Il simbolo, pressoché sconosciuto del PDI, ricostruito al computer |
DAL
FASCISMO ALLA DEMOCRAZIA
Dobbiamo
dunque domandarci. perchè l’Italia oggi combatte e soffre? Questa crisi, la più
tremenda della nostra storia moderna, dalla quale non possiamo uscire se non a
patto di altri dolori e di a1tre prove durissime, è la crisi del fascismo.
La
crisi del fascismo
Questa
verità deve però essere approfondita. Il fascismo non è stato solo una
dittatura personale; né la sua crisi è stata solo una questione di uomini, come
molti dicevano e come ancora qualche ingenuo va sospirando. Il fascismo è stato
un preciso metodo politico che con la qualifica di totalitario adottava il più
sfacciato disprezzo degli uomini e delle leggi, spinto all'assurdo, fino al
disprezzo dei propri uomini e delle proprie leggi. E' stato anche un sistema
politico, con temi caratteristici propri, come l'autoritarismo, il centralismo
e il nazionalismo, gonfiati ed esasperati; è stato anche un sistema sociale,
con calcolate oscillazioni tra la demagogia e la reazione a tutto profitto di
nuovi ricchi, di speculatori, di parassiti. E' stato infine una mentalità,
caratterizzata dal dogmatismo politico, dal parassitismo sociale, dalla
corruzione morale, dalla violenza e dall'arbitrio, per conseguire il sogno,
poco importa se a prezzo della dignità umana, di una ossessionante potenza
politica.
Fenomeno
che ha radici e cause profonde, che coinvolge vaste e precise responsabilità e
che attraverso una pressione ventennale ha trovato in ogni
ambiente,
in ogni ceto; in ogni classe, appigli, adesioni e diffuse complicità.
Nella
trama della nostra storia il fascismo rappresenta, e in qualche modo condensa,
tutti i nostri mali, i nostri difetti, le nostre deficienze. Non giova a nulla
ed a nessuno chiudere gli occhi ed illudersi con pietosi eufemismi. Questa
crisi dolorosa, che non si può qualificare che come guerra civile, deve essere
sperimentata tutta, fino in fondo. Poiché è soltanto dal suo fondo che potremo
risalire verso la salvezza.
Si
parla di due Italie, ed è vero. Da una parte un'Italia civile, che rivendica
dignitosamente tutti i diritti ed insieme accetta tutti i doveri della convivenza
democratica. D'altra parte un'Italia intimamente diseducata, campo per la
violenza dei fanatici, per l'arbitrio dei cinici, per le imprese degli
speculatori; un'Italia che rinnega il messaggio di libertà lanciato al mondo moderno
nel suo primo Risorgimento.
Tra
queste due Italie vi è ora un abisso incolmabile. Non si può che scegliere. Il
popolo italiano, nella sua immensa maggioranza, ha già scelto. Esso ha respinto
l'Italia retorica e violenta del fascismo. Lo ha dimostrato il grido di
sollievo e di esultanza del 25 luglio. Lo testimonia il grido di esecrazione
che si leva contro, le ultime incarnazioni del fascismo.
Sennonché
uno degli aspetti della crisi, più grave e pericoloso, è una certa indifferenza,
facile a comprendersi dopo venti anni di oppressione, per la politica attiva da
parte della maggioranza della popolazione. E' nostro compito lottare contro
questa diffidenza e far rinascere nel popolo la fiducia nella, politica
democratica.
Le
forze antifasciste
Tuttavia
non può esservi dubbio che il sentimento dominante nel popolo italiano sia decisamente
e sinceramente antifascista. E' un sentimento preciso a cui partecipano le
attive minoranze dell'antifascismo militante, ma anche moltissimi tra i coloro
che in quel
regime
pur avevano vissuto, legati ad esso da uno di quei fili infiniti che la tecnica
totalitaria aveva steso su tutto il Paese.
Per
moltissimi italiani il 25 luglio ha rappresentato lo strappo decisivo con il
fascismo; strappo già avvenuto o presentito, ma che attendeva l'occasione per
manifestarsi, Per moltissimi altri fu l'urto dell'8 settembre: la crisi della
guerra, cioè la cambiale fascista venuta a pagamento, il disfacimento dello
Stato, la brutale occupazione tedesca con l'orrenda complicità fascista.
E
furono molti che in tale occasione assunsero una posizione anche attiva, spinti
da un senso elementare di dignità civile,
La
nostra lotta
La
serie dei diaframmi posta dal totalitarismo fascista aveva frammentata la
resistenza in iniziative individuali, che con difficoltà si incontravano, si
stringevano, si coordinavano. E il nostro Partito ha avuto origine da vari di
quei movimenti e centri di resistenza sorti a cavallo della crisi, tra il '41 e
il settembre del '43. Movimenti che nella lotta attiva contro la dominazione
nazi-fascista hanno collaborato strettamente e si seno riconosciuti
particolarmente vicini.
