NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

lunedì 30 maggio 2016

Referendum del 1946, Scalfari: "Perché votai per il re"

Riportiamo l'articolo del fondatore di "repubblica" non perché ci piaccia ma perché non sfugga alla lettura dei monarchici che è bene che siano informati.
http://www.repubblica.it/politica/2016/05/29/news/referendum_1946_scalfari-140836071/

"Il Re tra 10 anni sul trono al Quirinale"

IL FUTURO DEI PARTITI

La previsione del presidente dell’Unione monarchica italiana: "Repubblica in agonia. No al referendum, i Savoia torneranno"


«A 70 anni dal referendum, i monarchici riemergono dalle catacombe e tornano a dire la loro». A partire dal n al referendum costituzionale promosso dal governo Renzi la cui riforma delle istituzioni da queste parti è considerata pericolosa «perché stravolge la Carta e annichilisce il Senato».
È gremita la sala dell’Hotel Massimo D’Azeglio – dopo lo «sfratto», con tanto di incidente diplomatico, dalla Casa dell’Aviatore – per la convention «70 anni di Repubblica: mandiamola in pensione! È viva la Monarchia». A parlare è Alessandro Sacchi, presidente dell’Unione monarchica italiana e animatore di quel «monarchismo 2.0», che intende la causa non come retaggio nostalgico ma come il percorso per l’avvento di un «nuovo risorgimento», tanto che a proposito lancia una promessa: «Tra dieci anni tornerà la monarchia».
In sala – tra un «W il Re, W l’Italia», i banchetti con i libri e tanti nastrini reali azzurri come spilletta – la celebrità è il principe Aimone di Savoia-Aosta, attuale amministratore delegato della Pirelli in Russia e figlio di Amedeo di Savoia erede al trono sostenuto dall’Umi, di cui ha portato il saluto, che ha ricordato «l’attaccamento della famiglia all’Unione monarchica». Tra i politici presenti vi erano l’ex ministro Giulio Terzi di Sant’Agata, Daniele Capezzone, Cinzia Bonfrisco («È stata sprecata un’occasione», ci spiega riguardo la mancata revisione dell’articolo 139 della Costituzione) e Maurizio Gasparri, mentre tra i relatori - sotto il busto vigile di Vittorio Emanuele II – è l’ex senatore di An Giuseppe Basini, luminare dell’astrofisica, ad attaccare le riforme-pasticcio di Renzi citando Thomas Jefferson, il teorico della costituzione come «vincolo del potere», che «non avrebbe mai avallato né le forzature viste all’epoca del referendum, con l’anticipo della data per impedire il voto dei prigionieri di guerra e la proclamazione dei risultati fatta al posto della Cassazione per non far discutere i ricorsi, né quelle più recenti del 2016, col tentativo di Renzi di creare una sola camera e asservita al governo e composta in gran parte da nominati».
Settant’anni dopo quelli che definiscono i «brogli» del referendum sulla repubblica del 2 giugno 1946, insomma, i monarchici italiani sono convinti che sia giunto, se non il momento del redde rationem, per lo meno il momento di un’applicazione ampia del concetto costituzionale di libertà. A partire dalla rimozione del tabù chiamato, appunto, «monarchia». Lo fanno snocciolando alcuni concetti: prima di tutto citando i dieci Paesi «dove grazie alla monarchia le cose, anche in termini economici, funzionano benissimo». E poi con un termine di paragone: «Accostare il concetto di democrazia alla repubblica è da falsari. Ci sono molte repubbliche che hanno al vertice un despota. Non si può assolutamente dire la stessa cosa per le monarchie». Tra le richieste più gettonate in sala, poi, vi è il ritorno in Italia delle salme dei re: «Va fatto entro il 2018, anniversario della vittoria – spiegano dal tavolo - C’è il Pantheon di Roma che li sta aspettando. E allo Stato italiano non costerebbe nulla», dato che sarebbe la casata ad occuparsi delle spese.
Ma è la revisione dell’articolo 139 della Costituzione - quello che recita «La forma repubblicana dello Stato non può essere oggetto di revisione costituzionale» - la cosa che qui sta politicamente più a cuore: «Libereremo tutti i tabù – spiega Sacchi a Il Tempo - A partire dall’abrogazione dell’articolo 139, tramite l’articolo 138: è intollerabile che in una democrazia parlamentare ci sia una così forte soppressione della volontà popolare». Anche perché, a proposito di volontà popolare, per i monarchici oggi c’è un pericolo da scongiurare. «La costituzione non è un tabù – continua ancora il presidente - ma decidere di cambiare le regole mentre il gioco è in corso è singolare. I colpi di mano possono diventare colpi di stato. Tutto ciò fatto da un governo espressione di un parlamento che non è lo stesso che è stato eletto è una forzatura che sfiora il colpo di Stato».
E che il ritorno delle teste coronate al vertice del Paese non sia una boutade il leader dei monarchici lo spiega così: «È nei fatti che la Repubblica è in agonia. Per questo dovranno trovare una soluzione che accomuni tutti. E qui si può riproporre lo stesso percorso del Risorgimento, con una guida morale terza e imparziale...». Per caso si pensa a uno dei Savoia presente in sala? «Non lo dico io, lo dice Padre Pio (il santo, in una profezia, avrebbe predetto il ritorno del Re in Italia, ndr). Lo dice uno più autorevole di me…». Lui ciò lo ribadisce ridendo, ma non troppo.
Antonio Rapisarda

L'Unione monarchica: "Tra dieci anni tornerà il Re"

Nella sala dell'Hotel Massimo d'Azeglio di Roma si sono radunati i monarchici a 70 anni dal referendum su monarchia e Repubblica

