NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

domenica 26 novembre 2023

In memoria di un eroe: il Generale Umberto Rocca



La Consulta dei Senatori del Regno partecipa al cordoglio per la morte del proprio insigne collega, il Generale di Divisione Umberto Rocca (Rodi, 1° giugno 1941 - Roma, 22 novembre 2023), insignito di Medaglia d'Oro al Valor Militare per l'eroica condotta nello scontro a fuoco con le Brigate Rosse (5 giugno 1975) per la liberazione dell'industriale Vittorio Vallarino Gancia, rapito dai brigatisti e sequestrato nella cascina Spiotta (Comune di Metano, presso Acqui Terme). Ne ha scritto da par suo il Generale di Corpo d'Annata e senatore Oreste Bovio in «Carabinieri in Piemonte 1814-2000».

Direttore del Museo storico dell'Arma dei Carabinieri e presidente del Gruppo Medaglie d'Oro al Valor Militare d'Italia, il Generale Umberto Rocca, componente della Consulta de Senatori del Regno, è un fulgido esempio del valore italiano, di cui ha scritto il Generale di CdA Tullio Del Sette in «Etica del Carabiniere».


domenica 19 novembre 2023

Saggi storici sulla tradizione monarchica - II

 

2) TEODORICO E LA ROMANIZZAZIONE DEI BARBARI.

Il regno di Odoacre non doveva però essere lungo e ben presto venne messo in pericolo dall'invasione dei goti. Il loro re, Teodorico degli Amali, figlio di Teodemiro capo degli ostrogoti; aveva vissuto lungo tempo alla corte imperiale di Costantinopoli quale ostaggio, dopo che l'imperatore Zenone in cambio della, pace aveva concesso la Mesia come pacifica sede di quei barbari nomadi, e a quella corte aveva imparato a conoscere l'animo e gli usi bizantini, nei loro segreti

enelle loro debolezze.

Nell'autunno del 488, Teodorico a capo di un grande esercito mosse verso l'Italia, ove giunse nel luglio dell'anno seguente; subito la lotta fra Teodorico e Odoacre, volse a favore del primo, che aiutato infine dai visigoti di Alarico II riuscì a battere Odoacre sull'Adda obbligandolo a rifugiarsi nelle mura di Ravenna, ove resistette per tre anni. Nel febbraio del 493, Odoacre si arrese, chiedendo almeno di aver salva la vita, ma Teodorico lo uccise, forse a tradimento come vuole lo storico Procopio.

Il regno di Teodorico, che si distinse nettamente da quello di ogni altro capo germanico, ebbe aspetto giuridico simile a quello di Odoacre. Anche egli si considerò re soltanto nei riguardi dei suoi barbari e delegato dell'imperatore bizantino per il governo d'Italia, «Il mio regno — egli scrisse umilmente all'imperatore Anastasio I — è un'imitazione del vostro». E secondo queste teorie egli si regolò non facendo

 

coniare monete col suo nome e legiferando per mezzo di edicta vale­voli solo per l'Italia; infatti al solo Imperatore spettava di imprimere l’effige sulle monete ed emanare leggi valevoli per tutto l'Impero.

Benché barbaro, Teodorico comprese la grande forza morale che si sprigionava dal concetto della romanità e benché ariano, cioè segua­ce di un'eresia orientale che aveva molti credenti fra le popolazioni di origine gota, nei primi anni del suo regno visse pacificamente con le popolazioni cattoliche avendo anche rapporti con il Sommo Pontefice che a Roma, con la sua alta autorità suppliva in parte all'abbandono in cui la città eterna era lasciata dall'Imperatore lontano; suoi ministri furono i romani Cassiodoro e Boezio uomini imbevuti di cultura clas­sica che in senso romano indirizzarono tutta la sua politica. Teodorico andò anche a Roma, dove ricevuto da Papa Simmaco pregò sulla tomba di S. Pietra, parlò al popolo e fece restaurare il palazzo imperiale sul Palatino.

Le sue leggi, riunite nel cosiddetto Editto di Teodorico, ci fornisco­no un quadro preciso della sua politica tutta volta a romanizzare l'ele­mento barbarico ed a colmare i solchi esistenti fra popoli e costumi tanto diversi, politica squisitamente conservatrice, tendente a sal­vaguardare la civiltà romana, ponendola al riparo delle spade gotiche.

