NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

lunedì 29 febbraio 2016

Un Paese che non sa discutere

Illuminante articolo di Ernesto Galli Della Loggia.
Ne traiamo due pezzi rimandando alla lettura completa dell'articolo.

[...]
Ciò che è peculiare dell’Italia è la spessa uniformità, l’unanime consenso in ogni sede che da noi il pensiero dominante, una volta che ha conquistato tale posizione, raccoglie sempre. Ciò che ci caratterizza è l’assenza del gusto e del piacere per la discussione, per una discussione vera tra opinioni diverse che interloquiscono tra loro nel mutuo rispetto. Parlo naturalmente di opinioni articolate, motivate con dati di fatto, frutto di conoscenza del mondo, di cultura, di esperienza. Non dei miserabili slogan, dei brandelli smozzicati di pensiero, che le televisioni e i loro spettrali talk show politici cercano di far passare per «il dibbbattito».
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Siamo diventati così un Paese dove nel dibattito pubblico in genere e in quello politico in particolare, a sostenere delle sciocchezze non è l’estremismo. Quasi sempre è il pensiero comune autorizzato.
[...]

domenica 28 febbraio 2016

Rubata la testa del busto di Re Umberto II a Tuscania

[...]
Il cippo del Re Umberto II a Tuscania non ha più la testa. Rubata, divelta, rimossa? Ad oggi la domanda è ancora senza una risposta ufficiale. A pochi passi dal cippo del Re, nella chiesa di San Marco e quasi contemporaneamente, è stato sottratto a Sant’Antonio il bambinello che teneva in una mano.
Due furti? Oppure due atti vandalici considerato il valore irrisorio dei beni sottratti. Su entrambe le circostanze stanno indagando le forze dell’ordine. La titolazione dell’allora parco delle Casacce, era il 1994, al Re Umberto II, l’ultimo della dinastia dei Savoia, fece divampare forti polemiche che superarono i confini di Tuscania, con interrogazioni al Prefetto di Viterbo e prese di posizione di personaggi della politica nazionale come Borghezio che intese dichiarare: “Sarò presente domani mattina, 25 settembre, alla cerimonia che si svolgerà a Tuscania per l'intitolazione di un parco cittadino ad Umberto II di Savoia, voluta dalla cittadinanza con coraggiosa, autonoma deliberazione del suo Consiglio Comunale”.
[...]

CONFERENZA DEL CIRCOLO REX

28  febbraio




 prof. don  ENNIO  INNOCENZI

“Stato  e  Chiesa  sorpresi  ed  impreparati  alla 
Grande  Guerra”

ore 10.30, in Roma 

Sala  Uno  della Casa  Salesiana,

ingresso Via Marsala 42

mercoledì 24 febbraio 2016

Ultima puntata dell'intervista di Nino Bolla al Re

Sul sito dedicato a Re Umberto II l'ultima puntata della lunga intervista di Nino Bolla, pubblicata per gentile concessione dei figli dell'Autore. 

Al seguente indirizzo l'intera intervista:


Viva il Re!

martedì 23 febbraio 2016

Il Partito Democratico Italiano, di Enzo Selvaggi - terza parte

IL PROBLEMA ECONOMICO-SOCIALE

Abbiamo nettamente affermato che la sostanza politica della democrazia è l'idea della libertà, e l'eguaglianza è l'eguaglianza nella libertà. Ma oggi la libertà la si difende soprattutto sul piano sociale. Democrazia e libertà resterebbero oggi nomi vani se la loro vitalità e capacità costruttive non fossero raggiate sul complesso dell'organizzazione economica e sociale.

Noi crediamo che il fine ultimo di ogni attività politica e sociale rimane sempre l'uomo e, diciamo pure, l'individuo, che ha sempre- una sua vita, un suo valore, una sua dignità. Egli deve essere posto in condizioni di esercitare sempre concretamente la libertà, sul piano politico e su quello morale, su quello della famiglia e su quello dell'educazione, su quello del suo lavoro e dei suoi consumi. E' perciò necessario garantire a questo individuo certe condizioni elementari di vita e l'effettiva possibilità del suo movimento, senza di che la sua libertà rimarrebbe un nome vano.

Libertà di ognuno

Il problema storico che la società contemporanea deve risolvere è il problema della libertà di ognuno come condizione della libertà di tutti. Se il problema viene impostato come conciliazione teorica tra liberalismo e socialismo, esso appare insolubile. O si sacrificherà l'individuo sull'altare della società o si svaluterà l'esigenza sociale. Per cui noi riteniamo che l'idea della democrazia salvi interi i diritti dell'individuo e li realizzi socialmente come diritti di tutti gli individui.

Noi democratici quindi non possiamo accettare, in linea generale, una qualsiasi impostazione classista del problema sociale e, in linea particolare, quella impostazione classista che deriva dalla rigida ortodossia marxista. L'antitesi borghesia-proletariato che forse aveva una giustificazione nel momento storico in cui fu formulata (cento anni fa) appare, oggi piena di equivoci e bisognosa di chiarimenti, rettifiche, eccezioni. Essa non stringe il problema nei suoi termini attuali.

Il generico criterio della proprietà privata, assunto ancora oggi come la testa di turco del movimento marxista contemporaneo, non definisce, se non in forma generica, la reale natura dell'attuale organizzazione economica. Questo schema immobilizza o respinge in posizioni che non sono le, proprie forze e ceti vivi e vitali, capaci di lottare contro quei complessi supercapitalistici e monopolistici di cui essi sono vittime alla pari, almeno, dei proletari.

Il problema delle classi così dette medie è oggi molto grave ed acuto e di esso non ci si sbriga con la generica formula della proletarizzazione. Anche coloro che ancora oggi accolgono lo schema classista preferiscono parlare, anziché di antitesi borghesia -proletariato, di antitesi tra sfruttatori e sfruttati. Ma questi sono concetti più di ordine morale che di ordine economico; infatti è difficile precisare e definire le classi dal punto di vista economico in realtà la loro differenza è più culturale che economica.

