fonda sul lavoro, tutela il paesaggio, garantisce la libertà di pensiero, di associazione, di stampa, di parola e compagnia bella cantando sempre più viene smentita da quelli che se ne fanno ottusi custodi (bidelli, senza offesa per i bidelli) negando la libertà non a coloro che non l’hanno voluta, neanche ai loro figli ma ai loro nipoti.
Io, questa volta parlo al singolare, non ci sto. Queste leggi liberticide erano già mostruose, in punta di diritto, 70 anni fa. Ancora più lo sono adesso che ipotetici combattenti dell’una e dell’altra parte sono passati quasi tutti a miglior vita. E rendendo vano il loro sacrificio tramandano non voglia di pacificazione, la stessa che voleva Re Umberto II, ma eterna sconfitta, eterno ludibrio, eterno castigo per i vinti di allora e di chi in qualche modo ne riprende alcune idee.
Queste norme illiberali, come illiberale fu la disposizione di transitoria che fece morire in esilio ben tre Sovrani d’Italia, ( per la Regina Maria José il vincolo era venuto meno in quanto vedova e non consorte, motivazione non ritenuta valida per l’immensa Regina Elena) e tenne i membri di Casa Savoia in esilio per 56 anni, sono il frutto diretto della sporca coscienza repubblicana per mille motivi:

-1 basti citare Churchill il quale si meravigliava, lui che aveva avuto simpatie per Mussolini, come da 45 milioni di fascisti e altrettanti 45 milioni di antifascisti pur non vedendo lui 90 milioni di italiani.
-2 i “fascisti” (uso le virgolette perché non può essere, a meno di una patologia psichiatrica, che un fascista di adesso sia lo stesso del 1922 o del 1945 ) attuali sono il pretesto per certo mondo politico per auto accreditarsi come unici legittimi titolari di un potere sedicente democratico che invece è nato orbo guardando solo al Centro e alla Sinistra ignorando volutamente che vi fosse una Destra, anche quella non  fascista che magari aveva combattuto anch’essa nella Resistenza.
-3 l’autoreferenzialità della sinistra che vuole limitare le libere opinioni di ciascuno in merito ad un fenomeno storico che ormai è consegnato alla storia è assolutamente indecente. I comunisti, nonni e bisnonni della sinistra attuale, furono tra le prime cause della “reazione” che divenne fascista alle loro occupazioni, alla loro violenza, alle offese fatte ai Combattenti della Grande Guerra e alle loro Bandiere. Se avessero vinto nel 1922 loro avrebbero fatto rimpiangere con calde lacrime la violenza dei fascisti. I comunisti spatriati in URSS dove si vantarono di valere mille volte di più come cittadini sovietici che come miserabili mandolinisti italiani, assistettero vigliacchi ed impassibili allo sterminio sistematico dei loro compagni che non si erano perfettamente allineati a Stalin e tornarono, dopo essersi augurata la morte dei soldati italiani prigionieri in URSS, a compiere decine di altri stragi non soltanto ai danni dei fascisti sconfitti, ma anche a danno di partigiani non comunisti, di chi nelle loro zone professava la Fede Cattolica o era rimasto anticomunista.
Queste persone e chi se ne fa erede non hanno alcun titolo per dare patenti di legittimità a nessuno e non hanno il diritto di mandare in galera chi le avversa.
Siamo profondamente convinti che in democrazia l’unica legittimità rappresentativa è data dal fatto di avere voti dalla gente ed è proprio questo che gli esponenti del PD tentano di impedire dopo essere riusciti, per via giudiziaria ad impedire a Berlusconi di esercitare il potere che il popolo italiano gli aveva delegato.

Dopo 4 anni di continue idiozie, di figuracce inenarrabili, di auto vendute su ebay come spot ed aerei da centinaia di milioni di euro comprati per godersi di un momento di gloria mentre gli italiani sono alla fame, di spot buonisti senza un barlume di buon senso in cui si è fatto credere a centinaia di migliaia di africani, quasi tutti maschi, che il nostro paese, piegato dalla crisi, svenduto a francesi, tedeschi e cinesi, fosse in grado di garantire loro un futuro… dopo un tentativo goffo di riformare in peggio una costituzione già inadeguata, dopo aver eletto presidente della Camera dei deputati una persona insufficiente a se stessa, ossessionata perfino dall’esistenza del Foro Italico che vorrebbe smantellare che non perde occasione per lezioncine stridule senza capo né coda, che sentenziava autorevole che le case dovessero andare prima a Rom e migranti piuttosto che a chi è italiano da sempre… dopo aver messo una con la terza media al posto che fu di Giovanni Gentile… mentre stanno facendo un tentativo di cambiare per sempre la faccia all’Italia introducendo uno jus soli estraneo alla nostra cultura, al nostro buon senso, ai nostri interessi… che ancora non ha fatto sgombrare dopo qyuasi un anno le macerie dal centro Italia terremotato...ebbene ancora provano a dettare le regole.
Questa sinistra che governa, non dimentichiamolo, grazie a gente che ha tradito il proprio mandato elettorale, tenta di dirci cosa è giusto e cosa no, tenta di farci credere che non le loro follie pagate dagli italiani ma un accendino o una bottiglia di vino con su la faccia di Mussolini sono i veri pericoli della democrazia. Per cui esprimere un parere in qualche modo favorevole al fascismo, sul web può costare la galera da 6 mesi fino a due anni.

