NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

sabato 26 dicembre 2009

Lettera aperta all'onorevole Cota, candidato del centrodestra alla presidenza della Regione Piemonte


Onorevole Cota,
coloro che Le scrivono sono potenziali, fino a pochi giorni fa sicuri, elettori del centrodestra in Piemonte. Come noi ce ne sono altri. Non moltissimi è vero, ma ce ne sono altri.
Alcuni di noi hanno sempre votato a Destra, ed anche nella sua/nostra Novara alcuni di noi pur non essendo leghisti non abbiamo avuto difficoltà a votare per un sindaco espresso dal suo partito .
Davamo per scontato che avremmo fatto altrettanto alla Regione fino a pochi giorni fa.
Cosa è accaduto,onorevole Cota, che ci sta inducendo a mettere in dubbio ciò che per noi era più che scontato?
E' accaduto di aver letto le Sue dichiarazioni circa Cavour e Casa Savoia.
Ebbene onorevole Cota, il Risorgimento Italiano e la Casa Reale che lo animarono, per quanto accademicamente discutibili a posteriori, meritano ben più delle parole di insufficienza che Ella ha loro dedicato.
Per quanto diverse possano essere le Sue posizioni in merito tenga presente che Lei è il destinatario quasi naturale del voto di un sacco di persone che la pensano in maniera clamorosamente diversa dalla Sua.
Non dimentichi che fu proprio il Piemonte, il Suo ed il nostro Piemonte, ad incominciare quell'impresa folle che portò all'Unità d'Italia e che proprio il piccolo Piemonte ebbe da solo il coraggio di aggredire il gigante Austriaco e che non si perse d'animo neanche davanti alla grave sconfitta che proprio nella nostra Novara segnò l'ascesa al Trono di quello che sarebbe diventato il primo Capo di Stato dell'Italia unita, il Re Vittorio Emanuele II.
Non dimentichi che a Novara onoriamo ed andiamo fieri dei nostri soldati che riposano in un Ossario che diedero la vita per quel sogno, che il Piemonte incarnò, di fare dell'Italia una sola Nazione.
Non dimentichi che proprio nella nostra Novara Carlo Alberto preferì l'esilio al disonore.
Non dimentichi che proprio nella nostra Novara, in una cascina di Vignale, il nuovo giovane Re, unico tra tutti i Sovrani d'Italia, tenne fede al patto statutario tra Re e popolo dicendo che mai avrebbe abrogato lo Statuto promulgato dal padre Carlo Alberto ormai in esilio.
Di tutto questo, onorevole Cota, noi ed altri come noi continuiamo ad essere infinitamente orgogliosi.
Ed è bene che Lei ci convinca che votarLa sia una cosa buona.
Non è detto che lo facciamo a tutti i costi.
I nostri più cordiali saluti.
Lo staff di monarchicinrete ( di cui alcuni novaresi)

martedì 15 dicembre 2009

L’Unità? Contro il popolo e malfatta, ma giusta


di Marcello Veneziani

Il Quirinale ha fissato la data della festa nazionale: 17 marzo 2011. È il segno che l’Italia esiste e ha una storia È vero: l’unificazione fu voluta da pochi e ci furono violenze. Però è stato un bene per tutti, Chiesa compresa
Ragazzi, in piedi. L’Italia finalmente si è ricordata del suo compleanno e si appresta a istituire almeno per i suoi 150 anni, la celebrazione della festa nazionale. Ho appreso da un autorevole consigliere del Quirinale che la Repubblica italiana sta per deliberare di festeggiare il suo compleanno, dichiarando il 17 marzo del 2011 festa nazionale. L’avevo proposto in solitudine al Comitato dei garanti per l’Unità d’Italia, presieduto da Carlo Azeglio Ciampi, e mi fa piacere che l’idea sia stata accolta e stia per farsi legge.
Certo, non basta una festa di compleanno per ricordarsi dell’Italia, ma è almeno un segno per dire che l’Italia non è la location di mafia e camorra, ma esiste davvero e ha perfino una storia. E non è stata abolita solo per fare un dispetto a Berlusconi e alla maggioranza degli italiani che lo vota. Mi auguro che sia l’occasione per parlarne anche a scuola, dove il Risorgimento è ignorato. E qui torno all’Italia trovatella del nostro presente, per chiedere: insomma, questo benedetto Risorgimento dobbiamo celebrarlo o vituperarlo, dobbiamo ricordarcene solennemente o è meglio dimenticarlo? Sono cominciate le prove generali di storia patria, tra convegni e comitati per ricordare l’Unità d’Italia e Roma capitale. Tra l’altro a Roma abbiamo messo in cantiere con il sindaco Gianni Alemanno una grande mostra sull’identità nazionale. Da tempo, anche sul Giornale, fervono aspre polemiche tra i fautori del Risorgimento e i detrattori, divisi a loro volta in sudisti e in leghisti. Mi dispiace per i sabaudi, i borbonici e gli asburgici, mi dispiace per i garibaldini e per i brigantisti, ma penso che abbiano ragione e torto un po’ tutti quanti.
Il Risorgimento è stata insieme un’opera gloriosa e infame. Gloriosa perché una minoranza valorosa fece l’unità d’Italia e mise a repentaglio la propria vita per darci un Paese unito; intelligenze politiche come Cavour si adoperarono con lucidità, principi come i Savoia si impegnarono nell’ardita impresa, grandi soldati come Garibaldi o anche giovani studenti, profeti come Mazzini e Pellico, Gioberti e Cattaneo... Sarà stucchevole l’oleografia e l’agiografia risorgimentale, saranno insopportabili quei monumenti, quelle lapidi, quella toponomastica risorgimentale... ma un Paese deve celebrare la sua unificazione, deve onorare chi l’ha fatta, deve nutrire la memoria condivisa delle sue origini.
Però il Risorgimento ha avuto anche ombre infami. Fu fatto senza e contro i cattolici, i contadini e i meridionali, che furono esclusi e si autoesclusero; fu fatto con soprusi e violenze, con la dittatura di Garibaldi in Sicilia, con eccidi e disprezzo delle popolazioni, portò alla fame e all’emigrazione molta povera gente. E fu concepito da alcuni suoi fautori non come l’Unità d’Italia ma come la colonizzazione piemontese della penisola. Il Sud uscì dall’Unità peggio di come vi era entrato, la Napoli borbonica distava dall’Europa meno di quanto disti la Napoli odierna; molti rimpiansero l’amministrazione asburgica a Nord, i granducati e lo Stato pontificio. E al Sud i briganti non furono né solo eroi popolari né solo selvatici criminali, ma l’uno e l’altro. Un Paese maturo dovrebbe avere la saggezza di ricordare queste pagine oscure e controverse della sua storia, ricordarsi i martiri di ambo i fronti, e ricordare anche la storia dei vinti, su cui una pubblicistica minore ma non disprezzabile ha molto insistito, compresa quell’Angela Pellicciari citata da Berlusconi.

