NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

sabato 31 agosto 2019

26 AGOSTO : UN ANNIVERSARIO IGNORATO.



Oggi si ricordano gli anniversari più vari, si celebrano le “giornate” più strane, ma di quanto avvenuto duecentotrenta anni or sono, non ho mai visto ricordi e celebrazioni, nemmeno nel paese dove accadde questo fondamentale evento il 26 agosto 1789. Ebbene in tale data, in Francia, gli Stati Generali,inaugurati dal Re Luigi XVI, il precedente 5 maggio, trasformatisi in Assemblea Nazionale, approvavano la “Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino”, pietra miliare nel cammino della umanità, e fondamento di quella civiltà occidentale, alla quale si sono ispirate le relative istituzioni e costituzioni.
Rileggiamo perciò la Dichiarazione, nei suoi principali articoli, anche perché attualmente tanti ed importanti paesi ancora non la riconoscono ed altri che la conoscevano sembrano averla dimenticata, limitando, con leggi restrittive, diversi di questi diritti :
Art. I – Gli uomini nascono e vivono liberi ed egual nei diritti. Le distinzioni sociali non possono essere fondate che sull’utilità comune.
Art. II- Il principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella Nazione. Nessun ufficio, nessun individuo può esercitare della autorità che non emani espressamente da essa.
Art. IV. –LA libertà consiste nel potere fare tutto ciò che non nuoce ad altri, così l’esercizio dei diritti naturali di ciascun individuo non ha per limiti che quelli che assicurano agli altri membri della comunità il godimento di questi stessi diritti. Questi limiti non possono che essere determinati che dalla -Legge.
Art. VI – La Legge è l’espressione della volontà generale. Tutti i cittadini hanno diritto di concorrere personalmente o per mezzo dei loro rappresentanti alla sua formazione. Essa deve essere eguale per tutti, sia che protegga, sia che punisca.
Art. XI.-La libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi dell’uomo. Ogni cittadino può dunque parlare, scrivere e pubblicare liberamente, salvo rispondere dell’abuso di questa libertà nei casi contemplati dalla Legge,
Art. XVII- La proprietà essendo un diritto inviolabile e sacro non potrà essere tolta in nessun caso, salvo quelli in cui la necessità pubblica, legalmente, constatata, lo esiga chiaramente e sempre con la condizione d’una precedente giusta indennità.
E questi principi furono approvati e promulgati dal Re e dovevano dare inizio ad una rinnovata Monarchia Costituzionale. Poi, purtroppo la storia della Francia, prese altre strade ed è inconcepibile che celebri oggi,come festa nazionale, invece del 26 agosto, il 14 luglio, quando dei sanculotti assetati di sangue massacrarono la sparuta guarnigione della Bastiglia, dove erano rinchiusi non prigionieri politici, ma qualche detenuto comune, e tagliata la testa al governatore della fortezza, dopo aver promesso l’incolumità, la issarono orgogliosi e trionfanti ( di che ?)su di una picca.

Domenico Giglio

Conte Bis, no dei Monarchici: “Consenso elettorale mutato, andiamo a votare”



Alessandro Sacchi, presidente dell'Unione Monarchica contro Mattarella: “Il Capo dello Stato ha il dovere di prenderne atto e di chiamare i cittadini alle urne"

“La democrazia parlamentare quando muta il consenso elettorale esige un ritorno alle urne”. Lo sostiene Alessandro Sacchi, presidente dell'Unione Monarchica Italiana.

Scrive sacchi in una lunga riflessione  sul ruolo di Mattarella nella gestione della crisid i governo: “Secondo le regole della democrazia parlamentare i governi si formano sulla base delle maggioranze sorrette dal consenso elettorale. Tuttavia, se quel consenso è significativamente cambiato nel corso di successive, univoche prove elettorali, il Capo dello Stato ha il dovere di prenderne atto e di chiamare i cittadini alle urne, al fine di evitare che si realizzi un crescente distacco del popolo dalle istituzioni, con rischi per la democrazia.  Avrebbe dovuto tenerne conto il Presidente Mattarella, anche a tutela della sua immagine di garante imparziale della legalità costituzionale, in ragione della sua pregressa appartenenza al Partito Democratico, al quale, con il nuovo governo affidato al Prof. Conte viene attribuito un ruolo certamente superiore a quello che gli italiani gli hanno attribuito nelle elezioni, prima e dopo il 4 marzo 2018, dal referendum sulla riforma costituzionale del 4 dicembre 2016 alle altre consultazioni che, a livello regionale e comunale, hanno disegnato una ben diversa mappa del consenso popolare.

