NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

venerdì 29 ottobre 2010

Aggiornato il sito dedicato a Re Umberto II


E' stato aggiornato il sito dedicato a Sua Maestà il Re Umberto II.
Una bella intervista/programma al Re in esilio fatta da Nino Bolla.
Buona lettura!

www.reumberto.it/bolla1957.htm

giovedì 28 ottobre 2010

Il flop di Woodcock sui Savoia? Un milione in fumo


di Redazione

E ora, di fronte cifre del genere, si possono solo fare stime. Quanto detto ieri alla Camera dal sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo, in risposta all’interrogazione del deputato Pdl Manlio Contento, ha squarciato il velo che solitamente copre le spese delle procure. Ieri il Parlamento e l’Italia intera hanno potuto infatti scoprire che il pm Henry John Woodcock (nella foto) per indagare Vittorio Emanuele di Savoia e altre cinque persone (che sono andati a giudizio con accuse che andavano dalla concussione all’associazione a delinquere) ha speso oltre un milione di euro. Per la precisione 1.063.983 euro. Tanto è costata a quella giustizia che piange miseria l’inchiesta del procuratore fan delle intercettazioni. Inchiesta che se da un lato ha potuto godere dell’attenzione dei media, dall’altro non ha avuto molta fortuna davanti alla corte, che ha così ribattuto al costoso impianto accusatorio di origine woodcockiana: «Il fatto non sussiste». Ora, dicevamo, possiamo solo fare stime dei danni che le avventurose inchieste del procuratore hanno arrecato alle casse pubbliche. Perché, ha spiegato Caliendo, quello su Vittorio Emanuele era solo un troncone di una inchiesta che ne comprendeva altri quattro. Per esempio la vicenda di Fabrizio Corona, un altro best-seller mediatico di Woodcock, ha dato origine a sette procedimenti distinti. «Quindi - sottolinea Caliendo - è molto difficile determinare i costi delle varie inchieste». Si possono solo fare delle stime. Se si trova il coraggio...

lunedì 25 ottobre 2010

Mussolini e il Re: vent’anni di "cordiale" odio reciproco




Segnaliamo l'articolo del Prof. Francesco Perfetti su "Il Giornale"

Nel saggio di Paolo Colombo il primo studio sistematico sulla diarchia. Il fascismo non era monarchico. E la monarchia non era fascista. Il Duce nel lungo periodo pensava di sbarazzarsi della corte sabauda

La consegna al Governo italiano della parte della collezione delle monete del Re Vittorio Emanuele III rimasta in possesso di Re Umberto II

Il Marchese Fausto Solaro del Borgo ha reso pubbliche le modalità con le quali avvenne nel 1983, suo tramite, la consegna al Governo italiano della parte della collezione delle monete del Re Vittorio Emanuele III rimasta in possesso di Re Umberto II.

(Pubblicato grazie alla cortesia dell'Amb. Camillo Zuccoli)



