NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

lunedì 30 gennaio 2012

De Renzis, il capuano che bombardò casa

Trovato da un nipote il diario dell'ex allievo della Nunziatella che nel 1860 guidò l'attacco dei piemontesi

CASERTA 

 «Alle 6 del mattino entro in Capua a cavallo con Ferrero. La strada ferrata, la stazione, il campo, erano rimasti senza un albero. L'aspetto della città è squallido, poca gente e certe facce sparute da far compassione. La mia casa è malridotta, tre bombe han incendiato il quarto superiore e incendiata la scala. Molti Capuani nel vedermi vengono a baciarmi la mano, veramente con effusione di buon di sofferenze fisiche e morali. Giovanni ha ritrovato tutta la sua famiglia, povero diavolo, comandava una batteria d'assedio ed aveva la moglie ed i figli dentro la città. Eppoi si parla di Bruto». È il 3 novembre 1860, sette giorni prima Vittorio Emanuele II e Giuseppe Garibaldi si sono stretti la mano poco lontano da Capua, l'esercito Piemontese dei Savoia affronta le ultime sacche di resistenza borbonica, la città che fu anche di Ettore Fieramosca cade in tre giorni sotto le cannonate.

domenica 29 gennaio 2012

Se la libertà di stampa è una chimera


di Alberto Conterio


In Dicembre avevo già denunciato la scarsità di informazione circa l’evoluzione della situazione Libica. Pare infatti che in quelle terre, il popolo, disilluso dopo 40 anni repubblica popolare dittatoriale e dalle lusinghe di troppi “disinteressati” stranieri, desideri rimettere ordine nel proprio Paese ripensando alla Monarchia di Re Idris. Chiaramente in questa repubblica di pescicani, dove le ombre dei Savoia mettono ancora timore, tanto da tenerne in esilio addirittura le salme - caso unico sull’intero pianeta Terra - queste cose non è bene presentarle ai “liberi” cittadini italiani dalla memoria corta, cortissima e addomesticata. Ci sarebbe da fare un trattato sulla libertà di stampa sempre invocata, o semplicemente da insultare in piazza giornalai e pennivendoli conniventi con questo regime, perché questo si meritano, ma, ritenendo d’essere migliore di loro (sia ben chiaro è soltanto una mia personalissima opinione) desidero soltanto parlarvi della Romania.

sabato 28 gennaio 2012

Napoli. La “Regina Elena” commemora la Regina Maria José


(Rodolfo Armerio) A Napoli, venerdì 27 gennaio, nella Reale e Pontificia Basilica di S. Francesco da Paola, l’Associazione Internazionale Regina Elena, presieduta da S.A.R. il Principe Sergio di Jugoslavia, ha fatto celebrare una S. Messa in suffragio della Regina d’Italia Maria José, nell’undicesimo anniversario del Suo richiamo a Dio e nella “Giornata della Memoria.
Durante il Sacro Rito, presieduto da Padre Emanuele, si è anche pregato per la due prime Regine dell’Italia unita: Margherita di Savoia-Genova, deceduta il 4 gennaio 1926 a Bordighera (IM) e sepolta a Roma, nella Basilica del Pantheon, accanto al consorte Re Umberto I, ed Elena del Montenegro, nata l’8 gennaio 1873 a Cetinje, che riposa provvisoriamente in esilio a Montpellier (Francia), dove è deceduta il 28 novembre 1952.
Sua Altezza Reale Maria Josè di Saxe Coburgo Gotha, Principessa Reale del Belgio, nasce a Ostenda il 4 agosto del 1906. Sposa il Principe Ereditario d’Italia Umberto di Savoia l’8 gennaio del 1930, diventando Principessa di Piemonte. Diviene Regina d’Italia il 9 maggio 1946.
Dopo aver vissuto a Torino, la coppia Reale si trasferisce a Napoli, a Villa Maria Pia.
A Napoli nascono Maria Pia (1934), Vittorio Emanuele, Principe di Napoli (1937), e Maria Gabriella (1940), mentre a Roma nasce Maria Beatrice (1943). Maria Josè Parte volontaria come Crocerossina nel 1936 e ne diviene Ispettrice Nazionale.
Muore a Ginevra il 27 gennaio 2001. E’ sepolta provvisoriamente in Savoia accanto al consorte, Re Umberto II, nella Reale Abbazia di Hautecombe, nell’attesa della tumulazione nel Tempio destinato dalla Storia ai Reali d’Italia, il Pantheon di Roma.

ARRIGO LUCA DI WINDEGG


 (1920-2011)
di Gianluigi CHIASEROTTI

Il 25 luglio 2011 è venuto improvvisamente a mancare, all’età di 91 anni, il conte Arrigo Luca di Windegg, luminosa figura di vero gentiluomo, di monarchico fedele alla sua idea e vero testimone della storia di Casa Savoia, legato a profonda amicizia con il compianto Re Umberto II (1904-1983).
Era nato a Feltre, in provincia di Belluno, il 19 maggio 1920.
Arrigo Luca si laureò in giurisprudenza, con lode, all’Università di Roma, prestò servizio militare nell’Arma di Cavalleria, esercitò la professione di avvocato in Roma, mentre, divenuto notaio,  esercitò quest’ultima in Bologna.
La sua era una famiglia originaria della Val di Non, trasferitasi all’inizio del Secolo XVIII a San Gregorio nelle Alpi, in provincia di Belluno, famiglia che ebbe la concessione dello stemma e la capacità feudale per diploma dell’arciduca Massimiliano il 18 agosto 1605.
Fu esteso ai varii membri della famiglia il titolo di Nobile del Sacro Romano Impero con predicato “von u. zu Windegg”, di già concesso nel 1633 per diploma dell’Imperatore del Sacro Romano Impero Ferdinando III  d’Absburgo (1608-1657) il 14 novembre 1644.
Un ottavo ascendente del Luca, Gaspare, ufficiale dell’esercito imperiale del maresciallo Raimondo Montecuccoli (1609-1680), combattè valorosamente, nella seconda metà del secolo XVII, anche contro i turchi, mentre lo zio del nostro, il leggendario Colonnello di Carabinieri (poscia Generale di Divisione) Ugo Luca (1892-1967), passò alla storia per aver debellato, nella campagna del 1949-1950, il banditismo armato in Sicilia.   
Il conte Luca fu membro vitalizio della Consulta dei Senatori del Regno (dal 18 febbraio 1983), nominato ai sensi dell’art. 33, categoria 21 [avvocati e/o liberi professionisti dopo 25 (venticinque) anni di appartenenza all’Ordine Professionale e di effettivo esercizio della professione], dello Statuto Albertino, segretario del Consiglio di Presidenza, ed, attualmente, ne era vice-Presidente; Guardia d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon dal 31 ottobre 1964; Cavaliere d’Onore e Devozione del Sovrano Militare Ordine di Malta; Cavaliere di Gran Croce del Pontificio Ordine del Santo Sepolcro di Gerusalemme; Cavaliere Civile di Savoia; Grande Ufficiale dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, di cui fu anche Delegato per l’Emilia- Romagna e membro della Giunta Mauriziana; socio del Rotary Club di Bologna e membro di varie Accademie Culturali italiane ed estere.
Il notaio Arrico Luca, con RR. LL. PP. del 11 gennaio 1971 del Re Umberto II, fu creato conte ed assunse il motto “Et ultra vires”.
Arrigo Luca di Windegg era anche presidente dell’Associazione “Principe Eugenio” (da lui fondata nel 1986). Di tale mitico personaggio, il nostro era un fine conoscitore e studioso. Al riguardo tenne una particolare relazione al Rotary Club Bologna Ovest il 26 gennaio 1987, dal titolo “Eugenio di Savoia Salvatore dell’Europa”.
Ma il nostro fu soprattutto un insigne notaio, avendo sempre goduto di meritatissima fama e di altissima stima presso le autorità e la clientela pubblica e privata per profonda competenza giuridica, eccezionale capacità professionale, prudente saggezza, inflessibile rigore, ferrea imparzialità ed estrema osservanza dell’etica professionale. Il tutto sempre accompagnato da una parola dotta, limpida e pacata.    
Con la scomparsa di Arrigo Luca di Windegg termina un altro capitolo della storia della tradizione dei monarchici impegnati nell’effimera repubblica italiana. Il suo esempio sia il nostro esempio. Un esempio di unità, di vera dedizione alla causa, di squisito lavoro solo e soltanto al servizio della causa stessa e guidati sempre da quella “Bianca Croce di Savoia” che ci ha dato illuminati esempi di vita, di civiltà, di libertà, di prosperità, una Patria unita, in un’Europa libera.