Socializzazione e statizzazione

Anche di fronte al concetto di socializzazione, correlativo a quello ora esaminato. il nostro atteggiamento e la nostra critica sono analoghi. Essa è uno schema tecnico ed un fatto politico e non può perciò essere considerata fine a se stessa o strumento unico e necessario di certi fini sociali, almeno di quelli essenziali e caratteristici di un ordine democratico. Essa non è certo uno strumento magico, come molti sognatori, interessati. ad altri fini, vogliono far credere.

La socializzazione d'altra parte può diventare essa stessa strumento di monopolio e di privilegio. Tale possibilità è quanto mai evidente nelle forme estreme della burocratizzazione e d'ella statizzazione ma non è limitata solo a quelle.

La socializzazione, in qualsiasi forma possa presentarsi, anche 'in quella estrema della statizzazione, va valutata solo tecnicamente, in relazione alle, concrete esigenze particolari; e quindi essa apparirà in qualche caso necessaria, in qualche altro caso utile o possibile, in qualche, altro inutile e dannosa In sostanza, tanto la socializzazione quanto la statizzazione devono poter eliminare quei monopoli privati che, oltre a costituire un inammissibile privilegio, bloccano e legano altre iniziative, La socializzazione quindi può essere giustificata dalle tendenze associative là dove naturalmente e spontaneamente queste si manifestano.

Se poi si dà alla formula della socializzazione un senso morale, inteso come sistema che tende nel campo della produzione e in quello del consumo al

l'elevamento del tenore di vita del singolo, allora non ci resta che da dire come si disse in Francia una volta: «Nous sommes tout socialistes».

Politica del consumo

Questi argomenti giustificano. il nostro convincimento che una politica economica moderna non sia possibile se non ponendosi nettamente dal punto di vista del consumatore. Una politica dei consumo infatti vuoi dire una politica che, determini la massima disponibilità e diffusione di beni e dì servizi al costo minore, anzi al costo minimo. Essa perciò deve garantire due cose: la possibilità di consumare e la libertà di consumare.

E' inutile parlare, di democrazia e comunque di vita civile se non si ha la possibilità di garantire a tutti il soddisfacimento dei bisogni elementari della vita, che devono essere, raggiunti, perché si tratta di una questione di sensibilità morale. In altri termini, e come affermò con parole ben più elevate il Pontefice Leone XIII nella sua enciclica Rerum novarum bisogna poter garantire, un salario corrispondente insieme alle esigenze familiari e alle capacità individuali.

E' poi necessario garantire la libertà del consumatore, poiché limitare od annullare questa libertà significa in definitiva annullare tutte le altre. Si comincia a pianificare il consumo degli alimenti e degli indumenti e si finisce col pianificare gli uomini, i loro cervelli, le loro volontà. L'eguaglianza dei consumatori alla base del livello minimo delle necessità elementari è condizione per la loro effettiva libertà nel progressivo elevamento del tenore di vita.

Tale eguaglianza iniziale noi la ve-diamo anche sul piano della produzione che altro non è se non l'unione di tante iniziative che si coordinano e si integrano. Perciò il diritto all'iniziativa dell'imprenditore deve legarsi con il diritto al lavoro del tecnico e dell'operaio.

Nei quindi riconosciamo ogni diritto all'iniziativa ed al lavoro quale che sia la forma ed il grado della sua qualificazione.

Nelle, attuali circostanze però allo Stato incombe il dovere morale di intervenire perchè la miseria dei più non venga offesa da una sfrenata ed egoistica libertà di consumo, specialmente dì beni voluttuari.

La proprietà

Il problema della proprietà non è secondo noi un problema centrale. Contestiamo qualunque diritto ad ogni situazione parassitaria, passiva od anonima. Riconosciamo invece che lo sviluppo tecnico della economia contemporanea sta allontanando sempre più la proprietà capitalistica in senso tecnico - elemento, e non il più importante, della produzione, che integra ed è integrata dal lavoro - dalla posizione centrale che aveva. Essa infatti viene progressivamente assunta dagli elementi direttivi tecnici e lavorativi dell'impresa.

Riconosciamo infine pienamente valida la proprietà personale, sia quella di uso, sia anche quella legata alle forme naturali e individuali di produzione. E' questa proprietà che deve essere tutelata, difesa ed estesa in ogni modo, poiché essa costituisce l'espressione della personalità umana e la più concreta garanzia della libertà dell'individuo, e si fonda sul risparmio, frutto del, lavoro dell'individuo

Non riteniamo fatale la condizione proletaria, la quale rimarrebbe tale anche in un ordinamento collettivistico. Riteniamo invece che, favorendo la formazione di una proprietà personale, di uso e di partecipazione alla proprietà aziendale, si possa costituire un concreto programma di redenzione sociale, cioè di sproletarizzazione.

La via naturale per tale opera di elevamento della condizione umana dei lavoratori, noi la vediamo nello sviluppo e nell'affermazione dei sindacati e delle associazioni professionali. Queste debbono rispondere a due requisiti: essere espressione di un libero movimento associativo; non costituire in nessun caso forme di monopolio. Esse. devono inoltre essere apolitiche cioè escludere che la loro forza possa diventare strumento di forze politiche. In tal modo esse potranno assolvere alla funzione di tutela degli interessi economici e morali dei lavoratori, cioè di equilibratrici della economia generale delle aziende.

Quanto alla pianificazione, soprattutto sul pianti della produzione, derivato più o meno diretto del collettivismo, osserviamo che essa può accumulare i difetti di un regime di iniziativa e di concorrenza e di un regime collettivista. Tuttavia noi non escludiamo la possibilità della gestione diretta di determinate imprese da parte dello Stato, ma riteniamo che lo Stato non debba interferire direttamente in quella sfera, grande o piccola, che è riservata all'iniziativa privata. L'iniziativa o c'è o non c'è, o 19, si riconosce, o la si nega del tutto.