Questo atteggiamento saggio del re barbara, fu però compromes­so dagli ultimi anni di regno, nei quali divenne dispotico e crudele; per reazione a un editto che l'Imperatore Giustino emanò nel 523, con­tro gli eretici, fra i quali erano compresi anche gli ariani suoi correli­gionari, Teodorico iniziò una politica di repressione contro l'elemento romano e cattolico. Vietò ai romani l'uso degli anni e ingiustamente fece mettere a morte il console Albino ed il suo magister offtciorum Manlio Anicio Torquato Severino Boezio che ne aveva preso le difese; vittima del suo furore fu anche Quinto Aurelio Simmaco, capo del Se­nato e suocero di Boezio.

Nel 525, obbligò il papa Giovanni I a recarsi a Costantinopoli per intervenire in favore degli ariani presso l'Imperatore, minacciando di distruggere i cattolici in Italia. Il Papa partì accompagnato da tre vescovi e da quattro patrizi romani e fu ricevuto solennemente a Costantinopoli; egli non potette però chiedere all'imperatore Giustino concessioni che ripugnavano alla sua coscienza e l'esito della sua mis­sione non soddisfece il barbaro Teodorico che, rientrato il Pontefice a Ravenna, lo fece gettare in una prigione ove pochi giorni dopo, que­sti morì per gli strapazzi e i maltrattamenti sofferti.

Il 30 agosto del 526 morì Teodorico; la tradizione popolare ha cir­condato la sua fine di leggende strane e terribili. Secondo alcuni fu rapito da un cavallo diabolico che lo precipitò nel vulcano dello Strom­boli, altri narrano che fosse colpito da violenta febbre, sembrandogli che la testa di un pesce smisurato, servito alla sua tavola, si tramutas­se in quella del Senatore Simmaco che egli aveva fatto crudelmente uccidere.

Queste leggende, che ci danno una misura dell'orrore suscitato dagli ultimi atti di questo Re, che pure aveva avuto dei meriti, leando il suo nome ad opere migliori, si propagarono nel medio evo e furono riportate da molti autori, anche illustri, ma tutti riconobbero che senza le atrocità che ne macchiarono gli ultimi anni, Teodorico avrebbe potuto conquistare la fama di grande sovrano e di insigne legislatore e politico.

Il suo successore Atalarico, che regnò otto anni, sotto la reggen­za della madre Amalasunta, figlia di Teodorico, morì nel 534 consunto dai vizi e la superstite Amalasunta, nel tentativo di salvare la monar­chia dal crollo, sposò il suo ambizioso cugino Teodato che così diven­ne re. Dopo qualche tempo, Amalasunta venne allontanata dalla corte e relegata in un'isoletta del lago di Bolsena, ove fu misteriosamente strangolata, vittima forse di alcuni principi goti e del suo stesso sposo.

In oriente, era intanto salito al trono Giustiniano, nipote dell'im­peratore Giustino, che nell'intento di riconquistare l'Italia, mosse guerra a Teodato per vendicare la morte di Amalasunta. La guerra fu lunghissima e sanguinosa e fu condotta dai generali bizantini Be­lisario e Narsete; attraverso varie vicende, Belisario riuscì ad entrare in Roma nel 536 e, in seguito, a far prigionieri in Ravenna Vitige, che era succeduto a Teodato, con la moglie Matasunta, ma nel 546 il re goto Totila conquistava Roma dopo un lungo assedio. Dopo un anno Belisario ritolse Roma ai goti e tornato a Costantinopoli fu sostituito da Narsete, che al suo arrivo trovò i Goti nuovamente padro­ni della città eterna; con diverse battaglie i barbari furono piegati dal generale bizantino; nella battaglia di Tagina trovò la morte Totila (luglio 552), ed in quella del monte Lattaro, il suo successore Teia. (marzo 553). Narsete entrato in Roma, vi edificava la Basilica dei Santi Apostoli, a perpetuo ricordo della cacciata dei Goti dall'Italia.

giovedì 16 novembre 2023

L'Italico Valore




 Siete invitati a una Nostra Conferenza, dal Titolo

“L’Italico Valore. L’Impresa Educativa e i Parchi della Rimembranza”
occasionata dalla risorgimentale Festa degli Alberi
e dal Centenario dell’istituzione dei Parchi della Rimembranza.
Attraverso una sequenza d’immagini,
sarà illustrata l’importanza del ruolo della Storia Patria
nella monumentale  Riforma Educativa d’epoca.

LIBRERIA HORAFELIX, Via Reggio Emilia 89 Roma
Lunedì  20 NOVEMBRE 2023  alle Ore 18
INGRESSO CON CALICE   €  5
Negli ALLEGATI ulteriori informazioni con le modalità di partecipazione.
      Cordialmente
          Prof. Massimo Fulvio Finucci e D.ssa Clarissa Emilia Bafaro

LINK NOSTRA CONFERENZA

lunedì 6 novembre 2023

Saggi storici sulla tradizione monarchica

 


L'ITALIA MEDIOEVALE

SOMMARIO: La caduta dell'Impero d'Occidente - Teodorico e la romanizzazione dei barbari - Fondazione del Regno longobardo - L' Italia bizantina La rinascita dell'Impero d'Occidente - Gli imperatori della Casa di Sassonia.