Ebbene no. Non riconosciamo a questa sinistra nessuna autorevolezza per imporre il suo pensiero a nessuno. Essere o non essere fascisti o antifascisti non riveste alcuna importanza. Gli italiani sono ben più maturi di questi improvvisati e approssimativi governanti che stanno conducendo l’Italia nel baratro.

E alzare il braccio in un saluto romano non può essere più grave che devastare città come fanno spesso gli emuli di chi vuole dettare legge.

VERA DEMOCRAZIA È LIBERTÀ DI OPINIONE

“Riconfermando più che mai i valori dell’antifascismo che ho appreso alla scuola di Garosci e Galante Garrone non mi sento tuttavia di approvare il ddl”-


Dino Cofrancesco sosteneva giustamente che bisogna distinguere tra peccato e reato, in difesa della laicità dello Stato.
La storia, bella, brutta, bruttissima, indecente è sempre storia e nessuna legge può cancellarla.
L’on. Fiano presentatore di un disegno di legge che vieta la propaganda di idee fasciste (esiste già il reato di apologia del fascismo) forse parte da ottime intenzioni,ma nella sostanza sbaglia. Il suo ddl è in discussione alla Camera e già suscita un infuocato dibattito. Fiano appare persona equilibrata e quindi suscita un certo stupore che sia primo firmatario di un progetto di legge che quanto meno crea delle perplessità.
Il liberale Popper sosteneva “il diritto di non tollerare gli intolleranti” nel suo grande libro “La società aperta e i suoi nemici”, un libro che in Italia è stato tradotto e conosciuto con decine di anni di ritardo.
Non sembra però che Fiano si ispiri al filosofo austriaco che forse non ha mai neppure letto.
Quella di Popper tuttavia a me è sempre apparsa un’idea poco liberale perché vanno nettamente distinte le opinioni dalle azioni.
Le opinioni devono essere liberissime in senso assoluto, l’agire di conseguenza appare invece tutt'altro discorso che va punito perché ricorrere alla violenza, in regime di democrazia e libertà -qualsiasi motivazione o matrice politica ci sia dietro certe azioni - può essere consentito e lo Stato democratico ha il dovere di reprimerlo.
I nostri governanti nei confronti dell’estremismo rosso e nero degli ultimi anni 70 non si comportarono in base a questa logica e Carlo Casalegno (che pagò con la vita per le sue idee) scrisse, ripetutamente e inutilmente, che i covi sovversivi andavano chiusi.
I Governi centristi degasperiani invece si posero il problema di una “democrazia protetta” sia nei confronti dei neofascisti, sia soprattutto nei confronti dei comunisti.
La Legge Scelba colpì invece soltanto i neo fascisti che oggettivamente non potevano minacciare la sia pur gracile democrazia italiana perché il recente crollo del fascismo fu così disastroso da non lasciare grandi rimpianti se non ai reduci di Salò e ai nostalgici in generale. Per altri versi, non si può dimenticare
che il PCI diede un grande contributo alla stesura della Carta costituzionale e non poteva accadere che si assumessero misure nei confronti dei comunisti, malgrado i gravissimi i delitti del “Triangolo della morte” suscitassero apprensione e facessero intravvedere delle minacce alla democrazia anche da parte della sinistra.
L’idea di una “democrazia protetta” può aver avuto senso alla fine degli anni 40 e agli inizi degli anni 50.
Dopo fu una sciocchezza che andava contro i principi della stessa Costituzione che vietò la ricostituzione del partito fascista in una norma transitoria. Il ricordare che si trattò di una norma transitoria appare molto utile a chiarire il problema.
Le crociate anticomuniste di Sogno e soprattutto di alcuni suoi amici si risolsero in una bolla di sapone perché la DC rappresentò comunque una diga sicura nei confronti del PCI e tale venne percepita dagli Italiani non solo nel 1948, quando ottenne la maggioranza assoluta dei voti.
Il PCI venne sconfitto attraverso le urne e non ricorrendo a leggi potenzialmente liberticide.
La Costituzione ebbe il merito storico di guardare al futuro dell’Italia e non al suo immediato passato. In questo ha dimostrato di essere stata il frutto di un compromesso al rialzo che storicamente nessuno può disconoscere, anche chi non la ritiene “la più bella del mondo”.
Ci fu il paradosso, nel primo dopoguerra, di Leo Longanesi che inizialmente fascista, aveva rifiutato il regime e, dopo il disastro della guerra perduta, sentì una qualche nostalgia per il Ventennio. Longanesi non faceva però testo perché era soprattutto un artista un po’ stravagante senza una vera valenza politica.
Appare invece fondato il giudizio, tra il serio e il faceto, di Ennio Flaiano che giunse a scrivere che “i fascisti si dividono in due categorie: i fascisti e gli antifascisti”.
Flaiano aveva ragione perché non si può storicamente escludere che ci sia stata una forma di fascismo che abbia attraversato i pensieri e le azioni di uomini che appartenevano a schieramenti opposti, al di là della adesione giovanile al regime.
La sola idea manichea di scegliere tra due diverse opzioni e non tra le molte disponibili è sintomo, oltre che di incultura, di settarismo miope.
