NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

giovedì 28 luglio 2016

Una Stella cadente nelle pieghe della storia

di Goffredo Fofi
Parliamo di un film che pochi hanno visto e pochi vedranno, grazie al dominio esercitato sulla programmazione nelle sale italiane da parte di pochi o pochissimi esercenti/distributori, un “sistema” cui dette un decisivo contributo Walter Veltroni, quando aveva potere. I lettori curiosi sono invitati a cercarlo affidandosi al caso, o ad aspettare che la piccola e coraggiosa casa distributrice ne stampi il dvd. Ne è autore il catalano Lluís Miñarro, che viene dalla produzione (di film del portoghese Manoel de Oliveira, del tailandese Apichatpong Weerasethakul e pochi altri registi ugualmente minoritari). Il suo esordio nella regia, Stella cadente, è uno dei film più bizzarri degli ultimi anni, che merita attenzione e rispetto proprio per essere così insolito.È un film “storico”, “in costume”, che racconta il brevissimo regno del piemontese Amedeo di Savoia, chiamato al governo della Spagna dal parlamento di quel paese, dilaniato da una di quelle crisi che sembrano irrisolvibili, da tensioni tra interessi, correnti, regionalismi, statalismi, da monarchici e repubblicani, da monarchici “di destra” e monarchici “di sinistra”. Il nuovo re è quindi confinato nel suo castello, ed è un fantoccio nelle mani di ministri che non stanno affatto a sentire le sue opinioni, che anzi se ne fregano e lo voglio re-travicello. Pochi i personaggi, dunque, un segretario factotum, un valletto, donne di corte e cameriere, e più tardi la moglie, fatta scendere dal Piemonte.
[...]
http://www.internazionale.it/opinione/goffredo-fofi/2016/07/28/stella-cadente-recensione

martedì 26 luglio 2016

Altri martiri della Cristianità


Réquiem aetérnam dona eis, Dómine,

et lux perpétua lúceat eis.

Requiéscant in pace.

Se l’Italia si spacca

Come settant’anni fa, negli ultimi giorni della monarchia: centro-nord repubblicano, sud fedele ai Savoia. E a Napoli ci scapparono i morti


Il mese scorso ha compiuto settant’anni. Un compleanno significativo, ma celebrato come di consueto: parate militari, discorsi di rito, editoriali di prammatica. Anche questa volta una certa retorica commemorativa ha omesso di ricordare che la repubblica non entra nella storia italiana con le folle in tripudio e i nuovi tricolori esposti ai balconi. Al contrario, vi entra quasi di soppiatto, con uno scarno comunicato del governo. E vi entra con un paese diviso e turbato dalla dozzina di morti che insanguinano i vicoli di Napoli.







http://www.ilfoglio.it/gli-inserti-del-foglio/2016/07/25/referendum-repubblica-monarchia-italia-storia___1-v-144808-rubriche_c318.htm

Il nostro Pisu su " Il Giornale"

Caro Direttore, nella sua risposta del giugno scorso ad un Lettore filomonarchico, ha detto che «non mi facevo molte illusioni su Umberto II». Mi permetta di dissentire. Umberto II fu uno statista di alto livello: nei 2 anni come Luogotenente e Re al Quirinale, e nei 37 lunghi anni di esilio fu un Capo di Stato impeccabile. 
Fu apprezzato anche da non pochi repubblicani: non mi pare poco... Se lo paragoniamo ai presidenti che abbiamo avuto, li surclassa senza alcun dubbio. 
Compreso l'incensato e sopravvalutato Pertini! Senza brogli, sarebbe rimasto al Quirinale e l'Italia sarebbe stata nettamente migliore di quella attuale. Solo alla morte non c'è rimedio. 
Perciò anche la repubblica non è eterna. 
Pensiamoci, se abbiamo a cuore il futuro del Paese disastrato dal settantennio repubblicano.

Pietro Pisu



Dissenso lecito, anche perché non mi picco di essere uno storico. Ha ragione quando dice che la repubblica è stata figlia di una truffa elettorale a sua volta figlia del fatto che avendo perso la guerra eravamo un protettorato delle potenze vincitrici che dei Savoia non avevano grande considerazione (a differenza di quanto avvenne per il Giappone dove gli americani diedero il via libera alla permanenza dell'imperatore come garante dell'unità nazionale e della pacificazione). Per quel che conta, io avrei votato monarchia, pur sapendo che le dinastie non offrono garanzie di qualità di generazione in generazione. 
[...]

http://www.ilgiornale.it/news/nostro-re-non-ha-avuto-degni-successori-1289278.html