L’Italia non fu unita nel migliore dei modi possibili, anzi fu unita male e controvoglia; e fu voluta da una minoranza, mica dal popolo italiano. Tutto vero. Ma ciò non toglie che quell’Unità fosse giusta e necessaria, che rispondesse non a un capriccio egemonico di una minoranza o di uno Stato ma a un coerente disegno civile e geo-culturale, prima che politico e militare. Il Risorgimento era necessario. Fu un bene l’Unità d’Italia, fu un bene la fine dello Stato pontificio, anche per la Chiesa Cattolica che si liberò del potere temporale che limitava la sua missione universale a uno staterello romanesco; l’Unità fu un bene per gli italiani. Ma fu, dicevo, una necessità perché l’Italia era in cammino già da secoli, come scrisse Gioacchino Volpe. Era in cammino dai tempi dell’antica Roma, poi nel Medioevo Cristiano e nei secoli in cui già si parlava la lingua italiana nel Paese; infarcita di latino e di dialetti ma il volgare era già un punto cruciale di mediazione tra i colti e i popoli locali. Il nostro vero eroe nazionale non fu un condottiero ma un poeta, Dante. L’Italia fu unita da Dante, poeta e autore del De monarchia, e da Machiavelli, e non da Garibaldi. È bella ed eccezionale la nascita italiana dalla parola e dalla poesia, dai versi di un grande poeta ispirato dal divino ma tutt’altro che clericale, piuttosto che dalle sciabolate di un generale. Garibaldi, anzi Cavour, la portò solo a compimento. Ma l’Italia, lo dico da una vita, precede lo Stato italiano; l’Unità non è una nascita ma un coronamento. Ma anche lo Stato italiano non va visto come il fallimento della nazione. Dall’Unità d’Italia per oltre un secolo, l’Italia unita crebbe, si modernizzò, si alfabetizzò, passò prove del fuoco per farsi nazione, si riconobbe unita, pur tra guerre mondiali e guerre civili, partiti unici e partitocrazie. Uno Stato italiano ha funzionato per cent’anni, almeno fino al biennio ’68-70, quando l’onda barbarica e irresponsabile della Contestazione, l’avvento nefasto delle Regioni, la demagogia sindacale, la demeritocrazia, la partitocrazia e i compromessi storici non ne minarono la credibilità, sostituendo lo Stato con lo statalismo, sua controfigura bulimica.
Per questo dico che merita di essere celebrata l’Unità d’Italia, il Risorgimento e poi l’avvento di Roma capitale in cui l’unità si realizzò davvero, perché con Roma entrò davvero il Sud nella nazione ed entrò la storia romana e la civiltà cristiana. È anche un modo per riconnetterci alle generazioni che ci precedettero, ai nostri padri che celebrarono il centenario dell’Unità d’Italia, e che ancor prima si presentarono, da fascisti e da antifascisti, da irredentisti e da liberali, come i prosecutori del Risorgimento. È importante riconoscersi in un’identità comunitaria e in una tradizione, o meglio in una rete di identità, comunità e tradizioni, da quella famigliare a quella culturale, a quella locale e poi nazionale, fino alla propria civiltà. L’italianità esiste e il Risorgimento è un suo decisivo gradino, scivoloso ma necessario. Benedetta Italia.
da Il Giornale

domenica 13 dicembre 2009

La canzone del Carnaro


Uno dei nostri video. Versi di Garbiele D'Annunzio per celebrare la Beffa di Buccari.
Buona visione!


lunedì 7 dicembre 2009

Le responsabilità della Monarchia


Ricorda un po' il catechismo di San Pio X ma ne è utile la lettura sia come testimonianza che come agevole ripasso di certi avvenimenti su cui l'informazione è assolutamente crassa.


Un opuscolo del 1946, nel periodo di preparazione del referendum istituzionale  un po' ingenuo nella sua formulazione, con qualche errore di ortografia, pieno di buoni propositi e di qualche utile memoria per quanti amano dare ogni colpa al Re Vittorio Emanuele III. Il titolo originale sarebbe "le colpe della Monarchia" ma ci pare che di colpe alla Monarchia se ne attribuiscano anche troppe e ci siamo permessi di modificare il titolo.

FU LA MONARCHIA RESPONSABILE DELLA SALITA DEL FASCISMO AL POTERE?
No. Responsabili sono stati tutti i partiti polittici del tempo:
- i socialisti, promotori della campagna contro i combattenti, autori di violenze continue che facevano scrivere a don Sturzo che nella pianura padana «il predominio rosso era diventato insopportabile»;
- i liberali che, allarmati per la minaccia rivoluzionaria, finirono per favorire un movimento che si affermava sorto dai reduci delle trincee e si dichiarava difensore della legalità;
- i cattolici del partito popolare che, anziché far valere la loro grande forza numerica e morale, si trastullarono tra le due opposte correnti illudendosi di far da arbitri fra quelle.
Non meno responsabili furono tutti quegli uomini politici, che erano tuttavia delle persone oneste e delle coscienze pure, che errando in buona fede hanno avallato con la loro approvazione, o con la -mancata -opposizione.


POTEVA, LEGALMENTE, IL SOVRANO FIRMARE IL DECRETO DI STATO D'ASSEDIO?

Lo stato d'assedio per decreto reale era un atto anticostituzionale : basta por mente alle rampogne che esso aveva sollevato in occasione dei moti del 1898. Del resto lo stesso Facta gli presentò il decreto, ma, come scrive il conte Sforza, « non lo spinse troppo a firmare ».