FEBBRAIO 1983:
In occasione di uno dei miei incontri con S.M. il Re Umberto II a Ginevra, nel febbraio del 1982, il Re mi accennò al problema delle monete della collezione donata da Suo Padre, il Re Vittorio Emanuele III, al Popolo Italiano (con lettera al Presidente del Consiglio, On. Alcide De Gasperi, scritta a Napoli il 9 maggio 1946), rimaste in Suo possesso dopo la morte del Genitore. Si trattava di due cassette contenenti i pezzi più preziosi, in quanto più antichi, che il vecchio Re, partendo per l’esilio in Egitto, portò con se (rilasciandone regolare ricevuta alla Presidenza del Consiglio) al fine di riordinarne la catalogazione. Queste monete si trovavano ad Alessandria d’Egitto al momento della morte del Re Vittorio Emanuele III, avvenuta il 28 dicembre 1947, quattro giorni prima della entrata in vigore della nuova Costituzione che prevedeva l’avocazione dei beni dell’ex Sovrano. Esse rappresentavano l’unico bene patrimoniale importante su cui la Famiglia Reale, che rischiava di restare senza mezzi di sostentamento, potesse contare sicché fu deciso di non procedere alla restituzione.
Il Re Umberto mi precisò che intendeva affidare a me l’incarico di concordare con il Governo Italiano la restituzione delle due cassette conservate nel caveau del Credit Suisse di Losanna, che doveva essere effettuata in via riservata senza coinvolgere alcuno dei Suoi Consiglieri e Familiari, tutti ancora contrari a restituire un bene di così rilevante importanza patrimoniale al Paese che aveva espropriato l’intero patrimonio del Sovrano.
All’inizio dell’estate 1982, in occasione della mia visita a Cascais del 27 luglio, fu deciso che avrei avviato in autunno i contatti con il Governo Italiano per individuare le procedure per la restituzione. L’aggravamento della malattia del Re ai primi di agosto e il Suo ricovero a Londra provocò, come tutti ricorderanno, un’ondata di simpatia per il Malato in esilio, sicché da molte parti si invocava un provvedimento del Parlamento che consentisse ad Umberto II di morire in Italia. In relazione a ciò, con la signorilità, la sensibilità e la bontà che hanno sempre caratterizzato le Sue azioni, il Re mi invitò ad astenermi dall’avanzare proposte di restituzione delle monete, perché non voleva che un tale Suo spontaneo gesto venisse interpretato come una forma di “do ut des”.
Nei mesi dell’autunno 1982 non parlammo della questione nei nostri incontri alla clinica londinese, se non saltuariamente, sempre sentendomi confermare la preoccupazione per una possibile interpretazione che il gesto fosse legato all’ipotetico rientro in Italia. Da parte mia continuavo a notare un peggioramento delle condizioni di salute del Re con il rischio conseguente che, con la Sua scomparsa, le monete per le quali non avevo disposizioni scritte non venissero, dagli Eredi, più restituite all’Italia. Il 23 gennaio 1983, in occasione di una delle mie visite alla London Clinic, presi il coraggio a due mani e feci capire al Re che, date le circostanze ed i rischi connessi ad ulteriori rinvii, occorreva procedere e quindi aprire il negoziato con il Governo.
L’amor di Patria e la grande delicatezza del Re Umberto II si manifestarono ancora una volta quando volle suggerirmi di contattare, per un consiglio sulla procedura da seguire, il Sen. Giovanni Spadolini, all’epoca Ministro della Difesa del Governo Fanfani, dicendomi “Ė il presidente del partito repubblicano, ma sono certo che, da uomo di cultura, metterà da parte in questa occasione le sue idee politiche”. Mi diede anche la precisa disposizione che unica condizione da porre era che nessuna notizia in merito alla riconsegna fosse data prima della Sua morte. Tornato a Roma, tramite un’amica che lo conosceva molto bene, chiesi un incontro con il Ministro della Difesa. Il Sen. Spadolini, per incontrarmi, mi fece chiedere di che cosa intendevo parlargli e, saputolo, mi fece dire che “non vedeva la ragione perché ci si rivolgesse a lui per una questione che riguardava Casa Savoia”. Chiusa questa porta, non avendo rapporti con il mondo politico, mi rivolsi all’amico Marcello Sacchetti che mi propose di incontrare l’On. Nicola Signorello, Ministro del Turismo e Spettacolo. Eravamo intanto arrivati al 18 febbraio e l’On. Signorello, che mi ricevette subito, udito quello di cui si trattava mi disse che ne avrebbe parlato in via confidenziale con il Presidente del Consiglio Sen. Fanfani che doveva incontrare, di lì a poco, in Consiglio dei Ministri. Questo avveniva intorno alle ore 16 del venerdì 18 febbraio.
Descrivo sinteticamente la cronologia degli avvenimenti che portarono al rientro in Italia delle monete mancanti alla collezione donata al Popolo Italiano dal Re Vittorio Emanuele III.