"Tra dieci anni tornerà il Re al Quirinale". Nella sala dell'Hotel Massimo d'Azeglio di Roma, come racconta il Tempo, si sono radunati i monarchici a 70 anni dal referendum su monarchia e Repubblica.
Alessandro Sacchi, presidente dell’Unione monarchica italiana ha le idee chiare e pensa già ad un ritorno della Casa Reale sul Colle: "È nei fatti che la Repubblica è in agonia. Per questo dovranno trovare una soluzione che accomuni tutti. E qui si può riproporre lo stesso percorso del Risorgimento, con una guida morale terza e imparziale...", afferma. Poi pensa ai Savoia e cita anche Padre Pio: "Non lo dico io, lo dice PadrePio (il santo, in una profezia, avrebbe predetto il ritorno del Re in Italia, ndr). Lo dice uno più autorevole di me…". Poi arriva una sorta di profezia: "Tra dieci anni tornerà la monarchia".
Infine Sacchi spiega la ricetta per il "cambiamento": "Libereremo tutti i tabù – spiega Sacchi a Il Tempo - A partire dall’abrogazione dell’articolo 139, tramite l’articolo 138: è intollerabile che in una democrazia parlamentare ci sia una così forte soppressione della volontà popolare La costituzione non è un tabù – continua ancora il presidente - ma decidere di cambiare le regole mentre il gioco è in corso è singolare. I colpi di mano possono diventare colpi di stato. Tutto ciò fatto da un governo espressione di un parlamento che non è lo stesso che è stato eletto è una forzatura che sfiora il colpo di Stato".

venerdì 27 maggio 2016

Eccidio di via Medina, la replica di un napoletano e monarchico a Napolitano

Ho ascoltato varie volte la registrazione di domenica 22 maggio della  trasmissione “Che tempo che fa” condotta dal giornalista Fabio Fazio, su rai 3, dove è stato intervistato Giorgio Napolitano ex inquilino del Quirinale. Oltre a pubblicizzare il suo libro, si è parlato del Referendum Istituzionale del 2 e 3 giugno 1946 e dei fatti di via Medina a Napoli,  sono rimasto deluso e disgustato di come un napoletano, anche se comunista, e di parte, possa occultare e mistificare i fatti. Per diritto di replica,  per rispetto ai tanti giovani che diedero la vita per la Monarchia e per i circa 11000000 di voti,  mi sento in dovere di mettere in discussione le parole citando  un passo estratto dal libro di Marco Demarco, «L'altra meta’ della storia: spunti e riflessioni su Napoli da Lauro a Bassolino», Guida Editori, 2007, ex comunista e direttore del Corriere del Mezzogiorno, che smentisce quanto affermato in trasmissione: “Accadde a Napoli l’11 giugno 1946, in via Medina, davanti alla sede della federazione del Pci, dove ci fu una strage durante la quale, sotto il fuoco dei mitra della polizia, rimasero uccisi sette poveri cristi e feriti una cinquantina di disgraziati". 

Come si arrivò a quell'eccidio? Dalla ricostruzione di Demarco risulta che la strage fu il momento culminante della tensione esplosiva manifestatasi a Napoli tra repubblicani e monarchici  all’indomani del referendum istituzionale del 2 giugno. Oltre l’'80 per cento dei napoletani, avendo votato per la Corona, aveva infatti trovato quei risultati inaccettabili. Il ministro dell’'Interno, il socialista Romita, prevedendo dei tumulti, aveva quindi mandato in città dei reparti di polizia ausiliaria composti da ex partigiani. Il 7 giugno, durante una manifestazione monarchica, un giovane popolano di 14 anni (Carlo Russo) era caduto falciato dai mitra di quei singolari poliziotti. Stessa sorte era toccata l’8 giugno a uno studente monarchico mentre rientrava da un’'altra manifestazione. Due giorni dopo la Corte di cassazione ufficializzò il risultato del referendum ma non proclamò la repubblica in attesa di esaminare le contestazioni. Si arrivò così all’11 giugno. Quella mattina per Napoli si sparse la notizia che dai balconi della sede del Pci, accanto alla bandiera rossa con falce e martello, sventolava un tricolore privo dello stemma sabaudo. Migliaia di monarchici si diressero allora verso via Medina per rimuovere quel vessillo. Pochi minuti dopo il centro di Napoli si trasformò in un inferno. La polizia ausiliaria aprì il fuoco contro i manifestanti che stavano scalando il palazzo. I monarchici incominciarono a innalzare delle barricate contro le camionette della Celere. Soltanto con l’'arrivo dei carabinieri e della polizia militare americana venne riportata la calma.....” a terra rimasero i Monarchici e non i comunisti o gli ex partigiani.