Il settarismo, in era post ideologica, sembrava essersi ridotto, poi la discesa in campo di Berlusconi ha riacceso gli animi e il passo avanti degli anni ’90 si è come cristallizzato, per non dire che si sia tradotto in un passo indietro. Io ricordo alcune affermazioni coraggiose di Bobbio, ad esempio (che nessuno prese più in considerazione, malgrado stesse crescendo il suo mito) sulla necessità di storicizzare la Resistenza, il che non significa ridurne l’importanza, ma esprimere la necessità di scindere il mito dalla verità storica.
Abbiamo dovuto assistere alle crociate contro Renzo de Felice, uno dei maggiori storici italiani del secondo ‘900, a cui certe gazzarre impedirono persino di far lezione. Massimo e finora insuperato storico del fascismo, De Felice venne accusato di aver “sdoganato il fascismo”, ignorando il fatto che i suoi tomi, scritti a volte in modo contorto, erano letti da pochissimi studiosi e che neppure le sue interviste erano oggetto di vasto interesse. Solo Rosario Romeo, il grande storico di Cavour, difese De Felice a viso aperto, anche rispetto alle congiure tramate contro di lui dal mondo accademico.
Oggi con il progetto di legge dell’On. Fiano sembra che si stia tornando indietro di decenni. La democrazia necessita, per potersi esprimere della più assoluta libertà di opinione. Anche la ricerca storica necessita di questa libertà perché l'ipotesi di risolvere i problemi storici in tribunale è cosa totalmente assurda.
In Germania e in Francia ci hanno provato con esiti allucinanti.
Le opinioni non sono reati. Il revisionismo storico nel quale io non mi colloco, non è un reato.
Potrebbe esserlo il negazionismo, ma tra revisionismo e negazionismo va fatta una distinzione netta.
Dino Cofrancesco sosteneva giustamente che bisogna distinguere tra peccato e reato, in difesa della laicità dello Stato. Commettere atti impuri in passato (oggi il giudizio è sospeso e non si parla neppure più della fornicazione) era considerato un grave peccato, ma certo non poteva essere considerato un reato.
Infrangere il vincolo indissolubile del sacramento del matrimonio era (o è?) un peccato, ma la legge Fortuna - Baslini ha consentito ai cittadini italiani di sciogliere il matrimonio naufragato senza ricorrere a sotterfugi.
Ma la laicità non è solo questione di rapporti tra stato e chiesa, è anche un modo di approcciarsi alla realtà.
Un modo di leggere, quasi dissacrare, le stesse ideologie, rifiutando i pregiudizi dottrinari, diceva il liberale Zanone.
Se si vede il discorso in modo laico, appare più che accettabile, ad esempio, il rifiuto del Movimento grillino che si è riscoperto in questa occasione, sorprendentemente, persino liberale.
Le dichiarazioni della presidenta della Camera Boldrini che avrebbe il dovere di tacere su un disegno di legge in discussione alla Camera, rivelano invece uno spirito settario che fa pensare alla famosa frase di Flaiano.
Forse oggi in Italia i pericoli, senza sottovalutare assolutamente Casa Pound, sono il populismo e l’estremismo islamico che insanguina l’Europa.
Riconfermando più che mai i valori dell’antifascismo che ho appreso alla scuola di Garosci e Galante Garrone, non mi sento tuttavia di approvare il ddl Fiano. In passato vennero ammesse persino delle liste elettorali che contenevano la parola fascismo senza particolari problemi.
Una democrazia che ricorre a leggi speciali rivela la sua debolezza.
Non è con le leggi che si contrasta la propaganda avversaria, ma con la mobilitazione sul piano delle idee.
Andare oltre la legge Scelba, ad oltre 70 anni dalla caduta del regime, appare un gesto politico che magari centra l’obiettivo di ricostruire una certa verginità politica di sinistra al PD renziano, ma non risulta utile ai fini di affermare i valori intramontabili della tolleranza. Anche andando oltre Popper.
La tolleranza di Voltaire che dopo due secoli è diventata rispetto per tutti, anche per quelli di casa Pound che ci disgustano e ci preoccupano come democratici come liberali,anzi direi come cittadini.
Casa Pound si richiama ad un poeta che alcuni considerano grande e che a me è sempre apparso molto oscuro. Il fatto di aver simpatizzato con il fascismo gli costò carissimo proprio per iniziativa dei suoi compatrioti americani che lo dileggiarono. Ma essere stato vicino a Mussolini anche durante la repubblica di Salò non poteva non avere dei costi, anche per un poeta che diventò, di fatto, un propagandista del regime nazifascista.
Questo andrebbe ricordato e documentato per evidenziare l’assurdo del fatto di richiamarsi a Pound in un contesto storico in cui egli appare un sopravvissuto del tutto inattuale che va rifiutato per le sue idee spesso confuse e pasticciate, oltre che non condivisibili.
Liberato dagli americani stava lunghi periodi a Rapallo e io ho conosciuto persone che hanno intrattenuto con lui dei rapporti. Certo non era il “fascista libertario” di cui qualcuno ha scritto, ma semmai un vecchietto deluso, ormai al tramonto.
Qualche masnada di ragazzetti esagitati in piazza non potranno né oggi né mai mettere in pericolo istituzioni che hanno garantito la libertà a tutti per tante decine d’anni.
Non riduciamo un problema serio com'è quello delle istituzioni democratiche, a terreno di scontro a colpi di battute semplicistiche che non aiutano ad uscire dalla palude in cui siamo.
Per uscirne occorrono idee che pare manchino assolutamente. Se possibile, idee nuove, capaci di guardare avanti e non indietro.
Pier Franco Quaglieni