venerdì 27 gennaio 2012

Il martirio di Mafalda I parte

dal supplemento al numero 97 di "Italia Nuova" del 24 Aprile del 1946




Non sono ancora trascorsi due anni dalla tragica fine di Mafalda di Savoia: due anni densi di avvenimenti e di dolori, di speranze e di rinascite. Le ferite inflitte alla nostra gente infelice e coraggiosa dolgono ancora.


Non sono ancora trascorsi due anni e la nobile figura di questa, dolce, comprensiva, caritatevole Principessa è già diventata un personaggio leggendario. Ella che possedeva il grande dono di saper accostarsi al suo popolo con trepido cuore di sorella è scomparsa, silenziosamente, lontana dal suo popolo, in terra straniera. La sua ultima espressione di vita è stata un sorriso: un sorriso mesto che perdonava ai colpevoli, un sorriso tenero rivolto ai figli ch'Ella non avrebbe più riveduto.


Quando la radio ed i giornali diffusero le prime notizie sul tragico avvenimento un'incredulità dettata dalla speranza cercò di annullare la realtà. Non poteva, non doveva esser vero. Il popolo Italiano è profondamente buono: si lascia, talvolta, ammalare da un'inquietudine che può anche fargli commettere atti che non gli somigliano. Ma si rivela sensibile dinnanzi al dramma, rispetta il dolore, sa dimostrarsi degno delle sue tradizioni e della sua civiltà. E questo dramma feriva il cuore di una Madre amorosa e lontana, questo dramma rubava a quattro figli lontani una tenera Madre.


Tragico ed immeritato destino quello di Mafalda di Savoia.


Questa Creatura fragile, sensitiva, devota alla famiglia, innamorata della bellezza e dell'arte, semplice ed intelligente, questa Creatura che avrebbe voluto poter vivere una vita armoniosa ed appartata, questa Creatura che sapeva dimenticare se stessa, sempre, pur di non privare gli « altri  del suo sorriso e della sua comprensione, questa Creatura che sapeva e voleva trasformare i suoi diritti in altrettanti doveri, è morta sola, desolatamente sola, dopo di aver sofferto ora per ora, attimo per attimo, il suo martirio, con una serenità veramente stoica.


Dimentichiamo, per un attimo, i suoi privilegi regali. Dimentichiamo, per un attimo, la Principessa Sabauda per meglio conoscere ed apprezzare Mafalda, donna Italiana. Possiamo esserne fieri. Possiamo venerare la Sua memoria come veneriamo la nostra Bandiera.


Chi ha vissuto lungamente all'estero conosce il brivido di commossa emozione che suscita, ogni volta, la visione e del nostro Tricolore. La bandiera ha il profumo delle zolle della Nostra Terra, racchiude la Nostra Storia, ci ricorda il nostro "ieri"  e ci agguerrisce per il nostro domani. A pochi è concesso il privilegio di poterlo rappresentare, di elevarsi da Uomo a Simbolo, da materia ad ideale. Questo privilegio è stato concesso a Mafalda, Donna Sabauda, Donna Italiana.


Inchiniamoci dinnanzi a Mafalda Donna, a Mafalda Simbolo.


La vita, soprattutto l'inquieta e faticosa vita di oggigiorno che non rispetta nemmeno la legge di riposo dettata dal tramonto, è generosa dispensatrice di spunti di romanzo. Se per noi, Italiani, la memoria di Mafalda di Savoia non fosse sacra, la sua breve ed intensa, luminosa e tragica esistenza terrena potrebbe dare ali alla fantasia di drammaturghi e romanzieri. Limitiamoci a ricordare la soave Principessa. Non è necessaria l'eco degli "altri" , per valorizzare la sua voce che ora, purtroppo, tacerà per sempre. La sua personalità è stata così schietta e così intensa, così soave e così eroica da imporsi non soltanto al popolo nostro ma ai poeti, agli uomini sensibili di tutto il mondo. Ricerchiamola, piuttosto, nella sua infanzia, nella sua adolescenza, seguiamola, piuttosto, con cuore commosso nel suo calvario. Essa non ha bisogno di pubblicità, sia pure una pubblicità artistica e devota, per passare alla storia.

Mafalda Maria Elisabetta Anna Romana Savoia Carignano nacque a Roma il 19 novembre 1902. Sin dai primi anni Ella sì rivelò la meno robusta fra i figli di Vittorio Emanuele III. Mentre il fratello e le sorelle godevano la loro infanza vivace e sana correndo e galoppando per i viali di Sant'Anna di Vaidieri e di San Rossore, quest'Augusta bambina dimostrava un carattere raccolto e taciturno, carattere che contrastava con i suoi anni e la posizione privilegiata che le aveva concesso il Destino, Forse, sulle creature sensitive sovrasta la nube del presentimento. Forse la tragica fine aleggiava già su di Lei come una ombra che le vietava di godere spensieratamente la sua giovinezza. Mesta, non triste: vibrante come le corde dell'arpa ch'Ella suonava, armoniosa nei gesti e nella voce. La sua raffinata sensibilità poteva, a tratti, farla sembrare quasi timida. Non desiderava imporsi e s'imponeva. Aveva ereditato dall'Augusta Nonna Margherita un fascino che la rendeva diversa da tutte le altre: la medesima dolcezza, la medesima comprensione, la medesima umanità espressa attraverso atti pietosi parole buone, sorrisi che riuscivano a lenire ferìte, a ridare la serenità perduta.

VICINA AL SUO POPOLO


Ogni mattina, nella quiete di Villa Pollisena, Mafalda leggeva con cuore attento e commosso le tante lettere inviatele da gente povera e sconosciuta: suppliche, voci che varcavano il cancello, infrangevano le barriere sociali per giungere sino a lei, le ascoltava tutte: queste voci echeggiavano nel suo cuore: voci dì vecchi, di malati voci d poveri infelici che si rivolgevano ad Essa con commovente fiducia, con la certezza di essere ascoltate. Nessuno era deluso E questa comprensione che diventava di giorno in giorno più profonda e più miave, questo spirito di sacrificio che si trasformava in un piacere d'offerta erano senza dubbio le caratteristiche più salienti dell'Augusta Principessa.

Ella prediligeva la semplicità: ella amava soprattutto accostarsi al suo popolo, avvicinarlo, conoscerne il volto più malinconico e povero. Usciva spesso a piedi: appena scoppiata la guerra volle rinunziare alla sua automobile Non cedeva dinnanzi alla stanchezza fisica, non evitava le lunghe camminate i « tram » zeppi di gente, gli strapazzi: tutto le diventava lieve pur di poter recare il suo sorriso ed i suoi doni, pur di poter pronunziare la parola che rincuora compiere un gesto di carità verso i feriti e gli ammalati prigionieri in una candida corsia d'ospedale pur di poter accarezzare dei bimbi abbandonati, pur di assolvere la missione ch'Ella si era scelta con una costanza ed un'abnegazione veramente ammirevoli.