sabato 23 luglio 2016

Integrazione: un pericoloso confronto tra comunità

di Salvatore Sfrecola

Siamo alla “guerra civile”. In Francia, naturalmente, come si legge sui giornali, anche italiani, da La Repubblica a Il sole 24 ore, dopo la strage orribile di Nizza, una ferita profonda, difficile da rimarginare, non soltanto nel cuore dei francesi. E non  perché fra i morti molti sono dei bambini, morti in un modo crudele mentre il terrore s’impadroniva di genitori, nonni ed amici convenuti sul famoso lungomare nizzardo, laPromenade des anglais, per assistere ad uno spettacolo che prende grandi e piccini, una selezione di fuochi artificiali per festeggiare la Repubblica francese nel giorno che ricorda il 14 luglio 1789, la presa della Bastiglia e l’inizio della rivoluzione, il passaggio dall’ancient regime all’era dei diritti individuali e collettivi al grido diLiberté, Egalité, Fraternité.
A Nizza molti hanno aperto gli occhi su una realtà che sembra difficile da interpretare e da definire se non come “guerra civile” in Francia. Come fa Enrico Letta, che sulle rive de La Senna ha avviato una stagione di insegnamento e di studio alla guida del prestigioso Jacques Delors Institut – NOTRE EUROPE, think tank fondato dall’ex Presidente della Commissione Europea Jacques Delors, con sede anche a Berlino. “Guerra civile”, un’immagine, ha scritto su Il sole-24 ore del 16 luglio Vittorio Emanuele Parsi, Professore di Relazioni Internazionali nella facoltà di Scienze Politiche e Sociali dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, ricorrente “in molti commenti ed evoca lo spettro che possa ridursi lo spazio della tolleranza reciproca all’interno delle nostre società”. Gli fa eco lo stesso giorno su Il Fatto quotidianoJean-David Cattin, dirigente di Generation Identitarie, per il quale “l’immigrazione è la causa di tutto, fermiamola”. Perché l’integrazione “è una balla”. Parole forti, che vanno in senso opposto a quanto auspicato da molti in Italia. Cattin chiede di chiudere le moschee radicali che a Nizza, dice, “sono legate ai Fratelli musulmani, lo stesso movimento che in Egitto è fuorilegge”. Ed osserva, alla domanda del perché ad attaccare sono francesi di seconda o terza generazione, che “la situazioni della vecchia immigrazione è grave come per chi arriva ora. Non ci sono generazioni integrate né in Francia né in Europa. Anche chi è nato qui, pure di terza generazione, non si sente francese. Sono più legati ad altri paesi piuttosto che alla Francia. Non è una cosa nuova”. Né imprevedibile.
Del resto, ricorda Bernardo Valli su La Repubblica del 16 luglio, Patrick Calvar, Capo dei Servizi segreti interni (DGSI) ha dichiarato di recente dinanzi alla Commissione di inchiesta parlamentare sugli eventi del 13 novembre a Parigi (la strage del Bataclan), aveva previsto, dinanzi ad ulteriori attentati, “un confronto tra comunità”. A sua conoscenza, riferisce il giornale, “alcuni gruppi (di estrema destra) erano pronti a rispondere al terrorismo islamista con un’identica violenza rivolta verso la comunità musulmana”.
Lo abbiamo scritto anche noi più volte. Gli islamici mantengono la loro cultura e le loro tradizioni, sono legati alle loro radici che vivono con orgoglio all’interno di ambienti nei quali è difficile l’integrazione che probabilmente neppure cercano, convinti, come sono, della superiorità dell’insegnamento del Corano, della moralità delle loro donne, che non mostrano le chiome corvine che attirano gli uomini, che occultano i segni della femminilità che tanto, invece, ostentano le occidentali, espressione di una società corrotta, fatta di apparenze, in un tripudio di sesso, anche quando ad essere pubblicizzate sono le scarpe o un rossetto per le labbra.
Questo sentirsi puri in una società che li emargina rafforza negli immigrati e nei “nuovi” francesi l’orgoglio delle loro radici e genera ribellione fino all’estremo della partecipazione a progetti che possono esplodere in atti terroristici, giustificati se non stimolati dall’insegnamento di Iman fuori controllo che la cui predicazione infiamma i cuori ed obnubila le menti.
Era prevedibile che accadesse in Francia. È possibile che accada altrove in Europa, anche in Italia, in una società dal pensiero debole che ha da tempo allentato i legami con la propria storia e, conseguentemente, il senso della propria identità.
L’integrazione presuppone, come ha spiegato Giuseppe Valditara scrivendo dell’immigrazione nell’antica Roma, due regole essenziali, il rispetto delle regole della società che accoglie e, in qualche misura, la condivisione della sua storia e delle prospettive che essa pone a se stessa in coerenza con le proprie radici culturali. Integrarsi significa, in pratica, abdicare, almeno in parte, alle abitudini della società di provenienza per non rimanere isolati. E questo i musulmani non sono disposti a farlo, come dimostrano nei rapporti con le loro donne, costrette a sottostare ad usanze non compatibili con le libertà dell’Occidente, e con la religione cristiana della quale spesso offendono e distruggono i simboli. Infatti, rimangono ancorati alle loro credenze per cui, sempre più isolati, covano la ribellione contro l’Occidente ricco e corrotto. Una condizione nella quale è facile che maturino ribellioni, come quella che ha guidato chi era al volante del camion che ha fatto strage di pacifici turisti in gioiosa ammirazione dei fuochi artificiali sul lungomare di Nizza. Non basta dire “un folle”, né analizzare se affiliato e guidato dallo stato islamico in guerra con l’Occidente. È obiettivamente un nostro nemico che, solo, comandato o internet dipendente ha maturato l’idea di farci del male. Questo conta e questo deve indurci a prevenirlo e combatterlo. Né ci deve sfuggire che quel “combattente” è obiettivamente un soldato di un esercito che in proprio o per conto di poteri neppure tanto occulti sta conducendo una guerra che va definita senza mezzi termini “terza guerra mondiale”, una guerra combattuta non con eserciti contrapposti ma con azioni terroristiche che stanno destabilizzando gli amici dell’Occidente, gli Stati islamici che si sono allontanati dall’estremismo jhadista per cercare una dimensione democratica e civile nel contesto difficile di popoli per troppo tempo governati da satrapi violenti e rissosi in contesti economici che non hanno distribuito ricchezza, anche quando le condizioni locali avrebbero consentito migliori condizioni di vita. Queste masse diseredate sono facilmente preda della violenza, non riescono a concepire un rapporto con gli altri Stati e con l’Occidente che non sia di contrapposizione culturale.
Che sia una guerra fondata sulla contrapposizione di interessi economici lo dimostrano gli effetti sull’economia, in particolare turistica, dei paesi dove più crudele si è espressa l’azione terroristica, dalla Tunisia all’Egitto, alla Turchia, le cui economie tanto hanno dovuto negli anni scorsi alla presenza di vacanzieri. Chi visiterà quest’anno le belle spiagge di Sharm Ed Sheik, di Hammamet o di Antalya, i villaggi o gli splendidi hotel della compagnie internazionali?
Una guerra, dunque, fatta di ricatti e di attentati, una sorta di Spectre, che manovra immense risorse finanziarie, solo in parte provenienti dal petrolio venduto fuori dai circuiti legali.
19 luglio 2016

