NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

lunedì 31 marzo 2014

Amedeo IX di Savoia Il Re che servì i poveri per costruire la pace

Da www.avvenire.it
Il santo del 30 Marzo

Amate i poveri e Dio vi garantirà la pace: è questa l'eredità spirituale lasciata dal beato Amedeo IX di Savoia. Un testimone della fede nobile, un sovrano che non disdegnò nemmeno da duca la compagnia degli ultimi, degli affamati, che alle volte sedevano alla sua mensa.
Era nato nel 1435 in Alta Savoia, il padre era Ludovico I di Savoia, dal quale nel 1464 ereditò il ducato. Nel 1452 sposò in un matrimonio combinato Jolanda di Valois, figlia del re di Francia: i due trovarono profonda affinità soprattutto nella scelta di vivere secondo il Vangelo, ma senza per questo rinunciare alle responsabilità di governo, ed ebbero otto figli.
Amedeo condusse una vita austera e, segnato dall'epilessia, morì nel 1472 a Vercelli.

domenica 30 marzo 2014

Intervista del 1947 a Re Umberto II

Famiglia Reale in esilio. Estoril. Umberto II e i principini osservano un pescatore che aggiusta le reti. 
Foto di Patellani Federico. www.lombardiabeniculturali.it 
















Un'intervista del 1947 sul sito dedicato a Re Umberto II. Il Re non ancora a Cascais, la famiglia Reale ancora sotto lo stesso tetto, la Regina che prepara il suo trasferimento. Giudizi poco lusinghieri nei confronti di Badoglio.

Varese, Guardie del Pantheon a Villa Mirabello

Il comandante D'Atri in un momento della cerimonia
Una cerimonia che si è svolta a Villa Mirabello, ora sede dei Civici Musei di Varese. Sul muro esterno una vecchia lapide scolorita, dimenticata, che evoca l’arrivo di Vittorio Emanuele II nella città giardino: questa mattina è stata scoperta una targa esplicativa che riproduce il testo della lapide rendendolo leggibile. Una cerimonia che ha visto, su insegne, sulle divise, sui distintivi, il simbolo dei Savoia.
Protagoniste della cerimonia i rappresentanti dell’Istituto Nazionale per la Guardia d’onore alle reali tombe del Pantheon. Delegazioni di Bergamo, di Milano e, soprattutto, di Varese. Poi garibaldini in armi, fanfara dei bersaglieri di Vergiate, rappresentanti delle associazioni d’arma. A rappresentare il Comune di Varese, che ha patrocinato l’iniziativa, l’assessore di Forza Italia, Simone Longhini.
[...]
http://www.varesereport.it/2014/03/29/varese-guardie-del-pantheon-a-villa-mirabello-gonfalone-del-comune/

mercoledì 26 marzo 2014

Dittatura e monarchia, intervista a Fisichella

di Marco Bertoncini
Il nuovo volume di Domenico Fisichella, “Dittatura e monarchia. L’Italia tra le due guerre” (Carocci ed., pagg. 416, € 22), è da poco nelle librerie. Cattedratico di scienza della politica, dottrina dello Stato e storia delle dottrine politiche a Firenze, Roma “La Sapienza” e Luiss, Fisichella ha unito a una lunga carriera accademica un’ampia esperienza politica e istituzionale come senatore per quattro legislature, ministro per i Beni culturali e ambientali, vicepresidente del Senato per dieci anni. Per decenni editorialista di grandi quotidiani (La Nazione, Il Tempo, Il Sole 24 Ore, Il Messaggero), Fisichella è autore di una lunga serie di volumi tradotti in più lingue.
Il Regno d’Italia nasce liberale nel 1861 e si sviluppa in chiave liberal-democratica. Poi, nel 1922, si avvia la dittatura. Come mai?
Il problema di tale transizione è complesso, e nel libro è affrontato a livello sia di politica internazionale sia di politica interna. Sul primo terreno, si deve ricordare che la Grande Guerra ha dato luogo a un profondo rivolgimento dell’intero equilibrio europeo, con la fine degli Imperi tedesco, austro-ungarico, russo e anche ottomano. L’Italia, potenza vincitrice nel conflitto, ne risente in ragione della “vittoria mutilata” e quindi pure per i rapporti con gli alleati, specie francese e inglese. Sul piano interno, già da tempo, prima soprattutto a sinistra poi anche a destra, erano emerse suggestioni e spinte antiparlamentari, che gli eventi post-bellici e le violenze acuiscono e approfondiscono, in un quadro ove il disagio sociale estremizza i comportamenti collettivi.
[..]

martedì 25 marzo 2014

Il Regno d'Italia da Brindisi a Salerno: 8 Settembre 1943 - 4 Giugno 1944

Salerno  diventa  “Capitale”