Sabato 19 febbraio.

- Ore 9,00: mi chiama al telefono il Professor Damiano Nocilla, Capo dell’Ufficio Legislativo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, pregandomi di recarmi a Palazzo Chigi.
- Ore 10,30: incontro il Prof. Nocilla, il quale mi comunica di aver avuto incarico dal Presidente Fanfani di chiedermi chiarimenti su quanto a lui comunicato, il pomeriggio precedente, dal Ministro Signorello. Dopo avermi ascoltato mi chiese - essendo completamente all’oscuro su quanto concerneva la donazione del Re Vittorio Emanuele III che risaliva al 1946 - qualche ora di tempo per aggiornarsi sulla pratica.
- Ore 15,00: seconda convocazione a Palazzo Chigi da parte del Prof. Nocilla, il quale nel frattempo aveva trovato gli incartamenti originali della donazione, compresa la ricevuta con la quale il Re Vittorio Emanuele dichiarava di portare con se le due cassette per l’aggiornamento della catalogazione, sicché potemmo finalmente affrontare nei dettagli l’esame della procedura da seguire per la riconsegna. Durante il colloquio mi chiese di allontanarsi per andare a riferire al Presidente Fanfani che, indisposto, era a letto nell’ appartamento di Palazzo Chigi riservato al Presidente del Consiglio.
- dopo circa mezz’ora il Prof. Nocilla mi informa che il Presidente Fanfani, pur febbricitante, era sceso nel suo studio e desiderava parlare con me.
- Ore 16: il Presidente, che da anni era in rapporti molto amichevoli con mio Padre Alfredo, mi accoglie nel suo ufficio con grande cordialità, esprimendo tutta la sua ammirazione per il gesto che il Re morente intendeva fare nei confronti del Popolo Italiano e, dopo essersi fatto esporre in dettaglio la situazione, con la mia richiesta di riservatezza sul mantenimento della quale mi diede la sua personale assicurazione, mi comunicò che intendeva assentarsi e mi pregava di attendere il suo rientro.
- Intorno alle 17 il Presidente Fanfani rientra a Palazzo Chigi e mi informa che il Presidente della Repubblica Pertini, dal quale si era nel frattempo recato, anche lui riconoscente per il gesto di Umberto II, aveva disposto che la riconsegna delle monete avvenisse nel più breve tempo possibile, mettendo a mia disposizione l’aereo presidenziale per il loro trasporto a Roma.
- Da questo momento in poi, seduto davanti alla sua scrivania, ho l’occasione di sperimentare l’efficienza dell’uomo Fanfani:
 Siamo ormai nel tardo pomeriggio, ed il Presidente del Consiglio chiama alla Farnesina l’Ambasciatore Malfatti, Segretario Generale del Ministero Affari Esteri, il quale arriva nel giro di un quarto d’ora.
 Nel frattempo concorda con il Prof. Nocilla le modalità legali per la consegna da farsi, a Losanna, attraverso l’Ambasciatore d’Italia a Berna.
 Chiede che l’Ambasciatore a Berna, Rinieri Paulucci di Calboli Barone, venga convocato a Roma e, a seguito dell’osservazione dell’Amb. Malfatti che si poteva parlargli per telefono, saputo che io lo conoscevo bene, lo chiama direttamente e, senza fornirgli spiegazioni, gli da disposizioni di recarsi a Losanna con il suo Cancelliere il martedì successivo per incontrarsi con me e fare quanto gli avrei indicato.
 Concorda con i presenti, per salvaguardare le disposizioni di massima segretezza dell’intera operazione, fino alla morte di Umberto II, di rivolgersi ai Carabinieri: il Presidente Fanfani chiama al telefono il Comandante Generale dell’Arma e gli chiede di organizzare il deposito a Roma.
- Intorno alle 19,30 mi congedo dal Presidente Fanfani assicurandogli che avrei fatto il possibile per concludere l’operazione entro il martedì successivo e ricordo bene che lo stesso, avendo appreso da me delle gravissime condizioni in cui versava il Re Umberto, mi disse “Caro Solaro, faccia in modo che il tutto avvenga prima della morte di Umberto II e si ricordi che, se questo non dovesse avvenire, sarà solo colpa sua”.
- Dopo aver definito meglio con il Prof. Nocilla gli aspetti legali da osservare, e predisposta una bozza di verbale di riconsegna, lascio Palazzo Chigi intorno alle 22. Viene deciso che, per garantire la massima regolarità, non avendo io alcun mandato scritto del Re, la parte formale sarebbe stata svolta da mio Padre nella sua qualità di Procuratore Generale di Umberto II, ed anche perché, non volendo coinvolgere l’Amministratore del Sovrano, era l’unico ad avere accesso al caveau del Credit Suisse dove si trovavano le cassette.

