Il motto di Cristoforo Colombo
Dice ad un
certo punto la mozione congressuale della Sinistra Sociale Monarchica: « Il
problema dei progressi del Comunismo in Italia è problema che non può
risolversi se non dopo, o almeno contemporaneamente a quello posto dal
prepotere capitalistico e dalle necessità di infrenarlo ». Prepotere nei fatti
e prepotere nelle leggi; ma, prima e più pericoloso, prepotere nelle idee e nei
costumi, anche da parte di tanta gente che con gli affari dal grande
Capitalismo non ha alcun diretto legame di interessi.
Di contro a tutto ciò - al Capitalismo opprimente, al
costume che ne deriva in ceti che non hanno alcun interesse proprio a
solidarizzare con esso, come di fronte al Comunismo avanzante - noi dovremmo
far nostro il moto auspicale di Cristoforo Colombo: «Andare ad Oriente per le
vie di Occidente». Cioè: raggiungere quelle rivendicazioni sociali che il
Comunismo dice di voler raggiungere, ma raggiungerle nell’ambito della nostra
Civiltà, con i suoi mezzi e sopratutto con il suo spirito. Perciò noi stiamo
politicamente, come suol dirsi, a Destra; ma non esitiamo a dichiararci di
Sinistra, nella maniera più netta, in materia sociale ed economica. Che cosa
ciò vuol dire? Facciamo alcuni esempi di capitale importanza.
Il diritto di proprietà, per esempio. E' indiscutibile che
il diritto di proprietà privata è uno dei principi fondamentali non soltanto
dell'attuale sistema economico-sociale, ma anche, e prima, del sistema di
concetti giuridici che è caratteristico della nostra Civiltà, e, più su ancora,
del nostro sistema di concetti morali. Ma ciò non significa che esso possa o debba astringerci a qualsiasi sua
pratica specificazione, cioè a qualsiasi tipo e modo di proprietà, né si possa prescindere dal qualificarlo
e dall'intenderlo secondo le condizioni
ed i bisogni dell'epoca nella quale viviamo. E' ormai pacifico, per esempio che queste condizioni e con questi
bisogni è incompatibile l'antico modo di intendere il diritto di proprietà come
uno ius utendi at abutendi; è ormai generalmente accolto, almeno come
enunciazione teoretica e come esigenza morale, il concetto di una funzione
sociale della proprietà cui il diritto del proprietario apportato alla
concezione classica dal pensiero cristiano; e, di fronte ai progressi della tecnica
organizzativa deve soggiogare, che rappresenta il grande correttivo in questo
campo, è ormai maturo il tempo per porre la questione sino a quel punto la
proprietà anonima possa essere considerata proprietà privata, cioè sino a che
punto il diritto di proprietà è separabile dalla responsabilità morale del
proprietario e cioè dalla sua individua e individuabile personalità.
Peraltro sino a che tutto ciò non farà materia di analisi
approfondite di carattere etico e di carattere giuridico che sfocino in una
moderna disciplina giuridica del diritto di proprietà, esso rimarrà - almeno
per chi avrà interesse di farlo rimanere tale - confondibile con il vecchio ius
utendi et abutendi o dissolvibile nel labirinto impersonale delle anonime a
catena e sarà impossibile difenderlo dalle accuse e dagli assalti che gli
vengono portati contro, perché questa difesa è resa spesso difficile e talvolta
impossibile allorché la si debba confondere con la difesa dei suoi abusi e di
sue intollerabili applicazioni la cui condanna sorge con assai ben chiara evidenza, da quelle stesse
esigenze morali e da quella stessa natura umana sulle quali la difesa del
diritto si fonda.
Gli esempi di ciò potrebbero essere, nell’attuale organizzazione
sociale, innumerevoli; ma ne basti uno tratto dall'esperienza direttamente
vissuta. V.A, manovale disoccupato e ammalato con moglie e tre bambini, in
condizioni di povertà da ripetere ogni giorno
i pasti dell'organizzazione assistenziale dell'E.C.A.. viene sfrattato
dalla camera che abita nel popolare rione di Trastevere a Roma. Nell'occuparsi
della esigenza di questa famiglia di avere assegnato comunque un ricovero dalle
pubbliche Autorità, si scopre per informazione avallata dalla Questura - che la
sfrattante, proprietaria di parecchi altri simili locali. è una ricca
commerciante al cui livello di vita la morosità necessaria della famiglia A.
non porta alcun attentato, e che essa preme per ottenere la esecuzione forzata
dello sfratto poiché ha già locata ad altri la camera abitata dalla famiglia A,
perchè sia adibita a magazzino di merci e ad un canone mensile di circa
sessanta mila lire. Ed ecco la questione: quid juris nel caso, concreto? Si
tratta di esercizio del diritto di proprietà o di suo abuso? di atto legittimo
o di speculazione usuraia sul bene del quale si è proprietarii? dove va a
finire la funzione sociale della proprietà? E nei confronti (si noti) di un
bene già largamente ammortizzato e prevalente il diritto alla casa della
famiglia inquilina che, è vero, non può temporaneamente pagar l'affitto, ma
altro tetto non è a fortiori in grado di procurarsi o è prevalente il diritto
della proprietaria di togliere il al suo bene la destinazione di locale di
abitazione e di adibirlo ad altri usi per ricavarne un plus-valore di speculazione?
Tormentati e tormentati problemi, ma che è necessario risolvere, prima in sede
morale e poi in sede giuridica, in maniera adeguata alle attuali condizioni
spirituali, sociali e tecniche, alla attuale considerazione del bene comune
della Comunità nazionale. E' necessario, perchè soltanto quando avremo risolto
così, in spirito di Giustizia cristiana e nazionale, questi problemi, e quando
avremo avuto insieme l'intelligenza e il coraggio di immettere queste loro
soluzioni nella legislazione dello Stato, soltanto allora potremo difendere il
diritto della proprietà privata a cuore tranquillo, con coscienza serena, in un
clima di operante democrazia. Ma se questo non faremo, e non faremo con la
conveniente sollecitudine nel tempo e con la indispensabile larghezza nelle
idee, se continueremo a difendere il diritto di proprietà così come esso ha
funzionato nel caso della commerciante e del disoccupato di Trastevere, dovremo
ringraziare e deplorare soltanto noi stessi se la gente continuerà a votare in
numero crescente per i comunisti sino a travolgere con quel voto non soltanto
gli abusi ma il diritto, non soltanto le speculazioni ma la norma giusta, non
soltanto le deviazioni dai principi ma i principi stessi.
Nessun commento:
Posta un commento