·          Su quei  fatti  la storiografia  e le istituzioni ha fatto cadere il silenzio, ma non per noi monarchici che li ricordiamo ogni anno con la celebrazione eucaristica.
·           Il signor Napolitano Giorgio parla di un popolino isterico e poco regale (riferendosi ai monarchici), senza sapere che  i cortei nascevano spontaneamente,  armati solo di Bandiere, foto e tanto amore per il Re e la Patria.  Le armi non erano in loro possesso ed a dimostrarlo furono  i 10 giovani rimasti senza vita  e gli oltre 50 feriti gravi. Questi sono i fatti di via Medina.
·      Per quando riguarda la cosidetta proclamazione della repubblica, bisogna ricordare che dopo la lettura dei risultati  del 10 giugno 1946 la Suprema Corte si doveva riunire il 18 giugno.
·         Ma l’11 giugno 1946, nel Consiglio dei Ministri,  Togliatti dice : "sono d’accordo per l'uso della forza"; Nenni " votiamo seduta stante il decreto d'investitura; " Romita :” il Viminale è ben protetto...ho preso le mie misure; " Scoccimarro : "Non fidarti la Corona conta su forze fedelissime".  Cattani : "quest'ordine del giorno significa provocare la guerra civile non intendo condividerne la responsabilità". Il 12 giugno alle ore 21 la seduta del governo fu terribile.  Alcide De Gasperi, costretto dalla pressione e forse ricattato dai partiti dichiarò “l’assumere i poteri di capo dello stato puo’ essere considerato un gesto poco ponderato”.  La seduta venne sospesa e ripresa alle 23,45.  De Gasperi lesse il comunicato che assumeva i poteri di capo provvisorio dello stato;  l’unico a votare contro,  fu Leone Cattani.  Il colpo di Stato venne compiuto quella sera. La repubblica fu imposta da un governo che non aspettò il responso della cassazione del giorno 18 giugno. Il 13 giugno Re Umberto II lascio’ la Patria.  da Roma invio’ agli italiani un proclama che spiegava  i fatti. Questa è la vera storia e non quella raccontata dall’ex inquilino del Quirinale. 


Comm. Rodolfo Armenio di anni 48 Napoletano e Monarchico.


Manifestazione a Roma per i 70 anni del referendum


mercoledì 25 maggio 2016

I monarchici a Roma per rottamare la repubblica

L’Unione Monarchica Italiana si ritroverà sabato 28 maggio 2016, alle ore 11.30, presso la sala congressi dell’Hotel Massimo d’Azeglio (via Cavour 18, Roma, nelle vicinanze della stazione Termini) per un Convegno storico che col contributo di eminenti studiosi analizzerà da un lato l’aberrazione giuridica dell’art. 139 della Costituzione, che “blinda” da ogni futura possibilità di revisione costituzionale la forma repubblicana dello Stato, dall’altro gli eventi storici che a tale assetto istituzionale diedero vita: un referendum proceduralmente scorretto, il volere popolare ribaltato, sangue di manifestanti monarchici versato per le strade, la dinastia che ha creato lo Stato nazionale costretta ad un esilio che ancora oggi, in spregio alla memoria storica nazionale, perdura per le salme di due Sovrani d’Italia: Umberto II e Vittorio Emanuele III. In particolare su quest’ultimo – sepolto in Egitto e dunque esposto al rischio di atti di profanazione da parte dei fondamentalisti dell’Isis – l’appello della Principessa Maria Gabriella di Savoia ai vertici dello Stato repubblicano nel 2015 è rimasto ad oggi lettera morta.
“70 anni di repubblica: mandiamola in pensione!” è il titolo dell’evento. Ne discuteranno il giurista Prof. Avv. Gustavo Pansini, l’astrofisico Prof. Sen. Giuseppe Basini, il testimone diretto degli eventi il sindacalista Vincenzo Vaccarella e il Presidente nazionale dell’Unione Monarchica Italiana Avv. Alessandro Sacchi.
[...]
http://www.secolo-trentino.com/48201/attualita/manifestazione-dei-monarchici-a-roma-per-rottamare-la-repubblica.html

martedì 24 maggio 2016

Monarchici sfrattati dalla festa del 2 giugno

La Casa dell’Aviatore cancella il convegno sui 70 anni della Repubblica: «Viola il nostro statuto»


Roma, Italia. Anno 2016. Ma è come se fossimo ancora negli anni ’70. I collettivi di sinistra scendono in piazza per contestare il corteo dei «fascisti» di CasaPound. I partigiani - tutti o quasi - si schierano in difesa della Costituzione. Nella Capitale si discute sull'antisemitismo di Giorgio Almirante. E gli ufficiali dell’esercito sfrattano dalla propria sala i monarchici.

Sì, perché nel contesto di una campagna elettorale e referendaria mai così strana e rivolta al passato, la concomitanza con il settantesimo anniversario del referendum istituzionale, il prossimo 2 giugno, ha creato un nuovo corto circuito. Per ricordare quella data, infatti, i rappresentanti dell’Unione Monarchica Italiana hanno organizzato un convegno - dal titolo «70 anni di Repubblica: mandiamola in pensione! È viva la monarchia» - che si terrà questo sabato e che avrebbe dovuto essere ospitato dalla Casa dell’Aviatore di Roma.

Avrebbe, appunto. Perché il 19 maggio, lo stesso giorno in cui Il Tempo aveva raccontato la vicenda, dagli avvocati del Circolo Ufficiali dell’Aeronautica militare, è partita una mail all’indirizzo del presidente dell’Umi Alessandro Sacchi con oggetto la cancellazione della prenotazione effettuata dai monarchici. «La Casa dell’Aviatore - hanno scritto gli avvocati Angelo Vallefuoco e Fabio Costa dello Studio legale Vallefuoco & Associati - aveva ricevuto la prenotazione di una sala per il giorno 28 Maggio 2016 dalla U.M.I., la quale aveva riferito che tale convegno avrebbe avuto carattere storico e certamente la nostra assistita non poteva immaginare che dietro tale prenotazione vi fosse un dichiarato annuncio contrario alla cornice istituzionale in cui è configurata la Casa dell’Aviatore e in contrasto con l’articolo 3 dello Statuto in base al quale la Casa dell’Aviatore non può avere finalità politiche».