Conclude Sacchi: “I monarchici italiani, gelosi custodi della democrazia parlamentare, nata con lo Statuto del Regno d’Italia, segnalano all’opinione pubblica una anomalia naturale ovunque il Capo dello Stato è espressione dei partiti”.

http://www.affaritaliani.it/roma/conte-bis-no-dei-monarchici-consenso-elettorale-mutato-andiamo-a-votare-622847.html?fbclid=IwAR336sMnkuELsA46_7CXQIcDjZM5B7VaAf8QCsXaXwWvs7GqCZSKl4djybM

giovedì 29 agosto 2019

La presidenza della repubblica centro gravitazionale del declino nazionale.


Riflessione di Giovanni Basini

La presidenza della 'repubblica' è l'epicentro del declino di questo paese. Avete visto le prime consultazioni, letto i giornali negli ultimi giorni e sentito Di Maio appena adesso?
Le notizie sono che non c'è l'accordo sul programma e chiedono tempo per farlo, il PD non vuole Di Maio Vicepresidente e il M5S lo pretende, e la base su Rousseau deve ancora votare sì/no.

Eppure Mattarella aveva chiesto di fornire con sollecitudine entro oggi una maggioranza di legislatura, dichiarando che in assenza di essa si sarebbe potuto sciogliere per votare il 3 novembre.

A fronte di questo è evidente che l'accordo preteso entro la data indicata come termine per preservare la possibilità di un voto senza esercizio provvisorio non è stato fornito da PD e M5S.
Il nome di Conte non offre infatti le richieste garanzie di durata di legislatura, né sul programma né sui nomi, ed il tutto è anche è dichiaratamente sottoposto a condizione di un voto online.

Ma è indubbio purtroppo che questo vecchio partigiano installato a colpi di maggioranza nel palazzo, che dovrebbe essere del Re, non manterrà mai la sua parola e non scioglierà le Camere.

Mattarella si rivelerà una vergogna nazionale come altri prima di lui, perché, pur di fronte all'evidenza che le sue richieste sono state eluse, impedirà per sua volontà le elezioni.



mercoledì 28 agosto 2019

Piccola nota





















I recenti avvenimenti politici non ci sono passati inosservati.

Non abbiamo alcuna simpatia per un eventuale governo i cui membri non siano passati al vaglio del voto popolare.
La sovranità appartiene al popolo”, recita il primo articolo della costituzione, cui subito si aggiunge la significativa precisazione “che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
Noi, semplicemente, siamo sicuri che l’inquilino del Quirinale abbia un debito di gratitudine nei confronti di chi lo ha tolto dal lussuoso dimenticatoio in cui si trovava e tenterà in ogni modo di ricambiare. Come è logico che sia.

Il popolo italiano dovrà aspettare la regolare scadenza per esercitare la sua sovranità. 
Ne abbia piacere o meno.


Buona repubblica a tutti!

Il libro azzurro sul referendum - XV cap - 1-4


Colpo di Stato

Il Consiglio dei Ministri prima della definitiva proclamazione della Corte di Cassazione afferma che l’esercizio delle funzioni di Capo dello Stato spetta « ope legis» al Presidente del Consiglio (notte del 13 giugno)
1) Dichiarazione del Consiglio dei Ministri.
2) Dichiarazioni in Consiglio dei Ministri: Nenni, Bracci, Corbino, De Gasperi. - Voto contrario di Cattani.
3) Dichiarazione di Cattani.
4) Giudizio dell’Avvocato Carlo Scialoia.
5) Fermento popolare a Napoli. Giudizio dell’avv. Carlo Scialoia.
6) Fratture: determinazione del «Comitato indipendentisti ».
7) Commento del « Times and Tide ».
8) Il trapasso non fu legale.
9) Quasi una metà del popolo italiano per il Re.