AVREBBE LA MONARCHIA INTERPRETATO LA VOLONTA' POPOLARE SE AVESSE ORDINATO LA REPRESSIONE VIOLENTA DEL MOTO INSURREZIONALE?
No. Perché la borghesia e le sterminate folle dei piccoli proprietari, altro non chiedevano che un governo capace di garantire la tutela delle leggi al loro lavoro; i ceti agrari ed industriali vedevano nel fascismo la difesa della proprietà insidiata e 1'ordine nella produzione; i combattenti, reduci dalle trincee, e tra loro in primo piano i giovani dell'Università, ravvisavano nel movimento l'esaltazione dell'ideale di Patria e delle forze morali rinnegate dal socialcomunismo, mentre i parlamentari del centro e della destra lo consideravano ormai l'unico rimedio al disordine imperante.
Non poteva dunque il Re assumersi la responsabilità di una lotta fratricida, quando la maggior parte del paese era in cuor suo col fascismo. Non è il Re che può ordinare di far spargere il sangue dei cittadini.

RISPONDE A VERITA' CHE, DOPO LE DIMISSIONI DI FACTA, IL RE ABBIA SUBITO CHIAMATO A ROMA MUSSOLINI PER AFFIDARGLI IL GOVERNO?
No. Il Re chiamò invece l'on. Salandra, ma questi declinò il mandato. Solo in seguito a ciò, non essendovi ormai altra soluzione, il Re incaricò Mussolini di formare il Ministero. Entrarono a far parte di quel Governo, e quindi non vi fecero opposizione, gli esponenti del partito popolare di don Sturzo, quelli del partito liberale, il vecchio Duca del Mare e Armando Diaz.

COSA FECE LA CAMERA DEI DEPUTATI (LA QUALE, SI NOTI, ERA STATA LIBERAMENTE ELETTA E QUINDI RAPPRESENTAVA LEGALMENTE IL PAESE) QUANDO MUSSOLINI SI PRESENTO' A MONTECITORIO COME PRESIDENTE DEL CONSIGLIO?
La Camera e il Senato avrebbero potuto mettere subito in minoranza Mussolini con un voto di sfiducia. Gli diedero invece i pieni poteri per sei mesi; glieli rinnovarono per un altro periodo di sei mesi dopo che furono scaduti.

A CHI RISALE LA RESPONSABILITÀ  DELLA RIFORMA ELETTORALE DEL 1923 CHE PRATICAMENTE SANZIONAVA LA FINE DELLE LIBERE ISTITUZIONI IN ITALIA?
Alla Camera dei Deputati e al Senato, che concordemente, in piena libertà, approvarono la riforma con regolari votazioni.

COSA FECE LA CAMERA DEI DEPUTATI QUANDO FU ASSASSINATO MATTEOTTI?
Uscì anch'essa dal terreno della legalità costituzionale rinunciando all'esercizio del suo potere, e si ridusse al vano gesto di protesta della secessione dell'Aventino, togliendo così al Re la possibilità di appoggiarsi al Parlamento. I più chiaroveggenti uomini politici infatti rimasero al loro posto, e Giolitti, Salandra, Orlando si trovarono soli nell'aula, a condurre la lotta. Al Senato tre soli Senatori parlarono contro Mussolini, e solo ventuno votarono contro.

IL SOVRANO FU INTERESSATO DALL'OPPOSIZIONE I CIRCA IL DELITTO MATTEOTTI?
Sì, e disse all'On. Amendola: « offritemi il fatto costituzionale », cioè un voto che gli avrebbe consentito di congedare Mussolini.
COSA AVREBBERO POTUTO FARE CAMERA E SENATO DOPO IL DELITTO MATTEOTTI?
Avrebbero potuto votare la sfiducia al Governo e dare alla Corona il motivo legale per abbattere il dittatore. Avrebbero anche potuto denunciare Mussolini e farlo tradurre dinnanzi all'Alta Corte. Mussolini osò sfidare l'opposizione, al punto di ricordare egli stesso l'art. 47 dello Statuto : « La Camera dei Deputati ha il diritto di accusare i Ministri del Re e tradurli dinanzi all'Alta Corte di Giustizia». E chiese se qualcuno volesse valersi dell'art. 47. Nessuno raccolse la sfida.

IL RE FU AVVERTITO DA MUSSOLINI DI QUELLO CHE STAVA PER DIRE NEL DISCORSO DEL TRE GENNAIO?
No, con quel discorso Mussolini mise la Camera e il Re davanti al fatto compiuto. Si deve sapere che il Re, nella persuasione che il Parlamento fosse alla vigilia di una presa di posizione contro Mussolini, aveva rifiutato di firmare un decreto di scioglimento della Camera, che questi gli aveva presentato con la data in bianco.

SE FU UN ERRORE NON AVER TENTATO ALLORA UN GESTO DI FORZA, FU SOLO VITTORIO EMANUELE A COMMETTERE QUESTO ERRORE?
No, perché i più autorevoli uomini politici furono dello stesso avviso e sconsigliarono essi stessi al Re di abbattere Mussolini. Lo attesta anche don Sturzo : "Intervennero gli ex capi dei Gabinetti liberali, Giolitti, Salandra e Orlando, che il Re chiamò a consiglio, e opinarono essere inopportuno avventurarsi in un cambio che preludesse ad un Governo dominato nato da socialisti e popolari ".

FU DUNQUE L'ATTEGGIAMENTO DELLA MONARCHIA, IN OCCASIONE DEL DELITTO MATTEOTTI, FRUTTO DI UNA POLITICA PERSONALE DEL RE E DI UNA EGOISTICA PREOCCUPAZIONE DEGLI INTERESSI DELLA DINASTIA?
No, fu il frutto di un errore di valutazione collettivo degli stessi uomini più rappresentativi dell'Italia. L'Italia liberale e democratica, i quali fecero cadere di mano alla Monarchia ogni arma legale.

E' GIUSTO DUNQUE PARLARE DELLA RESPONSABILITA' DELLA MONARCHIA PER L'AVVENTO DEL FASCISMO E PER IL SUCCESSIVO COLPO DI STATO DEL 3 GENNAIO?
No; e già una pubblicazione del partito liberale, edita nel 1943 a Roma, giustamente affermava che «tutti, fatta eccezione per una minoranza esigua di irreducibili oppositori, hanno pienamente condiviso con il fascismo la responsabilità di questi venti anni di decadenza». Aristocrazia, ceti industriali finanziari e culturali, la borghesia, la classe operaia, i contadini, tutti hanno avuto il torto di credere alle promesse di Mussolini, tutti hanno mancato di coraggio, tutti sono stati compartecipi di un generale compromesso.