In base allo Statuto, quindi, gli avvocati «comunicano la cancellazione della prenotazione effettata a nome dell’U.M.I. Unione Monarchica Italiana per il 28 p.v., atteso che il tema è contrario alle finalità istituzionali dell’Ente e al contempo i sottoscritti avvocati in nome e per conto della Casa dell’Aviatore invitano e diffidano la U.M.I Unione Monarchica Italiana (...) alla rimozione immediata della locandina allocata sul sito www.monarchia.it/ (...) espungendo da tale pagina ogni riferimento alla Casa dell’Aviatore la quale ha il pieno diritto che la sua immagine non venga associata a iniziative contrarie alla forma di stato repubblicano».

Il presidente dell’Umi Alessandro Sacchi, avvocato napoletano, è stato così costretto a cambiare in tutta fretta la location dell’evento - al quale dovrebbero partecipare anche importanti esponenti istituzionali, nonché esponenti di Casa Savoia come il principe Aimone figlio di Amedeo Duca d’Aosta - trovando ospitalità per la stessa data all’Hotel Massimo D’Azeglio, a due passi da Termini.

Ma la vicenda potrebbe non concludersi tanto presto. Sacchi, infatti, annuncia azioni legali: «È strano - spiega a Il Tempo - perché avevamo prenotato la sala già nel mese di febbraio, e non come bocciofila Brighella, di Borgovecchio di Sopra, ma come Unione Monarchica Italiana. Hanno anche incassato una caparra... Tuteleremo i nostri diritti in tutte le sedi, e andremo avanti, con la freschezza delle nostre idee». «Evidentemente - conclude il presidente dell’Umi - data la pretestuosità delle motivazioni addotte, il peccato originale della Repubblica, dopo 70 anni, continua a pesare e la discriminazione continua. Un illustre repubblicano come il presidente emerito Sandro Pertini sosteneva "libero fischio in libera piazza", ma la libertà dei monarchici dev'essere compressa, non solo dall’articolo 139 della Costituzione repubblicana, ma da ogni impedimento possibile».

In realtà il veto alle iniziative politiche nello Statuto della Casa dell’Aviatore è abbastanza chiaro. «Il Sodalizio - è scritto all’articolo 3 - non persegue né finalità politiche né finalità di lucro». E anche la lista degli eventi ospitati - sulla pagina interner sono disponibili gli ultimi del 2015 e quelli del 2016 - lascia trasparire l’intento dell’ente di non prestarsi a strumentalizzazioni. Si va dalla festa di Hallowen al Cabaret di Gianfranco D’Angelo, dalla cena di San Valentino alla scuola di ballo. Al limite c’è spazio per qualche convegno medico o per presentazioni di libri. Resta la curiosità sul perché la disdetta dell’evento organizzato dai monarchici sia arrivata solo a pochi giorni dal 28 maggio. E, segnatamente, dopo che gli organi di stampa avevano cominciato ad interessarsene. Difficile immaginare che un convegno organizzato da mesi dall’Unione Monarchica in occasione dei 70 anni del referendum istituzionale non avesse anche un carattere politico e non potesse far associare l’immagine del Circolo Ufficiali dell’Aeronautica Militare «a iniziative contrarie alla forma di stato repubblicano». Tant’è: seppure in extremis, gli ufficiali dell’esercito si sono schierati in difesa della Repubblica.


lunedì 23 maggio 2016

Sgarbi, Padre Pio, Pannella Ecco tutti i nostalgici del re


Libero, lunedì 23 maggio 2016

«Scusate il disturbo. Mi fa accendere?», domanda una signora bionda, vestita sportivamente, tenendo in mano una sigaretta spenta. «Perbacco, ci mancherebbe altro! Lei mi onora…», le risponde con signorile accento napoletano Alessandro Sacchi, già a sua volta intento a fumare mentre siede, in compagnia del sottoscritto, a un tavolo all’aperto di un ristorante nelle immediate vicinanze degli studi Rai di Saxa Rubra. Felicemente sovrappeso, Alessandro Sacchi, avvocato civilista, è risorgimentale non solo nell’aspetto, con il suo curato pizzetto, ma nell’eloquio forbito e nei modi squisiti. Lui lo afferma senza mezzi termini, del resto, che il Risorgimento resta il momento più alto della storia d’Italia. Né ci si potrebbe aspettare niente di diverso da chi, dal 2012 (Sacchi aveva allora 48 anni), ricopre la carica di presidente nazionale dell’UMI, l’Unione Monarchica Italiana. La cosa bizzarra, semmai, in tempi di diffusa revanche neoborbonica, è che un napoletano doc come lui veneri in questo modo i Savoia. 
Che ne pensa, Sacchi, dei fortunati saggi revisionisti di Pino Aprile, a cominciare dal best seller “Terroni”?
«Penso che siano stati scritti da uno che non ha letto ciò che avrebbe dovuto leggere».
Per esempio?
«”Le ricordanze della mia vita” del patriota napoletano Luigi Settembrini, testo composto nell’arco di vari anni in cui si racconta l’esperienza del carcere duro vissuta dall’autore, per motivi ideologici, sotto i Borbone. Settembrini era stato condannato a morte, pena poi commutata in ergastolo. Ma nessuno tra gli intellettuali meridionali del tempo ebbe dubbi su come schierarsi: da Carlo Poerio a Paolo Emilio Imbriani, erano tutti per i Savoia».
Come si spiega il successo di questo filone che mira a rivalutare il periodo borbonico?
«La gente è in media poco informata, non legge, quindi ha scarsi mezzi per difendersi dalle mistificazioni. E rivolgersi alla pancia delle persone è un gioco facile».
È falso che Napoli, durante il regno borbonico, sia stata una delle più importanti capitali europee?
«Napoli era una città splendente là dove splendeva. Il punto è che, a splendere, era solo una sua parte alquanto ridotta. È senz’altro vero, come viene sempre ricordato, che la prima ferrovia d’Europa è stata il tratto Napoli-Portici, così come è vero che il primo veliero a vapore che abbia solcato il Mediterraneo sia uscito dai regi cantieri di Castellammare di Stabia, però il 17 marzo 1861, data della proclamazione del Regno d’Italia, in quella che era stata fino al giorno prima la parte continentale del Regno delle Due Sicilie c’erano 99 chilometri di ferrovie. Nello stesso momento, nel Regno di Sardegna, ce n’erano quasi mille».
[....]