Dichiarazione del Consiglio dei Ministri (notte del 13 giugno 1946)

«Il Consiglio dei Ministri riafferma che la proclamazione dei risultati del « referendum » fatta il 10 giugno dalla Corte di Cassazione nelle forme e nei termini dell'art. 17 del D.L.L. 23 aprile 1946, n. 219 ha portato automaticamente alla instaurazione di un regime transitorio durante il quale, fino a quando l'Assemblea Costituente non abbia nominato il Capo provvisorio dello Stato, l'esercizio delle funzioni di Capo dello Stato medesimo spetti « ope legis» al Presidente del Consiglio in carica. Tale situazione costituzionale creata dalla volontà sovrana del popolo, nelle forme  previste dalla legge luogotenenziale, non può considerarsi modificata dalla comunicazione odierna di Umberto Il al Presidente del Consiglio.
Il Governo, sapendo di poter contare sul senso di disciplina di tutti gli organi dello Stato, rinnova il suo appello a tutti cittadini, perché nel momento attuale, decisivo per le sorti del Paese  all’interno e nei rapporti internazionali, lo sorreggano concordemente con la loro vigile disciplina e col loro patriottismo nel compito di assicurare la pacificazione e l’unità nazionale».

Dichiarazioni in Consiglio dei Ministri (1) Nenni, Bracci, Corbino, De Gasperi


Nenni: Tutto ora è chiaro; conforme alla legge e alla volontà del popolo. Se per avventura l’ex Re non vi si inchinasse, si porrebbe fuori legge; allora sarà più che giusto mettergli le mani addosso». Qui è il nodo: i signori del Viminale si erano radunati quella notte avendo tutto pronto per l’uso della forza. Se il Re non fosse partito l’Italia sarebbe stata gettata nel sangue per opera di un gruppetto di faziosi! Bracci: « La partita è decisa; Umberto non può più esercitare le funzioni di Capo dello Stato. Noi riconosciamo solo il Presidente e lo annunciamo stasera al popolo. Non è solo la nostra volontà, è la volontà della legge e del Paese. Nessuno può disubbidirle, né il Savoia, né noi, né lo stesso Presidente. Al Presidente spetta ora valersi dei poteri come meglio crede. Noi collaboreremo ». Corbino: «In definitiva la questione riguarda la persona di De Gasperi. Vorrei sapere se si rende conto della responsabilità che assume con questo o. del g., considerato che domani egli potrà apparire come un usurpatore ». De Gasperi: « Se il Consiglio vuole così approviamo pure l'o. del giorno fermo restando però che nessuno assumerà tali poteri ». Ognuno di noi si ritiene impegnato in tal senso ». Al termine della riunione i ministri e lo stesso Presidente si offrirono quasiia alla curiosi dei giornalisti; il più imprudente fu proprio De Gasperi che, appena richiesto se intendesse assumere le funzioni di Capo dello Stato rispose testualmente : « Che significa? Di fatto lo sono Capo dello Stato! Se assumere significa prender possesso di qualche cosa che non si ha, non ho nulla da assumere. In pratica ho il diritto di intervenire come Capo dello Stato e, se sarà necessario firmare una legge, la firmerò ». Cattani vota contro e chiede sia messa a verbale la motivazione « Perchè lo ritengo pericoloso per la pace degli italiani». 

Dichiarazione di Cattani in Consiglio dei Ministri

« Mi risulta che alcuni firmatari di ricorsi alla Cassazione sono stati arrestati. Questi metodi sono inqualificabili, ed io chiedo immediati provvedimenti in favore della libertà di pensiero e di azione».

Giudizio dell'Avv. Carlo Scialoia sul comunicato del Governo

« lo penso, che si debba decidere così: il Sovrano resta a Roma sino al ver detto. In giornata invia al Governo una protesta scritta, sì da mettere il Consiglio in stato di accusa. Se la cosa deve scoppiare, scoppierà su un estremo di legalità » (1) Da Storia segreta. pag. 205.

martedì 27 agosto 2019

giovedì 8 agosto 2019

Buone vacanze!