QUANDO IL FASCISMO DIVENNE IL PADRONE DELLA VITA PUBBLICA ITALIANA, URTO' ANCORA CONTRO QUALCHE ALTRO OSTACOLO, TROVO' ANCORA QUALCHE FORZA CHE VI SI OPPONESSE?
Bisogna ammettere che il fascismo urtò contro due soli pilastri, i soli che non riuscì a far crollare: la Chiesa e la Monarchia. La prima, illuminata, come sempre, nel suo divino magistero, condannò sempre la violenza, e per bocca, del Papa difese sempre la libertà degli spiriti di fronte al paganesimo fascista. La Monarchia assunse il ruolo di freno, e ostacolò, rallentò e trattenne la rivoluzione, come del resto è ampiamente documentato nella stessa «Storia di un anno» di Mussolini e nel diario di Ciano.

E' VERO CHE IL FASCISMO E LA MONARCHIA FURONO LEGATI DA UN PATTO COMUNE AI DANNI DEL POPOLO ITALIANO; VI FU, COME SI E' VOLUTO AFFERMARE, UNA «MONARCHIA FASCISTA.»?
Per parlare di una «Monarchia fascista» bisognerebbe anche poter parlare di un «fascismo monarchico », e cioè un fascismo che, conseguito, il potere, si fosse rivolto al rafforzamento degli istituti naturalmente legati all'ordine e al rispetto delle leggi. Sennonché il fascismo si proclamò sin dal suo sorgere tendenzialmente repubblicano; cercò in ogni modo di ridurre i poteri e le prerogative della Monarchia, di abbassarne il prestigio, di esautorarla e di farla dimenticare. Nella «Storia di un anno » Mussolini ci ha messo a parte dei suoi veri sentimenti nei riguardi della Monarchia scrivendo che «quando nel pomeriggio del 31 ottobre le camicie nere marciarono per le vie di Roma vi fu un piccolo errore nel determinare l'itimerario : invece di passare davanti al Quirinale, sarebbe stato meglio penetrarvi dentro» . Dal diario di Ciano si è appreso che Mussolini era furibondo per la sua situazione di semplice Ministro che aveva un Re a legargli le mani, paragonandola con quella di Hitler «che non aveva nessuno tra i piedi»; che «con una violenta diatriba contro la Monarchia», si lagnava che questa «impedisse l'assorbimento delle dottrine fasciste da parte dell'Esercito», che nel giugno del '39 diceva al Ministro degli esteri: E' necessario presentare questa situazione paradossale al popolo perchè possa scegliere fra me e il Re», che infine nello stesso mese manifestava finalmente con chiarezza il suo nascosto pensiero : «Sto studiando se non sia il caso di farla finita con Casa Savoia!». Questa fu l'alleanza, fra fascismo e Monarchia !

CON QUALI PROVVEDIMENTI MUSSOLINI CERCO' DI LIMITARE I POTERI DELLA MONARCHIA?
Tutta la legislazione fascista fu insieme antimonarchica e antiliberale. Basta ricordare:
- la legge sul «Primo Ministro», per la quale i vari altri Ministri non rispondevano più al Re ma a lui della loro azione, e non erano più nominati liberamente dal Sovrano ma « su proposta » del Capo del Governo ;
- la legge sul Gran Consiglio (detto « 1'organo supremo del regime», e per questo solo già contrapposto alla Corona), che veniva ad esercitare continuamente una formidabile pressione sul Re con i suoi «pareri», senza i quali non si poteva risolvere alcuna questione di carattere costituzionale: don Sturzo ha definito il Gran Consiglio «strumento di controllo e di ricatto», Mussolini lo ha definito « un colpo mortale allo Statuto »;
- la legge sul segretario del partito, che gli dava l'autorità e il rango di Ministro;
- la legge del 1939 che stabiliva che, in ogni caso, il capo del Governo non poteva essere anche in avvenire se non « il duce del fascismo », e perciò non già per nomina del Re come stabiliva l'art. 65 dello Statuto, ma in quanto capo del partito e della rivoluzione.
Don Sturzo stesso ha chiaramente affermato questa azione antimonarchica del fascismo ria4ssuinendo in questo modo la situazione: « Così Mussolini lasciò il Re costituzionale senza più Costituzione, senza la facoltà effettiva di nominare i suoi Ministri, nè di cambiare il Capo del Governo; senza più la facoltà di sciogliere la Camera e appellarsi all'elettorato popolare; senza più elettorato libero: nulla che potesse dar senso all'esistenza di una vera Monarchia costituzionale ».

CHE COSA SI PROPOSE DI FARE IN TALE SITUAZIONE IL RE?
Il Re cercò di salvare il salvabile, di rendere meno pesante la mano del dittatore, di impedire alla rivoluzione di giungere alle più estreme conseguenze. Sinibaldo Tino, autore antifascista e non monarchico, parla della « formidabile stretta della Dinastia », dalla quale Mussolini « per un ventennio tentò invano di districarsi ». Pavolini, segretario del fascismo repubblicano confermò, senza volerlo, i meriti della Monarchia con queste parole : « Felici le rivoluzioni che non hanno avuto sul loro cammino necessità di compromessi con vecchi istituti! Noi non avemmo questa ventura ».
Si domandino gli italiani fino a qual punto il fascismo avrebbe spinto il suo programma rivoluzionario, e quanto più tremenda sarebbe stata la dittatura, se non avesse dovuto patteggiare con questo perenne ostacolo che era costituito dall'opposizione della Monarchia.
MA IN DEFINITIVA CHE COSA HA FATTO LA MONARCHIA IN VENT'ANNI? CHE VANTAGGI NE HA RICAVATO IL POPOLO? QUALE FUNZIONE MODERATRICE HA ESERCITATO? COME HA ASSOLTO AL DOVERE DELLA DIFESA DELLE LIBERTA' STATUTARIE E DELL'INTEGRITÀ' DEL PATTO COSTITUZIONALE?
1 risposta. - Come già prima affermato, la Monarchia fu il freno costante che ha rallentato, ostacolato e moderato la rivoluzione : per ciò appunto essa era considerata allora, ed anche da elementi che oggi le si dichiarano contrari, come l'unico fattore della vita pubblica italiana sul quale si potesse fondare una speranza.
2 risposta. - Divenuta centro di attrazione naturale delle correnti che aspiravano alla libertà, per vent'anni la Monarchia ha cercato di risparmiare i colpi più gravi che si volevano inferire al popolo italiano; per vent'anni, in assenza di una opposizione parlamentare, ha tenuto il posto dell'opposizione; ha vietato al fascismo di affermarsi in Italia nella, stessa misura in cui il nazismo si è radicato in Germania; gli ha impedito di attuare il programma di sfrenata ferocia rivelato poi dopo 1'8 settembre del '43.
3 risposta. - Non appena le è stato possibile la monarchia ha abbattuto il fascismo, assolvendo a una funzione di cui, ogni altra forza si era dimostrata incapace, facendo leva sull'Esercito rimasto fedele.
4 risposta. - La Monarchia, se anche non ha potuto, nel periodo del pieno trionfo del fascismo, salvare le libertà costituzionali, ha salvato in sé la possibilità di restaurarle con un estremo intervento, e se ne è fatta depositaria, e custode per l'avvenire.
5 risposta. - E' la Monarchia che ha fatto ritardare di un anno l'inizio della guerra nazifascista proclamata contro il suo volere e contro il volere di tutti, e che ne ha anticipato di due anni la fine, permettendoci di allinearci, due anni prima della sconfitta della Germania, con le Nazioni Unite.