Se l’Anpi è diventata dei suoi nipoti

Di Pierluigi Battista.

Durante una delle presentazioni di «Mio padre era fascista» si alza un giovane gentile e garbato dall’eloquio forbito, avrà avuto sì e no 25 anni, e si presenta: «Sono dell’Anpi». Che sigla è? «Associazione nazionale partigiani italiani: Anpi». Gli ho chiesto se suo nonno fosse stato partigiano. Ma lui ha risposto di no. Suo prozio, suo bisnonno, insomma uno che nel ’43-’45 avesse almeno una quindicina d’anni. No. A me sembra strano che un’associazione di reduci, di combattenti per la libertà che hanno rischiato la vita contro l’invasore tedesco, non conti tra le sue fila chi ha realmente combattuto. Purtroppo per ragioni crudelmente anagrafiche il numero dei partigiani sopravvissuti si assottiglia sempre di più. Ma che titolo morale, quale eccellenza biografica possono vantare persone che usurpano un titolo che non può essere loro? Tra l’altro, l’Anpi senza partigiani che hanno fatto veramente i partigiani sale in cattedra, ammonisce, giudica, condanna, boccia, si comporta sgradevolmente, come ha scritto su queste colonne Gian Antonio Stella, come un partito che non tollera il dissenso interno e bacchetta chiunque nei suoi ranghi osi discutere la scelta della guerra santa contro la riforma costituzionale. Ma perché? Chi gliene dà il diritto?

[...]

http://www.corriere.it/opinioni/16_maggio_23/se-l-anpi-diventata-suoi-nipoti-4e262fe0-2032-11e6-9888-7852d885e0fc.shtml

PS Per inciso siamo occasionalmente d'accordo con i "partigiani" rossi circa la riforma costituzionale che sottrae ulteriormente sovranità agli italiani per consegnarla ad una casta di parassiti.
Ma siamo felici che si siano accorti dell'esistenza di questa gente autonominatasi partigiana che si sente in diritto di bacchettare tutto e tutti in nome di non si sa bene quale autorità morale, pagata dallo stato.


Lo staff

sabato 21 maggio 2016

Un principe in copertina, al Museomontagna la storia del Duca degli Abruzzi

Fino all’11 settembre la straordinaria figura del nobile di Casa Savoia raccontata dalle copertine delle riviste dell’epoca


di Roberto Mantovani

Tutti lo chiamavano Sua Altezza Reale. Così voleva l’etichetta. Ma gli appassionati di montagna sapevano che Luigi Amedeo di Savoia, il Duca degli Abruzzi, era fatto di una pasta speciale. Un caso più unico che raro, nella famiglia reale. La storia della sua famiglia è un po’ complicata. Figlio di Vittorio Emanuele II, suo padre aveva retto per un breve periodo il trono di Spagna. Una situazione durata due anni e presto diventata insostenibile.

Luigi era nato il 29 gennaio 1873 a Madrid, ma era rimasto in Spagna solo pochi giorni, perché il padre, Amedeo primo duca di Aosta, aveva abdicato ed era rientrato a Torino con la famiglia. Tre anni più tardi, la mamma, Maria Vittoria dal Pozzo della Cisterna, era morta di mal sottile, lasciando orfani il bimbo e due fratellini, che di lì a poco finirono nelle accademie militari. Luigi Amedeo era stato iscritto nei ruoli della Regia Marina Militare quando aveva solo sei anni e mezzo. 

ALPINISTA E AMMIRAGLIO 
La sua carriera sarebbe stata una lenta e sudata risalita fino al grado di ammiraglio partendo dal gradino più basso, quello di mozzo. Scuola e lavoro sulle navi. Per fortuna c’erano le vacanze estive. Sempre in montagna, con il barnabita padre Denza, incaricato di seguire i piccoli Savoia-Aosta. Luigi era curioso, attratto dal mondo verticale, e crescendo imparò a destreggiarsi sulla roccia e sul ghiaccio. Prima in compagnia di Francesco Gonella, presidente del Cai a Torino, e poi con le migliori guide alpine del tempo. Le prime salite del giovane Savoia, dal 1890 divenuto duca degli Abruzzi, si svolsero intorno a Ceresole Reale, e in seguito nel gruppo del Monte Bianco. Scalate via via più difficili. Nel 1894 il duca salirà l’impressionante Cresta di Zmutt al Cervino con il celebre alpinista inglese Albert Frederick Mummery. Poi partirà alla volta delle grandi cime del mondo. Prima per i quasi 5500 metri del Monte Sant’Elia, tra Canada e Alaska, nel 1897. Quindi per il Ruwenzori, nel 1906. E tre anni più tardi per il K2. Infilandoci in mezzo, nel 1899-1900, un tentativo di conquista del Polo Nord. 