Alla
lotta clandestina noi abbiamo partecipato e partecipiamo con il peso di tutte
le nostre forze, nella nostra fede ed il nostro entusiasmo. Ne fanno
testimonianza i nostri giornali clandestini, le nostre bande, e, soprattutto, i
nostri amici imprigionati e torturati, i nostri compagni caduti o massacrati
alle Fosse Ardeatine ed altrove. Ricordiamo ciò con emozione ma anche con
sufficiente distacco, con assoluta semplicità, con la certezza di aver fatto il
nostro specifico dovere e con il rimpianto di non aver fatto anche di più. Lungi
da noi l'intenzione di adoperare questa pagina della nostra, vita come polemica
per rivendicare titoli o meriti. Lasciamo alla gente di pessimo, gusto
l'esercizio di questi tremendi conteggi di dolori e di sacrifici.
Un
partito nuovo
Dunque,
chi siamo noi? Che cosa rappresentiamo? Che cosa vogliamo? I partiti sono già
molti, ed è in tutti la coscienza del pericolo rappresentato dalla loro
moltiplicazione e dal loro frantumamento. Certo, se si guarda alle generali
impostazioni dottrinali, le soluzioni e le posizioni possibili si riducono a
tre quattro al massimo. Lo storico non ne scopre, forse, in fondo, più di due.
Ma un partito politico non è determinato da interessi scientifici.
Ora,
uno dei primi motivi che ci ha reso estranei ai tradizionali partiti italiani è
stata appunto l'eccessiva preoccupazione ideologica: come. se per essi si trattasse
di piegare la realtà all'ideologia o di ficcare a forza la realtà dentro la
formula e non viceversa.
Noi
riteniamo invece che un partito politico debba, si, essere animato da un'idea
generale e sorretto da un orientamento saldo e preciso, ma esso non deve rendersi
schiavo di formule e dogmi; un partito politico deve essere libero di fronte ai
problemi nuovi, ai termini nuovi della realtà. E ciò è tanto più vero oggi per
noi di fronte alla presente situazione italiana.
Questa
nostra crisi, crisi della coscienza morale e politica e della struttura moderna
del nostro Paese, ci appare profondissima, totale, radicale. Per cui non si
tratta di restaurazione né di ricostruzione. Si tratta piuttosto per noi di
costruire. Tutte le forze che edificheranno domani il nuovo Stato, dovranno
essere
intimamente
nuove o profondamente rinnovate dal di dentro. La situazione presente impone
anche, una revisione ed un rinnovamento radicale negli atteggiamenti e negli
schieramenti delle forze politiche. A situazioni radicalmente nuove non possono
corrispondere che partiti intimamente nuovi. Ecco perchè noi abbiamo voluto
essere un nuovo partito: perchè abbiamo voluto essere un partito nuovo. Di
fronte alla nuova situazione italiana ed ai problemi che essa pone ed impone,
abbiamo voluto sentirei liberi dalla suggestione di una tradizione e dal
vincolo di formule o di schemi troppo chiusi. Riteniamo anzi che tale libertà intellettuale
e politica sia oggi soprattutto un dovere morale.
Critica
del prefascismo
Dall'analisi
anche sommaria della nostra crisi abbiamo notato come il fascismo non possa
esistere isolato e racchiuso tra due date. Esso affonda le sue radici nella
politica, nella vita sociale, nel costume italiano.
L'Italia
prefascista è stata si la vittima del fascismo, ma è stata anche la madre. Per
questa ragione noi abbiamo sentito freddezza verso quei movimenti i quali, per
gli uomini che li rappresentano, per le mentalità che esprimono, per le formule
che adoperano, sono strettamente associati alla vita politica prefascista.
Corresponsabile politico, sia pure a titoli diversi ed in diversa misura dei
sorgere e dell'affermarsi dei fascismo, l'antifascismo prefascista ha per noi
ben poco da dire. Esso è un postfascismo assolutamente sterile.
Gli
esempi di sacrificio personale, di coraggio, di coerenza intellettuale e morale
che quella classe politica ci ha dato nel momento della sua sconfitta e dopo,
sono acquisiti alla storia morale d'Italia. Ma non sono di per sé sufficienti a
creare oggi dei titoli politici.
L'antifascismo
prefascista concepisce oggi i problemi politici in termini di restaurazione. Noi
Invece dobbiamo respingere risolutamente questo ritorno al passato perchè
proprio in esso abbiamo trovato i germi, gli stimoli e le occasioni del fascismo.
Questo
infatti nacque per l'impotenza del regime prefascista a risolvere le deficienze
organiche e strutturali che erano giunte a maturazione sul piano democratico. Né
questa, beninteso, vuole essere la critica della democrazia poiché il regime
prefascista è fallito non già perchè democratico, ma al contrario perchè poco
democratico.
E
il fascismo, che speculò sulla forma democratica di quel regime, la quale pur
costituiva la premessa per una concreta democrazia, in sostanza riprese o
sviluppò tucá gli elementi e gli aspetti antidemocratici di quel regime.