Domenica 20 febbraio.

Il Presidente Fanfani mi fa pervenire una lettera indirizzata a mio Padre, quale Procuratore Generale del Re, confermando l’accettazione delle monete ed esprimendo la riconoscenza del Governo e del Paese per il gesto del Sovrano morente.

Martedì 22.

Alle nove mi incontro all’Hotel Palace di Losanna con l’Ambasciatore d’Italia a Berna, Rinieri Paulucci de Calboli Barone, che trovo abbastanza seccato per il modo in cui era stato trattato dal Presidente del Consiglio e, senza mezzi termini, mi dichiara che mai durante la sua carriera gli era stato chiesto di mettersi a disposizione di un “laico”, portando con se il Cancelliere Capo dell’Ambasciata, il sigillo e la ceralacca. Gli spiego tutto quanto era stato concordato a Roma ed i motivi, purtroppo molto tristi, che avevano richiesto l’adozione di una procedura di particolare urgenza con tempi brevissimi a disposizione.
Con lui e con il Cancelliere mi reco al Credit Suisse, dove incontriamo mio Padre e l’Avvocato dello Stato addetto alla Presidenza del Consiglio, Raffaele Tamiozzo, accompagnato dal Colonnello dei Carabinieri Giovanni Danese, arrivati da Roma con l’aereo presidenziale. La consegna non richiede molto tempo in quanto io avevo preteso ed ottenuto a Roma che le cassette venissero aperte solo dopo la morte del Re, in mia presenza.
Terminata l’apposizione dei sigilli ai due contenitori e la sottoscrizione del verbale da parte di mio Padre per la consegna, dell’Ambasciatore d’Italia per il ritiro, e dei due funzionari presenti, le cassette sono caricate sulla macchina dell’Ambasciata, vengono trasportate all’aeroporto di Ginevra e imbarcate sul DC9 presidenziale. All’arrivo a Ciampino le cassette vengono prese in consegna dal Colonnello Comandante della Legione Carabinieri di Roma e portate nella Caserma del Reparto Operativo di Via Garibaldi, dove concludono il loro periglioso peregrinare durato 37 anni da Roma ad Alessandria d’Egitto, a Cascais, a Ginevra e, finalmente, di nuovo a Roma.
Il 25 febbraio, vedendo avvicinarsi la fine, i Figli organizzarono il trasporto del Genitore in Svizzera all’Hôpital Cantonal di Ginevra, e il 13 marzo i medici mi permisero di entrare nella Sua stanza per comunicargli l’avvenuta riconsegna delle monete; ricordo le poche parole che riuscii ad udire “Grazie… è la più bella notizia che potevi darmi” che mi confermarono, ancora una volta, che gli unici pensieri di quell’Uomo in fin di vita erano per il Suo Paese.
Il Re Umberto II muore a Ginevra il 18 marzo 1983. La Sua ultima parola percepita è stata “Italia”.