giovedì 21 luglio 2016

Il Re e i suoi libri dopo la sua morte

di Emilio Del Bel Belluz   

Alla morte del sovrano, avvenuta il 18 marzo 1983, avevo 23 anni, e per me fu uno dei più duri colpi che la vita mi potesse infliggere. 
Nei giorni antecedenti avevo seguito con mota attenzione ciò che i giornali scrivevano della malattia  che aveva colpito il Re e del suo desiderio di poter morire sotto il cielo dove era nato. La classe politica, eccetto quella di destra e Marco Pannella che disse che sarebbe andato al confine a ricevere il Re, si dimostrò compatta nel negare che il suo ultimo desiderio si avverasse.  Pur non condividendo le idee politiche di  Pannella non posso fare a meno di elogiarlo per le posizioni che prese a favore del Re malato, come pure per la battaglia che intraprese a favore  di un altro grande galantuomo che fu Enzo Tortora. 
Ora i nostri  politici al governo hanno posizioni molto diverse, infatti   sono pronti ad accogliere  qualsiasi straniero che arrivi in Italia permettendo loro di godere degli stessi diritti del popolo italiano. Allora il Re d’Italia spirò in esilio a Ginevra in Svizzera curato da una infermiera svizzera.
 Ho sperato che nella stanza dove morì il sovrano ci fosse stato almeno il crocefisso, dove egli potesse volgere lo sguardo negli ultimi istanti della Sua vita. Ogni volta che vado a trovare una persona ammalata, osservo che ci sia una immagine sacra e il crocifisso. In questo modo ho la speranza che la persona soffra meno perché anche la morte è più  dolce davanti al Cristo, a cui abbiamo rivolto le nostre ultime suppliche.  Lessi che il Re mentre stava viaggiando in quell’aereo che lo avrebbe portato in esilio aveva tanta malinconia nel cuore che si augurava che l’aero cadesse portando fine ai suoi giorni. Era un Re che sentiva nel cuore la morte come unica via d’uscita. All’atto della partenza per l’esilio, il 13 giugno 1946, il Re si rivolgeva agli italiani :” “ A tutti coloro che ancora conservano fedeltà alla Monarchia, a tutti coloro il cui animo si ribella all’ingiustizia,  io  ricordo il mio esempio, e  rivolgo l’esortazione a volere evitare l’acuirsi di dissensi che minaccerebbero l’unità del paese, frutto della fede e del sacrificio dei nostri padri, e potrebbero rendere più gravi le condizioni del trattato di pace. Con animo colmo di dolore ma con la serena coscienza di aver compiuto ogni sforzo per adempiere ai miei doveri, io lascio la mia terra. 
Si considerino sciolti dal giuramento  di fedeltà al Re, non da quello verso la Patria, coloro che lo hanno prestato e che vi hanno tenuto fede attraverso tante durissime prove. Rivolgo il mio pensiero a quanti sono caduti nel nome d’Italia e il mio saluto a tutti gli Italiani. Qualunque sorte attenda il mio Paese, esso potrà sempre contare su di me come sul più devoto dei suoi figli. Viva L’Italia.  Roma 13 giugno 1946  Umberto . 
Da quella data sono passati settant’ anni. Quanti ricordano la figura di questo Re buono? Se fosse stato un qualunque personaggio politico italiano di questa repubblica, di sicuro sarebbe stato ricordato con un film. Quanto bello sarebbe il poter fare un film sulla sua figura e raccontare delle verità storiche cancellate volutamente. Per un attimo penso al film sui Cristeros, e all’altro film –  Il Segreto d’Italia –  sulla   guerra civile, che ebbe come interprete Romina Power che non hanno avuto nessuna pubblicità in televisione e la possibilità di essere divulgati, salvo qualche rara eccezione. 
Credo fermamente che un film sulla vita di Re Umberto II non sarebbe accolto, perché esiste sola la voce dei vincitori.

mercoledì 20 luglio 2016

Nel segno dei Savoia


Presentazione in grande stile per la mostra “Nel segno dei Savoia. Cherasco Fortezza Diplomatica” che si terrà dal 3 settembre a Palazzo Salmatoris; martedì scorso, al circolo della Stampa di Torino, l’anticipo della suggestiva esposizione che ci sarà nella Città delle Paci.
«La mostra – ha spiegato la curatrice Daniela Biancolini – è una celebrazione del forte legame che per molti decenni si è instaurato tra la dinastia sabauda e la Città di Cherasco. Diversi elementi, come la posizione geografica, il tessuto viario, le chiese e i sontuosi palazzi nobiliari, le confraternite, le canalizzazioni e le grandi mura di difesa, hanno permesso a Cherasco di essere protagonista e testimone di grandi momenti della storia, accompagnando le vicende di oltre mezzo millennio di una delle più longeve dinastie d’Europa, i Savoia. All’interno delle sue mura e nello spazio raffinato dei suoi palazzi, la città ha ospitato molti personaggi importanti fra cui sovrani, diplomatici e avventurieri avvolti nel mistero. La narrazione storica della mostra parte dal 1563, anno in cui la capitale del Ducato di Savoia fu trasferita al di qua delle Alpi ad opera di Emanuele Filiberto e si chiude con gli eventi che accompagnarono il trasferimento della capitale da Torino prima a Firenze, poi a Roma».