Ricostruzione

Riferendo ora questi orientamenti alla concreta situazione italiana, dobbiamo ricordare che se la caduta del fascismo che aveva esasperato il pescecanismo dell'altra guerra, ha spazzato via una organizzazione economica corrotta nel protezionismo e nel parassitismo, la guerra ha logorato in maniera impressionante e continuerà ancora a logorare l'attrezzatura tecnica del Paese. In tali condizioni, agli entusiasti della socializzazione ricordiamo le amare parole di Filippo Turati: «Non si socializza la miseria».

Ai fautori non meno entusiasti dell'intervento dello Stato, ricordiamo che ciò che è più distrutto oggi in Italia è proprio lo Stato, nella sua struttura tecnico -amministrativa, nella sua capacità ed energia imprenditrice, nelle, sue possibilità finanziare. Si rifaccia lo Stato, gli si dia efficienza, ordine, autorità e credito e poi parleremo in concreto di piani.

Ma la ricostruzione non può aspettare, non può essere rinviata. La distruzione e la miseria hanno toccato un limite estremo. Occorre lasciare all'iniziativa privata di fare quello che può, sa e vuole fare.

Si parla oggi di autogoverno: si cominci a riconoscere l'autogoverno dell'individuo. Il più serio intervento statale nel campo della produzione sarà oggi quello diretto a creare condizioni elementari e cioè un clima favorevole alla iniziativa ed alla energia individuali.

Fissare oggi dei piani o degli schemi per l'avvenire significherebbe rimanere nell'astratto. Tuttavia vi sono dei punti di orientamento che possono essere fissati nei riguardi della nostra struttura e organizzazione sociale. Innanzi tutto occorre eliminare quel capitalismo, che abbiamo chiamato parassitario, che ben caratterizza alcuni aspetti della condizione arretrata della nostra struttura economico-sociale. Occorre poi vitalizzare al massimo limite possibile l'iniziativa privata. Dopo tanto paternalismo, protezionismo ed autarchia, questa può essere per noi un'esperienza nuova, tecnicamente utile ed anche necessaria, per quel carattere aperto di scambio anche internazionale che la nostra economia deve necessariamente assumere. Occorrerà infine una forte iniziativa pubblica nel campo sociale e distributivo.

Evidentemente qualcuno pagherà queste spese di politica sociale, ma noi riteniamo che una redistribuzione del reddito nazionale sia necessaria, e che del resto sia già in atto.

Conviene però precisare che nessuna soluzione del problema italiano è possibile che non, tenga conto degli ideali politici e delle aspirazioni sociali delle masse cattoliche. E quando diciamo cattoliche vogliamo riferirci in questo caso ad una meta morale che si attua in una vastissima concezione dell'ordine familiare, della proprietà, della persona umana; concezione che s'identifica in larga misura con la realtà italiana.

Quando tutto il territorio sarà liberato, occorrerà una radicale revisione del nostro sistema tributario basato sull'unificazione c'elle tasse, e sull'eguaglianza dei cittadini anche di fronte alla legge fiscale. Bisognerà che lo Stato attui una politica finanziaria che tenda a migliorare le fonti del reddito nazionale piuttosto che. ad inaridirle; ma soprattutto occorrerà che, a parità di condizioni, tutti siano assoggettati allo stesso carico tributario.

In fatto di pubbliche finanze, riconosciamo la necessità di riassestarle con provvedimenti di eccezione e con criteri aderenti alla risorgente collaborazione internazionale. Ma le sole risorse nazionali non potranno certo ridarci la perduta vitalità. E quando un Paese non è in grado di crearsi i mezzi per riaversi da un profondo collasso, non gli resta che di attingere i mezzi necessari ai prestiti ed agli investimenti esteri. A ciò può fare ostacolo soltanto la sfiducia da parte del capitale estero, sia esso di Stati o di privati, nei confronti specifici della ripresa italiana.


A dare fiducia è quindi indispensabile che non si dia l'impressione all'estero di avviarci verso sovvertimenti sociali o verso esperimenti che sarebbero un lusso assolutamente incompatibile con la nostra situazione. Questa fiducia è anche necessaria per avviare attraverso prestiti interni la nostra circolazione monetaria a quei più drastici provvedimenti che la potranno restaurare definitivamente. Ogni cittadino vi concorrerebbe sapendo di salvare non solo il proprio capitale ma anche la collettività di cui esso fa parte.

domenica 21 febbraio 2016

Quelli che "il Re ha consegnato l'Italia al Fascismo"... La Monarchia e il Fascismo - Appendice 4

Caricatura di De Gasperi, coraggiosamente, finalmente, astenuto
SEDUTA DEL 16 LUGLIO 1923

(Riforma della legge elettorale)



Votazione della seconda parte dell'ordine del giorno Larussa: «... approva i principii della riforma elettorale e passa alla discussione degli articoli».

(Anche su questa seconda parte accettata dal Governo, questo pone la questione di fiducia).

Hanno risposto sì:

Abisso, Acerbo, Albanese Giuseppe. Aldi Maj, Alice, Amatucci, Arcangeli, Aroca, Arpinati.

Baldassarre, Banelli, Bartolomei, Bassino, Baviera, Belotti Bortolo, Benedetti, Beneduce Giuseppe, Benni, Berardelli, Bevione. Bianchi Vincenzo, Bilucaglia, Bonardi, Boncompagni Ludovisi, Brezzi, Broccardi, Buonocore, Buttafochi.