1) — LA CADUTA DELL'IMPERO D'OCCIDENTE.

La caduta dell'impero romano d'occidente, avvenuta nel 476 d. C. con la deposizione dell'ultimo imperatore Romolo Augustolo, è la data che convenzionalmente si adopera per fissare l'inizio dell'età di mezzo: il medio evo. Qui finisce la storia dell'antichità romana che per dodici secoli aveva gravitato intorno alla fatale Urbe la cui potenza si era, a poco a poco, estesa su quasi tutto il mondo allora conosciuto; qui inizia la storia di tanti paesi che componevano l'immenso mosaico dell'impero romano, che da questo momento si dividono, ognuno verso la sua sorte, sotto lo scettro di governanti diversi, per un diverso destino.

Il grande impero di Roma, in quello scorcio del quinto secolo dell'era cristiana, non era più che una larva; molti imperatori si erano succeduti sul trono dei Cesari con diversa fortuna, tentando sempre di restituire al loro potere l'antico splendore senza riuscirvi. Spesso il trono era anche stato macchiato dal sangue degli imperatori trucidati nei tumulti e nelle congiure di palazzo; quasi tutti gli ultimi sovrani non erano che rozzi soldati nati nelle lontane provincie e giunti con la forza della spada al supremo fastigio, sugli scudi dei legionari; più volte il loro dominio era stato minacciato da tribù barbare che affacciandosi dalle lontane terre balcaniche alle ridenti contrade mediterranee, solo con gravissimi sacrifici e talvolta con delle concessioni umilianti avevano potuto essere respinte.

 

Un grande Imperatore era riuscito a risollevare alquanto le sorti dell'Impero: Teodosio I, e alla sua morte aveva diviso i suoi immensi dominii fra i due figli Onorio e Arcadio, affidando al primo l'occidente e al secondo l'oriente. Mentre l'impero d'oriente, sia pure fra lotte e contrasti, riuscì a sopravvivere per oltre mille anni alla morte di Teodosio I (395) l'impero d'occidente non ebbe lunga durata. I successori di Onorio, deboli e inetti, non furono che delle pallide figure che si alternarono rapidamente sul trono d'occidente e i barbari divennero sempre più arditi e temibili; nel 410 Roma stessa fu presa e saccheggiata dai Visigoti, popolo barbarico guidato dal suo re, Alarico; nè fu questa l'unica onta subita dalla grande capitale del mondo che nel 455 subiva una seconda volta la stessa sorte per opera dei Vandali di Genserico.

Dopo tante incursioni barbariche, anche l'Italia ebbe uno stanziamento stabile di popolazioni germaniche, con a capo l'erulo Odoacre. Sul trono imperiale sedeva allora il giovanetto Romolo Augustolo, che vi era stato posto dal potente patrizio Oreste suo padre.

Odoacre che si era posto con le sue truppe barbariche al servizio dell'impero, riuscì a farsi proclamare re e sconfitto Oreste, ne depose il figlio Romolo Augustolo, obbligandolo a ritirarsi in una villa nella Campania; poi anziché proclamarsi imperatore, fece inviare dal senato romano un'ambasceria all'imperatore d'Oriente, Zenone, la quale propose che, poiché rimaneva ormai un solo imperatore, Odoacre governasse in suo nome l'Italia, con il titolo di patrizio.

L'astuto erulo, pensò così di vincere la probabile ostilità di Costantinopoli, riconoscendone per primo l'alta sovranità e riservando a se stesso un carattere di vicario dell'imperatore bizantino. Zenone non avrebbe voluto accondiscendere, ma pur di mala voglia fu costretto in un secondo tempo a riconoscere lo stato di fatto dell'Italia non avendo le forze necessarie per opporsi con le armi alle pretese di Odoacre. Questi riuscì poi ad occupare la Dalmazia e ad ottenere da Genserico la restituzione della Sicilia, dietro pagamento di un tributo, mentre al. nord il suo dominio arrivava sino alle Alpi, riunendo perciò pressoché tutta l'Italia.