L'esposizione è promossa dall’associazione “Cherasco 1631” e realizzata dalla Città di Cheasco. A descrivere l’affascinante percorso espositivo è stato Giovanni Fornaca, responsabile degli allestimenti: «La mostra occupa il pian terreno e il primo piano di Palazzo Salmatoris estendendosi su una superficie di circa 340 metri quadrati. Nelle dodici sale si susseguono, in un percorso cronologico dinastico, tutti i sovrani sabaudi a partire da Emanuele Filiberto. Ad accogliere il visitatore in ogni sala i ritratti dei sovrani e delle rispettive consorti che aprono sulla storia della città e del territorio. Al centro della mostra il momento della firma del Trattato di Pace del 1631 con l’esposizione dell’originale custodito nell’Archivio di Stato di Torino. Grande rilevanza è data al passaggio della Sacra Sindone che trovò rifugio nella Sala del Silenzio. Il sacro telo arrivò a Cherasco al seguito dei Savoia che fuggivano all’assedio di Torino nel 1706. Saranno esposti i rotoli originali sui quali era avvolta la Sindone. Il percorso prosegue con le sale dedicate a Vittorio Amedeo III, alla firma del Trattato del 1796 con Napoleone Bonaparte. Seguono una sala dedicata alla Restaurazione e, al primo piano, una dedicata a Carlo Alberto e all’apparto della famiglie nobili alla causa risorgimentale. Il percorso si conclude con la sala dedicata al Regno d’Italia con documenti sul controllo del Canale Sarmassa e fotografie e lettere che testimoniano la presenza dei sovrani sul territorio».


Saranno oltre settanta le opere in esposizione, trenta ritratti della dinastia sabauda, una copertura di 400 anni circa di storia. A far da corona alla mostra le proposte del Theatrum Sabaudie di Torino che guideranno il visitatore calandolo di volta in volta nelle varie epoche e conoscere da vicino alcuni personaggi come Giuseppe Silvestro Vayra, il primo bersagliere al servizio del generale La Marmora oppure si potrà assistere ad una chiacchierata con il cardinale Mazzarino in una primavera del lontano 1631.

Main sponsor della mostra è la Banca di Cherasco. Commenta il presidente Claudio Olivero: «Molte sono le ragioni del nostro sostegno a questa mostra. Innanzitutto il luogo in cui la mostra prende forma, il Palazzo Salmatoris, un riconosciuto luogo di cultura caro ai cheraschesi e non solo, al cui restauro la Bcc aveva già mostrato il suo interessamento concreto con un contributo economico. In secondo luogo teniamo a sottolineare il nostro impegno a favore di manifestazioni culturali di livello legate in modo forte al territorio cheraschese».

Sponsor dell’evento anche la Reala Mutua e Caffè Revello.
Passo dopo passo, attraverso la mostra, si ripercorreranno vicende storiche che hanno cambiato le sorti del Paese, ma anche eventi più territoriali che hanno segnato il futuro di Cherasco. Non mancheranno gli immancabili tocchi di colore di Flavio Russo (“non uno storico ma un narratore di storie” come ama definirsi) che rendono ancora più avvincente ed emozionante il percorso.

«L'Amministrazione - ha detto il sindaco Claudio Bogetti - ha accettato con viva attenzione la proposta di una mostra dal titolo certamente inconsueto, ma capace di attirare un immediato interesse. È importante per tutti i cheraschesi riappropriarsi della loro storia e questa mostra aggiunge un tassello che ancora mancava. Un tassello di alta qualità, frutto di impegnativi studi e ricerche. Il luogo che ospiterà la mostra, palazzo Salmatoris, le cui sale sono state da cornice a grandi eventi del passato, ha visto un imponente lavoro di restyling lo scorso anno che ha portato lo storico edificio al suo antico splendore».

http://www.comune.cherasco.cn.it/index.php/archivio-notizie/29-comunicati-stampa/1568-presentata-la-mostra-nel-segno-dei-savoia-cherasco-fortezza-diplomatica-a-palazzo-salmatoris-dal-3-settembre

Nel segno dei Savoia


Presentazione in grande stile per la mostra “Nel segno dei Savoia. Cherasco Fortezza Diplomatica” che si terrà dal 3 settembre a Palazzo Salmatoris; martedì scorso, al circolo della Stampa di Torino, l’anticipo della suggestiva esposizione che ci sarà nella Città delle Paci.
«La mostra – ha spiegato la curatrice Daniela Biancolini – è una celebrazione del forte legame che per molti decenni si è instaurato tra la dinastia sabauda e la Città di Cherasco. Diversi elementi, come la posizione geografica, il tessuto viario, le chiese e i sontuosi palazzi nobiliari, le confraternite, le canalizzazioni e le grandi mura di difesa, hanno permesso a Cherasco di essere protagonista e testimone di grandi momenti della storia, accompagnando le vicende di oltre mezzo millennio di una delle più longeve dinastie d’Europa, i Savoia. All’interno delle sue mura e nello spazio raffinato dei suoi palazzi, la città ha ospitato molti personaggi importanti fra cui sovrani, diplomatici e avventurieri avvolti nel mistero. La narrazione storica della mostra parte dal 1563, anno in cui la capitale del Ducato di Savoia fu trasferita al di qua delle Alpi ad opera di Emanuele Filiberto e si chiude con gli eventi che accompagnarono il trasferimento della capitale da Torino prima a Firenze, poi a Roma».