In un quartiere popolare di Roma, alcuni anni or sono, una, disgrazia uccise contemporanei mente  i genitori di un bimbo di circa sei anni che, ignaro ed indifeso, rimaneva così completamente, tragicamente solo al mondo Per molti, per troppi, questo fatto era passato inosservato: un semplice fatto di cronaca nera, parole stampate su di un foglio bianco. Null'altro. Troppo poco per dei lettori egoisti e distratti, troppo per il cuore sensibile di  di Savoia.  Ella provvide subito affinchè la sventurata creatura venisse ricoverata in un ospizio. Ma la certezza di aver affidato l'infelice bambino a persone caritatevoli, di avergli assicurato un tetto ed il cibo non le bastava. Mafalda mamma, conosceva le esigenze dei piccoli, la loro necessità, necessità ch'essi stessi, forse, non avvertono, di svago e di sole. Si recò spesso a trovarlo. Durante le vacanze lo volle con sé dandolo come compagno di giochi al Principino Otto. Non sono pochi i Romani che ricordano di aver veduto passare per i viali di Villa Borghese, viali profumati dalla primavera, il carrozzino di Corte in cui sedeva la soave Principessa accanto a due bambini: il Figlio Suo e l'umile, sorridente, beneficato figlio del popolo.

Sono innumerevoli gli episodi che si potrebbero citare per illustrare, se ve ne fosse bisogno, la figura di Mafalda di Savoia. Ma l'Italiano possiede, fra le tante sue virtù, quella di saper degnamente apprezzare i gesti nobili e le creature che li hanno compiuti. Non è forse questa la terra dei Santi e degli Eroi? Ed i nostri Santi, i nostri Eroi non sono forse ancora vivi nei nostrì cuori, nelle nostre menti, malgrado l'attuale procelloso periodo che tenta di offuscarne la luce, di falsarne i valori? Non dilunghiamoci ad illustrare forze malefiche e disorganizzatrici. Non profaniamo la memoria di Mafalda di Savoia. Ella fu una Creatura pura, integra: non ricorriamo ad artifici letteari per descrivere la sua nobile esistenza. Bastano fatti.

E di questi fatti mi piace illustrarne uno raccontatomi da un'amica sua: le sillabe commosse non nascevano da un impulso di propaganda politica. Ho semplicemente ascoltato una donna Italiana che mi parlava con tono fiero e commosso di un'altra donna Italiana. Ho, lo confesso, dimenticato per un istante che stavamo parlando di Mafalda di Savoia, figlia del Re. Quest'amica Le era stata vicina per anni, l'aveva seguita nelle sue opere di carità, l'aveva veduta nell'intimità della sua casa.

Quest'amica è stata, forse una delle ultime persone che hanno. avuto il privilegio di ascoltare la sua voce, di ricevere il suo saluto prima ch'Ella abbandonasse la stia Patria, cioè prima ch'Ella fosse strappata con un tranello diabolico dalla sua Italia che essa venerava.

Un drammatico incidente distrugge un'umile famiglia di operai. Rimane, unico superstite, un bambino di tre anni. Ma si teme che la povera creatura abbia perduto la vista. Il caso viene segnalato alla Principessa Mafalda. Ella, senza indugio, si occupa personalmente di questo bimbo su cui pesa la più triste delle minacce: una condanna di buio.

Il celebre oculista al quale Essa si è rivolta le consente di sperare nel buon esito di un intervento chirurgico: occorre soltanto attendere che il piccino sia in grado di sopportarlo. Questa notizia riempìe di gioia la sensibile Principessa. Ella s'incontra quello stesso giorno con l'amica ad una cerimonia nuziale: fiorì, gioia, sonore note d'organo, trasparenti veli d'incenso. Due giovani che coneretano attraverso una sacra promessa il loro sogno d'amore. La Principessa si avvicina all'amica, all'uscita della chiesa. Le' confessa sorridendo con quella dolcezza che Le era particolare: - Non ho pregato per gli sposi... Sono tanto felici... Non hanno bisogno delle mie preghiere... I suo grandi occhi si velano, all'improvviso, di lacrime. - Ho pregato invece per quel bambino... Non è possibile che rimanga così... Ho tanto pregato e pregherò tanto ancora finchè Dio mi farà la grazia.

giovedì 26 gennaio 2012

CI NASCONDONO UN’ALTRA RIVOLUZIONE PRO-MONARCHIA IN ROMANIA

25 gennaio 2012 By


Siamo alle solite. Nessun organo di informazione ne parla, ma in Romania c’è una vera rivoluzione.Migliaia di giovani hanno invaso strade e piazze. Gli scontri con la polizia sono sempre più frequenti. É così da più di una  settimana, ma solo ora giungono le prime attendibili notizie.
La rivolta é nata dopo i pesanti tagli imposti dalla BCE al governo di Emil Boc. L’ austerity riguarderà particolarmente il bilancio della sanità pubblica. Raed Arafat, che della sanità era vice-ministro, si é immediatamente dimesso. E la popolazione è scesa in piazza.


Domenica scorsa a Bucarest i dimostranti hanno lanciato pietre contro la polizia in assetto anti-sommossa, che ha risposto con lacrimogeni. Alla fine 50 persone hanno dovuto far ricorso a cure mediche e una settantina sono stati gli arrestati. Altre manifestazioni si sono tenute a Cluj, Timisoara e Iasi.
I manifestanti vogliono a gran voce le dimissioni del presidente Basescu e del primo ministro Boc, gli schiavi della BCE, del FMI e della finanza globale. Chiedono il ritorno della monarchia parlamentare, vogliono un governo che sappia fronteggiare gli istituti bancari e finanziari, che hanno in mano l’intera Europa e che, stanno commissariando uno ad uno tutti i paesi dell’Unione.

Le agenzie di stampa nazionali (mediafanews.ro e livenews.ro) parlano di un vero e proprio golpe. parlano di una popolazione esasperata così nelle grandi città, come nei piccoli villaggi, che assaltano letteralmente negozi e supermercati.
Boc intanto fa sapere che non si dimetterà e che non permetterà nuove elezioni o un referendum popolare che possa portare la Romania verso una monarchia popolare protezionista ed antieuropea. I rumeni non demordono e continuano a riempire le piazze.
[...]


lunedì 23 gennaio 2012

I VALORI DELL’ISTITUTO MONARCHICO


di Alfredo Covelli

Sul piano generale ci soccorrono le testimonianze della storia di gran parte dei popoli civili: è stata sempre la Monarchia ad aver difeso i deboli dai forti, le minoranze dalle maggioranze.

La storia dell’evo nuovo insegna, infatti, che la libertà politica, la giustizia sociale, l’uguaglianza giuridica sono frutti della Monarchia, perché tutta la lotta perla creazione di Stati nazionali è stata una lotta condotta e vinta in ogni tempo dalla Monarchia.
Per quello che attiene al nostro Paese la spiegazione è nel ricordo che si può chiedere agli Italiani di ciò che essi debbono alla Monarchia dei Savoia.
Essi Le debbono,oltre alla realtà geografica, dell’Unità Nazionale, la più completa, la più piena realtà democratica.