QUESTE AFFERMAZIONI PROVENGONO DA PARTE MONARCHICA, MA COSA AFFERMANO GLI AVVERSARI DELLA MONARCHIA? QUALE TESTIMONIANZE SI HANNO ALLE QUALI SI POSSA PRESTAR FEDE?
Ecco alcune dichiarazioni dei più aperti nemici della Monarchia ed alcune attestazioni di fonti non sospettabili:
Hitler : Allorché l'Inghilterra e la Francia nel 1939 dichiararono la guerra al Reich Mussolini aveva preso la risoluzione di ordinare l'immediata mobilitazione. Le stesse forze che hanno portato oggi alla capitolazione (il Re, l'Esercito, la Marina) riuscirono ad impedire l'entrata in guerra dell'Italia. (10 settembre 1943).
Mussolini : « Casa Savoia ha voluto preparare e organizzare anche nei minimi particolari il colpo di Stato. E' il complesso dinastico che ha premeditato ed eseguito la demolizione del fascismo (18 settembre 1943) .
«Quello del 25 luglio era il Governo che si proponeva puramente e semplicemente la distruzione di tutto ciò che nelle idee, negli istituti, nelle cose era stato creato in vent'anni di fascismo ( Storia di un anno).
« Il fascismo ha scontato l'errore di non essere stato totalitario sino alla vetta della piramide. La rivoluzione fascista si fermò davanti a un trono ».( Storia di un anno ).
Pavolini : « Il tradimento si era propagato in una parte dello Stato Maggiore dell'Esercito e della Marina, facendo capo al Maresciallo Badoglio: i traditori si riparavano dietro lo schermo regio approfittando della solidarietà della Reggia,» (17 genn,. 1943).
Sumner Welles (inviato di Roosevelt in Europa) : « Lo Stato Maggiore italiano era in blocco contro la guerra, e nell'Esercito il sentimento di ostilità all'intervento era formidabile. Gli elementi nuovi nell'ambito del fascismo, sotto la guida di Ciano, Grandi e Balbo, vi si opponevano recisamente. La stessa cosa deve dirsi della Famiglia Reale. La Chiesa era apertamente contro la guerra v(1942).
Ciano: « Io posso testimoniare, davanti a Dio e agli uomini, l'eroica lotta sostenuta da Vostra Maestà per impedire quell'errore e quel crimine che è stata la nostra guerra. Né sulla Monarchia, né sul popolo, né sullo stesso Governo, può cadere la minima parte del dolore che' attanaglia oggi la Patria.
Un uomo - un uomo solo - Mussolini, ha condotto il Paese nel baratro. Non si mentisce quando si sta per entrare nell'ombra» (Dal carcere di Verona, in un'ultima lettera al Re, pochi giorni prima della fucilazione) .

AVREBBE POTUTO LA MONARCHIA FARE IL COLPO DI STATO NEL 1940, RIFIUTANDO LA FIRMA DELLA ' DICHIARAZIONE DI GUERRA?
No, perché l'Italia, premuta già ai confini dalla formidabile potenza della macchina militare tedesca, avrebbe subito in pochi giorni la sorte della Polonia, della Francia e di tanti altri Paesi d'Europa. Le divisioni corazzate germaniche avrebbero fulmineamente valicato le Alpi. Così l'Italia avrebbe avuto 5 anni di occupazione tedesca, con distruzioni e rovine più gravi ancora di quelle che ha dovuto subire.
Nessuno degli Alleati, si ricordi, ci avrebbe potuto aiutare : la Francia era battuta, l'America lontana e non ancora in guerra, la Russia al fianco della Germania, l'Inghilterra sola e impreparata, già sotto la minaccia dell'invasione. Mussolini poi avrebbe per primo aperto le porte ai tedeschi ribellandosi al Re.

AVREBBE DOVUTO IL RE ABDICARE NON POTENDO IMPEDIRE LA GUERRA?
Sarebbe stato, questo dell'abdicazione, l'atto più disinvolto, di vero egoismo dinastico; sarebbe stata anzi una diserzione. Se il Re avesse davvero pensato al solo interesse della Dinastia anziché a quello del l'Italia, avrebbe davvero abdicato: la Monarchia sarebbe caduta nel 1940 sicura di risorgere dopo la sconfitta della Germania, e oggi Vittorio Emanuele sarebbe applaudito come il Re che non ha voluto firmare la dichiarazione di guerra. Che cosa sarebbe accaduto però all'Italia? Tanto nel caso precedute di un tentativo di un colpo di Stato come nel caso di un rifiuto del Re e di una sua abdicazione, Musso lini avrebbe rovesciato la Monarchia, si sarebbe proclamato sin d'allora Capo dello Stato e avrebbe chiamato i tedeschi. Avremmo avuto subito la repubblica fascista e l'occupazione delle truppe germaniche.

COSA DIMOSTRA LA CRISI POLITICA DEL LUGLIO 1943?
Che la Monarchia più della Repubblica è in grado di moderare gli estremismi delle forze politiche, e che la Monarchia ereditaria funziona in ogni caso da valvola di sicurezza conservando in sé un supremo potere di intervento in situazioni estreme che sarebbero altrimenti senza uscita. Il 25 luglio è stato possibile solo perchè vi era la Monarchia. Non avete mai pensato che se Mussolini fosse stato, come`Hitler, capo del Governo e insieme capo dello Stato, nessun rivolgimento sarebbe stato possibile e nessuna forza avrebbe potuto abbatterlo fino alla definitiva sconfitta dell'Asse, come appunto è accaduto in Germania?