NELLA GRANDE GUERRA 
Ma il Duca dovrà anche fare i conti con la carriera militare, e durante la Grande Guerra verrà incaricato di comandare l’armata navale italiana e la flotta alleata nell’Adriatico. In seguito si impegnerà a lungo in Somalia, in un esperimento coloniale d’avanguardia, e alla fine degli Anni ’20 condurrà un’ultima spedizione lungo il corso dello Uabi-Uebi Scebeli. 

UN PRINCIPE IN COPERTINA 

Per ricordarne la figura, dal 21 maggio all’11 settembre (aperta tutti i giorni,tranne il lunedì dalle 10 alle 18) sarà allestita un’interessante mostra al Museo Nazionale della Montagna, corredata da una ricca iconografia d’epoca, con prime pagine di quotidiani e copertine di periodici. Un bel modo di misurare la popolarità di un personaggio amatissimo, cui sono tuttora intitolate scuole, asili, istituzioni, oltre al Museo della montagna torinese. Senza dimenticare la Società Nautica del Gran Paradiso, nata due anni fa a Ceresole Reale dedicata al Duca che proprio sulle Levanne debuttò come alpinista.

venerdì 20 maggio 2016

Aggiornato il sito di Re Umberto II

Re Umberto in una foto del 1979
Il tentativo dell'UMI di avvalersi della collaborazione di Marco Pannella perché i diritti umani di Casa Savoia fossero rispettati. Un'intervista a bruciapelo di Carlo Rossella al Re in Esilio.

Un'intervista, che per quanto breve, è illuminate sul pensiero del Re in merito ad alcune cose sulle quali ancora si dibatte.

"D. C'è una norma Costituzionale che impedisce comunque il suo ritorno in Italia.

R. Le rammento che si tratta di una disposizione transitoria. E quando le cose sono transitorie non devono durare in eterno. 
Io ho 75 anni e in Italia voglio tornarci da vivo."

Il primo giorno di Regno dell'ultimo Sovrano d'Italia


di Giovanni Semerano


articolo pubblicato su "Il Tempo" , 10 Maggio 1976


Giovanni Semerano è stato collaboratore del Ministro della Real Casa Falcone Lucifero fin dai giorni del referendum istituzionale del 1946 e, successivamente, per molti anni il suo Capo Ufficio Stampa.  Dirigente del FMG e poi dell'UMI, esponente del PNM e del PMP, Direttore della rivista "Monarchia Nuova", Semerano venne eletto Segretario Generale del'UMI al X Congresso, nel 1984, e lo rimase fino al 2004 quando fu nominato Presidente Onorario.
Giornalista de "Il Tempo" durante le direzioni di Angiolillo e di Letta, è autore di numerose pubblicazioni tra le quali, insieme a Camillo Zuccoli, "Dalla parte del Re, la verità sul referendum istituzionale" del 1996, e "Il Re che abbiamo nel cuore" del 1998.


In occasione del 70mo del referendum che, con la truffa romitiana, privò l'Italia del Re, Semerano pubblicherà i ricordi della sua lunga collaborazione col Ministro Lucifero.


Il nove, Vittorio Emanuele III nella Villa Rosebery di Napoli, aveva abdicato in favore del Principe di Piemonte - Il giorno dopo, il nuovo Re e la Regina Maria Josè si mostrarono alla folla dal balcone del Quirinale.
Martin Moore sul Daily Telegraplh scriveva: l'abdicazione e l'avvento del nuovo Re, con una Regina popolare e una famiglia di attraenti bambini, hanno dato impulso all'entusiasmo monarchico. E' il dieci maggio 1946. Il giorno prima Umberto di Savoia, Luogotenente del Regno, diventava Re d'Italia. Chi era il nuovo Re? Rievochiamo l'immagine attraverso i giudizi e i documenti dell'epoca.

L'Italia usciva sconfitta da una guerra e già i politici rivendicavano la lotta al fascismo attraverso i giorni della Resistenza dimenticando il contributo decisivo alla lotta democratica dato dalla Monarchia e dalle nuove forze armate italiane che, dal Regno del Sud, combatterono a fianco degli alleati contro fascisti e tedeschi.

Umberto di Savoia riuscì nell'intento di ottenere dai comandi anglo-americani che le nostre truppe entrassero in azione. Egli visse quella pagina di storia italiana continuamente tra i soldati la cui opera fu sempre generosa, spesso feconda di risultati e il più delle volte rimasta oscura.

L'apporto dell'Esercito regolare alla liberazione fu sempre ostacolato non soltanto dai partiti di sinistra ma anche dagli alleati che preferirono fare concentrare l'attenzione della stampa e della propaganda sulle formazioni partigiane che - dobbiamo ricordarlo - ebbero origine nei reparti militari disciolti e furono largamente condotte da ufficiali monarchici del Regio Esercito.  

Testimonianza dell'ostilità dei socialisti e delle sinistre è la lettera aperta a Togliatti indirizzata dal Generale Messe nel corso di una polemica provocata dal leader comunista.

“Basterà ricordare che il Primo Raggruppamento del Regio Esercito - scriveva il Generale Messe - entrò in linea nel dicembre 1943, il Corpo italiano di liberazione fu costituito nel marzo 1944 e i cinque Gruppi di combattimento furono autorizzati nell'agosto successivo. Tutte tappe della nostra cobelligeranza faticosamente raggiunte attraverso una assillante opera di persuasione presso gli Alleati diffidenti e contrari, mentre io occupavo il posto di Capo di Stato Maggiore Generale che tenni fine alla fine della guerra”.

“E lo tenni, si badi bene, alle dipendenze del Maresciallo Badoglio Capo del Governo, fino alla liberazione di Roma, e alle dipendenze dell'Onorevole Bonomi, dopo il giugno 1944, quando l'Onorevole Palmiro Togliatti era membro eminente del Governo dei sei partiti”.