Con  Salerno, capitale  d’Italia, anche  il  governo  dei  “sottosegretari” fu  trasformato  in  un  nuovo  governo  di  “Ministri”, dopo  la  necessaria  revoca  sovrana  dei  ministri  del  Gabinetto  costituito  da  Badoglio  dopo  il  25  luglio, “riconoscendo  che  essi  si  trovavano  nella  impossibilità  di  esercitare  le  loro  funzioni”,  mantenendo  come  ministri  quasi  tutti  i  precedenti  sottosegretari, ma  con  l’ingresso  dell’avvocato  Falcone  Lucifero, il  futuro  Ministro  della  Real  Casa, al  Ministero  dell’Agricoltura. Veniva   ricostituito  l‘8  febbraio, l ‘ Ufficio  Stampa, diretto  da  Nino  Bolla, brillante  scrittore  e  polemista, al  quale  si  devono  nel  dopoguerra  due  importanti  libri  sui  “Colloqui  con  Vittorio  Emanuele  III“  e  “Colloqui  con  Umberto  II”, ed  il  14  marzo, giornata  importante  anche  per  un  altro  evento  sul  quale  ci  soffermeremo   successivamente, usciva  “Il  Corriere”, quotidiano  ufficioso  governativo, diretto  nominalmente  da  Ugo  Scaramella, ma  effettivamente  da  Nino  Bolla, che nel  primo  numero  pubblicava  un  articolo  di  Badoglio, che  onestamente diceva: “Ci  si  potrà  fare  critiche  di  ogni  genere  perché  solo  chi  opera  può  commettere  errori,  ma  nessuno  potrà  mettere  in  dubbio  il  nostro  immenso  lavoro  per  questa  dilaniata  Italia…”.
L'eruzione del Vesuvio del 1944
Avevamo  detto  che  le  forze  antifasciste  preparavano  a  Bari  il  loro  Congresso, per  il  28  e 29 gennaio, assise  nella  quale  prevalevano  nettamente  gli  avversari  non  solo  del  Re, ma  della  stessa  istituzione  monarchica, per  cui  il  suo  svolgimento  non  fece  che  confermare  la  posizione  di  intransigenza  dei  partiti  per  l’ immediata  abdicazione  del  Re, ed  i  discorsi  più  infiammati  furono  quelli  degli  “azionisti”  Alberto  Cianca  ed  Adolfo  Omodeo, e  del  conte  Sforza. Il  liberale  Arangio  Ruiz, fu  il  più  moderato, riuscendo  nella  sua  relazione  a  non  nominare  il  Principe  Umberto,  e  di  accennare  invece  alla   distinzione  tra  la  persona  del  Sovrano  e  la  Monarchia, ed  il  democristiano  Rodinò, fu  il  solo, con  Benedetto  Croce   a  dire : ”Ai  soldati, o  signori, a  questi  fanti  che sono  morti  nell’ adempimento  di  un  loro  dovere, vada  il  nostro  pensiero  grato  e riconoscente”. Quanto  a  Croce, il  pontefice  laico  della  libertà, che ironicamente  gli  universitari  cattolici su  di  un  loro  giornale, chiamarono  Benedetto  XVI° (sic ), tenne  pure  l’unico  discorso  degno  di  questo  nome, pur  associandosi  anche  lui  alla  richiesta  di  abdicazione  del  Re.
Sempre  a  proposito  di  congressi, pochi  giorni  prima, egualmente  a  Bari, il  5 gennaio, si  era  tenuto  il  congresso  del  Partito  Democratico  Liberale, dei  De Caro, Perrone  Capano, confluiti  successivamente  nel  P.L.I., Caramia, che  troveremo  nel  P.N.M., ed  anche  Deputato  dello  stesso, unico  partito  di  convincimenti  monarchici  ed  al  di  fuori  dell’ esarchia, ed  il  25  gennaio, a  Taranto , un  congresso  dei  Combattenti  della  Puglia  e  Campania, con  discorsi   patriottici  e  monarchici, un  intervento  di  De Caro  e  l’adesione  di  Badoglio  e  Messe  e  la  nomina  a  Commissario  dell’ Associazione  Nazionale  Combattenti, del  generale  Niccolò  Giacchi, che  aveva  passato  avventurosamente  le  linee  per  raggiungere  il  Re  ed  il  Governo.
Con  il  trasferimento  della  capitale  a  Salerno, anche  i  Reali  lasciavano  le  semplici  stanze  occupate  a  Brindisi  e  prendevano  alloggio  a  Ravello, nella  villa  di  Sangro, ed  il  Re, con  il  Principe, riprendevano  le  visite  di  ispezione  nella  zona  del  fronte, dove  erano  i  soldati  del  Corpo  Italiano  di  Liberazione, che   era  la  nuova  denominazione  delle  forze  combattenti, dopo  l’esperienza  del  Primo  Raggruppamento  Motorizzato, e che  avevano  raggiunto  la  ragguardevole  cifra  di  21.000  soldati, comandati  dal  generale  Umberto  Utili. In  questo  periodo  o  meglio  in  quello  successivo, quando  già  si  profilava  la  Luogotenenza, si  inserisce  un  aneddoto, raccontatomi  dal  Ministro  Lucifero, che  una  mattina, dovendosi  recare  a  Salerno, al  suo  ufficio , in  quanto  uffici  e  residenze  erano  sparpagliate  per  la  Campania, rimasto  in  “panne”,con  la  sua  automobile, vide  sopraggiungere  un  altro  autoveicolo, che  si  fermò  a  soccorrerlo  e  sul  quale  era  il  Re. Alle  prime  ripulse  di  Lucifero  che  non  voleva  recare  disturbo  al  Re, il  Re  quasi  lo  obbligò  a   salire   al  suo  fianco, dicendo  una  frase   molto  amara   “salga  che  lo  accompagno  io  a  Salerno, così  sarò  stato  utile  in  qualche  cosa”.
Riguardo  ai  militari, agli  stessi, nella  campagna  antimonarchica, non  erano  stati  risparmiati  dalle  sinistre, violenti  attacchi , specie  nei  confronti  dei  vertici  con  termini  ignominiosi, per  cui  corre  l’obbligo  morale  e  storico  di  ricordare, come  giustamente  rileva  Domenico  Bartoli, nel  suo  libro  “L’Italia  si  arrende”, che  dopo  l’ 8 settembre: ”…gli  alti  gradi  dell’ Esercito (generali, colonnelli, stato maggiore), subirono  gravissime  perdite , le  più  alte in  proporzione  al  numero. Otto  generali  caddero  nei  giorni  dell’ armistizio. A  loro  si può  aggiungere  il  Maresciallo  d’Italia  Cavallero. Tre  furono  trucidati  alle  Fosse  Ardeatine, …l’ ultra  decorato  generale  Simoni ,  Ferulli  ed  Artale , nonché  i  tenenti  colonnello  Montezemolo  e  Frignani. Altri  due  generali  furono  uccisi  nella  resistenza  (Perotti  e  Dodi). Altri   sei   vennero  ferocemente  soppressi  dalla  scorta  tedesca  durante  una  terribile  marcia  di  trasferimento  dai  campi  di  prigionia..”  e  ad essi vanno  aggiunti  quattro  ammiragli. Per  tutti  o  quasi, dice  sempre  Bartoli, fu  dominante  l’ impegno  del  giuramento  prestato  al  Re. “ E’  ingiusto  dire, dunque, come  spesso  si  dice, che  gli  alti  gradi  non  abbiano  subito  le  conseguenze  della  tragedia”.