Caccianiga, Calò, Camera. Camerata Camerini Capanni, Capasso, Capobianco, Cappa Innocenzo, Caradonna, Carapelle, Carloni V incenzo Carnazza Carlo, Carnazza Gabriello, Carusi, Casalicchio, Casarello, Casertano, Catalani, Cavazzoni , Celesia, Cerabona, Cermenati, Chiostri, Ciano, Ciappi, Ciocchi, Cirincio, Codacci lPsanelli, Colonna di Cesarò, Colosimo, Compagna, Corgini, Corradini Camillo Cotugno Crisafulli Mondio, Cristofori, Cuomo

D'Alessio, D'Ayala, De Bellis, De Capitani d'Arzago, De Filippis Delico, D'Elia, Dello Sbarba, De Nava, De Stefani, De Vecchi, De Vito, Di Francia, Di Marzo, Di Salvo, Donegani, Drago, Ducoz, Dudan.

Falcioni, Faudella, Fazio, Fazzari, Federzoni, Fera, Ferrari Giovanni, Ferri Leopoldo, Finocchiaro Aprile Emanuele, Finzi, Fontana, Franceschi, Fulci, Fumarola, Furgiuele.

Gai Silvio, Gasparotto, Gentile, Giolitti, Girardini Giuseppe, Giuffrida, Giunta, Giuriati, Grassi, Gray Ezio Maria, Graziano, Greco, Guaccero, Guarino Amella, Guglielmi.

Imperati, Improta.

La Loggia, Lancellotti, Lanfranconi, Lanza di Scalea Lanza di Trabia, Larussa, Lissia, Lo Monte, Lo Piano, Luciani, Luiggi, Lupi.

Macchi Luigi, Manaresi, Mancini Augusto, Mantovani, Marchi Giovanni, Marescalchi, Marino, Mariotti, Marracino, Martire, Mattei Gentili, Mattoli, Mauro Francesco, Maury, Mazzarella, Mazzini, Mazzucco, Mendaia, Miliani G. Battista, Mininni, Morisani, Murgia, Mussolini.

Netti Aldo.

Olivetti, Ollandini, Orano, Orlando. Ostinelli, Oviglio.

Pallastrelli, Palma, Pancano, Paolucci, Paratore, Pascale, Pasqualino Vassallo, Pellegrino, Pennisi, Persico, Pesante, Pestalozza, Petrillo, Pezzullo, Philipson, Pighetti, Pivano, Poggi, Porzio, Prunotto, Pucci.

Quilico.

Raineri, Renda, Riccio, Roberti, Rocco Alfredo, Rosadi, Rossi Cesare, Rossi Luigi, Rubilli, Ruschi.

Sacchi, Saitta, Salandra, Sandroni, Sanna Randaccio, Sardi,
Sarrocchi, Scialabba, Scotti, Serra, Siciliani, Signorini, Sipari, Spada, Squitti, Stancanelli, Suvich.

Tamborino, Terzaghi, Tinozzi, Tòfani, Tommasi, Torre Andrea, Torre Edoardo, Tortorici, Toscano, Tosti, Tovini, Tripepi, Troilo, Tumiati.

Ungaro.

Vairo, Valentini Ettore, Vassallo Ernesto, Veneziale, Venino, Vicini, Villabruna, Vittoria, Volpini.

Zegretti.

Hanno risposto no:

Abbo, Agostinone, Alessio, Amedeo, Arcani, Argentieri, Assennato.

Baldesi, Baldini, Baratono, Basso, Beghi, Belloni Ambrogio, Bellotti Pietro, Beltrami, Beltramini, Bennati, Bentini, Binotti, Bisogni, Bocconi, Bogianckino, Rombacci, Bosi, Bovio, Buffoni, Buozzi, Bussi.

Caldara, Campanini, Canepa, Canevari, Cao, Cavina, Cazzamalli, Chiesa, Cigna, Ciriani, Conti, Corsi, Cosattini, Costa, Croce.

D'Aragona, De Andreis, De Angelis, De Giovanni Alessandro, Del Bello, Di Giovanni Edoardo, Di Vittorio, Donati, Dugoni.

Ellero, Ercolani.

Fabbri, Filippini, Flor, Florian, Frontìni.

Galeno, Gallani, Gallavresi, Garibotti, Garosi, Giacometti, Gonzales, Graziadeì, Groff.

Innamorati.

Lazzari, Lollini, Lombardi Nicola, Lombardo Pellegrino, Lopardi, Lucci.

Macrelli, Maitilasso, Mancini Pìetro, Marabini, Marchioro, Mastino, Mastracchi, Matteotti, Mazzolani, Mazzoni, Merissi, Merloni, Mingrino, Modigliani, Momigliano, Monici, Montemartini, Morgari, Mucci, Musatti.

Nobili, Noseda.

Pagella, Panebianco, Paolino, Picelli, Piemonte, Pieraccini, Pistoia.

Quaglino.

Rabezzana, Ramella, Reale, Remondino, Reuth Nicolussi, Riboldi, Romita, Rondani, Rossi Francesco.

Salvalai, Sandulli, Sardelli, Sbaraglini, Scagliotti, Smorti, Stanger.

Tassinari, Tinzl, Todeschini, Toggenburg, Tonello, Treves, Trozzi, Tuntar, Turati.

Vella, Ventavoli, Viotto, Volpi.

Walther.

Zanardi, Zaniboni, Zanzi, Zirardini Gaetano.

Si astengono.

Agnesi, Aldisio, Amendola, Angelini, Anile.

Baccì, Banderali, Baracco, Baranzini, Beneduce Alberto, Bertini, Bertone, Bianchi Umberto, Biavaschi, Boggiano Pico, Bonomi Ivanoe, Bosco Lucarelli, Bresciani, Brunelli, Bubbio.

Cappa Paolo, Cappelleri, Carbonari, Càsoli, Cicogna, Cingolani, Corazzin, Curti.

De Gasperi, Degni, Di Fausto.

Fantoni, Ferrarese, Fino, Finocchiaro Aprile Andrea.

Galla, Gavazzeni, Giavazzi, Grandi Achille, Gronchi, Gua. rienti.

Imberti.

Jacini.