“In quell'epoca - prosegue il Generale Messe - l'azione iconoclasta contro l'Esercito era al suo massimo sviluppo presso i partiti di sinistra e rendeva estremamente difficile l'opera di ricostruzione, tanto che fui costretto a richiamare l'attenzione del Governo”.

Umberto prese parte personalmente alle principali azioni belliche in cui furono impegnate le nostre truppe. Nel dicembre 1943 era a Monte Lungo; trascorse il Natale a San Vittore con le salmerie italiane che portavano viveri sulle posizioni dell'Appennino; nell'Aprile 1944 era con gli artiglieri a Monte Marrone.

Sul fronte di Cassino, alla vigilia di un attacco alle linee tedesche al quale doveva partecipare una nostra unità poiché il Comando alleato cercava un ufficiale italiano per compiere una ricognizione aerea nella zona che avrebbe dovuto essere teatro di battaglia, si offrì di effettuarla egli stesso. A bordo di un piccolo velivolo volò a bassissima quota fatto segno alla reazione antiaerea, riportando cruciali notizie sull'ammassamento dei carri armati tedeschi e sulle condizioni della viabilità.

In considerazione della parte avuta da Umberto nella Guerra di liberazione il Comando della V Armata propose al Comando Generale di Caserta il conferimento di un'alta decorazione al Principe di Piemonte. Il Governo De Gasperi fece presente che la concessione di una decorazione al valore ad Umberto poteva essere interpretata come un atto di simpatia politica degli americani per la causa monarchica; e così non se ne fece niente.

Un ritratto del nuovo Re lo troviamo tra le impressioni ricevute, in occasione di una intervista, dal giornalista americano Albert Matthews: “Umberto pensa che il Re dovrebbe esercitare i suoi poteri in modo da garantire un governo del popolo, espressione della volontà del popolo e che lavori per il bene del popolo secondo la classica concezione di Lincoln”.

«Da quanto ho inteso parlando con lui - prosegue Matthews - Umberto ha come meta una monarchia liberale democratica. Ha studiato seriamente i problemi italiani. Non ha illusioni sul doloroso avvenire né sulle difficoltà che Casa Savoia dovrà affrontare per mantenersi al di sopra delle onde, nei mesi tempestosi».

«Senza dubbio si ha la chiara impressione di un uomo che ha un programma e sa per cosa combatte. A mio giudizio - conclude Matthews - i repubblicani hanno un avversano più forte di quel che immaginano».

La stampa inglese si espresse invece con giudizi negativi o severi. Il Daily Telegraph scrisse: «Nulla, nella sua carriera, suggerisce che egli stia per diventare un Sovrano migliore del Padre». Il Daily Mail: «E' stato descritto come un uomo ambizioso ma di forte mente». Il Daily Herald: «Pieno di tatto, modesto, imparziale, come Luogotenente si conciliò persino alcune simpatie delle sinistre, ma dal momento dell'abdicazione egli è sulla linea del fuoco e le sinistre lo attaccano con violenza».

Enzo Selvaggi da Radio Roma, l'11 maggio 1946, diceva che «il giovane Re raccoglie in sé l'esperienza e il dolore di quest'ultimo tragico periodo della nostra storia. Il dolore è una grande scuola. Per tutti».

Il 9 maggio 1946 Vittorio Emanuele III, dopo 46 anni di Regno, aveva steso la rinuncia al trono. «Abdico alla Corona d'Italia In favore di mio figlio Umberto di Savoia Principe di Piemonte. Vittorio Emanuele. Napoli 9 maggio 1946». Nella Villa Rosebery ribattezzata Maria Pia, il notaio di fiducia, Angrisani, raccolse l'atto più importante della sua vita. Il Re scrisse di suo pugno la formula che era la stessa di quella adottata nell'abdicazione di Carlo Alberto. Vittorio Emanuele IIl sbagliò la data che poi corresse egli stesso segnando con un grosso nove.

Umberto era giunto a Napoli con l'aereo personale dell'ammiraglio Stone essendo il suo in riparazione. E fu lo stesso Stone la prima persona che si rivolse ad Umberto chiamandolo «Vostra Maestà» subito dopo l'atto di abdicazione del padre.

Umberto Re d'Italia tornò a Roma la stessa sera del 9 maggio. Il 10 maggio una grande manifestazione popolare salutò il nuovo Sovrano al balcone del Palazzo del Quirinale.

Il Re e la Regina apparvero più volte al balcone sul quale era stata distesa per la prima volta, in luogo del tradizionale tappeto rosso, una grande Bandiera con le stemma sabaudo.

Iniziava così il primo giorno di Regno dell'ultimo  Re di Casa Savoia.

giovedì 19 maggio 2016

Fabio Torriero: “ecco Marco Pannella che ho conosciuto: religioso (laico) e monarchico"

Nel percorso culturale, intellettuale, politico e di giornalista, ha incontrato Marco Pannella. Nel giorno della scomparsa del leader dei Radicali, Fabio Torriero – direttore di Intelligonews – ne ricorda alcuni tratti distintivi.

Come e quando hai incontrato Marco Pannella?

"La conoscenza di Marco Pannella è legata al mio percorso culturale e politico. Ho iniziato ad avvicinarmi a Torre Argentina, la sede del Partito Radicale nel 1983-1984 perché da militante, intellettuale conservatore di destra, ritenevo che in quel preciso momento storico, andassero allargati gli spazi di democrazia, tra paese reale e paese legale; tra sistema e società. In questo senso, le mie simpatie si orientarono, allora, verso il Partito Radicale per le battaglie sui diritti civili, le libertà, i referendum, la democrazia dal  basso, il no alla legge Reale, l’ecologia, il finanziamento pubblico dei partiti, la responsabilità civile dei magistrati: le ritenevo battaglie di base preliminari alle categorie “destra” e “sinistra” e anche perché la destra di allora, dal mio punto di vista, si stava trasformando nel braccio d’ordine del sistema democristiano. Nulla a che vedere con l’alternativa al sistema dei miei sogni giovanili". 
[...]