Tornando  alla   retrocessione  di tutte  le  province  meridionali  al  Governo  Badoglio, questa  nuova  responsabilità, anche  se  auspicata  e  richiesta, creava  problemi  gravissimi  in  tutti  i  settori, specie  per  le  difficoltà  economiche,  alimentari  e   sanitarie, che  affliggevano  la  popolazione, insieme  con  la  distruzione  delle  case  di  abitazione, i  crolli  di  ponti, il dissesto  delle  strade  e  delle  linee ferroviarie, che  rendevano  difficili  trasporti  e  comunicazioni, la  perdita  di  valore  della  moneta, ed  infine  rivolte  contadine  e  cittadine, nelle  quali  si  distinguevano  i  comunisti, come  ad  esempio  a  Sassari, dove  tra  gli  attivisti  scesi  in  piazza, vi  era  un  giovane, Enrico  Berlinguer, arrestato  e  condannato a tre  mesi  di carcere, ed  anche  congiure  neofasciste, e  fatto  ancora  più  grave, l’ esplosione  in  Sicilia, di  tendenze  separatiste, con  la  necessaria  nomina da  parte  governativa  di un Alto  Commissario  per  la  Sicilia.
Il  successivo  mese  di  marzo  del  1944  è  talmente  ricco  di  avvenimenti  di  ogni  genere  da  meritare  una  attenzione  ed  una  descrizione  particolareggiata. La  sera  del  3  marzo  una  strana  comunicazione  di  Radio  Londra, dava  notizia  di  una  conferenza  stampa  di  Roosevelt, nella  quale  il  Presidente  degli  Stati  Uniti, parlava  di  una  parte  della  flotta  italiana  da  mettere  a disposizione  dell’ Unione  Sovietica. La  reazione  del  nostro  Governo  fu  veramente  esemplare: richiesta  immediata  di  chiarimenti  o dimissioni  del  Governo  stesso  senza  che  il  Re  ne  nominasse  un  altro. Questa  notizia  infatti  colpiva  al  cuore  la  Regia  Marina, l’ arma  che, in  occasione  dell’ armistizio  aveva  dato  la  più  alta  prova  di  fedeltà  al  giuramento,  e  che  per  prima  aveva  iniziato  la  collaborazione  con  la  flotta  inglese. Era  sconvolgente  compromettere  così  tutto  il  lavoro  ed  i  sacrifici  svolto  dalle  forze  armate  e  dal  governo  dopo  l’ armistizio! Finalmente  il  10  marzo, l’ ammiraglio  Stone , piombava  a  Salerno, mentre  era  in  corso   un  Consiglio  dei  Ministri, per  precisare  che  la  dichiarazione  di  Roosevelt  era  stata  mal  riportata e che  nessun  cambiamento  era  previsto  per  le  nostre  navi. A  questo  successo  del  Governo  Badoglio  per  la   sua  ferma  e  pronta  reazione, della  quale, una  volta  tanto, diedero  atto  anche  i  partiti  dell’esarchia, seguiva  dopo  quattro  giorni, il  14  marzo, la  comunicazione  della  Presidenza  del  Consiglio  del  ristabilimento  delle  relazioni   diplomatiche  dirette  fra  “l’Unione  delle  Repubbliche  Socialiste  Sovietiche  ed  il  Regio  Governo  Italiano. In  conformità  a  tale  decisione   sarà  proceduto  fra  i   due  Governi  senza  indugio  allo  scambio  di  Rappresentanti  muniti  dello  statuto  diplomatico  d’uso”, rappresentanti  che  per  l’ URSS  fu  Kostilev  e  per  l’Italia, l’ambasciatore  Quaroni. Si  suggellava  così  una  operazione  condotta  dal  nostro  Prunas, che  prendeva  questa  volta  di  sorpresa  gli  angloamericani  e  che  collegata  al  discorso  di  Ercole  Ercoli, alias  Palmiro  Togliatti, del  successivo  31  marzo, il  discorso  della  “svolta di  Salerno“, dimostrava  l’ intelligenza  della  grande  strategia  politica  sovietica   per  porre  piede  in  Italia, rilanciando   così  il  partito  ad  essa  legato, e  dalla  stessa finanziato,  come  un  grande  partito  “nazionale“.
Abbiamo  parlato  del  3, del  10, del  14  e  31  marzo , ma  vi  erano  altri  gravi  avvenimenti, questa  volta  non  politici,come  la  tragedia  di  un  treno  a  carbone, stracarico  di  viaggiatori, fermatosi  in  una   galleria  verso  Potenza, dove  morirono, soffocate  dal  fumo, 426  persone, ed  il   19  marzo, l’eruzione  del  Vesuvio, l’ ultima  fino  ad  oggi, durata fino  al  29, con  torrenti  di lava, emissione di  ceneri  e lapilli, giunti  fino  a   Torre del  Greco, Vietri  e  Torre  Annunziata, ed  anche  Salerno,  con  il Re  ed  il  Principe  Umberto, che  si  recarono  subito  sul  posto, nello  spirito  di  quella  tradizione  sabauda, che  aveva  visto  sempre   i  Re, accorrere  per  primi  a  portare  la  propria  solidarietà  alle  popolazioni  colpite, dovunque  fosse  avvenuta  una  sciagura. 
Nel  frattempo  anche  il  doloroso  problema  dell’ abdicazione  del  Re , stava  trovando  una  soluzione  di  compromesso  grazie  all’opera  di  Enrico  De Nicola, già   Presidente  della  Camera  dal  1921  al  1924, personalità  di  indubbia  competenza   e  capacità  giuridica  e  di  grande  prestigio, che  non  essendosi  confuso  nel  “ tolle, tolle“  degli altri  uomini  politici, Croce  compreso, nei  riguardi  del  Sovrano, poteva  avere  accesso   da  Vittorio  Emanuele, e  la  soluzione  proposta  era  quella, non  dell’ abdicazione, ma  di  un  regime  luogotenenziale, da  affidare  al  Principe  Ereditario  Umberto, con  conseguente  ritiro  a vita  privata  del  Re.
La  soluzione  della  Luogotenenza, insieme  con  il  discorso  di  Togliatti , non  più  Ercoli, poteva  così  portare  a  quell’ allargamento  del  governo  agli  esponenti  dei  partiti  del  CLN, che  sarebbe  stato  raggiunto  entro  pochi  giorni.  Ma  cosa  aveva  detto  Togliatti  il  31  marzo  e  ribadito  il  14  aprile  di  così   sconvolgente? Aveva  detto  quello  che  da  tempo  avrebbero  dovuto  dire  gli  uomini  del  CLN, in  primo  luogo  i  liberali  ed  i  democristiani, cioè  che : “ogni  questione  d’ indole  interna, anche  quella  dell’ epurazione, doveva  essere  subordinata  alla  necessità  bellica”  e che  il fine  immediato  dei  comunisti (!!), doveva  essere  la  formazione  di un  governo  di  unità  nazionale, per   incrementare  lo sforzo  bellico  dell’Italia, anche con  il  Re  e  Badoglio! Ed  il  Re, proprio  il 12  aprile, dopo  un  incontro-scontro  con  i  rappresentanti  angloamericani, aveva  comunicato  ufficialmente, con  un  messaggio  agli  italiani, trasmesso  dalla  radio, la  sua  volontà  di  ritirarsi  dalla  vita  pubblica, il giorno  in  cui  Roma, la  Capitale, sarebbe  stata  liberata. Degli  Espinosa  descrive  con  parole  commosse  l’evento, commozione  che  aveva  preso  anche  il  maresciallo  Badoglio, mentre  il  Re “… non  violava  le  norme di  quella  discreta   dignità  che   impone  il  silenzio  e  la  compostezza  ai  momenti  più  drammatici.”

