Nel 1861 alla nascita del Regno
d’Italia la situazione delle linee ferroviarie in esercizio era di km.2.189 comprese
le regioni che sarebbero entrate a far parte del nuovo stato italiano dopo il
1861 e cioè il Veneto nel 1866 ed il Lazio nel 19870. Di queste ben 850 chilometri
erano nel Regno di Sardegna, 607 nel Lombardo Veneto, 303 in Toscana, 101 nello
Stato Pontificio, 99 nel Ducato di Parma, 50 in quello di Modena ed infine appena
128 nel Regno delle Due Sicilie, che pure era stato il primo a costruire una sia
pur breve linea ferrata da Napoli a Portici, di circa 8 chilometri, progettata dall’ingegnere
francese Armand Bayard de la Vingtrie, inaugurata il 3 ottobre 1839, le cui
prime locomotive “Bayard” e “Vesuvio” erano state costruite in Inghilterra. Sempre
allo stesso ingegner Bayard si dovevano i progetti per altre ferrovie per Nocera,
prolungabili per Salerno ed Avellino, interamente a sue spese, a fronte di una concessione
economica di 99 anni. Invece a spese del governo fu costruita la linea che
collegava Napoli con l’altra Reggia di Caserta, prolungata fino a Capua e terminata
nel 1844.
Abbiamo voluto sottolineare questo
slancio iniziale delle ferrovie del Regno delle Due Sicilie, perché poi rimase fermo
per ben 17 anni i, dal 1844 al 1861, anche se esistevano nei cassetti progetti,
anche questo del Bayard di una linea transappenninica per raggiungere il porto di
Manfredonia nelle Pugliem ed anche altri progetti per strade non ferrate, ma se
è vero che “la strada dell’inferno è lastricata si buone intenzioni” le Due
Sicilie così lastricavano la strada della propria scomparsa. Questo mentre in Piemonte,
veniva effettuato il traforo dei Giovi, sulla linea Torino-Genova,la più lunga galleria
dell’epoca, di 3.254 mt., inaugurata,il 18 dicembre 1853 dal Re Vittorio
Emanuele II, e nel Veneto, il governo austriaco,( diamo a Cesare quel che è di
Cesare), completava l’accesso a Venezia, con il ponte sulla laguna,lungo 3.603
mt, con 222 arcate e 750.000 pali di larice. Rimanevano prive di ferrovie intere
regioni, come Marche, Umbria (Stato Pontificio), Abruzzi, Puglie.Basilicata,
Calabria e Sicilia ( regno delle Due Sicilie ).
Iniziò così per il nuovo Regno
uno sforzo veramente titanico che portò a realizzare dal 1861 al 1870 circa 4.000
km, per cui si raggiunsero i 6.429 km., di cui 1.372 nella Italia Centrale e 1.777
nella Italia Meridionale ed Isole, e delle 34 province che all’atto della unificazione
erano completamente prive di ferrovie, soltanto nove erano ancora scollegate.
Nel 1880 i chilometri erano 9.290, nel 1890 raggiungevano i 13.629 per toccare,
nel 1911, cinquantenario del Regno d’Italia, i 18.394.
I collegamenti principali erano
stati tutti assicurati fin dal primo decennio, con un occhio particolare per il
Meridione che ne era privo, superando, anche qui difficoltà geologiche. Giustino
Fortunato parlava per la sua regione di “sfasciume geologico), di acque non regolamentate
per cui i lavori procedettero con qualche difficoltà, ma al tempo stesso scriveva
: “Le strade ferrate, correggendo il vizio di conformazione e seguendo le
stesse tracce delle grandi vie lastricate, il cui genio di Roma ne volle solcata
l’Italia, hanno compiuto il miracolo. Gli ingegneri, i costruttori, gli operai valsero
per l’unificazione della patria non meno dei martiri, degli statisti e dei
soldati”.
Punto fermo alle stantie polemiche
antirisorgimentali, perché le cifre parlano da sole.
Domenico Giglio
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