Il 21 dello stesso mese il Governo Italiano emette un comunicato ufficiale con il quale, dando notizia dell’avvenuta consegna delle due cassette di monete, ricorda la generosità del gesto compiuto dal Re prima della Sua morte.
Il giorno 28 vengo convocato per l’apertura delle due cassette, che avviene alla presenza del Colonnello Ivo Sassi, Comandante della Legione Carabinieri di Roma, del Professor Damiano Nocilla, Capo dell’Ufficio Legislativo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, della Dottoressa Silvana Balbi de Caro, Direttrice del Museo Nazionale Romano, Museo delle Terme, e di altri Funzionari del Ministero degli Esteri e dell’Avvocatura dello Stato.
La storia non finisce ancora in quanto, una volta aperte le due cassette dalla Direttrice del Museo, Dottoressa Balbi de Caro, comincia l’esame delle monete seguendo il vecchio catalogo del Re Vittorio Emanuele III (Corpus Nummorum Italicorum) e, dove dovevano esservi delle monete d’oro, si trovavano solo delle bustine vuote. Dopo circa mezz’ora in cui, proseguendo nella ricerca, si continuavano a trovare bustine vuote, nell’imbarazzo generale, si decide di sospendere il trasferimento delle cassette dalla Caserma dei Carabinieri al Museo delle Terme, per riferire al Presidente del Consiglio. Io non potevo nemmeno considerare l’ipotesi che il Re Umberto avesse trattenuto le monete d’oro senza farmene cenno; comunque, dovevo arrendermi all’evidenza. Alcuni giorni dopo mi chiama personalmente al telefono il Presidente Fanfani, che aveva saputo del mio dramma da Nocilla, e mi informa che tutte le monete erano state trovate in una parte della cassetta dove, evidentemente, il Re Vittorio Emanuele le aveva raggruppate per la nuova catalogazione.
Finalmente, con la sottoscrizione di un ultimo verbale e con il trasferimento delle monete al Museo delle Terme, dove era conservato il resto della collezione donata dal Re Vittorio Emanuele III, finisce il mio coinvolgimento in una operazione fortemente voluta dal Re Umberto che mai aveva pensato di appropriarsi di quanto donato da Suo Padre al popolo italiano.
Una decina di giorni dopo ricevetti una telefonata da Palazzo Chigi: il Presidente del Consiglio Fanfani mi comunicava che, a seguito di una valutazione del complesso dei beni da me riportati in Italia per conto di un Signore a cui la Repubblica aveva confiscato tutto il patrimonio, era stato appurato che il loro valore superava i venti miliardi di lire. Alla mia domanda se si conosceva il valore dell’intera collezione, il Presidente Fanfani mi disse che lo stesso superava i cento miliardi (anno 1983).