PERCHÉ IL 25 LUGLIO NON SI CHIESE SUBITO L'ARMISTIZIO?

Perché chiedere l'armistizio significava affrontare immediatamente la reazione tedesca ed affrontarla essendo assolutamente soli, senza poter avere nessun aiuto da parte degli Alleati. Quando si consideri che tale aiuto è stato insufficiente nel settembre, malgrado gli sbarchi a Salerno, a Taranto e in Sicilia, e malgrado precise intese con gli anglo-americani, si può immaginare quale rovina sarebbe stata per il Paese il voler far tutto da soli.
Già il 25 luglio vi era la ferma decisione da parte della Corona di por fine alla guerra, ma la data dell'armistizio non poteva essere fissata che, dagli Alleati o in accordo con loro. Questa è stata la tragedia dell'Italia e della Monarchia: che il Re poteva bensì decidere il cambiamento di fronte, ma la data non poteva esser scelta da lui.

QUALE FU IL SENTIMENTO DEGLI ITALIANI IL 25 LUGLIO?
Gli italiani sentirono il 25 luglio che la Monarchia ritornava veramente alla sua funzione, riacquistava anch'essa la sua libertà, interpretava le aspirazioni del Paese, esprimeva la volontà di tutti. La speranza che essi avevano conservata nel cuore non era stata delusa: il popolo e la Corona si ritrovavano e si riconoscevano dopo la lunga servitù comune. Il vero volto dell'Italia si vide in quei giorni, e fu un volto monarchico. Non v'è dubbio che se lo sganciamento dall'asse si fosse svolto felicemente, come felicemente si era svolto il colpo di Stato del 2.5 luglio, non sarebbe mai sorto in Italia un problema istituzionale, e la maggior parte di coloro che, senza riflettere molto, dicono di essere repubblicani sarebbe stretta attorno alla vecchia Monarchia liberatrice.

L'ABBANDONO DELLA CAPITALE DA PARTE DEL RE E DEL GOVERNO E' STATA UNA «FUGA» ? IL RE DOVEVA RESTARE A ROMA O DOVEVA PARTIRE? 
Il Re aveva l'assoluto dovere di partire. Nella notte dell'8 settembre apparve chiaro che la capitale non poteva essere difesa. Fu questo il parere del Capo di Stato Maggiore Generale, del Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, di Badoglio e dello stesso generale Carboni che oggi scrive sulla «Voce Repubblicana». In tale situazione il Capo dello Stato si trovava di fronte ad una sola esigenza suprema: garantire di, fronte agli Alleati la, continuità dello Stato e la libertà di un Governo che tenesse fede, in nome dell'Italia, ai patti dell'armistizio.
Nessun altro dovere era più alto di questo. Del resto, come capo militare il Re era Capo delle tre Forze Armate, e non del solo Esercito; ora, la Flotta era tutta diretta nell'Italia meridionale e nei porti alleati, l'Aviazione era o stava atterrando nell'Italia meridionale, dell'Esercito un terzo era nell'Italia meridionale e un terzo era in Balcania e nell'Egeo, cioè i 2 terzi erano nel sud o fuori d'Italia; dunque la maggior parte delle forze, per non dire la quasi totalità, era nell'Italia meridionale; e il Re partendo per Brindisi non solo non abbandonava le truppe, ma raggiungeva le truppe. I1 Sovrano dunque, sia come Capo dello Stato, sia come comandante delle forze armate, doveva partire da Roma. •
D'altra parte è cosa naturale, sempre ammessa, sempre verificata, che il Capo dello Stato e il Governo non devono cadere in mano al nemico. Dal 1914 ad oggi abbandonarono la capitale, all'appressarsi del nemico, il Re del Belgio, quello di Romania, quello di Serbia, quello di Norvegia, quello di Jugoslavia, la Regina Guglielmina d'Olanda, due Presidenti della Repubblica francese, il Presidente della Repubblica spagnola del 1936, il Presidente della Repubblica polacca. Come si vede nelle Monarchie e nelle Repubbliche, la regola non presenta eccezioni.
Il 9 settembre fu invece grave errore la partenza del generale Roatta Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, il quale doveva assicurare la continuità dell'azione di comando ed era, a quanto pare, il responsabile della difesa di Roma.

CON LA DECISIONE DEL 9 SETTEMBRE SI RIFUGIAVANO IL RE E IL GOVERNO IN CAMPO NEMICO?
No: perché recandosi a Brindisi non occupata dagli Alleati, si trasferivano su un'altra parte del libero territorio nazionale.

DOVEVA IL PRINCIPE EREDITARIO SEGUIRE IL SOVRANO?
Sì, perché era necessario assicurare in qualsiasi caso la continuità dello Stato e la perpetuità della Dinastia e per impedire, inoltre, che del suo nome si facesse un paravento al tradimento, dando, con una artificiosa contrapposizione del Principe al Sovrano, una parvenza di legalità costituzionale al nuova regime fascista.
COSA AVREBBERO FATTO I TEDESCHI SE SI FOSSERO POTUTI IMPADRONIRE DEL RE, DEL GOVERNO E DELLA FAMIGLIA REALE?
Avrebbero dichiarata decaduta la Monarchia col che l'Italia avrebbe avuto ugualmente la Repubblica sociale di Mussolini, ma senza che sussistesse la continuità dello Stato legittimo nelle regioni liberate o, avendo nelle loro mani il Re, avrebbero attribuito a lui la nomina del nuovo Governo, magari lanciando falsi proclami in suo nome, mentre il Re non avrebbe potuto smentire essendo prigioniero.