La Rosa Luigi, Locatelli, Longinotti, Lucangeli.

Manenti, Marconcini, Martire, Mauri Angelo, Merlin, Miceli Picardi, Micheli, Miglioli, Milani Fulvio, Montini.

Novazio.

Pecoraro, Pellizzari, Perrone, Peverini, Piscitelli, Piva, Presutti

Rocco Marco, Rodinò, Romani, Rosa Italo.

Sensi, Stefini.

Tamanini, Termini, Tupini.

Uberti.

Visco.

Zucchini.

Sono in congedo:

De Caro, Di Pietra, Rossini, Tíraboschi.

Ammalati:

Cascino, Mauto Clemente,Padulli, Piatti, Pogatchnig, Sorge, Visocchi.

Assenti per ufficio pubblico:

Ferrari Adolfo.

Risultato della votazione della seconda parte dell'ordine del giorno Larussa sulla riforma della legge elettorale:

Presenti: 451; votanti: 374; maggioranza: 188; hanno ri. sposto sì: 235; hanno risposto no: 139; si sono astenuti: 77.

giovedì 18 febbraio 2016

CERESOLE REALE. SINDACO BATTUTO SUL NUOVO STEMMA “VOGLIAMO LA CORONA SABAUDA…”


di CATERINA CERESA

C’era il pubblico delle grandi occasioni mercoledì 27 gennaio alla seduta di consiglio e la cosa non sorprende: la questione principale di cui si doveva discutere – quella dello stemma e del gonfalone – è molto sentita dalla cittadinanza. E’ stata invece parzialmente una sorpresa la divisione che si è manifestata, per la prima volta dall’insediamento dell’attuale  amministrazione, tra  il sindaco e la sua maggioranza.
[..]
Un  po’ maliziosamente i consiglieri di opposizione hanno fatto notare che, se i loro colleghi della maggioranza avessero deliberato a  favore di un nuovo simbolo, ci si sarebbe trovati davanti ad un “teatro dell’assurdo” dal momento che due mesi prima avevano detto di essere contrari. Hanno inoltre proposto di rinviare la decisione, anche per chiarire delle incongruenze: Venaria (che si fregia del titolo di “Reale” come Ceresole) ha nel suo stemma la corona sabauda. “Perché loro sì e noi no?” – si sono chiesti.
Piuttosto irritato (come gli succede regolarmente se viene contraddetto) il sindaco ha accusato Durbano di portare argomentazioni astruse per colpa  della sua laurea in Geografia mentre lui, diplomatosi ragioniere con un semplice “40”, ha le idee molto più chiare. Ha anche ripetuto il suo principio ispiratore: “Solo gli idioti non cambiano mai idea. Cambiare idea è segno di intelligenza”. Dal che si può dedurre che, se i suoi avessero votato in modo difforme rispetto alle posizione assunte due mesi prima, sarebbero stati meritevoli di lode. “Votiamo pure sulla richiesta di sospensiva – ha detto – Io sono contrario!” ed ha alzato la mano mentre Durbano dichiarava:  “Dopo il voto negativo lasceremo  spazio al trionfo dell’intelligenza, uscendo dall’aula”.

IL SINDACO SMENTITO DAI SUOI
Niente teatro dell’assurdo ma, al contrario, un colpo di scena: nelle fila della maggioranza si è aperta una crepa, che poi si è allargata.
Il sindaco ha alzato la mano in solitudine e l’ha tenuta così, da solo, per qualche istante: nessuno lo ha seguito. 
[...]


Finalmente risolti i problemi della Nazione!


CERESOLE REALE: IL SINDACO VUOLE UNO STEMMA SENZA I SAVOIA


E’ arrivata, fulminea e chiara, la risposta al dilemma su cui si era interrogato negli ultimi tempi il consiglio comunale di Ceresole: il nostro stemma può essere riconosciuto? Il nostro stemma può essere utilizzato?
L’Ufficio Araldico della Presidenza del Consiglio aveva detto di no. La minoranza consiliare si era allora chiesta – ed aveva girato la domanda agli altri consiglieri – come facesse Venaria ad utilizzare lo stesso scudo e la stessa corona sabauda che al comune canavesano venivano negati.
[....]

IL SINDACO NON MOLLA: VUOLE UNO STEMMA RICONOSCIUTO


[....]
Ironico il commento della minoranza: “Si tratta di una posizione rispettabilissima ma allora bisognerebbe anche chiedere l’eliminazione dell’epiteto di “Reale” (facendolo magari diventare “Ceresole Repubblicano”) e cancellare le corone presenti un po’ in tutto il paese, compresa la facciata del palazzo municipale!”.

[...]


Bene! Il solerte sindaco rimarrà soltanto con le corna degli stambecchi!
Lo Staff

martedì 16 febbraio 2016

Il pittore istriano e il bambino

 di Emilio Del Bel Belluz  

“Non bisogna più tradire chi ha conosciuto l’inganno: le anime ferite sanno sorridere anche a chi le calpesta. E chi strappa il fiore non si accorge quasi mai che la radice piange sotto terra”   (Nino Salvaneschi ).  