il Torinese, 11 luglio 2017

martedì 11 luglio 2017

Maria José sui monti e l'esilio all'orizzonte

di Tony Damascelli
Tempo di guerra. Non per la principessa, poi regina di maggio. Maria José ha il suo rifugio nel castello di Sarre.
La Valle d'Aosta era diventata, dal secolo precedente, il luogo delle vacanze, della caccia e dell'alpinismo della casa reale. Altrove, l'Italia contava feriti e morti, la guerra maledetta spaccava il Paese e le famiglie, Maria Josè veniva dal Belgio e mai aveva condiviso la politica estera dal regime. Le avevano chiesto, anche, di firmare l'atto di nozze come «Maria Giuseppina» ma si era fermamente rifiutata, ribadendo l'anagrafe Marie-Josè Charlotte Sophie Amélie Henriette Gabrielle de Saxe-Cobourg et Gotha, concedendo soltanto l'italianizzazione da Marie a Maria.

Il rigore sabaudo l'aveva sbalordita, il resto della vita politica fu un ulteriore affanno. Lei stessa, ricordando quegli anni, al rientro in Italia, dopo l'esilio, ribadì di «aver supplicato più volte Italo Balbo e Amedeo d'Aosta di dissuadere Benito Mussolini dall'entrata in guerra». Ma re Vittorio Emanuele la redarguì, ammonendola a non occuparsi degli affari politici dei Savoia.
Vacanze e ferie non rientravano nei vocabolari di quei giorni asperrimi; chi poteva permetterselo, rari nel vasto gorgo, andava a villeggiare, dimenticando, per qualche giorno, il boato degli aerei e le corse verso gli ospedali, le lacrime e la disperazione di un conflitto senza logica.
Maria Josè era quasi costretta a stare a distanza dalla realtà quotidiana. Ai convegni di corte preferiva le visite ai malati, voleva vivere una esistenza non da principessa dorata ma da donna al servizio del popolo, questa era la sua vera, antica nobiltà. Decise di proseguire la tradizione del padre, Alberto I del Belgio, il re cavaliere, il re soldato, il re rocciatore. Fu lui a «scoprire» nel 1907 Cortina d'Ampezzo e a eleggerla come meta del Gotha internazionale, fu lui a perdere la vita scalando uno dei picchi della Marche-les-Dames, nei pressi di Namur, il secondo massiccio più importante del Belgio.
Marie-José aveva ventotto anni quando le arrivò la tragica notizia, volle ugualmente sfidare le montagne, non le Dolomiti ma il Cervino e l'anfiteatro del Bianco. La fotografia la ritrae di spalle, mentre osserva un panorama maestoso, nei pressi del rifugio Gamba, diventato, poi, rifugio Monzino. La Val Veny è un trionfo di sogni per gli alpinisti, tra i ghiacciai Freney e Brouillard, poi l'Aiguille Noire, la cresta del Peuterey e il padre di tutte le montagne, il Bianco.
[...]