L'esposizione è promossa dall’associazione “Cherasco 1631” e realizzata dalla Città di Cheasco. A descrivere l’affascinante percorso espositivo è stato Giovanni Fornaca, responsabile degli allestimenti: «La mostra occupa il pian terreno e il primo piano di Palazzo Salmatoris estendendosi su una superficie di circa 340 metri quadrati. Nelle dodici sale si susseguono, in un percorso cronologico dinastico, tutti i sovrani sabaudi a partire da Emanuele Filiberto. Ad accogliere il visitatore in ogni sala i ritratti dei sovrani e delle rispettive consorti che aprono sulla storia della città e del territorio. Al centro della mostra il momento della firma del Trattato di Pace del 1631 con l’esposizione dell’originale custodito nell’Archivio di Stato di Torino. Grande rilevanza è data al passaggio della Sacra Sindone che trovò rifugio nella Sala del Silenzio. Il sacro telo arrivò a Cherasco al seguito dei Savoia che fuggivano all’assedio di Torino nel 1706. Saranno esposti i rotoli originali sui quali era avvolta la Sindone. Il percorso prosegue con le sale dedicate a Vittorio Amedeo III, alla firma del Trattato del 1796 con Napoleone Bonaparte. Seguono una sala dedicata alla Restaurazione e, al primo piano, una dedicata a Carlo Alberto e all’apparto della famiglie nobili alla causa risorgimentale. Il percorso si conclude con la sala dedicata al Regno d’Italia con documenti sul controllo del Canale Sarmassa e fotografie e lettere che testimoniano la presenza dei sovrani sul territorio».


Saranno oltre settanta le opere in esposizione, trenta ritratti della dinastia sabauda, una copertura di 400 anni circa di storia. A far da corona alla mostra le proposte del Theatrum Sabaudie di Torino che guideranno il visitatore calandolo di volta in volta nelle varie epoche e conoscere da vicino alcuni personaggi come Giuseppe Silvestro Vayra, il primo bersagliere al servizio del generale La Marmora oppure si potrà assistere ad una chiacchierata con il cardinale Mazzarino in una primavera del lontano 1631.

Main sponsor della mostra è la Banca di Cherasco. Commenta il presidente Claudio Olivero: «Molte sono le ragioni del nostro sostegno a questa mostra. Innanzitutto il luogo in cui la mostra prende forma, il Palazzo Salmatoris, un riconosciuto luogo di cultura caro ai cheraschesi e non solo, al cui restauro la Bcc aveva già mostrato il suo interessamento concreto con un contributo economico. In secondo luogo teniamo a sottolineare il nostro impegno a favore di manifestazioni culturali di livello legate in modo forte al territorio cheraschese».

Sponsor dell’evento anche la Reala Mutua e Caffè Revello.
Passo dopo passo, attraverso la mostra, si ripercorreranno vicende storiche che hanno cambiato le sorti del Paese, ma anche eventi più territoriali che hanno segnato il futuro di Cherasco. Non mancheranno gli immancabili tocchi di colore di Flavio Russo (“non uno storico ma un narratore di storie” come ama definirsi) che rendono ancora più avvincente ed emozionante il percorso.

«L'Amministrazione - ha detto il sindaco Claudio Bogetti - ha accettato con viva attenzione la proposta di una mostra dal titolo certamente inconsueto, ma capace di attirare un immediato interesse. È importante per tutti i cheraschesi riappropriarsi della loro storia e questa mostra aggiunge un tassello che ancora mancava. Un tassello di alta qualità, frutto di impegnativi studi e ricerche. Il luogo che ospiterà la mostra, palazzo Salmatoris, le cui sale sono state da cornice a grandi eventi del passato, ha visto un imponente lavoro di restyling lo scorso anno che ha portato lo storico edificio al suo antico splendore».

http://www.comune.cherasco.cn.it/index.php/archivio-notizie/29-comunicati-stampa/1568-presentata-la-mostra-nel-segno-dei-savoia-cherasco-fortezza-diplomatica-a-palazzo-salmatoris-dal-3-settembre

venerdì 15 luglio 2016

Le Guardie d'Onore di Novara in pellegrinaggio a Cascais


70 Anniversario 1946 - 2016

Pellegrinaggio in Portogallo presso la Città di Cascais
Sulle orme dell’Esilio di Re Umberto II

Dal 15 al 22 giugno 2016, dalla Delegazione di Novara sono partiti per il Pellegrinaggio in Portogallo le guardie : Can. Mons. Gian Luca Gonzino e dal Segretario Marco Lovison. 
Grande fu lo stupore all’arrivo nel constatare la toponomastica, già presso Hotel Eden (Estoril Cascais) dove si era presso alloggio sito in “Avenida de Sabóia”.