Nominalmente l'Impero restava intatto perché il fatto che in Occidente fosse venuto a mancare l'imperatore non significava che l'autorità dell'impero fosse venuta meno; l'imperatore di Costantinopoli, la nuova Roma, rimaneva a capo di ambedue le parti dell'Impero ed a questo concetto si uniformò appunto Odoacre considerandosi il supremo funzionario imperiale in Italia, mentre il suo titolo di re era da considerarsi valido soltanto nei riguardi dei barbari eruli che costituivano il suo esercito; ma in realtà questo vincolo nei riguardi dell'Impero era più di carattere ideale che di carattere politico ed amministrativo.

L'idea dell'unità romana ed occidentale rimase però viva nella mente degli strati più colti e sensibili della popolazione, si conservaro­no istituti giuridici, tradizioni e ordinamenti romani e parte della gran­de aristocrazia romana continuò ad avere una importanza politica an­che sotto lo scettro dei sovrani barbarici. A questi residui della costru­zione imperiale si mescolarono nuovi elementi portati dalle usanze dei conquistatori; nei barbari si concentrò la somma del potere politico e gran parte dei beni economici, ed essi riuscirono a far prevalere la loro concezione individualistica dello stato, ritenuto un po' come il patrimonio del singolo conquistatore, contro quella pubblicistica roma­na per la quale lo stato era innanzi tutto « la cosa pubblica ».

Il mondo dell'epoca gravitava intorno a due poli: quello bizan­tino, che orientalizzando la romanità aveva dato origine ad una civil­tà che avrà in Giustiniano la sua più illustre espressione e quello bar­barico che romanizzando il germanesimo, troverà il suo aspetto più compiuto in Carlo Magno.


venerdì 3 novembre 2023

Maria José Pando in visita alle Reali Tombe di Vicoforte

 




Maria José Pando, nipote di SAR la principessa Maria Beatrice di Savoia, ultimogenita di Umberto Il di Savoia e della regina Maria José, si è recata a Vicoforte in visita privata per rendere omaggio alle reali tombe di Vittorio Emanuele III e della regina Elena, nel dicembre 2017 traslate nel Santuario - Basilica di Maria Assunta.
Venticinquenne, abitualmente residente in Messico, laureata in Relazioni internazionali, studiosa brillante, temporaneamente ospite della nonna a Rapallo, a Vicoforte è stata accompagnata dal prof. avv. Giulio Vignoli, componente della Consulta dei Senatori del Regno, autore del documentato saggio «Rapallo» (edizioni Settimo Sigillo, 2021), arricchito da una fotografia della principessa.
Deposti i fiori inviati dalla nonna, Maria José si è dichiarata «molto impressionata» dalle tombe degli antenati, compresa quella del duca Carlo Emanuele I, fondatore del Santuario come Mausoleo della Casa di Savoia a fine Cinquecento. Ammirata in specie la cupola con gli splendidi affreschi, i colori, i marmi, si è detta «colpita» dal complesso della Casa Regina Montis Regalis, sorta a continuazione dell'antico monastero cistercense, e dalla «accoglienza veramente squisita» ricevuta nel Refettorio dei Frati, dove ha conosciuto il Vescovo di Mondovì.
Visitata la Palazzata e l'imponente monumento di Carlo Emanuele I, scoperto da Umberto II nel 1.891 alla presenza di Giosuè Carducci, Maria José Pando ha concluso che il Santuario è «la più bella chiesa da lei visitata». 
Ha assicurato che lo farà conoscere oltre Atlantico e vi tornerà.
Aldo A. Mola









Il piacere di fare i moralisti a posteriori

L'opinione, autorevole, di Indro Montanelli, in un ritaglio conservato per i posteri da nostro Ingegnere Giglio, il cui archivio inesaurito, è ancora da pubblicare.
Lo ricordiamo con immenso affetto!


mercoledì 1 novembre 2023

INVITO A VILLA GLORI


 

Siete cortesemente invitati a un Nostro Incontro di Studio e di Ricerca

dedicato al Patrimonio Storico Italiano, 

con particolare attenzione alla Storia del Regno d'Italia.

      Invito a VILLA GLORI

Incontro occasionato dal Centenario dell’istituzione del Parco della Rimembranza
di Roma a Villa Glori, luogo simbolico dell’Italia Unita.
Il percorso museale dall’Albero alla Colonna, tra Arte e Natura,
attraverso letture di testi poetici, canti risorgimentali e discorsi inaugurali
metterà in luce una pagina eroica della Nostra Storia.
DOMENICA MATTINA  5  NOVEMBRE  2023  ORE 11
VIALE DEI SETTANTA (Ingresso  Arcone  Monumentale)  ROMA
La puntualità è cosa gradita
   PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA
In ALLEGATO ulteriori informazioni e le modalità di partecipazione.
Cordialmente.
         Prof. Massimo Fulvio Finucci e D.ssa Clarissa Emilia Bafaro