mercoledì 20 ottobre 2010

Su www.reumberto.it il programma del circolo Rex



E' stato pubblicato sul sito dedicato a Re Umberto II il programma del ciclo di conferenze che si terrà nella Capitale a cura del benemerito circolo Rex.
Le conferenze verteranno sull'Unità d'Italia di cui ricorre il 150° aniversario.

www.reumberto.it/rex.htm

Commemorazione dell'incontro di Teano

MARTEDì 26 OTTOBRE 2010 - VAIRANO SCALO (CE)- Commemorazione del centocinquantesimo anniversario dello storico incontro fra il Re Vittorio Emanuele II e il generale Giuseppe Garibaldi.Le celebrazioni avranno luogo alle ore 10,00a Vairano Scalo (CE) presso il monumento sito in piazza Unità d'Italia e presso il cippo in via Abruzzi e termineranno presumibilmente alle ore 13,00.

sabato 16 ottobre 2010

UNA GRANDE NOTIZIA!

DAL SITO DELLE GUARDIE D'ONORE ALLE REALI TOMBE DEL PANTHEON
COMUNICATO STAMPA: IL MINISTRO LA RUSSA FA PROPRIA LA PROPOSTA DEL PRINCIPE VITTORIO EMANUELE DI RIPORTARE NEL PANTHEON LE SPOGLIE DEI RE D'ITALIA CHE RIPOSANO IN TERRA STRANIERA

Il Ministro della Difesa Ignazio La Russa, durante un convegno sull'unità d'Italia organizzato a Milano dal Consultore dell'Istituto G.d'O. Stefano di Martino, ha fatto propria la richiesta del Principe Vittorio Emanuele di Savoia per far rientrare le salme dei due Re e delle due Regine d'Italia che ancora riposano in terra straniera.
La Russa ha dichiarato: "Si tratta di un gesto di pietà, ma anche un gesto che rinsalda la comune appartenenza alla nostra storia italiana". Discuterà e sosterrà questa proposta durante il prossimo Consiglio dei Ministri.
Nel 1878 il Consiglio Comunale di Roma stabilì, all'unanimità, che la salma del Padre della Patria sarebbe stata collocata nel Pantheon, la seguirono quella del Re Umberto I e della Regina Margherita. La sepoltura nel Pantheon di Re Vittorio Emanuele III, di Re Umberto II, della Regina Elena e della Regina Maria José sarebbe un importante gesto di riconciliazione con la storia comune a cui tutti gli italiani appartengono, non una mera esaltazione del passato. Pertanto l'Istituto Nazionale per la Guardia d'Onore alle Reali Tombe del Pantheon auspica che il Ministro della Difesa riesca a sensibilizzare il Governo, ponendo fine a questo ingiusto esilio dei morti che dura da troppi anni.

Roma, 16 ottobre 2010

contatti stampa:
Capitano di Vascello (ris.) dott. Ugo d'Atri
cell. 333.6252360

martedì 5 ottobre 2010

Articolo sul Corriere di Aldo Alessandro Mola

VITTORIO EMANUELE II E IL «BRUT FARDÈL», IL PESO DELLA CORONA, EREDITATO A 29 ANNI


I segreti di una dinastia (poco) italiana

L’ascesa dei Savoia tra alleanze di guerra e una rete sapiente di matrimoni europei

Tornare alla propria terra. Separarsene per sempre. Sono i dilemmi e i drammi di tanti; nei secoli li vissero anche i Savoia. Nel maggio 1814 al quarantacinquenne Vittorio Emanuele I non parve vero di tornare re dalla Sardegna a Torino. Restaurato sul trono pretese di cancellare vent’anni di storia. Nel 1796 l’Armata d’Italia di Napoleone Bonaparte aveva disfatto i generali del regno di Sardegna, sacrificati dall’Impero d’Austria. Due anni dopo Carlo Emanuele IV fu costretto ad isolarsi in Sardegna. Il Piemonte venne incorporato dalla Repubblica francese e poi da Napoleone I. Devotissimo, il re pensò che fosse una penitenza necessaria.



I segreti di una dinastia (poco) italiana



lunedì 4 ottobre 2010

Nuovo video di Monarchici in Rete, Re Simeone II

Dalle parole del Re Simeone II, Re dei Bulgari, figlio di Re Boris e della Regina Giovanna, il ricordo di suo nonno, il Re Vittorio Emanuele III, di suo padre e della Regina Elena.

venerdì 1 ottobre 2010

Vittorio Emanuele II, sotto i baffi un galantuomo


Vi segnalo sul sito della Stampa il seguente articolo:


La mostra «Vittorio Emanuele II: il re Galantuomo e il suo tempo», si aprirà domani nelle due sedi di Palazzo Reale di Torino e Castello di Racconigi per chiudere il 13 marzo 2011. Ripercorre l’epopea di uno dei Padri della Patria, a torto passato in secondo piano. Orario: 9-19,30 da martedì a domenica.

Aggiornamento del sito dedicato a Re Umberto II



E' stato aggiornato il sito dedicato a Re Umberto II.
Aggiunto all'archivio un messaggio destinato al Popolo Sardo del 1974.
www.reumberto.it/saluti.htm

Buona lettura!