QUALI SAREBBERO STATE LE CONSEGUENZE PER L'ITALIA, NEI RAPPORTI CON GLI ALLEATI?
Scomparso il vero Governo legittimo, creato un Governo fascista che sarebbe stato anche l'unico Governo esistente, gli Alleati avrebbero dovuto constatare che le forze prevalenti in Italia erano loro nemiche e che, non già il governo di Mussolini, ma l'Italia continuava la guerra. Oggi questa guerra sarebbe perduta, e noi saremmo trattati come la Germania di Hitler, con una spietata durezza di fronte alla quale non potremmo accampare nessuna benemerenza, non avendo portato nessun contributo alla causa della libertà. Italia e Germania sarebbero giudicate a buon diritto come nemiche del mondo; macchiate dinanzi alle Nazioni Unite delle stesse colpe.
QUALI VANTAGGI EBBE IL PAESE DALLA PRESENZA DEL RE E DEL GOVERNO IN UNA LIBERA TERRA ITALIANA?
La continuità dello Stato e l'ordine del Re indussero la flotta a un gesto eroico di disciplina per cui le nostre navi ripresero immediatamente a combattere a fianco delle Nazioni Unite; l'Esercito e il popolo opposero, aiutati dal Governo italiano, una disperata resistenza nella lotta partigiana, con le formazioni clandestine politiche e militari ; 700 mila internati affrontarono coraggiosamente la più dura prigionia dando un esempio di fermezza che ci ha, procurato l'ammirazione del mondo; magistrati, funzionari, polizia, hanno in gran parte rifiutato di obbedire a Mussolini e corroso dal di dentro il grottesco edificio di quella repubblica.
Gli Alleati a loro volta si sono indotti ad una quantità di concessioni soltanto perchè esse erano richieste da un Governo dotato di sufficiente prestigio che dimostrava di essere in grado di poter ottenere l'obbedienza.
La cobelligeranza ci pose quasi subito su un diverso piano internazionale, e il sangue insieme versato ci diede gli unici titoli che oggi l'Italia possa vantare al tavolo della pace.

FU LA PARTENZA DEL RE CHE PROVOCO' IL COLLASSO DELL'ESERCITO?
No. Se mai, una delle cause del collasso fu la partenza di tutti gli organi ed uffici dello Stato Maggiore, alcuni dei quali dovevano in qualche modo assicurare il funzionamento del comando. E questo fu un errore tecnico dei capi militari, nel quale non c'entra niente la Monarchia.
Causa immediata della crisi delle truppe e del comando fu sopratutto l'anticipato annuncio dell'armistizio, dato improvvisamente dagli Alleati il giorno 8 settembre mentre il Governo di Roma non lo attendeva che per il 12 nella ipotesi peggiore, e inutilmente scongiurava per radio che fosse rimandato di qualche giorno. Causa lontana fu la graduale decadenza del nostro Esercito e delle Forze Armate, dovuta a un ventennio di generale corruzione della Nazione e delle classi dirigenti. Male armato, mal nutrito, male equipaggiato, dopo che il fiore dei nostri soldati e dei nostri ufficiali era stato disperso od era caduto in Africa e in Russia, il nostro Esercito non ha potuto reggere alla prova. D'altra parte in tutta Italia, isole comprese, non v'erano più, all'8 settembre, che 29 divisioni! Nella sola battaglia di' Vittorio Veneto l'Italia, nel 1918, ne aveva impegnate 51.

CHE DIFFERENZA C'E' TRA MONARCHIA COSTITUZIONALE EREDITARIA E REPUBBLICA DEMOCRATICA PARLAMENTARE?
Soltanto questa: che nell'una il primo Magistrato dello Stato è ereditario, per tradizione famigliare e per educazione è al disopra delle contese politiche, e non è portato alla carica dai partiti, tra i quali può svolgere una funzione equilibratrice; nell'altra è elettivo, e cioè è un uomo politico, che è quanto dire un uomo di parte. Con tutte le passioni che agitano oggi gli italiani, si può pensare quali disordini e quali lotte si scatenerebbero - tra i partiti, tra nord e sud, tra cattolici e anticlericali, tra gruppi diversi legati a interessi industriali e finanziari, tra forze asservite a interessi stranieri, inglesi, russi o americani - ogni 4 o 5 anni, per eleggere il Presidente della Repubblica! Lasciamo che almeno il Capo dello Stato sia al di fuori delle lotte politiche !

VI SONO ALTRE RAGIONI PER GIUDICARE PERICOLOSA UNA REPUBBLICA IN ITALIA?
Vi è quella che, in Italia, dopo vent'anni di dittatura, manca assolutamente una classe dirigente,onesta, seria preparata. La vecchia classe dirigente è esautorata; la nuova non c'è ancora. E manca anche un uomo che emerga sugli altri, che possa raccogliere la fiducia di tutti e, rappresentare un'autorità da tutti riconosciuta. Chi sarebbe il Presidente?
Nenni? Togliatti ? Bonomi ? Nitti ? Orlando? De Gasperi? Lussu? Pacciardi?

E' POSSIBILE OGGI UNA REPUBBLICA DEMOCRATICA?
Pietro Nenni ha dichiarato che la Repubblica. sarà socialista o non sarà. Infatti gli uomini di buona fede che sognano di poter realizzare una loro ideale Repubblica mazziniana, parlamentare e liberale, sono troppo pochi e troppo onesti per riuscire.
Se si fa la Repubblica questa non può essere chi una Repubblica giacobina, totalitaria, dittatoriale come quella di Mussolini.
Se se ne facesse un'altra, durerebbe ben poco e farebbe la fine della Repubblica moderata di Kerenski, spazzata via dalle mitragliatrici dei Soviet..
Così la Repubblica un'altra volta darebbe luogo alla dittatura.

E' VERO CHE LA MONARCHIA E' LEGATA AGLI AMBIENTI CONSERVATORI ED E' UN OSTACOLO AL PROCESSO SOCIALE? E' VERO CHE ESSA SI OPPORREBBE Al PROGRAMMA SOCIALE DELLA DEMOCRAZIA CRISTIANA?
La Monarchia non si opporrà mai alle giuste esigenze di rivendicazioni e di riforme sociali, anche alle più avanzate, quando queste siano realmente volute dalla maggioranza; il Luogotenente ha già affermato che la Monarchia ritiene che il Paese deve andare a sinistra affrontando e risolvendo il problema sociale. D'altra, parte l'indirizzo politico generale della vita della Nazione in uno Stato Costituzionale non è determinato dall'arbitrio del Re ma dalla volontà del Parlamento, espressione della maggioranza dei deputati, rappresentanti della maggioranza del popolo. Il programma sociale della D. C., attuato nell'ordine e nella legalità, è il più sano e il più accettabile da tutti gli italiani.

LA MONARCHIA E' IDEOLOGICAMENTE SUPERATA DALLA FORMA REPUBBLICANA?
Ogni regime è buono quando sono buoni i suoi capi: tutti gli istituti sono cattivi quando sono presieduti da uomini cattivi. Si sono avuti e si hanno ancora oggi ottime Monarchie ed ottime Repubbliche. C'è forse libertà nella Repubblica Sovietica o nella Repubblica Jugoslava? Manca forse la libertà nella Monarchia inglese?