È stato un Re a concedere all’Italia, e forse all’Europa Continentale, il senso ed il gusto della libertà.
Gli Italiani hanno avuto le prime libertà democratiche da Carlo Alberto con la promulgazione dello Statuto, che è legato al Suo nome; uno Statuto che ha modellato disé tutta la vita italiana fino alla metà di  questo secolo e che ha rappresentato il terreno giuridico e morale sul quale sisono intrecciati eventi e fasi di tutto il Risorgimento. 
[...]

Romania:monarchia costituzionale nel 2014 secondo Basescu

Il presidente della repubblica basescu ha dichiarato che sara l'ultimo capo di stato della storia,poi ci sarà la monarchia parlamentare
In romania il sogno del popolo di riavere la monarchia si fa sempre piu tangibile grazie alle dichiarazioni uscite per bocca del presidente della repubblica traian basescu che ha dichiarato che  non è assolutamente contro il ritorno la monarchia parlamentare anzi ha aggiunto che lui nel 2014 sara l ultimo presidente della repubblica poi ci sara ufficialmente naturalmente con il consenso del parlamento bicamerale sovrano la monarchia parlamentare pero a patto che come re ci sia il principe paolo di labrino della famiglia reale Hohenzollern Veringen e non l ex re michele perche sempre il presidente traian basescu lo ha accusato di aver favorito con l abdicazione  i sovietici comunisti e percio di aver tradito la nazione neolatina
Chi credeva che basescu l ultimo capo di stato della romania fosse contro il ritorno della monarchia parlamentare si è sbagliato di grosso ed è rimasto stupito.
Ricordiamo che la monarchia parlamentare in Romania è stato abolita nel 1947 non per volere del popolo sovrano ma per colpa dell invasione sovietica socialista che ha messo come dittatore Nicola Ceausescu facendo nascere ripeto contro la volontà del popolo la repubblica popolare di Romania poi successivamente nel 1989 repubblica di romania che ben presto grazie alla lotta costante del popolo di Romania ritornerà  la monarchia costituzionale una continuita e una ricucitura con il passato e la storia del paese neolatino !

domenica 22 gennaio 2012

Circeo, Sabaudia, Sperlonga e Ponza; ecco il turismo al tempo della crisi

Confesso tutto il mio amore per quei luoghi, che hanno visto ospiti i Reali della Casa di Borbone prima e della Casa di Savoia poi, ove il Re Umberto II, allora Principe di Piemonte, prese in braccio mio padre bambino e che tributarono nel 1946 alla Monarchia una maggioranza di voti "bulgara". 

Formia. La residenza dei Reali, adesso grande albergo


LATINA - Il turismo non si improvvisa, si programma. Con progetti precisi di rilancio e riqualificazione, studiati nel rispetto dell'ambiente e della conformazione del territorio, ma assecondando i gusti e le mode che cambiano. Anche in una “provincia di costruttori” come quella pontina. Parola di Antonella Di Genova, discendente per parte di madre della famiglia Superti che da tre generazioni opera nel settore del turismo e dal 1935 gestisce uno dei più prestigiosi alberghi del territorio, l'Hotel Maga Circe.

Proprio qui, lungo questi 90 chilometri di costa che vivono ancora della rendita dei favolosi Anni Sessanta, delle case vacanza, delle ville sul mare e dei vip al Circeo, il turismo, per tenere il passo, ha dovuto reinventarsi, adeguandosi alle richieste, ai nuovi standard e alle esigenze dei soggiorni meno glamour e più mordi e fuggi. Costantemente in equilibrio tra tradizione e innovazione.

Chi è riuscito nell'intento oggi rappresenta l'eccellenza e nonostante la crisi riesce a sostenere con successo la competizione con le mete esotiche del turismo di massa, spesso più a buon mercato di una vacanza a Ponza.
“Si pensa spesso che il turismo sia facile e alla portata di tutti – spiega Antonella – che basti avere una cucina e delle camere, allestire la sala da pranzo e organizzare i soggiorni degli ospiti per gestire una struttura ricettiva. Questa è la mia impressione. Ma il turismo è una professione. E' un'impresa, e si rischia sulla propria pelle. Spesso non si è consapevoli dei cambiamenti e si programma poco. Noi ci siamo dedicati a capire cosa stava cambiando. Ma siamo a metà strada, consapevoli del fatto di dover introdurre elementi innovativi senza perdere la clientela ormai fidelizzata, in gran parte romana, che continua a fare soggiorni lunghi e che da noi si aspetta gli stessi servizi e la stessa accoglienza di sempre”.

L'albergo, costruito in un'antica villa degli Anni '30, si è dotato nel tempo di un'area benessere e di nuovi servizi. E a chi chiede di soggiornare per una sola notte durante il week end mette oggi a disposizione un'intera ala della struttura, con camere comode ma più piccole. Mentre le stanze ampie e spaziose, dotate di balcone ed area relax restano destinate ai soggiorni più lunghi.

Chi ha investito tutto sul turismo e su elevati standard di qualità è anche la storica famiglia Celletti, che trasformò l'antica residenza estiva di casa Savoia, tanto cara alla regina Elena, nel Grande Albergo Miramare di Formia, votandosi per generazioni all'accoglienza degli ospiti, alla cura dei dettagli e all'alta cucina.

http://affaritaliani.libero.it/roma/circeo-sbaudia-sperlonga-e-ponza-ecco-il-turismo-al-tempo-della-crisi-21012012.html

sabato 21 gennaio 2012

Celebrazione 134° anniversario Guardia d'Onore Pantheon


Roma, 20 gen. (Adnkronos) - Domenica verra' celebrato il 134° anniversario della fondazione dell'Istituto Nazionale per la Guardia d'Onore alle Reali Tombe del Pantheon. Il programma della cerimonia prevede alle 9.30, la deposizione di una corona d'alloro al sacello del Milite Ignoto all'Altare della Patria. Alle ore 10.30 sara' celebrata una Santa Messa al Pantheon ''in suffragio dei Sovrani defunti''.
''L'istituto, posto sotto il controllo del Ministero della Difesa, e' il piu' antico sodalizio combattentistico ed ha origini risorgimentali. Conta -rileva una nota- su circa 5000 Guardie d'Onore in Italia e all'estero; numerosa tra di esse la componente femminile. Fedele al suo statuto ed alla sua vocazione storica, organizza cerimonie in occasione di ricorrenze particolari, ed i suoi membri prestano un servizio volontario di Guardia d'Onore alle Tombe dei Sovrani d'Italia (Pantheon, Alessandria d'Egitto per Re Vittorio Emanuele III, Montpellier per la Regina Elena, Altacomba per Re Umberto II e la Regina Maria Jose')''.

http://www.liberoquotidiano.it/news/915205/Savoia-domenica-celebrazione-134-anniversario-Guardia-d-Onore-Pantheon.html

giovedì 19 gennaio 2012

SUCCESSO DI PUBBLICO A VILLANOVA D’ALBENGA PER LA “GALLERIA SABAUDA”.




ISTITVTO NAZIONALE PER LA GVARDIA D’ ONORE ALLE REALI TOMBE DEL PANTHEON
DELEGAZIONE PROVINCIALE DI SAVONA

COMVNICATO STAMPA DEL 11.I.2012



SUCCESSO DI PUBBLICO A VILLANOVA D’ALBENGA PER LA “GALLERIA SABAUDA”.                           APPLAUDITA LA CONFERENZA DEL PROF. MONTI BRAGADIN PER CELEBRARE                                           IL 134° ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA DI VITTORIO EMANUELE II,                                               IL “RE GALANTUOMO”.