Il  messaggio  così  diceva: “Il  popolo  italiano  sa  che  sono  sempre  stato  al  suo fianco  nelle  ore  gravi  e nelle  ore  liete. Sa  che  otto  mesi  or  sono  ho  posto  fine  al  regime fascista  e  ho  portato  l’ Italia, nonostante  ogni  pericolo  o rischio, a  fianco  delle  Nazioni  Unite, nella  lotta  di  liberazione  contro  il  nazismo. L‘Esercito, la  Marina  e  l’ Aviazione, rispondendo  al  mio  appello, si  battono  intrepidamente  contro  il  nemico  a fianco  delle  truppe  alleate. Il  nostro   contributo  alla  vittoria  è, e sarà, progressivamente  più  grande. Verrà  il giorno  in  cui, guarite  le  nostre  profonde  ferite, riprenderemo  il  nostro  posto , da  popolo  libero  accanto  a  nazioni  libere. Ponendo  in  atto  quanto  ho  già  comunicato  agli  alleati ed  al  mio  governo, ho  deciso  di ritirarmi  dalla  vita  pubblica  nominando  Luogotenente  Generale,  mio  figlio  Principe  di  Piemonte . Tale  nomina  diventerà  effettiva, mediante  il  passaggio  materiale  dei  poteri, lo  stesso  giorno  in  cui  le  truppe  alleate entreranno  in Roma. Questa  mia  decisione, che  ho  ferma  fiducia  faciliterà  l’ unità  nazionale, è  definitiva  ed  irrevocabile.”