In
realtà, il Paese non respirava nella democrazia. Se questa fosse esistita, essa
avrebbe opposto al fascismo ben altra resistenza.
Perciò
oggi la democrazia in Italia è e deve essere un programma nuovo. Non si tratta
di restaurarla; si tratta di fondarla.
Noi
siamo convinti che nuovi uomini e nuovi gruppi, che l'urto violento della crisi
ha risvegliato, e animati tutti da un'ansia di libertà e di giustizia,
finiranno per conquistare al Paese una prima forma di coscienza civile e
politica.
Democrazia
e libertà
Per
queste ragioni, per esprimere e sottolineare queste esigenze fondamentali della
nuova Italia, il nostro movimento ha assunto il nome di Partito Democratico
Italiano.
Noi
riteniamo che i problemi pratici potranno risolversi, di volta in volta, caso
per caso, con la guida di un'idea generale e di una fede morale. Questa idea e
questa fede sono per noi le stesse che si esprimevano nelle semplici ed
immortali parole di Lincoln a Gettysburg, e che oggi sono state espresse ed
approfondite nelle quattro libertà di Roosevelt.
Perciò
non crediamo che l'idea e le sorti della democrazia siano necessariamente
legati a certi schemi e sistemi istituzionali e sociali.
Due
fondamentali aspetti della democrazia ci preme tuttavia precisare: la
democrazia per noi va intesa innanzi tutto come il diritto e il dovere di ciascuno
di vivere e di agire secondo l'imperativo della propria coscienza. L'idea di
democrazia poi per noi non è dissociabile in nessuno modo, per nessuna ragione,
con nessun sofisma, dall'idea della libertà.
Quindi
noi respingiamo ogni idea di sedicente democrazia di tipo cesariano o
napoleonico, autoritaria o totalitaria, come anche respingiamo lo schema democratico
o sedicente tale di ispirazione marxista.
Tale
schema infatti ripete, nolenti o volenti, la situazione dittatoriale. La così
detta dittatura del proletariato non potrebbe costituirsi che attraverso la
dittatura di un partito che presume di interpretare il proletariato. Ma questo
partito dovrebbe avere a sua
volta
una struttura ed una direzione autoritaria, ed accentrata. Per cui la dittatura
del proletariato si risolverebbe nella dittatura esercitata sul proletariato da
una ristrettissima casta di dirigenti, di funzionari politici o addirittura di
un uomo solo.
La
ragione di tali conseguenze contraddittorie sta nella mancanza, dentro la
cornice del marxismo, di una viva e concreta esigenza liberale e democratica.
Si dimentica che la società, il popolo, la massa non sono dei termini rigidi e
delle realtà in sé solidificate, ma sono costituiti da uomini, da individui,
ognuno con la sua vita, i suoi problemi, i suoi sentimenti, le sue necessità,
le sue aspirazioni, i suoi gusti. Sono questi individui che bisogna, far
liberi. Essi hanno bisogno di libertà per sentire sempre più alta la loro
dignità, la loro responsabilità umana, la loro personalità.
Noi
pensiamo che per realizzare la democrazia siano necessari istituti ed ordinamenti
capaci di rendere vitali ed autonome tutte le cellule dell'organismo sociale.
Poiché la eguaglianza è per noi eguaglianza nella libertà, nella condizione dì
esseri liberi, nella opportunità che ogni uomo ha di sviluppare pienamente la
propria personalità. Perciò noi pensiamo ad uno Stato articolato e snodato, con
istituzioni varie che si equilibrino ed aderiscano alla complessa varietà
sociale e territoriale del nostro popolo: ad uno Stato cioè nel quale l'individuo
si inserisca naturalmente, e spontaneamente e nel quale l'educazione alla
libertà individuale e alla responsabilità sociale, sia opera ed esercizio di
ogni giorno, esperienza di ogni momento. Prima di tutto autogoverno
dell'individuo, poi autogoverno locale, e sociale, quale mezzo migliore per
interpretare ed esprimere i bisogni individuali e particolari. Quindi nessun
rigido centralismo politico-sociale ed economico che oggi non potrebbe sboccare
che in una nuova forma di totalitarismo.
Oggi
si distingue e si divide il problema sociale da quello politico, subordinando
questo al primo. Ma dobbiamo ricordare come dallo spiraglio lasciato aperto da
tali distinzioni si insinua la tentazione antiliberale, antidemocratica,
totalitaria e dittatoriale. I due problemi vanno invece associati in una
soluzione contemporanea ed unica poiché la soluzione del problema politico
porta alla soluzione del problema sociale. Noi riteniamo di rimanere fedeli
alla nostra istanza democratica e di interpretare le esigenze della concreta
situazione italiana scegliendo la formula della libera autonoma determinazione
degli individui, dei gruppi e degli enti particolari e non lo statalismo ed il
centralismo politico ed economico.
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