Lunedì 9 gennaio 2012 a Villanova d’Albenga (SV), l’Istituto Nazionale per la Guardia d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon, Delegazione Provinciale di Savona, ha ricordato con una conferenza, il 134° anniversario della scomparsa del Re Vittorio Emanuele II.                                       
L’evento, realizzato con il patrocinio del Comune, si è svolto nella Sala Polivalente in Via Roma nel centro storico all’interno della quale è stata allestita una “Galleria Sabauda” curata da Vincenzo Panza, Fabrizio Bava e Roberto Di Tanno, tre collezionisti, i quali hanno creato un interessante percorso storico con l’esposizione di quadri, cimeli, sculture e documenti di valore riguardanti la Dinastia Sabauda.
Dopo l’esecuzione dell’Inno Nazionale e della Marcia Reale, il Vice Delegato Provinciale di Savona della Guardia d’Onore Cav. Fabrizio Marabello ha introdotto l’iniziativa ed ha indirizzato un appello alle Istituzioni per il rientro delle salme dei Sovrani d’Italia sepolti all’estero.                                                                           Dopo il caloroso saluto del Sindaco Domenico Cassiano è seguita la relazione del Prof. Stefano Emanuele Monti Bragadin, dell’Università di Genova nonché Ispettore Nazionale dell’Istituto, il quale ha appassionato il pubblico con una interessante e approfondita lezione sul Risorgimento e ha illustrato la figura di Re Vittorio Emanuele II sotto il profilo, militare, politico e umano.
Al termine del convegno, nella Chiesa di S. Maria del Soccorso, è stata celebrata la liturgia della S. Messa e il De Profundis in suffragio del “Re Galantuomo” alla presenza delle Autorità civili e militari, degli Ordini Dinastici di Casa Savoia e della Guardia d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon.
L’evento si è concluso con una “cena sabauda” alla quale, fra gli altri, hanno partecipato il Presidente del “Centro Pannunzio” Prof. Pierfranco Quaglieni e il Console di Norvegia Roberto Tarò.

domenica 15 gennaio 2012

L'UNGHERIA ABOLISCE LA REPUBBLICA ED INAUGURA LA SUA NUOVA COSTITUZIONE CRISTIANA

Cosa è successo in Ungheria, da provocare le lamentose doglianze delle pedocrazie UE e degli Stati Uniti d'America? E' stata forse proclamata una dittatura? Sono stati sciolti i partiti politici e sospese le cosiddette "garanzie costituzionali"? E' stata dichiarata la guerra a qualche stato confinante? Niente di tutto questo; il Parlamento ungherese ha solamente deciso di modificare la sua Carta Costituzionale rifiutando di uniformarsi a quelle europee ispirate ai principi della rivoluzione francese del 1789 ed istituzionalizzate nel 1791. Victor Orban, capo del governo, con il 1 gennaio 2012, ha intrapreso la strada per il recupero dell'identità nazionale. Con la nuova costituzione, l'Ungheria infatti rimette al centro delle proprie istituzioni Dio, la persona, e la profonda identità del suo popolo legata alla tradizione cristiana voluta e difesa da RE Stefano. Inoltre con legge dello stato, ha limitato notevolmente lo strapotere della banca centrale sottoponendola ...




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Nuovo aggiornamento del sito dedicato a Re Umberto II

Il Re Vittorio Emanuele III nel ricordo del Senatore Bergamini. L'articolo è interessante oltre che per i rilievi di natura storica di uno spettatore d'eccezione anche per la testimonianza diretta dell'esistenza del famoso Diario del Re, esistenza più volte smentita da Re Umberto II.




Sorrise dunque a V. E. III all'alba del suo Regno, una innegabile popolarità che diventò poi vastissima, una rarità, innalzando la Monarchia alla più luminosa altezza. Come, da quella altezza, è precipitata? E' una domanda che spesso mi rivolgo, è un problema molto interessante per la Storia, non sufficientemente, non profondamente studiato - mi sembra - e non agevole a risolversi. Per capirlo bene occorre una obbiettività non comune: ma non è facile prescindere dal nostro spirito di parte. Non certo io pretendo avere questa rara e lodevole virtù: anzi, per vari motivi io sarò sospetto, sebbene io mi proponga di discutere serenamente e sappia che vi sono nobili verità oltre quella della propria passione.


mercoledì 11 gennaio 2012

L'errore dei Borbone fu inimicarsi Londra

L'ostilità inglese destabilizzò il Regno di Napoli

Fin da quando salì al trono nel novembre del 1830, Ferdinando II concepì la presenza del Regno delle Due Sicilie sullo scacchiere europeo come quella di un'entità politica in crescita. Benedetto Croce, nella Storia del Regno di Napoli (Adelphi) notava che, nelle intenzioni di Ferdinando II, il regno doveva essere un organismo politico «nelle cui faccende nessun altro Stato avesse da immischiarsi, tale da non dar noia agli altri e da non permetterne per sé». Così, proseguiva Croce, il figlio di Francesco I «guardingo e abile si avvicinò alla Francia, si liberò della tutela dell'Austria, che aveva sorretto e insieme sfruttato la monarchia napoletana, e mantenne sempre contegno non servile verso l'Inghilterra che era stata la protettrice e dominatrice della sua dinastia nel ventennio della Rivoluzione e dell'Impero». Ma l'Inghilterra riteneva che l'aver difeso i Borbone ai tempi di Acton e di Napoleone le desse i titoli per poter ottenere una totale subalternità da parte di Ferdinando II. E dava segni di fastidio per quel «contegno non servile» di cui parlava Croce.
Fu così che Ferdinando II nel 1834 firmò (inconsapevolmente) la condanna a morte del suo regno. Quell'anno, 1834, nel pieno della «prima guerra carlista» (1833-1840), Ferdinando rifiutò di schierarsi a favore di Isabella II contro Carlo Maria Isidro di Borbone-Spagna nel conflitto per la successione a Ferdinando VII sul trono iberico. Dalla parte di Isabella, figlia di Ferdinando VII, e contro don Carlos, fratello del re scomparso, erano scese in campo Francia e Inghilterra, che considerarono quello del regime borbonico alla stregua di un vero e proprio atto di insubordinazione. Londra ci vide, anzi, qualcosa di più: il desiderio del Regno delle Due Sicilie di elevarsi, affrancandosi da antiche subalternità, al rango di medio-grande potenza. E da quel momento iniziò a tramare per destabilizzarlo. La storia di questa trama è adesso raccontata da un importante libro di Eugenio Di Rienzo, Il Regno delle Due Sicilie e le Potenze europee (1830-1861) , che sarà presto pubblicato da Rubbettino. 


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domenica 8 gennaio 2012

Uniformi in mostra permanente in Cittadella con la San Giorgio Storia.


                               
Il sindaco, Piercarlo Fabbio, e il presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria, Pier Angelo Taverna, hanno firmato la convenzione definitiva con cui si stabiliscono le condizioni relative alla donazione da parte della Fondazione, della mostra Raccolta di ‘Uniformi, Armi e Cimeli del Regio Esercito Italiano dal 1848 al 1946” al Comune di Alessandria. In particolare il Comune si occuperà della manutenzione ordinaria e straordinaria dei beni e dei locali della mostra e della conservazione degli stessi; della fruizione della raccolta da parte del pubblico nella Caserma Beleno all’interno della Cittadella, affinchè il grande pubblico la conosca sempre più. L’esposizione di divise militari in Cittadella, inaugurata nell'estate del 2010, è una straordinaria collezione di uniformi, elmi, armi e cimeli in dotazione all’Esercito Italiano dal tempo di Carlo Alberto fino alla Seconda Guerra Mondiale e alla lotta partigiana. Un vero e proprio viaggio, quindi, nella storia dell’Italia. La collezione di uniformi comprende oltre 1500 pezzi e tra questi la divisa quella appartenuta ad Umberto II . " 
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http://www.giornal.it/pagine/articolo/articolo.asp?id=35354

Villanova, conferenza per celebrare il 134° anniversario della scomparsa di Vittorio Emanuele

L'Istituto Nazionale per la Guardia d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon, Delegazione Provinciale di Savona, per commemorare il 134° anniversario della scomparsa del Re Vittorio Emanuele II organizza una conferenza storica sulla figura del Sovrano Sabaudo, primo Re d’Italia e “Padre della Patria”.