martedì 18 marzo 2014

24 Marzo 1983 - Il mio viaggio a Hautecombe.

di Costantino Lucatelli
"L'annuncio della morte del Sovrano mi sopraggiunge via radio nel tardo pomeriggio e allo sgomento per la notizia che non avrei mai voluto sentire, mi assalì anche una grande commozione.
Mi sentivo smarrito, perché Hautecombe era lontana e difficile da raggiungere, ma a tutti i costi volevo essere presente alle esequie del Re. Fui raggiunto per telefono, mi si avvertiva che dei pullman partivano da Roma e mi precipitai alla cieca senza sapere se avrei trovato posto.
Era notte fonda quando a Piazza Esedra mi mischiai ai tanti giovani e anziani che si apprestavano a fare quel lungo viaggio e come dichiarai alla TV presente, ero disposto a fare "anche a piedi".
La notte insonne trascorse fra mesti commenti e canti patriottici. Arrivammo all'Abbazia di Hautecombe nel primo pomeriggio e subito mi prostrai con evidente commozione davanti al mio Re adagiato in una semplice bara con indosso la Sua ultima divisa da militare del Regio Esercito Italiano.
Una grande folla continuava incessante ad invadere l'area antistante all'Abbazia e tanta era la gente che il protocollo accuratamente preparato saltò e il cancello fu spalancato dall'impeto dei tanti Italiani che non volevano che si frapponessero ostacoli fra il popolo ed il loro Re.
La cerimonia funebre fu seguita in religioso silenzio con il canto dei monaci che aleggiava sopra la folla e si disperdeva nei boschi e sulle acque del lago Bourget, mentre una fitta pioggia irrorava la folla mischiandosi alle tante lacrime.
Finito il rito funebre, incominciò il lungo e mesto corteo, che sotto la pioggia sempre più forte si snodò per circa tre Km, tanta era la distanza che ci separava dai pullman; non si sentiva un benché minimo lamento, ma solo i lenti passi che esaltavano la Fede di quanti hanno avuto la fortuna di essere stati ad Altacomba per onorare il nostro Re Umberto ll°."

Questa è la mia storia e di tutti i presenti ad Altacomba che chiedono un atto di Riconciliazione con la nostra Storia Nazionale, attraverso una degna sepoltura al Pantheon di Roma, del Re Umberto ll°, della Regina Maria Josè, di Re Vittorio Emanuele lll° e della Regina Elena.

L'Ultimo Re

Umberto II di Savoia, il re di maggio, l'ultimo re d'Italia, su Mix24 la storia a cura di Marina Milone racconta di una figura controversa...


Umberto II di Savoia, il re di maggio, l'ultimo re d'Italia, su Mix24 la storia a cura di Marina Milone racconta di una figura controversa, travolta dalle colpe di casa Savoia e dall'incalzare della tragedia. Per la casa reale quello con il regime fascista infatti è stato un vero e proprio patto con il 

diavolo: le leggi razziali e la catastrofe della guerra a fianco a Hitler sono il sigillo di un infamia incancellabile. Un giudizio che nemmeno la caduta del regime fascista, il 25 luglio del 43 e l'armistizio dell'8 settembre riusciranno mai ad attenuare. E poi la fuga da Roma di Vittorio Emanuele III e della corte che lascia il paese e l'esercito in balia dell'esercito tedesco. Lo stesso Re Umberto confermerà in una intervista a Nicola Caracciolo che fu un errore lasciare Roma in quel modo. Questi e tanti altri i nodi della vita dell'Ultimo Re d'Italia. Una puntata di Carlotta Bernabei e Sergio Leszczynsky.