Il 10 febbraio, giorno dedicato al ricordo delle foibe e dell’esodo,  è stato ricordato con meno enfasi di come si è celebrato il giorno della memoria. La televisione, per questa data così importante e triste, non ha trasmesso quei messaggi pronunciati da attori e altre personalità  per ricordare agli italiani, che oltre settanta anni fa, altri italiani a migliaia vennero infoibati dagli slavi  comunisti. La loro unica colpa era quella di essere italiani veri. La cosa ancora più triste è che, quando arrivarono in Italia, vennero accolti dai comunisti con ogni tipo di vessazione. 
Perché non ricordiamo anche il trattamento disumano  riservato a questi nostri connazionali?  Potrei dilungarmi a scrivere su questo biblico esodo di trecentomila persone, un esodo che lo ripeto non incontrò il cameratismo degli italiani verso dei connazionali che perdettero ogni cosa. Oltre ai lutti, dovettero anche patire, per non aver i corpi dei loro cari,  essendo stati infoibati in quelle voragini su cui fu buttato del cemento oltre all’indifferenza dei propri fratelli italiani. 
Sono pochi quelli che riuscirono a raggiungere l’Italia con qualche bene. Per anni e anni sul dramma del popolo infoibato si calò un silenzio scandaloso che continua a durare, eccetto rare eccezioni, come il partito di Giorgio Almirante. Questo silenzio era motivato dalla necessità di non accusare Tito del male che fece. 
4Sui giornali nazionali, eccetto in questi ultimi anni,  il silenzio sulle foibe fu totale. Ricordo che conobbi alcuni esuli istriani al mio paese natio, quasi per caso. Quando abitavo a Motta di Livenza, in un appartamento vicino al mio, viveva una coppia di anziani. Io, che allora avevo solo 10 anni.  li ricordo come se fosse oggi. Era una coppia che non aveva avuto figli, lui era un uomo dai capelli canuti, una persona  dagli atteggiamenti signorili. Si chiamava Antonio Sissan, sua moglie, una persona molto dolce, si chiamava  Ada.  I due si volevano un bene immenso, li vedevo dalla  mia finestra quando uscivano e mi salutavano con un cenno della mano. 
Ogni giorno venivano a trovarci ed immancabilmente ci donavano un dolcetto istriano molto buono. La loro visita quotidiana mi rendeva felice. Quando passeggiavano si tenevano la mano, come due fidanzati al loro primo appuntamento. Antonio si appoggiava al suo bastone. Durante la sua vita era stato un capitano di marina, aveva girato il mondo così pure durante la Grande Guerra era stato capitano su una nave da guerra. Una volta, una persona mi raccontò di un capitano, che dopo essere andato in pensione, si recava ogni giorno ad osservare il fiume. Il suo rapporto quotidiano con l’acqua non poteva in nessun modo mancare. Anche Antonio, il vecchio istriano, si metteva  ad osservare l’acqua limpida della Livenza. 
Vicino alla sua casa, sul ramo morto della Livenza, vi era una barca ormeggiata e lui spesso si sedeva sopra per ammirare il fiume. Osservava le acque che con una certa difficoltà cercavano di raggiungere il grande fiume. Lo vedevo dalla mia finestra, che spesso parlava con il proprietario della barca, specialmente nei caldi pomeriggi d’estate. Antonio seppur vecchio, non dimostrava la sua età. Ogni tanto mi capitava di fare per loro delle piccole commissioni. Quando arrivavo mi aspettava nel suo studio. Vestiva di bianco con un pennello in una mano e la tavolozza di colori sull’altra, intento a dipingere un quadro.  Le sue opere erano rappresentate dai paesaggi della sua cara Istria, in cui predominava quasi sempre il mare, che andava ad infrangersi sulle rocce. In quei momenti erano i ricordi che gli passavano accanto, specialmente in quei casi in cui dipingeva i luoghi dove aveva vissuto. Quei posti che lui aveva dovuto lasciare senza poter fare nulla. Le case del suo paese, la chiesa dove si recava a messa, il cimitero dove i suoi cari erano stati sepolti. 

Quando dipingeva, la nostalgia per i luoghi che aveva dovuto abbandonare era così grande, che qualche lacrima rigava il suo volto . Era un valido pittore, anche secondo il giudizio di un mio amico istriano, professore di lettere ed intenditore di pittura, che ci ha abbandonati alcuni anni fa. Il caro Antonio Sissan ci donò alcuni dei suoi quadri che abbiamo molto apprezzato, la semplicità della sua pittura  era nata dai ricordi della sua terra. Da bambino l’unico cosa che sapevo era che questa famiglia dovette fuggire dall’Istria. Solo successivamente, compresi a fondo il loro dramma che è ben rappresentato dalla canzone di Sergio Endrigo che dice :” Vorrei essere come un albero che sa dove nasce e dove muore”. Un albero che conosce la sua sorte, che è stato accarezzato dal sole  e dal vento, che ha con le sue radici amato la sua terra. Ogni essere umano anche se ha dovuto abbandonare la sua terra d’origine non si è mai staccato dalle sue radici, dal luogo che lo ha visto nascere e crescere. 

Non ho una grande conoscenza  dell’Istria, ma ho avuto occasione di visitare qualche luogo con il mio amico professore. Lo ho accompagnato al paese dove viveva, sono stato con lui al cimitero dove riposavano i suoi cari. Nei suoi occhi vi leggevo una profonda malinconia  quando percorreva le stesse strade che lo avevano visto correre da bambino e rivedeva quel mare che tanto gli era mancato. E il mio pensiero, in quegli istanti,  si rivolgeva al mio amico pittore e al dramma che anche lui aveva vissuto abbandonando la sua terra natia. In un freddo giorno d’inverno,  il professore mi condusse alla chiesa dei francescani a Capodistria e lì trovammo un vecchi frate che non era fuggito dall’Istria, ma era rimasto come un soldato di guardia alla sua chiesa. Con il vecchio frate vi erano dei confratelli e riconobbe il professore. Si ricordava di quando ragazzino veniva accompagnato dalla madre alla santa messa. 
La stanza del vecchio frate era piccola con una finestra e un letto. In una  mensola vi stavano dei libri ed altri erano sparsi sul tavolo. Questo frate aveva sfidato i soldati di Tito,  era stato pronto a morire per difendere quella chiesa e il Cristo. Prima di andar via il frate, volle a tutti i costi, che bevessimo della grappa e poi ci abbracciò. Prima di lasciare Capodistria, mentre il mio professore pregava sulla tomba di famiglia, io sostavo davanti alla tomba dello scrittore Quarantotti Gambini, uno dei massimi  romanzieri italiani, purtroppo oggi dimenticato.     


