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TEODORICO E LA ROMANIZZAZIONE DEI BARBARI.
Il
regno di Odoacre non doveva però essere lungo e ben presto venne messo in
pericolo dall'invasione dei goti. Il loro re, Teodorico degli Amali, figlio di
Teodemiro capo degli ostrogoti; aveva vissuto lungo tempo alla corte imperiale
di Costantinopoli quale ostaggio, dopo che l'imperatore Zenone in cambio della,
pace aveva concesso la Mesia come pacifica sede di quei barbari nomadi, e a
quella corte aveva imparato a conoscere l'animo e gli usi bizantini, nei loro
segreti
enelle
loro debolezze.
Nell'autunno
del 488, Teodorico a capo di un grande esercito mosse verso l'Italia, ove
giunse nel luglio dell'anno seguente; subito la lotta fra Teodorico e Odoacre,
volse a favore del primo, che aiutato infine dai visigoti di Alarico II riuscì
a battere Odoacre sull'Adda obbligandolo a rifugiarsi nelle mura di Ravenna,
ove resistette per tre anni. Nel febbraio del 493, Odoacre si arrese, chiedendo
almeno di aver salva la vita, ma Teodorico lo uccise, forse a tradimento come
vuole lo storico Procopio.
Il
regno di Teodorico, che si distinse nettamente da quello di ogni altro capo
germanico, ebbe aspetto giuridico simile a quello di Odoacre. Anche egli si
considerò re soltanto nei riguardi dei suoi barbari e delegato dell'imperatore
bizantino per il governo d'Italia, «Il mio regno — egli scrisse umilmente
all'imperatore Anastasio I — è un'imitazione del vostro». E secondo queste
teorie egli si regolò non facendo
coniare monete col suo nome e legiferando
per mezzo di edicta valevoli solo per l'Italia; infatti al solo
Imperatore spettava di imprimere l’effige sulle monete ed emanare leggi
valevoli per tutto l'Impero.
Benché barbaro, Teodorico comprese la grande forza morale che si
sprigionava dal concetto della romanità e benché ariano, cioè seguace di
un'eresia orientale che aveva molti credenti fra le popolazioni di origine
gota, nei primi anni del suo regno visse pacificamente con le popolazioni
cattoliche avendo anche rapporti con il Sommo Pontefice che a Roma, con la sua
alta autorità suppliva in parte all'abbandono in cui la città eterna era
lasciata dall'Imperatore lontano; suoi ministri furono i romani Cassiodoro e
Boezio uomini imbevuti di cultura classica che in senso romano indirizzarono
tutta la sua politica. Teodorico andò anche a Roma, dove ricevuto da Papa
Simmaco pregò sulla tomba di S. Pietra, parlò al popolo e fece restaurare il
palazzo imperiale sul Palatino.
Le sue leggi, riunite nel cosiddetto Editto di Teodorico, ci forniscono
un quadro preciso della sua politica tutta volta a romanizzare l'elemento
barbarico ed a colmare i solchi esistenti fra popoli e costumi tanto diversi,
politica squisitamente conservatrice, tendente a salvaguardare la civiltà
romana, ponendola al riparo delle spade gotiche.
Questo atteggiamento saggio del re barbara, fu però compromesso dagli
ultimi anni di regno, nei quali divenne dispotico e crudele; per reazione a un
editto che l'Imperatore Giustino emanò nel 523, contro gli eretici, fra i
quali erano compresi anche gli ariani suoi correligionari, Teodorico iniziò
una politica di repressione contro l'elemento romano e cattolico. Vietò ai
romani l'uso degli anni e ingiustamente fece mettere a morte il console Albino
ed il suo magister offtciorum Manlio Anicio Torquato Severino Boezio che
ne aveva preso le difese; vittima del suo furore fu anche Quinto Aurelio
Simmaco, capo del Senato e suocero di Boezio.
Nel 525,
obbligò il papa Giovanni I a recarsi a Costantinopoli per intervenire in favore
degli ariani presso l'Imperatore, minacciando di distruggere i cattolici
in Italia. Il Papa partì accompagnato da tre vescovi e da quattro patrizi
romani e fu ricevuto solennemente a Costantinopoli; egli non potette però
chiedere all'imperatore Giustino concessioni che ripugnavano alla sua coscienza
e l'esito della sua missione non soddisfece il barbaro Teodorico che,
rientrato il Pontefice a Ravenna, lo fece gettare in una prigione ove pochi
giorni dopo, questi morì per gli strapazzi e i maltrattamenti sofferti.
Il 30 agosto del 526 morì Teodorico; la tradizione popolare ha circondato
la sua fine di leggende strane e terribili. Secondo alcuni fu rapito da un
cavallo diabolico che lo precipitò nel vulcano dello Stromboli, altri narrano
che fosse colpito da violenta febbre, sembrandogli che la testa di un pesce
smisurato, servito alla sua tavola, si tramutasse in quella del Senatore
Simmaco che egli aveva fatto crudelmente uccidere.
Queste
leggende, che ci danno una misura dell'orrore suscitato dagli ultimi atti di
questo Re, che pure aveva avuto dei meriti, leando il suo nome ad opere
migliori, si propagarono nel medio evo e furono riportate da molti autori,
anche illustri, ma tutti riconobbero che senza le atrocità che ne macchiarono
gli ultimi anni, Teodorico avrebbe potuto conquistare la fama di grande sovrano
e di insigne legislatore e politico.
Il suo successore Atalarico, che regnò otto anni, sotto la reggenza
della madre Amalasunta, figlia di Teodorico, morì nel 534 consunto dai vizi e
la superstite Amalasunta, nel tentativo di salvare la monarchia dal crollo,
sposò il suo ambizioso cugino Teodato che così divenne re. Dopo qualche tempo,
Amalasunta venne allontanata dalla corte e relegata in un'isoletta del lago di
Bolsena, ove fu misteriosamente strangolata, vittima forse di alcuni principi
goti e del suo stesso sposo.
In oriente, era intanto salito al trono Giustiniano, nipote dell'imperatore
Giustino, che nell'intento di riconquistare l'Italia, mosse guerra a Teodato
per vendicare la morte di Amalasunta. La guerra fu lunghissima e sanguinosa e
fu condotta dai generali bizantini Belisario e Narsete; attraverso varie
vicende, Belisario riuscì ad entrare in Roma nel 536 e, in seguito, a far
prigionieri in Ravenna Vitige, che era succeduto a Teodato, con la moglie
Matasunta, ma nel 546 il re goto Totila conquistava Roma dopo un lungo assedio.
Dopo un anno Belisario ritolse Roma ai goti e tornato a Costantinopoli fu
sostituito da Narsete, che al suo arrivo trovò i Goti nuovamente padroni della
città eterna; con diverse battaglie i barbari furono piegati dal generale
bizantino; nella battaglia di Tagina trovò la morte Totila (luglio 552), ed in
quella del monte Lattaro, il suo successore Teia. (marzo 553). Narsete entrato
in Roma, vi edificava la Basilica dei Santi Apostoli, a perpetuo ricordo della
cacciata dei Goti dall'Italia.