Interessante il file Audio che ci fa ascoltare la voce del Sovrano in esilio.
Ovviamente per noi la figura di Re Umberto II è tutt'altro che controversa. E' invece la figura luminosa di un Re che sacrificò se stesso e la Dinastia che aveva fatto l'Italia per evitare una nuova guerra civile.
A quel Re, di cui oggi ricorrono i trentun anni della morte, il nostro affettuoso ricordo.

giovedì 13 marzo 2014

Il viaggio del Re Umberto II negli Stati Uniti d’America


SALA UNO
nel cortile della Casa Salesiana
San Giovanni Bosco
con ingresso in Via Marsala 42
(vicino Stazione Termini)

Roma

ORA INIZIO CONFERENZE: 10,45


16 marzo 2014



Il viaggio del Re Umberto II negli Stati Uniti d’America



giovedì 6 marzo 2014

Il Regno d'Italia da Brindisi a Salerno: 8 Settembre 1943 - 4 Giugno 1944

Il   Governo  dei  “ Sottosegretari  di  Stato”

Se  questo  era  il  difficile  panorama  politico Badoglio, d’ accordo  con  il  Re, si  muoveva  egualmente  per  ridare  una  struttura  al  suo  governo, che  privo  dei  ministri, che  non  si  erano  potuti  trasferire  a  Brindisi, aveva  potuto   contare  solo  sui  ministri  militari  e  per  i  problemi  interni  sul  Prefetto  Innocenti, richiamato  dalla  sua  sede  di  Taranto e  per  gli  affari  esteri  sul  diplomatico  Prunas, fatto  rientrare  da  Lisbona, rivelatisi  entrambi  energici, fattivi  e  competenti. Nasceva  così , il  16  novembre  il  governo  detto  “dei  Sottosegretari” in  quanto, nominalmente  si  ritenevano  ancora  in  carica   i  Ministri  del  Governo  del  25  luglio, dopo  che  il  Re, nei  giorni  precedenti  si  era  recato  a  Napoli  e  ad  Avellino, dove  aveva  passato  in  rassegna  i  militari  italiani  del   “Primo  Raggruppamento  Motorizzato”, fatto  oggetto  anche  qui  da  manifestazioni  di  entusiasmo  e  di  affetto  della  popolazione, e l’11 novembre, suo  giorno  genetliaco, i  palazzi  di  Bari  erano  apparsi  imbandierati, confermando  la  divaricazione  tra  l’ effettivo  sentimento  della  popolazione, che  ebbe  la  sua  conferma  due  anni  dopo, nel  referendum  istituzionale  dove  il  Sud  dette   una  schiacciante  maggioranza  alla  Monarchia, e  la  presunta  rappresentanza  popolare  dei  sei  partiti  riuniti  nel  Comitato  di  Liberazione.
I  sei  partiti  erano  il  Partito Liberale, la  Democrazia  Cristiana, la  Democrazia  del Lavoro, il  Partito  Socialista, il  Partito  Comunista  ed  il  Partito  d’ Azione, il  quale  ultimo  riuniva  numerosi  intellettuali  antifascisti, anche  nobili, come  un Caracciolo, (progenitore  dei  “radical  chic”) che  si  autoqualificavano  come  coscienza  critica  rivoluzionaria, ed  era  il  più  accanito  contro  il Re, la  Monarchia e  Badoglio, anche  se  poi  nella  verifica  elettorale  della  elezione  della  Costituente  nel  1946, avrebbe  dimostrato  la  sua  misera  base  elettorale, partito  però  in  quel  periodo  tra  i  più  attivi  ed  il  cui  spirito  giacobino, l’ azionismo, trasmigrò  successivamente  nei  partiti  socialista  e  repubblicano, spirito  che  oggi  possiamo  ancora  ritrovare  in  persone  come  Rodotà  e  Flores  d’  Arcais.
Con  il  governo  dei  “sottosegretari”  veniva  a  sentirsi  maggiormente  la  necessità  di  uffici  adeguati, sia  pure  disseminati  nelle  località  più  disparate  della  Puglia. Quanto  ai nomi, oltre  ai  militari  e  ad  alcuni  tecnici, vi  erano  anche  diversi  uomini  politici, al  di  fuori  dell’ Esarchia, termine  con  il  quale  venivano  chiamati  i  sei  partiti  del  CLN, quali  gli  ex  deputati  Vito  Reale, agli  Interni, Raffaele  De  Caro, ai  Lavori  Pubblici, con  a  capo  della  sua  segreteria, un  giovane  professore  ed  ufficiale  di aviazione, Alfredo  Covelli, Giovanni  Cuomo  alla  Pubblica  Istruzione  ed  un  noto  economista, il  prof. Epicarmo  Corbino, all’ Industria  e  Commercio, ed  un  industriale , di  origini  ebraiche, l’ing. Mario  Fano, alle  Poste  e  Telegrafi. Si  rafforzava  anche  la  struttura  di  Radio  Bari, con  alcuni  giornalisti  e  scrittori  noti  come  Alba  De  Cespedes, Diego  Calcagno, che  nel  dopoguerra  collaborò  con  “Il  Tempo” , di Renato  Angiolillo, firmandosi  don  Diego, Antonietta  Drago, il  conte  Boccabianca, che  usavano  tutti  dei  soprannomi  o  dei  nomi  fittizi, per  non  creare  problemi  ai  loro  parenti  e familiari, rimasti  a  Roma  o  in  altre  località  occupate  dai  tedeschi, ed  un  giovane  Ludovico  Greco, che ritroveremo  poi  nel  Partito  Nazionale  Monarchico, di  cui  fu  pure  senatore,   e  dalla  Radio  veniva  lanciata  una  nuova  trasmissione  serale, alle  23, chiamata  “ Italia  combatte “, che  dava  notizie  quotidiane  sulle  operazioni  militari. Veniva  anche  strutturato  un  Ufficio  Stampa, con  a   capo  un  giornalista  ed  uomo  politico  spregiudicato  e  pieno  di  iniziative, Filippo  Naldi.
Così  ristrutturati  alcuni  servizi  ed  il  Governo, riprendevano  i  Consigli  dei  Ministri, dopo  aver  conferito  ai  Sottosegretari  la  potestà  di  partecipare, in  prima persona, al  Consiglio  ed  effettuate  altre  modifiche  formali, ma  indispensabili, per  consentire  il  funzionamento  degli  uffici  ministeriali  e  la  validità  degli  atti. Nella  prima  riunione  di  carattere  programmatico, del  24  novembre, venivano  definiti  i  punti  relativi  alla  “defascistizzazione“  dello  Stato,   dopo  i  già  importantissimi  Decreti   che  erano   stati  emanati  tra  il  25  luglio  e  l’ 8  settembre,  per  cui  via  via  seguivano  i  decreti  di  soppressione  della  Milizia (6 dicembre), la  riammissione  in   servizio  degli  impiegati  licenziati  per  motivi  politici (6  gennaio  1944), l’ importantissima  abrogazione  di  tutta  la  legislazione  razziale, con  la  conseguente  reintegrazione  degli  ebrei  in  tutti  i  diritti  civili, politici  e  patrimoniali (20  gennaio 1944)  e  la  istituzione  di  una  Commissione  per  l’ Epurazione (23  gennaio 1944), alla  quale  fu  preposto  dopo  alcuni  giorni, come  Alto  Commissario , l’ ex  deputato  Tito  Zaniboni, socialista , che  fu  messo  “all’ indice“  dal  suo  partito per  aver   accettato  di collaborare  con  il  governo  del  Re!