lunedì 15 febbraio 2016

Ceresole non più Reale, una sciocchezza


Il sindaco dell'amena località montana vuole eliminare dallo stemma lo scudo sabaudo. Una querelle stucchevole, tra diritto e politica. Non si tratta di essere repubblicani o nostalgici della monarchia, ma di rispettare la storia 

di Pier Franco Quaglieni



sabato 13 febbraio 2016

Italia 1915- 1918 : l’economia e la finanza di guerra: conferenza per il Circolo Rex


14  febbraio 
 
prof. avv.  Salvatore  SFRECOLA


“Italia  1915- 1918 :  l’economia  e  la  finanza  di  guerra”


ore 10.30, in Roma 

Sala  Uno  della Casa  Salesiana,

ingresso Via Marsala 42

mercoledì 10 febbraio 2016

10 Febbraio


Casa Savoia alle origini di Fatima

La storia delle apparizioni mariane del 1917 a Fatima, in Portogallo, è nota a tutti. Molto meno noto, direi sconosciuto, il fatto che il nome di quella località sia strettamente legato alla storia della nostra reale Casa di Savoia. Ecco le poche righe trovate in Wikipedia:
<>.
Da allora la storia dei Savoia si intreccia a quella del Portogallo. Il 16 ottobre 1454, la beata Filippina de' Storgi, una monaca in punto di morte, predisse alle consorelle che la Madonna sarebbe apparsa a Fatima in Portogallo, e altri avvenimenti della Casata. Apparteneva alla stessa famiglia di Mafalda, fondatrice della chiesa di Fatima, anche Margherita di Savoia, la prima badessa del convento di Alba.

[...]



martedì 9 febbraio 2016

10 Febbraio


Lapide in memoria di Filippo Raciti

Le Guardie d’Onore di Catania alla Messa per S.Agata e per la lapide in memoria di Filippo Raciti nel Mausoleo dei Caduti delle guerre a S.Nicola.
La delegazione di Catania dell’Istituto Nazionale per le Guardie d’Onore alle reali tombe del Pantheon, diretta con attenzione e passione dall’ing.Cav.Uff. Salvatore Caruso, ha presenziato, lunedì 1 febbraio, su invito delle autorità militari, alla S.Messa delle FF.AA. e associazioni combattentistiche e d’arma, in onore di Sant’Agata, di cui in questi giorni è in corso la festa annuale.
Un gruppo di G.d’O. ha reso gli onori alla Santa giovinetta Patrona della città, mentre il labaro dell’Istituto ha sfilato in processione, dopo il Santissimo e seguito da Mons.Arcivescovo Gristina, da poco presidente della CEI di Sicilia, che ha celebrato l’ufizio.
Il 2 febbrajo una rappresentanza di G.d’O. della delegazione catanese, sempre capitanata dall’ing.Caruso, ha partecipato alla S.Messa celebrata nel tempio di San Nicolò la Rena dal cappellano della Polizia Don Interlando, in suffragio dell’Ispettore di P.S. Filippo Raciti, barbaramente assassinato il 2 febbraio 2007, medaglia d’Oro al valor civile: in questa occasione, nella monumentale sagrestìa che sin dal maggio 1930 (inaugurata da S.M. il Re Vittorio Emanuele III) è Mausoleo dei Caduti della grande guerra e nella seconda, è stata scoperta una lapide commemorativa in ricordo dell’Ispettore Raciti, a cura della delegazione etnea delle Guardie d’Onore -poichè egli ne faceva orgogliosamente parte- e dell’Associazione Polizia di Stato; alla cerimonia ha preso parte la vedova di Raciti, Marisa Grasso, il Questore di Catania, il vice Sindaco Consoli e molte altre autorità civili e militari.
[...]

domenica 7 febbraio 2016

Quelli che "il Re ha consegnato l'Italia al Fascismo"... La Monarchia e il Fascismo - Appendice 3

SEDUTA DEL 15 LUGLIO 1923

(Riforma della legge elettorale)

Votazione della prima parte dell'ordine del giorno Larussa:

«La Camera confermando la sua fiducia al Governo... ».

Hanno risposto sì:

Abisso, Acerbo, Agnesi, Albanese Giuseppe, Aldi Bar, Aldisio, Alice, Angelini, Anile, Arcangeli, Aroca, Arpinati.

Bacci, Baldassarre, Banderali, Banelli, Baracco, Baranzini,

Bartolomei, Bassino, Baviera, Belotti Bortolo, Benedetti, Beneduce Giuseppe, Benni, Berardelli, Bertini, Bertone, Bevione, Bianchi Carlo, Bianchi Vincenzo, Biavaschi, Bilucaglia, Boggiano Pico, Bonardi, Boncompagni Ludovisi, Bosco Lucarelli, Bresciani, Buzzi Broccardi, Brunelli, Brusasca, Bubbio, Buonocore, Buttafochi.

Caccianiga, Calò, Camera, Camerata, Camerini, Capanni, Capasso, Capobianco, Caporali, Cappa Innocenzo, Cappelleri, Caradonna, Carapelle, Carbonari, Carboni Vincenzo, Carnazza Carlo, Carnazza Gabriello, Carusi, Casalicchio, Casaretto, Casertano, Càsoli, Catalani, Cavazzoni, Celesia, Cerabona, Cermenati, Chiostri, Ciano, Ciappi, Cicogna, Cingolani, Ciocchi, Cirincione, Cadacci Pisanelli, Colonna di Cesarò, Colosimo, Compagna, Corazzin, Corgini, Corio, Corradini, Cotugno, Crisafulli Mondio, Cristofori, Cuomo, Curti.