Se ne è andato Marco Pannella

dal sito www.monarchia.it
Marco Pannella era una persona che  emergeva rispetto a tanti altri . 

Era una persona contraddittoria che suscitava sentimenti contrastanti.

Nessuno più di noi, cattolici militanti più che praticanti, ha avversato le sue battaglie sull'aborto e sulla droga, battaglie ignobili per una visione ignobile della vita ma condotte nobilmente.
Non possiamo dimenticare, tuttavia, le prese di posizione originali, geniali, controcorrente che seppe prendere nella sua esistenza.

Ci è caro ricordare che Marco Pannella, quando si diffuse nell'estate dell'1982 la notizia della malattia che ci avrebbe portato via il Re fu l'unico a dire di volersi recare al confine per accogliere "Sua Maestà il Re Umberto II" (sic!) per accompagnarlo in Patria in rispetto della carta di Helsinky più che della costituzione repubblicana.
Ci è caro ricordare che fosse un iscritto del Fronte Monarchico Giovanile, non rinnegato.

Non condividevamo nessuna delle sue battaglie, non ci piace l'Italia che è tale anche grazie a lui. 

Ma non possiamo non riconoscere il valore di un avversario sui valori etici che con qualche sorpresa ci trovammo affianco nel momento del dolore per la malattia e la morte del Re.

Raccomandiamo anche la sua anima al Signore misericordioso, che gli perdoni i suoi peccati adesso che è al Suo cospetto.

Il Tempo: «Renzi lo insegna: la Carta si può cambiare»

Alessandro Sacchi, presidente dell’Umi, come celebrerete i 70 anni della Repubblica? «Invitando gli italiani a una riflessione. Nulla è per sempre, tranne il principio inalienabile della sovranità...


Alessandro Sacchi, presidente dell’Umi, come celebrerete i 70 anni della Repubblica?

«Invitando gli italiani a una riflessione. Nulla è per sempre, tranne il principio inalienabile della sovranità del popolo. E allora non si vede perché l’art. 139 della Costituzione congeli la forma repubblicana dello Stato, limitando quella sovranità del popolo sancita nell’art. 1. Quel dogma aveva senso nel ’46, con quasi 11 milioni di monarchici in Italia. Dopo 70 anni le cose sono cambiate e la norma va cancellata in un disegno di riappacificazione nazionale. Anche una partita di calcetto prevede la rivincita».


Lo chiedete invano da anni. Perché ora dovrebbe essere diverso?
[...]

http://www.iltempo.it/politica/2016/05/19/renzi-lo-insegna-la-carta-si-puo-cambiare-1.1540887

Il Tempo: Il Re vuole la rivincita Settant’anni dopo

Il 2 giugno le celebrazioni per l’anniversario del referendum istituzionale Ma i monarchici si riuniscono a Roma per chiedere una nuova votazione

Il 2 giugno del 1946 gli italiani scelsero di seppellire la Monarchia e sposare la Repubblica. Oggi, settant’anni dopo, c’è chi quel voto lo vorrebbe ripetere, convinto di avere armi dialettiche a sufficienza per spingere gli elettori a una scelta diversa. Ma sulla strada dei nostalgici c’è un ostacolo apparentemente insormontabile: l’articolo 139 della Costituzione, che recita: «La forma repubblicana dello Stato non può essere oggetto di revisione costituzionale».
È proprio su questo punto che da alcuni anni si è concentrata la battaglia dell’Unione Monarchica Italiana, guidata dall’avvocato napoletano Alessandro Sacchi. Il senso del ragionamento dei novelli «realisti» è che tale imposizione cozzi con il primo articolo della Carta, quello con il quale si attribuisce la sovranità al Popolo. Può tale sovranità essere sancita e al tempo stesso limitata all’interno dello stesso quadro di regole? È il tema sul quale da tempo si esercitano diversi giuristi vicini all’Umi.
[...]
http://www.iltempo.it/politica/2016/05/19/il-re-vuole-la-rivincita-settant-anni-dopo-1.1540986

martedì 17 maggio 2016

Leo Longanesi su raistoria

Per chi lo avesse perso e lo volesse vedere: il programma su Leo Longanesi con il Professor Perfetti.



Vittorio Emanuele II: "Potere e Bellezza" de I Savoia

16 maggio Rai Storia



"I Savoia, e in particolare Vittorio Emanuele II, primo re d'Italia, sono i protagonisti della puntata di 'Potere e Bellezza' - il programma di Rai Cultura in onda lunedì 16 maggio alle 22.30 su Rai Storia", illustra in una nota la tv di Stato.

"Le vicende e le avventure di una famiglia di condottieri che nel sedicesimo secolo si procurarono fama, onore e ricchezza sui campi di battaglia, ascendendo tutte le gerarchie nobiliari e riuscendo - tre secoli dopo - nell'ardua impresa di unificare l'intera penisola. I Savoia, e in particolare Vittorio Emanuele II, primo re d'Italia, sono i protagonisti della puntata di 'Potere e Bellezza' - il programma di Rai Cultura - in onda lunedì 16 maggio alle 22.30 su Rai Storia" informa in un comunicato la tv di Stato.