Cari amici, 
questa volta arriviamo alle vacanze particolarmente bisognosi di riposo. 
Aggiorneremo il blog occasionalmente.
Ci vediamo a fine mese per riprendere con rinnovato vigore.
Nel frattempo consigliamo di seguire il gruppo FB dedicato a Re Umberto II dove molti volenterosi amici offrono il loro contributo
Buone vacanze a tutti!
Lo staff !

Ferrovie in Italia pre e post 1861: una parola definitiva



Nel 1861 alla nascita del Regno d’Italia la situazione delle linee ferroviarie in esercizio era di km.2.189 comprese le regioni che sarebbero entrate a far parte del nuovo stato italiano dopo il 1861 e cioè il Veneto nel 1866 ed il Lazio nel 19870. Di queste ben 850 chilometri erano nel Regno di Sardegna, 607 nel Lombardo Veneto, 303 in Toscana, 101 nello Stato Pontificio, 99 nel Ducato di Parma, 50 in quello di Modena ed infine appena 128 nel Regno delle Due Sicilie, che pure era stato il primo a costruire una sia pur breve linea ferrata da Napoli a Portici, di circa 8 chilometri, progettata dall’ingegnere francese Armand Bayard de la Vingtrie, inaugurata il 3 ottobre 1839, le cui prime locomotive “Bayard” e “Vesuvio” erano state costruite in Inghilterra. Sempre allo stesso ingegner Bayard si dovevano i progetti per altre ferrovie per Nocera, prolungabili per Salerno ed Avellino, interamente a sue spese, a fronte di una concessione economica di 99 anni. Invece a spese del governo fu costruita la linea che collegava Napoli con l’altra Reggia di Caserta, prolungata fino a Capua e terminata nel 1844.
Abbiamo voluto sottolineare questo slancio iniziale delle ferrovie del Regno delle Due Sicilie, perché poi rimase fermo per ben 17 anni i, dal 1844 al 1861, anche se esistevano nei cassetti progetti, anche questo del Bayard di una linea transappenninica per raggiungere il porto di Manfredonia nelle Pugliem ed anche altri progetti per strade non ferrate, ma se è vero che “la strada dell’inferno è lastricata si buone intenzioni” le Due Sicilie così lastricavano la strada della propria scomparsa. Questo mentre in Piemonte, veniva effettuato il traforo dei Giovi, sulla linea Torino-Genova,la più lunga galleria dell’epoca, di 3.254 mt., inaugurata,il 18 dicembre 1853 dal Re Vittorio Emanuele II, e nel Veneto, il governo austriaco,( diamo a Cesare quel che è di Cesare), completava l’accesso a Venezia, con il ponte sulla laguna,lungo 3.603 mt, con 222 arcate e 750.000 pali di larice. Rimanevano prive di ferrovie intere regioni, come Marche, Umbria (Stato Pontificio), Abruzzi, Puglie.Basilicata, Calabria e Sicilia ( regno delle Due Sicilie ).
Iniziò così per il nuovo Regno uno sforzo veramente titanico che portò a realizzare dal 1861 al 1870 circa 4.000 km, per cui si raggiunsero i 6.429 km., di cui 1.372 nella Italia Centrale e 1.777 nella Italia Meridionale ed Isole, e delle 34 province che all’atto della unificazione erano completamente prive di ferrovie, soltanto nove erano ancora scollegate. Nel 1880 i chilometri erano 9.290, nel 1890 raggiungevano i 13.629 per toccare, nel 1911, cinquantenario del Regno d’Italia, i 18.394.
I collegamenti principali erano stati tutti assicurati fin dal primo decennio, con un occhio particolare per il Meridione che ne era privo, superando, anche qui difficoltà geologiche. Giustino Fortunato parlava per la sua regione di “sfasciume geologico), di acque non regolamentate per cui i lavori procedettero con qualche difficoltà, ma al tempo stesso scriveva : “Le strade ferrate, correggendo il vizio di conformazione e seguendo le stesse tracce delle grandi vie lastricate, il cui genio di Roma ne volle solcata l’Italia, hanno compiuto il miracolo. Gli ingegneri, i costruttori, gli operai valsero per l’unificazione della patria non meno dei martiri, degli statisti e dei soldati”.
Punto fermo alle stantie polemiche antirisorgimentali, perché le cifre parlano da sole.
Domenico Giglio