Percorrendo per 1,5 km si arriva nel centro di Cascais, si recepisce rispetto per la Memoria delle Famiglie Savoia/Bragança, e tradizioni locali; tutto accompagnato dalla villeggiatura dei turisti. 
Visita presso il Museum Condes de Castro Guimarães (sito in: Avenida Rei Humberto II de Itàlia), villa circondato da un immenso parco, all’interno del quale sono collocati due busti, uno della Regina Maria Pia di Savoia, Consorte di Luigi I Re del Portogallo, l’altro di Umberto II, dono del figlio, S.A.R. Vittorio Emanuele di Savoia, nel 40 Anniversario dell’Esilio del padre.
Recita in portoghese sul colonnato in granito ove poggia il volto del Re in bronzo :


HUMBERTO II REI DE ITALIA VIVEU 40 ANOS DE EXILIO
NESTA TERRA HOSPITALEIRA
EM SUA MEMORIA O FILHO VITORIO EMANUELE OFERECEU ESTE BUSTO
EM SINAL DE RECONHECIMENTO AO MUNICIPIO DE CASCAIS

Domenica 19 giugno 2016, alla Santa Messa presso la Igreja Matriz de Nossa Senhora da Assunção, ove concordanto col Parroco celebrante, si è ricordato Umberto II, l’Assistente Spirituale Can. Mons. Gian Luca ha concelebrato; e tracciato lodi dei cittadini di Cascais nei rapporti passati con il Re. I  fedeli presenti hanno levato un forte applauso commosso.
Alcuni di essi, si sono avvicinati per dire che Umberto II partecipava alla Santa Messa dalla balconata (orchestra) e c’è stato l’onore di conoscere la signora, che in gioventù somministrò l’eucarestia al Re.
Si procede per Villa Italia, sita in Avenida Rei Humberto II de Itàlia, molto è cambiato da quando è diventato un albergo, l’ingresso non guarda più di fronte all’Oceano, ma da una via laterale. Le due residenze sono state interamente ricostruite con delle aggiunte, le uniche parti originali? Le mura esterne.

La parte suggestiva? Le rocce dove si staglia l’Atlantico, in quel momento si ha la sensazione che il Re, sia ancora li, mentre attende il momento di i rientrare in Patria, che mai arrivò.
Altre due mete prima del rientro in Italia, Città di Sintra: scatti di foto alla Villa della Marchesa Olga de Cadaval, la quale diede ospitalità al re provvisoriamente, prima di spostarsi in una seconda residenza e poi definitivamente a Cascais.


Visita alla Chiesa degli Italiani ( Madonna di Loreto ) a Lisbona, il parroco ha accolto con gioia di dedicare la Messa del giorno  a Umberto II, tracciandone il profilo spirituale e famigliare, le Guardie d’Onore presenti, hanno avuto il privilegio di visitare la Sacrestia ove è dipinto sopra l’ingresso lo Stemma di Casa Savoia. 

Cosa si può dire a conclusione di questa visita sulle orme di Re Umberto II ? Le sensazioni che due monarchici possono esprimere sono molteplici: gioia unita all’amarezza, esaltazione, commozione e pena per l’inciviltà da parte di chi dovrebbe tutelare il riposo dei Sovrani al Pantheon, in Italia, loro amata Patria.


giovedì 14 luglio 2016

Una mostra sul Duca degli Abruzzi coi giornali dell’epoca

Il Museo della Montagna ha organizzato una mostra dedicata alla figura e alle imprese di Luigi Amedeo di Savoia, Duca degli Abruzzi: un viaggio tra le copertine delle principali testate italiane e non, alla scoperta di un grande personaggio.
Nel 1906, centodieci anni fa, Luigi Amedeo di Savoia, Duca degli Abruzzi, esplorava e saliva le principali vette del massiccio africano del Ruwenzori. La stampa dedicò all’impresa ampio spazio e numerose copertine delle principali riviste dell’epoca. Altrettanto era avvenuto anni prima per l’ascensione al Sant’Elia, in Alaska (1897), e l’avventura con la Stella Polare al Polo Nord (1900). Stessa cosa succederà nel 1909 con la spedizione in Karakorum e poi a seguire per vari e molteplici avvenimenti, fino alla sua scomparsa in Somalia nel 1933.

[...]

http://www.mountlive.com/una-mostra-sul-duca-degli-abruzzi-coi-giornali-dellepoca/

lunedì 11 luglio 2016

La Madonna in ricordo del Re

di Emilio Del Bel Belluz  

Mi è capitato in questi giorni di prendere in mano un libro che mi fu donato da Re Umberto II, con la sua dedica. Il volume è:” Il Re dall’Esilio di Falcone  Lucifero”. 
In questo libro vi era conservata la lettera che lo accompagnava e che così diceva: “ Egregio Signore, Sua Maestà il Re, grato per il pensiero, ricambia vivamente i migliori auguri ed invia memori saluti. Per incarico della Maestà Sua, in data odierna in plico raccomandato a parte, le viene spedito il volume “ Il Re dall’Esilio che il Sovrano ha voluto destinarLe”. 
Il libro e la lettera arrivavano da Villa Italia. Ogni volta che prendo tra le mani questa lettera per leggerla, il mio pensiero va al Re che nel 1982 ha voluto farmi questo dono. Dal Sovrano avevo pure ricevuto una foto con una Sua dedica, che da sempre è appesa su una parete della mia biblioteca.

Mi capita spesso di soffermarmi a leggere il libro. Ieri ho riletto le pagine che parlano del viaggio del pellegrinaggio del sovrano a Lourdes. “ Il giorno nove maggio 1976 Sua maestà il  Re ha preso parte al pellegrinaggio dei Cavalieri Del Sovrano Militare ordine di Malta. 
Nella circostanza si è lungamente intrattenuto con gruppi di ammalati di vari paesi e particolarmente con gli italiani dando a ciascuno il Suo augurio ed interessandosi al loro stato e alle loro famiglie”. 
Questa lettura mi ha fatto dedurre che il Re doveva essere molto devoto alla Madonna di Lourdes e me lo sono immaginato che la pregasse con la stessa devozione ed intensità che aveva dimostrato nella chiesetta del villaggio di pescatori a Cascais. 