Tutta  questa  attività  legislativa  e  la  presenza  di  personalità  notoriamente  antifasciste, non  soddisfacevano  i  partiti  dell’ esarchia, vedi  il  caso  Zaniboni, i  quali  proseguivano  la  loro  virulenta  campagna  per  l’ abdicazione , se  non  addirittura  per  il  “suicidio“ ( sic ) del  Re , con  una  inaudita  violenza  verbale  ed  una  sguaiataggine  tale  che  lo  stesso  Capo  dell’ Ufficio  Stampa  Interalleato, colonnello  Munro, ritenne  opportuno  intervenire, inviando  una  circolare  ai  direttori  dei  giornali, dove  si  diceva: “…non  saranno  più  permesse  le  incitazioni  all’ odio  di  classe, gli  epiteti  volgari, le  accuse  anonime, le  insinuazioni, i  malevoli  sottintesi, le denigrazioni  personali, le  accuse  in  malafede, le  minacce... Non  sarà  consentita  alcuna  critica  lesiva  dell’ onore  e  della  buona  fede  dei  militari  italiani  di  qualsiasi  grado, che  combattono  e  cooperano  con  le  forze  alleate. Circolare  che  non  era  un  attacco  alla  libertà  di  stampa, provenendo   da  un  uomo  rappresentante  di  un  paese  dove  la  libertà  di  stampa  era  sacra, ma  uno  schiaffo  a  questi  giornalisti  italiani, dispiace  doverli  così  nominare , che  non  avevano  rispetto  per  la  dignità  e  libertà  altrui, costume  perpretatosi  negli  anni  successivi   particolarmente  ad  opera  della  stampa  social comunista, essendosi  dissolta  poco  dopo  il  1946  la  stampa  azionista, che  fino  ad  allora  era  stata  la  prima nella  violenza  degli  attacchi .
Nel  frattempo  anche  nelle  Forze  Amate,  erano  intervenuti  due  importanti  cambiamenti  ai  vertici, con  l’uscita  di  scena  dei  generali  Ambrosio   e  Roatta,  e  l’insediamento  del  Maresciallo  Messe, fatto rientrare  appositamente  dalla  prigionia,  come  Capo  di  Stato  Maggiore  Generale, e  del  generale  Berardi, quale  Capo  di  Stato  Maggiore  dell’ Esercito, esercito  che, con  il  Primo  Raggruppamento  Motorizzato  aveva  avuto  il  suo  battesimo  del fuoco, a  fianco  degli  angloamericani,  con  l’ attacco   l’ 8  dicembre, alla  posizioni  tedesche  di  Monte  Lungo.
Di  fronte  all’ atteggiamento  fazioso  e  non  collaborativo, in  un  momento  così  delicato  per  le  future  sorti  dell’Italia, degli  uomini  politici  del  CLN, vi  era  stata  invece  la  ferma  presa  di  posizione  dell’ Episcopato  Pugliese, il  25  novembre, che  invitava  alla  concordia  ed  alla  accettazione  di  posti  di  responsabilità  “più  per  sentimento  del  dovere  che  di  ambizione ( personale )”.
E  sempre  negli  ultimi  due  mesi  del  1943, il  Principe  Umberto, che  fin  dal  suo  primo  incontro  con  Mac Millan  e  Murphy, aveva  suscitato  l’ apprezzamento  degli  stessi  per  “tatto  e  dignità“, intensificava   la  sua  attività, visitando  i  Comandi  Alleati, e  le  nostre  truppe  vicino  al  fronte,  per cui  in uno  di  questi  spostamenti, recandosi  il  20  novembre  con  la  sua  automobile  ad  Aversa, e  trovandosi  confuso  con  una autocolonna  americana, fatta  segno  ad  un  mitragliamento  di  velivoli  germanici, trasportava  sulla  sua  auto, al  più vicino   posto  di  Pronto  Soccorso, quattro  militari  americani  gravemente  feriti. Veniva  pochi  giorni  dopo  il  7  dicembre  il  volo  sulle  linee  tedesche  a  Monte  Lungo, il  9  la  visita  ai  militari  feriti, nell’Ospedale  da  Campo  244 ,  ed  il  23  una  nuova  visita  al  nostro  Raggruppamento, il  24  la  consegna  di  pacchi  natalizi  ai  feriti  ricoverati  nell’Ospedale  Militare  di  Maddaloni  ed  il successivo  giorno  di  Natale, consegna  di  altri  pacchi  agli  operai  dell’ Italia  Centrale  e  Settentrionale, rimasti  bloccati  al  Sud, lontani  dalle  loro  famiglie  di  cui  non  avevano  notizie.
Nel  mentre  le  forze  politiche  antifasciste  ed  anche  in  gran  parte  antimonarchiche, preparavano  la  loro  maggiore  manifestazione  unitaria,  cioè  il  Congresso  che  si  sarebbe  tenuto  a  Bari  il  28  e  29  gennaio 1944, il  Governo  Badoglio  otteneva  il   27  gennaio  il  ritorno  sotto  la  sua  giurisdizione  di  tutte  le  province  dell’ Itala  Meridionale  ed  Insulare, esclusa  ancora  Napoli, per cui  si  poneva  il  problema  del  trasferimento  della  “capitale”,  da  Brindisi  ad  una  località  più  centrale, per  cui  la  scelta  cadde  su  Salerno, dove, l‘11   febbraio   all’arrivo  del  Maresciallo  Badoglio, “si  raccolse  una  grande  folla  davanti  al  Municipio  e  Badoglio, lungamente  applaudito  si  affacciò  al  balcone  del  Palazzo  di  Città   e  tenne  un  breve  discorso “.  Per  questa  importante  e  significativa  retrocessione  da  parte  angloamericana, all’ amministrazione  italiana, di  una  così  notevole  parte  del  territorio  nazionale, ormai  libero,  vi  fu uno  scambio  di  cortesi  messaggi  tra  i  generali  Maitland  Wilson, comandante  in  capo  delle  forze  alleate  del  Mediterraneo, succeduto  in  tale  incarico  ad  Eisenhover, chiamato  a  preparare  e  dirigere  lo  sbarco  in  Normandia, avvenuto nel  giugno  successivo, ed  Alexander  da  una  parte   e  dall’altra  il  Governo  Italiano, e  lo  stesso  Badoglio, che, con  un  suo  proclama  affermava: “…. A  nessuno  sfuggirà  l’importanza  e  la  portata  dell’ avvenimento. E’  questa  la  prima  tappa  verso  la  rinnovata  unità  della  Patria… In  nome  della  libertà  che  c’ è  cara, ma  non  della  licenza… E’  questo  dopo  molte  dolorose  e  tormentose  giornate, un  primo  giorno  fausto… Perchè  sarà  il  primo  della  rinascita  che  può  venire  solo  dallo  sforzo  risoluto  e  concorde…”

