NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

sabato 2 luglio 2016

La Sinistra Sociale Monarchica - VII parte



Il motto di Cristoforo Colombo

Dice ad un certo punto la mozione congressuale della Sinistra Sociale Monarchica: « Il problema dei progressi del Comunismo in Italia è problema che non può risolversi se non dopo, o almeno contemporaneamente a quello posto dal prepotere capitalistico e dalle necessità di infrenarlo ». Prepotere nei fatti e prepotere nelle leggi; ma, prima e più pericoloso, prepotere nelle idee e nei costumi, anche da parte di tanta gente che con gli affari dal grande Capitalismo non ha alcun diretto legame di interessi.

Di contro a tutto ciò - al Capitalismo opprimente, al costume che ne deriva in ceti che non hanno alcun interesse proprio a solidarizzare con esso, come di fronte al Comunismo avanzante - noi dovremmo far nostro il moto auspicale di Cristoforo Colombo: «Andare ad Oriente per le vie di Occidente». Cioè: raggiungere quelle rivendicazioni sociali che il Comunismo dice di voler raggiungere, ma raggiungerle nell’ambito della nostra Civiltà, con i suoi mezzi e sopratutto con il suo spirito. Perciò noi stiamo politicamente, come suol dirsi, a Destra; ma non esitiamo a dichiararci di Sinistra, nella maniera più netta, in materia sociale ed economica. Che cosa ciò vuol dire? Facciamo alcuni esempi di capitale importanza.

Il diritto di proprietà, per esempio. E' indiscutibile che il diritto di proprietà privata è uno dei principi fondamentali non soltanto dell'attuale sistema economico-sociale, ma anche, e prima, del sistema di concetti giuridici che è caratteristico della nostra Civiltà, e, più su ancora, del nostro sistema di concetti morali. Ma ciò non significa che esso possa        o debba astringerci a qualsiasi sua pratica specificazione, cioè a qualsiasi tipo e modo di proprietà,        né si possa prescindere dal qualificarlo e   dall'intenderlo secondo le condizioni ed i bisogni dell'epoca nella quale viviamo. E' ormai pacifico, per esempio        che queste condizioni e con questi bisogni è incompatibile l'antico modo di intendere il diritto di proprietà come uno ius utendi at abutendi; è ormai generalmente accolto, almeno come enunciazione teoretica e come esigenza morale, il concetto di una funzione sociale della proprietà cui il diritto del proprietario apportato alla concezione classica dal pensiero cristiano; e, di fronte ai progressi della tecnica organizzativa deve soggiogare, che rappresenta il grande correttivo in questo campo, è ormai maturo il tempo per porre la questione sino a quel punto la proprietà anonima possa essere considerata proprietà privata, cioè sino a che punto il diritto di proprietà è separabile dalla responsabilità morale del proprietario e cioè dalla sua individua e individuabile personalità.

Peraltro sino a che tutto ciò non farà materia di analisi approfondite di carattere etico e di carattere giuridico che sfocino in una moderna disciplina giuridica del diritto di proprietà, esso rimarrà - almeno per chi avrà interesse di farlo rimanere tale - confondibile con il vecchio ius utendi et abutendi o dissolvibile nel labirinto impersonale delle anonime a catena e sarà impossibile difenderlo dalle accuse e dagli assalti che gli vengono portati contro, perché questa difesa è resa spesso difficile e talvolta impossibile allorché la si debba confondere con la difesa dei suoi abusi e di sue intollerabili applicazioni la cui condanna sorge con  assai ben chiara evidenza, da quelle stesse esigenze morali e da quella stessa natura umana sulle quali la difesa del diritto si fonda.

Gli esempi di ciò potrebbero essere, nell’attuale organizzazione sociale, innumerevoli; ma ne basti uno tratto dall'esperienza direttamente vissuta. V.A, manovale disoccupato e ammalato con moglie e tre bambini, in condizioni di povertà da ripetere ogni giorno  i pasti dell'organizzazione assistenziale dell'E.C.A.. viene sfrattato dalla camera che abita nel popolare rione di Trastevere a Roma. Nell'occuparsi della esigenza di questa famiglia di avere assegnato comunque un ricovero dalle pubbliche Autorità, si scopre per informazione avallata dalla Questura - che la sfrattante, proprietaria di parecchi altri simili locali. è una ricca commerciante al cui livello di vita la morosità necessaria della famiglia A. non porta alcun attentato, e che essa preme per ottenere la esecuzione forzata dello sfratto poiché ha già locata ad altri la camera abitata dalla famiglia A, perchè sia adibita a magazzino di merci e ad un canone mensile di circa sessanta mila lire. Ed ecco la questione: quid juris nel caso, concreto? Si tratta di esercizio del diritto di proprietà o di suo abuso? di atto legittimo o di speculazione usuraia sul bene del quale si è proprietarii? dove va a finire la funzione sociale della proprietà? E nei confronti (si noti) di un bene già largamente ammortizzato e prevalente il diritto alla casa della famiglia inquilina che, è vero, non può temporaneamente pagar l'affitto, ma altro tetto non è a fortiori in grado di procurarsi o è prevalente il diritto della proprietaria di togliere il al suo bene la destinazione di locale di abitazione e di adibirlo ad altri usi per ricavarne un plus-valore di speculazione? Tormentati e tormentati problemi, ma che è necessario risolvere, prima in sede morale e poi in sede giuridica, in maniera adeguata alle attuali condizioni spirituali, sociali e tecniche, alla attuale considerazione del bene comune della Comunità nazionale. E' necessario, perchè soltanto quando avremo risolto così, in spirito di Giustizia cristiana e nazionale, questi problemi, e quando avremo avuto insieme l'intelligenza e il coraggio di immettere queste loro soluzioni nella legislazione dello Stato, soltanto allora potremo difendere il diritto della proprietà privata a cuore tranquillo, con coscienza serena, in un clima di operante democrazia. Ma se questo non faremo, e non faremo con la conveniente sollecitudine nel tempo e con la indispensabile larghezza nelle idee, se continueremo a difendere il diritto di proprietà così come esso ha funzionato nel caso della commerciante e del disoccupato di Trastevere, dovremo ringraziare e deplorare soltanto noi stessi se la gente continuerà a votare in numero crescente per i comunisti sino a travolgere con quel voto non soltanto gli abusi ma il diritto, non soltanto le speculazioni ma la norma giusta, non soltanto le deviazioni dai principi ma i principi stessi.

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