La Sua devozione alla Madonna di Lourdes mi ha dato l’idea di scrivere al parroco di Cascais, informandolo che avrei intenzione di inviargli una statua della Madonna di Lourdes, da collocare nella chiesetta dove il Sovrano andava ad assistere alla messa. Con questo gesto vorrei ringraziare il popolo portoghese che ha permesso al Re Umberto II di stare in quella terra e di vivere una solitudine meno dolorosa.
Lo stesso gesto fatto in memoria del Re non sarebbe possibile attuarlo in Italia, perché qualsiasi iniziativa atta a ricordare il Sovrano viene  osteggiata. Infatti alcuni mesi fa fu decapitata una statua raffigurante il povero Re. 
Quando il Re era in esilio ho immaginato mille volte di recarmi a Cascais per  dimostrargli l’affetto di un italiano che non si era dimenticato di Lui. L’avrei atteso in una domenica di maggio davanti alla porta della chiesa e mi sarei inchinato davanti a lui. In quel tempo però ero studente e con poco denaro nelle tasche e non ho potuto realizzare mai quel sogno. 
Mi sarebbe tanto piaciuto avere una foto che mi ritraesse assieme al mio Re. Quante volte osservando il suo ritratto posto nella mia biblioteca ho parlato con il cuore al Re così nobile. Quel Re che come scriveva Giovanni Mosca: “ Dedico alla lettura molte ore della mia giornata. Quello che più rimpiango è la biblioteca di  Napoli sparita. D’una metà dei volumi le truppe d’occupazione si sono servite per accendere il fuoco. L’altra metà è andata dispersa, e di molti volumi leggo ogni tanto i titoli nei cataloghi che gli antiquari d’ogni parte del mondo. Ma è raro che mi riesca di comprarli. I cataloghi giungono in ritardo, e quasi sempre mi si risponde che i libri che cerco, i miei libri, sono stati venduti. Ora sono alla ricerca di un Petrarca tutto annotato da D’Annunzio e da questi regalatomi. Ne seguo da lontano i passaggi da un compratore all'altro. Arrivo sempre in ritardo. Ho recuperato molte buone edizioni del Leopardi.  Me ne manca ancora una del 1824, “Le canzoni del conte Giacomo Leopardi“, stampate a Bologna dal Nobili. Le donò Giosuè Carducci alla regina Margherita, e mia nonna le fece regalo a me”.


venerdì 8 luglio 2016

Articolo su Re Umberto II

Il titolo sarebbe: "Storia. Vita elegiaca di Umberto II, il principe che s’oppose alla fuga dell’8 settembre". Abbiamo già da queste poche parole tutto da eccepire.
L'introduzione parla di "equilibrato saggio" di Oliva. E anche su questo abbiamo già detto tutte le nostre perplessità.
La cosa terribile è che credono anche di parlare bene del Re, in tal modo.
Lo staff


“Il migliore dei quattro Savoia regnanti” lo definì una volta lo storico inglese Denis Mack Smith sempre un po’ acido nei confronti dei sovrani (e degli altri cinquanta milioni e passa di sudditi) italiani. Umberto II di Savoia non fu Re per pochi giorni, come sembrerebbe indicare l’elegiaco titolo di “Re di Maggio”, ma sostanzialmente fu Capo di Stato per due delicatissimi anni. Ora un equilibrato saggio di Gianni Oliva racconta “Gli ultimi giorni della Monarchia” (“Gli ultimi giorni della Monarchia. Giugno 1946: quando l’Italia si scoprì repubblicana”, edizioni Mondadori).
La vittoria della Repubblica nel referendum non fu travolgente: una sostanziale parità. Mancavano all’appello i voti del Trentino e di Trieste, tagliati fuori dalla giurisdizione dello Stato italiano nel momento in cui il popolo fu convocato alle urne.  [...]

lunedì 4 luglio 2016

Band metal e legge salica: chi sono i giovani monarchici italiani

A Roma, pochi giorni prima del 70esimo anniversario del referendum istituzionale del 2 giugno, si è tenuta una manifestazione dell'Unione Monarchica Italiana intitolata "70 anni di repubblica: mandiamola in pensione! È viva la Monarchia!".

Ora, ovviamente sapevo che in Italia esistono ancora frange monarchiche, ma mi immaginavo che le loro riunioni fossero semplicemente occasioni per incontrarsi fra ultraottantenni con cognomi complicati i cui tris-tris-trisavoli facevano parte della signoria rurale e sparare con l'archibugio. In realtà visitando il loro sito e i loro social ho scoperto che sono piuttosto organizzati, e che l'Unione conta non solo più di 70.000 iscritti, ma anche una sezione giovanile.

Il Fronte Monarchico Giovanile , questo il suo nome, è composto da 20enni italiani che nel 2016, invece di progettare spedizioni a Gallipoli, auspicano una Restaurazione, il ritorno di quella che definiscono "monarchia 2.0", si battono per l'abrogazione dell'articolo 139…

[...]


sabato 2 luglio 2016

La Sinistra Sociale Monarchica - VII parte



Il motto di Cristoforo Colombo

Dice ad un certo punto la mozione congressuale della Sinistra Sociale Monarchica: « Il problema dei progressi del Comunismo in Italia è problema che non può risolversi se non dopo, o almeno contemporaneamente a quello posto dal prepotere capitalistico e dalle necessità di infrenarlo ». Prepotere nei fatti e prepotere nelle leggi; ma, prima e più pericoloso, prepotere nelle idee e nei costumi, anche da parte di tanta gente che con gli affari dal grande Capitalismo non ha alcun diretto legame di interessi.