L’evento, realizzato con il patrocinio del Comune di Villanova d’Albenga (SV), si svolgerà lunedì 9 gennaio 2012 alle ore 17 nella Sala Polivalente in Via Roma nel centro storico.
Dopo l’esecuzione dell’Inno Nazionale e della Marcia Reale seguirà la relazione del Prof. Stefano Monti Bragadin dell’Università di Genova e Ispettore Nazionale dell’Istituto, mentre l’introduzione sarà curata dal Vice Delegato Provinciale della Guardia d’Onore Cav. Fabrizio Marabello.
Per l’occasione, all’interno della Sala, verrà allestita una “Galleria Sabauda” curata da Vincenzo Panza, Fabrizio Bava e Roberto Di Tanno, tre collezionisti privati, i quali esporranno alcuni quadri, cimeli e sculture di Casa Savoia. La mostra era già stata presentata a Loano (SV) nel novembre 2011 in occasione delle Celebrazioni per i 150 anni della proclamazione del Regno d’Italia riscuotendo una notevole affluenza di visitatori.
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http://www.savonanews.it/2012/01/07/leggi-notizia/argomenti/eventi-spettacoli/articolo/villanova-conferenza-per-celebrare-il-134-anniversario-della-scomparsa-di-vittorio-emanuele.html

sabato 7 gennaio 2012

86 ANNI FA MORIVA A BORDIGHERA LA REGINA MARGHERITA DI SAVOIA


86 anni fa moriva a Bordighera la Regina Margherita di Savoia
Il 4 gennaio 1926 nella Villa Reale di Bordighera, esalava l'ultimo respiro, dopo breve malattia, Sua Maestà Margherita di Savoia, Prima Regina d'Italia." La Regina Madre- diceva il comunicato ufficiale- si è spenta in questo momento, ore 10,55. Hanno raccolto l'ultimo respiro di Margherita di Savoia, il Re, la Regina, il fratello Duca di Genova; immediatamente la bandiera del palazzo veniva abbassata in segno di lutto". Tutta l'Italia ufficiale fu a Bordighera a rendere il saluto estremo alla Prima Regina d'Italia. In questa triste occasione furono a Bordighera le L.L E.E. Mussolini e Tittoni, per la redazione dell'atto di Morte.
Margherita, Maria, Teresa, Giovanna di Savoia muore all'età di anni 74, mesi 1 e giorni 15.
Le onoranze funebri a Bordighera iniziarono il giorno 7 con la grandiosa "Messa al Campo" sulla Piazza De Amicis, celebrata dal Cappellano Militare, decorato al valor Militare Padre Stanislao De Marchi, alla quale assistettero il Duca di Genova con i figli Duca di Bergamo e Duca di Pistoia, oltre a centinaia di gagliardetti, bandiere ed a migliaia di persone. Dopo la Messa, il popolo sfilò in religioso silenzio davanti alla salma deposta nella Cappella Reale della Villa Margherita.
Nella mattinata della domenica seguente, 10 gennaio, la salma venne fatta sfilare lungo le strade della città, accompagnata da tutte le autorità della provincia, dalle rappresentanze delle Camere, del Governo e da una selva di bandiere e gagliardetti. Al passaggio del corteo, una pioggia di fiori scendeva dalle finestre, dai tetti, dalle terrazze. I fanali e le insegne erano coperti da veli bruni, la stazione splendidamente addobbata a lutto ed il treno Reale pronto sul binario. Per le strade ali di folla commossa ed addolorata per la perdita della cara Regina, sempre pronta ad aiutare con munifiche elargizioni,  le chiese,  l'ospedale,  le opere pubbliche,  gli ammalati ed i diseredati. Tutti la ricordano come una grande benefattrice, una Sovrana generosa e sensibile. La sua presenza a Bordighera giovò enormemente al prestigio, alla fama ed alla prosperità di questa città.
Il servizio d'onore era svolto oltre che dai Corazieri del Re, anche da rappresentanze di tutte le armi e dalla Milizia. Il mesto corteo fu uno spettacolo indimenticabile per grandiosità e dolore.

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http://www.bordighera.net/86-anni-fa-moriva-a-bordighera-la-regina-margherita-di-savoia-n13669

venerdì 6 gennaio 2012

E' tempo che rientrino le salme dei Savoia

Ora che finisce l'anniversario patriottico sarebbe giusto riportare al Pantheon la salma dell'ultimo re d'Italia. Non dico il re di Maggio, ovvero Umberto che regnò poche settimane fino al referendum.

Dico Vittorio Emanuele III, piccolo sovrano di lunga durata, re d'Italia per 47 anni, dall' assassinio di suo padre Umberto I. Vittorio Emanuele morì come oggi, 28 dicembre del 1947, in Egitto, e morì da cittadino italiano perché non c'era ancora la Costituzione che vietava l'accesso in patria ai Savoia vivi e morti. Il re che regnò più a lungo, tra guerre mondiali e coloniali, fascismo e impero, riposi con sua moglie Elena accanto ai suoi avi. Indipendentemente dal controverso giudizio storico su di lui, che pure fu Re Soldato ed ebbe il sommessoaffetto degli italiani che lo consideravano il brutto anatroccolo della Casa, nano sulle spalle di giganti.
Un popolo può deporre i re, come ha fatto l'Italia, ma non può fingere che non abbiano regnato. La richiesta giunge dallo storico della Monarchia Aldo A. Mola, che presiede la consulta dei Senatori del Regno. Forse sbagliammo a sostenere il rientro in Italia dei Savoia viventi (lo dico a tutela del reame). Ma l'Italia avrebbe avuto bisogno, come simbolo unificante, di una bella monarchia alle spalle: com'è, tutto sommato, quella di Spagna, del Belgio o d'Inghilterra, almeno fino alla Regina regnante. E invece ebbe una monarchia storta e piccola, salvo qualche duca e principessa. Ma i re sono come i nonni: non si scelgono, ma si caricano sulle spalle della memoria storica.

giovedì 5 gennaio 2012

Cent'anni fa nasceva il Regno d'Italia



di Giovanni Spadolini


A chiusura, con lieve ritardo purtroppo, dell'anno che ha visto le celebrazione per il 150° anniversario del Regno d'Italia pubblichiamo un articolo di Giovanni Spadolini uscito su "Il resto del Carlino" ripreso in un opuscolo dell'Unione Monarchica Italiana.
Ringraziamo l'Ingegner Giglio che ci permette, con la disponibilità  del suo formidabile archivio, la divulgazione di "pezzi" così importanti.







17 MARZO 1861

La Segreteria Generale dell'Unione Monarchica Italiana è lieta di portare a conoscenza degli amici dell'U.M.I. l'articolo di Giovanni Spadolini, pubblicato dal «Resto del Carlino » in data 17 marzo. Pur facendo ampie riserve su alcune affermazioni dell'Autore, la Segreteria Generale è d'opinione che la profonda dottrina e la forma impeccabile dell'articolo meritino un'attenta lettura da parte di tutti i monarchici

« Vittorio Emanuele II Re di Sardegna di Cipro e di Gerusalemme ». Così è intestato per l'ultima volta un decreto della Gazzetta Ufficiale di Torino, l'ultimo della serie degli Stati sardi. E' il 17 marzo 1661: e quello nesso decreto - uno dei pìù brevi nella storia del diritto pubblico italiano - consta di un solo articolo, di un articolo incisivo ed eloquente. « Il Re Vittorio Emanuele assume per sè e suoi successori il titolo di Re d'Italia».