D'Alessio, D'Ayala, De Bellis, De Capitani d'Arzago, De Filippis Delfico, De Gasperi, Degni, D'Elia, Dello Sbarba, De Nava, De Stefani, De Vecchi, De Vito, Di Fausto, Di Francia, Di Marzo, Di Salvo, Donegani, Drago, Ducos, Dudan. Falcioni, Fantoni, Farina, Faudella, Fazio, Fazzari, Feder

zoni, Fera, Ferrarese, Ferrari Giovanni, Ferri Leopoldo, Fino, Finocchiaro Aprile Emanuele, Finzi, Fontana, Franceschi, Frova, Fulci, Fennarola, Furgiuele.

Gai Silvio, Galla, Gasparotto, Gavazzeni, Gentile, Giavazzi,

Giolitti, Girardini Giuseppe, Gìuffrida, Giunta, Giuriati, Grandi Achille, Grassi, Gray Ezio Maria, Graziano, Greco, Gronchi, Guaccero, Guarienti, Guarino Amella, Guglielmi.

Imberti, Imperati, Improta.

Jacini.

La Loggia, Lancellotti, Lanfranconi, Lanza di Scalea, Lanza

di Trabia, La Rosa Luigi, Larussa, Lissia, Locatelli, Lo Monte, Longinotti, Lo Piano, Lucangeli, Luciani, Luiggi, Lupi.

Macchi Luigi, Manaresi, Mancini Augusto, Manenti, Mantovani, Maschio Giovanni, Marconcini, Marescalchi, Marino,

Mariotti, Marracino, Martire, Martini, Mattei Gentili, Mattoli,

Mauro Francesco, Maury, Mazzarella, Mazzini, Mazzucco, Mendaia, Merlin, Miceli Picardi, Micheli, Milani, Fulvio, Mìliani C. Battista, Montini, Morísani, Murgia, Mussolini.

Netti Aldo.

Olivetti, Ollandini, Orano, Orlando, Ostinelli, Oviglio.

PallaRtrelli, Palma, Pantano, Paolucci, Paratore, Paecale,

Pasqualino Vassallo, Pecoraro, Pelleffino, Pennisi, Persico, sante, Pestalozza, Petrifio, Peverini, Pezzallo, Philipson,

Pighetti, Piscitelli, Piva, Pivano, Poggi, Porzio, Prunotto, Pucci.

Quilico.

Raineri, Renda, Riccio, Roberti, Rocco Alfredo, Rocco

Marco, Rodinò, Romani, Rosa Italo, Rosadi, Rossi Cesare, Rossi Luigi, Rubilli, Ruschi.

Sacchi, Saitta, Salandra,- Sandroní, Sanna Randaccio, Sardi,

Sarrocchi, Scialabba, Scotti, Sensi, Serra, Spada, Speranza, Squitti, Stancanelli, Stefini, Suvich.

Tamanini, Tamborino, Terzaghi, Tinozzi, Tofani, Tommasi,

Torre Andrea, Torre Edoardo, Tortorici, Toscano, Tosti, Tovini, Tripepi, Troilo, Tumiati, Tupini.

Uberti, Ungaro.

Vairo, Valentini Ettore, Valentini Luigi Vassallo Ernesto,

Veneziale, Venino, Vicini, Villabruna Vittoria, Volpini.

Zegretti, Zucchini

Hanno risposto no:

Abbo, Agnini, Agostinone, Alessio, Amedeo, Arcani, Argentieri, Assennato.

Baldesi, Baldini, Baratono, Basso, Beghi, Belloni Ambrogio, Beltrami, Bennani, Bentini, Binotti, Bisogni, Bocconi, Bombacci, Bosi, Bovio, Buffoni, Buozzi, Bussi.

Caldara, Campanini, Canepa, Canevari, Cao Pinna, Cavina,

Cazzamalli, Chiesa, Cigna, Ciriani, Conti, Corsi, Cosattini, Costa, Croce.

D'Aragona, De Andreis, De Angelis, Del Bello, Di Napoli,

Di Vittorio, Donati Dugoni

Ellero, Ercolani

Fabbri, Filippini Flor, Florian, Frontini.

Galeno, Gallani, Gallavresi, Caribotti, Garosi, Giacometti,

Gonzales, Graziadei, Groff.

Innamorati.

Lazzari, Lollini Lombardi Nicola, Lombardo Pellegrino,

Lopardi, Lucci, Lussu.

Macrelli, Maitilasso, Mancini Pietro, Marabini, Marchioro,

Mastino Mastracchi, Matteotti, Mazzolani, Mazzoni, Merizzi, Merloni, Mingrino, Modiglìani, Momigliano, Monici, Montemartini, Morgari, Mucci, Musatti.

Noseda, Nobili.

Pagella, Panebianco, Paolino, Picelli, Piemonte, Pieracrini, Pistoia, Podgornik.

Quaglino.

Rabezzana, Ramella, Remondino, Reuth Nicolussi, Riboldi, Romita, Rondani, Rossi Francesco.

Salvalai, Sandulli, Sardelli, Sbaraglini, Scagliotti, Scek, Smorti, Stanger.

Tassinari, TinzI, Todeschini, Toggenburg, Tonello, Treves, Trozzi, Tuntar, Turati.

Vella, Ventavoli, Viotto, Volpi.

Walther, Wilfan.

Zanardi, Zaniboni, Zanzi, Zirardini Gaetano.

Si astengono:

Amendola, Bianchi Umberto, Cutrufelli, Di Giovanni Edoardo, Finocchiaro Aprile Andrea, Reale, Visco.

Sono in congedo:

De Caro, Di Pietra, Rossini, Tiraboschi.

Sono ammalati:

Cascino, Mauro Clemente, Padulli, Piatti, Pogatsching, Sorge, Visocchi.

Assenti per ufficio pubblico:

Ferrari Adolfo.

Risultato della votazione della prima parte dell’ordine del giorno Larussa sulla Riforma della legge elettorale:

Presenti: 450; votanti: 443; maggioranza: 222; hanno votato sì: 303; hanno votato no: 140; astenuti: 7.


La Camera approva la prima parte dell’o.d.g. Larussa.