Di contro a tutto ciò - al Capitalismo opprimente, al costume che ne deriva in ceti che non hanno alcun interesse proprio a solidarizzare con esso, come di fronte al Comunismo avanzante - noi dovremmo far nostro il moto auspicale di Cristoforo Colombo: «Andare ad Oriente per le vie di Occidente». Cioè: raggiungere quelle rivendicazioni sociali che il Comunismo dice di voler raggiungere, ma raggiungerle nell’ambito della nostra Civiltà, con i suoi mezzi e sopratutto con il suo spirito. Perciò noi stiamo politicamente, come suol dirsi, a Destra; ma non esitiamo a dichiararci di Sinistra, nella maniera più netta, in materia sociale ed economica. Che cosa ciò vuol dire? Facciamo alcuni esempi di capitale importanza.

Il diritto di proprietà, per esempio. E' indiscutibile che il diritto di proprietà privata è uno dei principi fondamentali non soltanto dell'attuale sistema economico-sociale, ma anche, e prima, del sistema di concetti giuridici che è caratteristico della nostra Civiltà, e, più su ancora, del nostro sistema di concetti morali. Ma ciò non significa che esso possa        o debba astringerci a qualsiasi sua pratica specificazione, cioè a qualsiasi tipo e modo di proprietà,        né si possa prescindere dal qualificarlo e   dall'intenderlo secondo le condizioni ed i bisogni dell'epoca nella quale viviamo. E' ormai pacifico, per esempio        che queste condizioni e con questi bisogni è incompatibile l'antico modo di intendere il diritto di proprietà come uno ius utendi at abutendi; è ormai generalmente accolto, almeno come enunciazione teoretica e come esigenza morale, il concetto di una funzione sociale della proprietà cui il diritto del proprietario apportato alla concezione classica dal pensiero cristiano; e, di fronte ai progressi della tecnica organizzativa deve soggiogare, che rappresenta il grande correttivo in questo campo, è ormai maturo il tempo per porre la questione sino a quel punto la proprietà anonima possa essere considerata proprietà privata, cioè sino a che punto il diritto di proprietà è separabile dalla responsabilità morale del proprietario e cioè dalla sua individua e individuabile personalità.

Peraltro sino a che tutto ciò non farà materia di analisi approfondite di carattere etico e di carattere giuridico che sfocino in una moderna disciplina giuridica del diritto di proprietà, esso rimarrà - almeno per chi avrà interesse di farlo rimanere tale - confondibile con il vecchio ius utendi et abutendi o dissolvibile nel labirinto impersonale delle anonime a catena e sarà impossibile difenderlo dalle accuse e dagli assalti che gli vengono portati contro, perché questa difesa è resa spesso difficile e talvolta impossibile allorché la si debba confondere con la difesa dei suoi abusi e di sue intollerabili applicazioni la cui condanna sorge con  assai ben chiara evidenza, da quelle stesse esigenze morali e da quella stessa natura umana sulle quali la difesa del diritto si fonda.

Gli esempi di ciò potrebbero essere, nell’attuale organizzazione sociale, innumerevoli; ma ne basti uno tratto dall'esperienza direttamente vissuta. V.A, manovale disoccupato e ammalato con moglie e tre bambini, in condizioni di povertà da ripetere ogni giorno  i pasti dell'organizzazione assistenziale dell'E.C.A.. viene sfrattato dalla camera che abita nel popolare rione di Trastevere a Roma. Nell'occuparsi della esigenza di questa famiglia di avere assegnato comunque un ricovero dalle pubbliche Autorità, si scopre per informazione avallata dalla Questura - che la sfrattante, proprietaria di parecchi altri simili locali. è una ricca commerciante al cui livello di vita la morosità necessaria della famiglia A. non porta alcun attentato, e che essa preme per ottenere la esecuzione forzata dello sfratto poiché ha già locata ad altri la camera abitata dalla famiglia A, perchè sia adibita a magazzino di merci e ad un canone mensile di circa sessanta mila lire. Ed ecco la questione: quid juris nel caso, concreto? Si tratta di esercizio del diritto di proprietà o di suo abuso? di atto legittimo o di speculazione usuraia sul bene del quale si è proprietarii? dove va a finire la funzione sociale della proprietà? E nei confronti (si noti) di un bene già largamente ammortizzato e prevalente il diritto alla casa della famiglia inquilina che, è vero, non può temporaneamente pagar l'affitto, ma altro tetto non è a fortiori in grado di procurarsi o è prevalente il diritto della proprietaria di togliere il al suo bene la destinazione di locale di abitazione e di adibirlo ad altri usi per ricavarne un plus-valore di speculazione? Tormentati e tormentati problemi, ma che è necessario risolvere, prima in sede morale e poi in sede giuridica, in maniera adeguata alle attuali condizioni spirituali, sociali e tecniche, alla attuale considerazione del bene comune della Comunità nazionale. E' necessario, perchè soltanto quando avremo risolto così, in spirito di Giustizia cristiana e nazionale, questi problemi, e quando avremo avuto insieme l'intelligenza e il coraggio di immettere queste loro soluzioni nella legislazione dello Stato, soltanto allora potremo difendere il diritto della proprietà privata a cuore tranquillo, con coscienza serena, in un clima di operante democrazia. Ma se questo non faremo, e non faremo con la conveniente sollecitudine nel tempo e con la indispensabile larghezza nelle idee, se continueremo a difendere il diritto di proprietà così come esso ha funzionato nel caso della commerciante e del disoccupato di Trastevere, dovremo ringraziare e deplorare soltanto noi stessi se la gente continuerà a votare in numero crescente per i comunisti sino a travolgere con quel voto non soltanto gli abusi ma il diritto, non soltanto le speculazioni ma la norma giusta, non soltanto le deviazioni dai principi ma i principi stessi.