Un solo articolo; ma quante discussioni in entrambi i rami del Parlamento che da un mese non è più subalpino ma già italiano! Lo ha presentato, all'approvazione dei colleghi, il conte di Cavour; lo hanno illustrato i decani di palazzo Carignano e di palazzo Madama in mezzo agli applausi delle assemblee. Ma la Commissione del Senato - la roccaforte del vecchio ordine dinastico e savoiardo avrebbe voluto che a titolo di Re d'Italia fosse aggiunta una precisazione, «per provvidenza divina e voto della nazione», una precisazione in cui la pregiudìziale del vecchio dìritto patrimniale e feudale del «Re di Sardegna di Cipro e di Gerusalemme » prevalesse, attraverso quel solenne richiamo all'origine divina della Monarchia, sulla vicenda pur gloriosa del suffragio popola. re e nazionale. Il compromesso che ne seguì dopo dibattiti accaniti ma avvolti nell'ombra è noto: il Re d'Italia, il Re galantuomo sarà Sovrano «per grazia di Dio e per volontà della Nazione», per un innesto quasi miracoloso fra il principio della legittimità trascendente, fondamento della dinastia piemontese e quello della sovranità popolare, unica e insostituibile base della Monarchia italiana.

Per soddisfare i vecchi conservatori piemontesi, per placare gli ambienti di corte. Vittorio Emanuele sarà secondo e non primo, come avrebbero voluto i democratici avanzati ansiosi di una «nuova storia». Non solo: ma con un voto solenne connesso alla proclamazione del Regno il principe ereditario sarà sem. pre e comunque il « -principe di Piemonte », quasi a consacrare in quell'omaggio la primazia della terra che alla causa dell'unità italiana ha dato più di ogni altra, che al trionfo della rivoluzione nazionale ha offerto la struttura di uno Stato e la lealtà dì una Dinastia

Re «per grazia di Dio e per volontà della Nazione»; rispettoso della gerarchia dei propri avi; legato ai-la tradizione sa-era del vecchio Piemonte. Sì: ma Vittorìo Emanuele II, il « Re eletto » (come si vede ancora in certe rare monete del '59 toscano o emiliano), sarà soprattutto il Re degli italiani, il Re della nuova Nazione italiana nata dallo sforzo congiunto dell'iniziativa diplomatica e dell'iniziativa rivoluzionaria.

Come tale lo sentì la fantasia popolare; come tale lo intuì la coscienza nazionale in quella storica giornata del 17 marzo 1861 che fu accompagnata dal rimbombo  - in tutte le città della penisola - di centouno colpi di cannone.
Nessuno più adatto di Vittorio Emanuele II ad impersonare, davanti alla Patria nascente, la nuova sovranità monarchica nata dai plebisciti e consacrata dal Parlamento. Re popolare; Re del popolo
tutto. Un concetto della regalità così diverso da quello, angoloso e romantico,
del padre Carlo Alberto. Un sentimento di italianità che non era eco di meditazioni libresche, che non era frutto di influenze giobertiane, ma parte viva di un temperamento generoso e passionale, incapace di adattarsi al ruolo di « Monsú Savoia ». Un'apertura al « colloquio » umano che era mancata agli avi Savoia tutti chiusi nel loro geloso scrigno di sovranità alpigiana:a un' apertura che conquistava i tiepidi, che impressionava gli avversari, che piegava i nemici.

Re democratico anche in certi tratti psicologici, negli eccessi di carattere, negli eccessi d'amore. Re che era partito per la spedizione delle Marche e del Mezzogiorno con la «bella Rosina»: contravvenendo agli ordini di Cavour ma portando nell'impresa italiana una nota di galanteria e di calore che si incontrava benissimo con la mistica popolana delle « Camicie rosse ». Re costituzionale: ma non senza una nota di potere personale che piaceva ai garibaldini seguaci tutti della « dittatura popolare », cara al loro Eroe. Garanzia anche per gli avversari politici: Vittorio Emanuele H era il Sovrano che aveva sempre protetto Garibaldi, che aveva trattato con le forze volontarie anche dopo Villafranca, che aveva mantenuto inalterati i rapporti col Generale- anche quando il contrasto con Cavour aveva toccato le punte più aspre.
Galantuomo sempre. Galantuomo quando salvò lo Statuto nonostante la sua educazione rigida e conservatrice che lo portava in tutt'altro senso, che lo esponeva a tutt'altre influenze. Galantuomo quando conservò le leggi laicizzatrici nonostante i suoi profondi sentimenti di cattolico e i suoi trepidi rapporti di amicizia con Pio IX. Galantuomo quando si inchinò alla grandezza di Cavour e consentì allo statista - di cui avvertiva, con una punta di insofferenza, tutta la superiorità ideale - di portare a termine il geniale piano per l'unità d'Italia.

Trionfo di Vittorio Emanuéle II e di Cavour: quello storico 17 marzo 1861. Il Re in primo piano; il grande Ministro un po' sullo sfondo, pronto a dimettersi - qualche giorno dopo per far posto agli elementi meridionali nella compagine del governo (e il- primo incarico non andrà a lui, andrà a Ricasoli). Ma soprattutto trionfo - oltre le persone, oltre i protagonisti - di un principio storico che nella rivoluzione italiana celebrava per la ;prima volta le sue vittorie: il principio dello Stato nazionale costruito attraverso la libertà, non frutto di conquista, non opera di violenza, ma espressione di un grande moto popolare disciplinato dalla legalità e. diciamolo pure, dalla legalità democratica.

Attraverso il « Regno d'Italia » - questa formula che fu subito tanto cara ai liberali inglesi e ai democratici francesi - qualcosa di veramente nuovo si aggiungeva alla carta politica d'Europa prima ancora che a quella geografica. Qualcosa che non era la Monarchia prussiana strumento ferreo di unità ma al servizio del l'autoritarismo e non era neppure, l'eco della Corona francese consacrata dal suffragio popolare ma attraverso i crismi del cesarismo. Qualcosa che era lontano dal diritto divino dei Re ma anche dalle improvvisazioni democratiche del Quarantotto. Non Monarchia conservatrice, perché fondata - attraverso i plebisciti - sul diritto popolare,ma neppure Monarchia rivoluzionaria, perchè -sottratta all'ipoteca mazziniana di «Dio e popolo». Non radicalismo; ma neppure reazione.

Nato con quel sigillo, con quel sigillo di moderazione e di equilibrio, il Regno d'Italìa occupò subito un posto altrettanto inconfondibile nella vita europea. «Figlio della libertà» (così come amava chiamarsi Cavour), non poteva che pro. sperare e vigoreggiare nella libertà. Monarchia plebiscitaria che aveva abbattuto sette troni e lacerato il potere temporale del Papa, la Corona sabauda non poteva sperare di sopravvivere scendendo a patti con le forze del legittimismo. Monarchia laica per definizione e per necessità, avrebbe dovuto fronteggiare per sessant'anni l'ipoteca del Vaticano su Roma, incarnare i diritti dello Stato contro l'antica rivendicazione teocratica. -Monarchia liberale per lo spirito stesso che la animava, non poteva piegare a proposìtì di reazione e tutte le volte che lo fece (si veda il Novantotto) mise a repentaglio la sorte fisica dei Sovrani e quella morale del trono.