I MONARCHICI SONO UNA MINORANZA, LA MAGGIORANZA DEL POPOLO VUOLE LA REPUBBLICA?
Se la maggioranza. degli italiani, liberamente interpellati, sceglierà la Repubblica, la Corona ha già lealmente dichiarato che si adeguerà al loro verdetto e considererà esaurito il suo compito. Ma se fosse vero che i monarchici sono in minoranza, perchè proprio loro chiederebbero, come chiedono, un referendum, e perché i partiti avversi hanno tanto paura, di vedere affidata al popolo la decisione? I MONARCHICI SONO LA MAGGIORANZA! Si contino, si guardino intorno, e vedranno quanto è sparuta la minoranza repubblicana, che fa gran rumore per far credere d'essere numerosa!

TUTTI ALLE URNE, IN DIFESA DELLA RICONQUISTATA LIBERTÀ!
E LIBERTÀ' DI VOTO PER TUTTI, MONARCHICI E REPUBBLICANI!
PRIMA DI ESPRIMERE UNA CONVINZIONE E DI EMETTERE UN VOTO E' DOVERE DI TUTTI PRENDERE CONOSCENZA DEI FATTI E DEGLI ARGOMENTI E DISCUTERLI SERENAMENTE, INNANZI TUTTO CON SE STESSI.



sabato 5 dicembre 2009

Risorgimento tradito


di Aldo Cazzullo

Incredibile che siano gli intellettuali ed i politici della maggioranza a ripetere le tesi gramsciane sul Risorgimento privo di sostegno popolare.
Un idea discutibile, se non falsa, che contraddice lo spirito e la realtà del 1848.
Ci dev'essere davvero qualcosa di masochista in questa destra ampiamente maggioritaria nel Paese che però non sa vincere, non conosce moderazione, sente gli istinti profondi della società ma non la storia patria, i suoi valori, le sue figure. Che l'attacco al risorgimento - capolavoro della Destra storica - arrivi da destra è davvero una bizzarria della storia; sino alla scena da teatro dell'assurdo dei primo ministro che - alla vigilia del l50° anniversario dell'unificazione - si presenta a un raduno di giovani nazionalisti sventolando un libello papalino e antiunitario.

Nessuno si illude che una parentela unisca i politici di oggi a un Cavour o a un D'Azeglio. Così come è normale che la Lega, fondata in nome della secessione, esecri l'unità. Ma è incredibile che siano ora gli intellettuali e i politici della maggioranza a ripetere le antiche tesi gramsciane sul Risorgimento privo di sostegno popolare. Un'idea discutibile, se non falsa, che contraddice lo spirito e la realtà del 1848: i palermitani che per primi insorgono e ottengono la Costituzione; i torinesi che oggi sera sfilano sotto la reggia invocando la guerra all'Austria; i milanesi che cacciano Radetzky; i bresciani che lottano per dieci giorni contro il più potente esercito d'Europa; tutte le città venete insorte (eccetto Verona, caserma delle giubbe bianche, che nel 1866 al momento di ritirarsi spareranno sulla folla in festa); l'eroica resistenza dei veneziani; i volontari accorsi da Roma e da Napoli, gli studenti toscani disfatti a Curtatone e Montanara; le violenze della soldataglia austriaca sui ferraresi e quelle dei mercenari papalini a Perugia... Poi, certo, come sempre nella storia esiste la zona grigia, vasta e numericamente maggioritaria, di chi esita, di chi tira a campare, di chi non ha l'età, di chi corre in soccorso del vincitore. Però non mai è la zona grigia a decidere il corso delle cose.

L'unificazione sarà celebrata, ma il Risorgimento è fuori moda. Non ispira film, romanzi, fiction. È studiato poco e di mala lena. Peccato, perché è storia affascinante, di eroismi e di intrighi, di personaggi nobili e rocamboleschi. A cominciare da un re mai preso troppo sul serio. Vittorio Emanuele II, di cui però non è inutile rileggere alcune pagine, per ricordarsi come si esprime un uomo di Stato. Ad esempio la lettera a Costantino Nigra, alla vigilia della seconda guerra d'indipendenza: "Io parto domattina per la campagna con l'esercito. Ecco il mio testamento: se sarò ucciso voi l'aprirete e avrete cura che tutto ciò che vi si trova sia eseguito. Io procurerò di sbarrare la via di Torino; se non ci riesco e se il nemico avanza, ponete al sicuro La mia famiglia e ascoltate bene questo: vi sono al Museo delle Armi quattro bandiere austriache, Prese dalle nostre truppe nella campagna del 1848 e là deposte da mio padre. Questi sono i trofei del la sua gloria. Abbandonate tutto, al bisogno, valori, gioie, archivi, collezioni, tutto ciò che contiene questo palazzo, ma mettete in salvo quelle bandiere. Che io le ritrovi intatte e salve come i miei figli. Ecco tutto quello che vi chiedo: il resto non conta".

http://blog.aldocazullo.it

Incominciamo

Era da tanto che desideravamo dare vita ad un nuovo sito. Era da tanto anche che volevamo condividere il nostro entusiasmo con l'entusiasmo degli altri.
Che volevamo fare invece di non fare.
La buona volontà non ci manca e non ci è mai mancata. L'affinità anche. 
Ai litigi ed alle polemiche noi dello staff abbiamo sempre preferito l'azione positiva, il portare fuori dalle nostre mura la storia e le idee di cui purtroppo non sempre noi monarchici siamo all'altezza.
E per questo motivo incominciamo con questo blog ma l'ambizione sarebbe quella di creare un portale. Per quello però le nostre conoscenze informatiche non sono sufficienti: c'è bisogno di conoscere programmi e linguaggi per i quali sono necessari studi e competenze.
Per il momento si parte così dunque: questa pagina, tanta buona volontà e la speranza di trovare tra i nostri amici qualcuno che ci faccia fare il salto di qualità di cui abbiamo ambizione.
Non per noi.
Ma per il bene inseparabile del Re e della Patria.
La cosa detta così potrebbe sembrare retorica ma non lo è. Volutamente abbiamo citato il giuramento con cui i nostri padri legavano il loro onore alla fedeltà all'Italia ed al Re .
E abbiamo sotto gli occhi quotidianamente il fatto che aver separato i destini dell'Italia da quelli del Re non ha prodotto nulla, ma veramente nulla, di buono.
Speriamo di avervi lettori numerosi .
Lo Staff