Dal 1861 al 1914, la grandezza del Regno d'Italia fu tutta lì: in quel misterioso equilibrio fra il principio di ordine e il principio rivoluzionario che risolveva a suo modo l'esigenza, per un paese nuovo, di una nuova legittimità. Correggendo errori, riparando a impazienze e a debolezze, la Monarchia italiana finì per aderire i una profonda esigenza dell'anima nazionale: e il periodo giolittiano coincise con un suo rinnovato splendore, con uno splendore calmo e non luccicante, di stile quasi cavouriano. Ma venne poi il '14, il maggio radioso, la violenza dell'interventismo, la grande e gloriosa ma anche prematura esperienza della guerra: quei valori  «sacri», quei valori «religiosi», che nella data del 17 marzo 1861 si simboleggiavano persero gradualmente il loro fascino, la loro forza di richiamo. La dittatura cambiò tutti i termini del quadro, rese perfino irriconoscibili il linguaggio e lo stile. Della vecchia Monarchia liberale rimase in piedi solo la struttura, la facciata; ma dietro quella facciata esteriore - ancorata solo alle rigidità del protocollo - tutto fu trasformato, tutto fu sovvertito.

Cent'annii di- storia; e quale storia! Ventuno milioni di italiani, il Regno d'Italia appena nato; cinquanta, lo Stato repubblicano di oggi. Suffragio ristretto allora; suffragio universale oggi. Democrazia appenain fasce, in quei giorni; democrazia articolata e in espansione. oggi. 'Ma il significato di questa ricorrenza è uno solo: invitarci a non scordare il senso profondo della nostra -storia, a conservare ox in scrinio pectoris » la poesia oli tradizioni che sono forza di noi stessi, alimento alla vita di un popolo, aiuto nelle scelte supreme.

Il Regno d'Italia, il Regno -di Cavour e di Ricasoli, non è più; e non è più da un pezzo. Ma la lezione di quegli uomini e, di quei tempi vive in noi con la forza dì un esempio incomparabile. Quella è la nostra patria, è la nostra patria lontana. Non dimentichiamola; perchè potremmo rischiare di smarrire noi stessi.


mercoledì 4 gennaio 2012

I revisionisti non ci stanno

di Federico Catani


Con il 2011 appena trascorso, se ne sono andati anche i clamori per le celebrazioni del 150° anniversario dell'Unità d'Italia. Meno male. A dir la verità, il pensiero degli italiani, almeno nella seconda metà dell'anno ormai alle spalle, si sono rivolti all'economia più che alla storia. Spiace dirlo, ma è quasi un sollievo. Le commemorazioni per l'Unità sono state contraddistinte, com'era peraltro facilmente prevedibile, da un vuota e stucchevole retorica, incarnatain primisdal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, seguito ovviamente a ruota da quasi tutta la nostra mediocre classe politica.
Proprio per questo, forse l'unico evento che gli italiani ricorderanno delle celebrazioni sarà il giorno di festa del 17 marzo, data della proclamazione ufficiale dell'allora Regno d'Italia. Per il resto, la maggior parte continuerà a tenere a mente le quattro o cinque nozioni agiografiche sul Risorgimento imparate sui banchi di scuola e ripetute ossessivamente in ogni manifestazione istituzionale. Le occasioni per ripercorrere la storia del nostro paese non sono certo mancate. Quasi ogni giorno, in tutto il territorio nazionale, vi sono state inaugurazioni di monumenti, mostre, convegni e discorsi ufficiali con grande partecipazione di popolo. Ogni tappa del Risorgimento è stata ricordata con dovizia di particolari.
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lunedì 2 gennaio 2012

1855: la profezia di Don Bosco, i lutti di Casa Savoia e l’ICI-IMU alla Chiesa

Don Bosco, personalità religiosa di spicco nella Torino dell’800, pare fosse dotato del potere di vedere il futuro nei sogni. Tra tutte lepredizioni che egli ebbe, colpisce oggi la particolarità di quella riservata ai componenti di Casa Savoia tra il 1854 e l’anno successivo: egli comunicò che ‘grandi funerali’ avrebbero funestato la vita di corte e infatti ben cinque lutti colpirono i reali in soli cinque mesi. Fu così che Vittorio Emanuele II, sovrano notoriamente poco propenso alla fede, si convinse che Don Bosco fosse un Santo e ne divenne un devoto estimatore.
Tutto ciò si concluse pochi giorni prima che lo stesso sovrano firmasse una legge del Parlamento Cisalpino relativa all’abrogazione di alcuni ordini religiosi, oltre a diversi privilegi di carattere feudali come il foro ecclesiastico (che sottraeva alla giustizia dello Stato gli uomini di chiesa), il diritto di asilo (impunità giuridica per quei delinquenti che chiedevano asilo negli istituti religiosi) e la manomorta, ovvero la nonassoggettabilità a tassazione delle proprietà immobiliari degli enti ecclesiastici e quindi l’esenzione da qualsiasi imposta sui trasferimenti di proprietà. Inoltre, tali provvedimenti disposero il divieto per gli enti morali di acquisire la proprietà di beni immobili senza l’autorizzazione governativa.
L’allora Arcivescovo di Torino fu processato e condannato a un mese di carcere per aver invitato il clero alla disobbedienza e qualcuno vociferò che anche le profezie (poi avveratesi) di Don Bosco fossero un’intimidazione verso il sovrano a non firmare la legge.
Ma in quel caso la Ragion di Stato ebbe la meglio.


http://it.paperblog.com/1855-la-profezia-di-don-bosco-i-lutti-di-casa-savoia-e-l-ici-imu-alla-chiesa-745858/

Il SASSOLINO DELLA REGINA

Cari sassolini, in questo ultimo appuntamento della nostra rubrica per il 2011, lasciatemi spendere qualche parola, a conclusione delle manifestazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, su un personaggio a me molto caro: Margherita di Savoia, la prima regina d’Italia. Non so quanti di voi e mi rivolgo ai più giovani, ha mai studiato o sentito parlare di lei. Prim’ancora di essere una principessa e poi una sovrana, ella fu una donna che seppe, in un particolare momento storico della nostra amata Patria, infondere in tutti gli Italiani l’orgoglio di essere tali dopo il periodo eroico e tragico del Risorgimento.Figlia di Ferdinando di Savoia duca di Genova, fratello minore di re Vittorio Emanuele II e della principessa Elisabetta di Sassonia, Margherita rimase ancora in tenera età orfana di padre. La sua fanciullezza la trascorse nel castello di Agliè con la madre ed il fratellino Tommaso, ricevendo un’educazione degna del suo rango. Nel frattempo la nostra Penisola, seppur tra mille difficoltà, si era incamminata sulla strada dell’unificazione nazionale sotto l’egida di Casa Savoia. Né alta né bellissima, Margherita aveva di suo un grande fascino, una grande chioma bionda e due occhi azzurri, oltre ad una viva intelligenza ed una comunicabilità fuori dal comune. La morte prematura della regina Maria Adelaide, moglie dello zio Vittorio Emanuele II e l’allontanamento dalla corte della madre, la quale illudendosi di poter sposare il cognato sovrano vedovo, si era invaghita di un semplice funzionario di corte, portarono Margherita ad essere ufficiosamente la “prima dama” del Regno d’Italia in tutte le manifestazioni ufficiali, accompagnatrice dello zio Vittorio, in quanto le figlie di quest’ultimo, le cugine Clotilde e Maria Pia, erano già sposate da anni e vivevano all’estero.

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