Giovanni Messe e la rinascita del Regio Esercito Italiano dopo l'8 Settembre

Domenica  9  marzo  p.v., ore  10,45 , in  Roma , via  Marsala  42, per  il  66°  ciclo  di  conferenze  del  Circolo  di  Cultura  ed  Educazione  Politica  Rex , il  generale  Enrico  Boscardi, uno  dei  maggiori  studiosi  e  storici  delle  nostre  Forze  Armate nella  Guerra  di  Liberazione, parlerà  di  

"Giovanni  Messe, Maresciallo  d' Italia, Capo  di  Stato  Maggiore  Generale  e  la  rinascita  del  Regio  Esercito  dopo  l' 8 Settembre  1943".

Ing.Domenico  Giglio 
Presidente  Circolo  Rex

martedì 4 marzo 2014

4 Marzo, ricorrenza del Beato Umberto III Conte di Savoia


Umberto III, conte di Savoia, primo beato della celebre dinastia omonima, è un personaggio di assoluto rilievo nel grande quadro della società medievale come della storia sabauda, di cui possiede le fondamentali caratteristiche: mistico, portato per vocazione e tradizione alla vita contemplativa, reso dalle vicende del suo tempo guerriero e politico, sposo esclusivamente per ragioni dinastiche. Umberto nacque verso il 1136 nel castello di Avigliana, nei pressi di Torino, figlio del conte Amedeo III e di Matilde d’Albon. Ereditò dal padre come dal nonno Umberto II il sogno unitario di ricostituire il disciolto regno di Borgogna, in netto contrasto con la politica accentratrice dei sovrani francesi e con l’affermazione universalistica di Federico I Barbarossa, e si trovò indotto a svolgere un’accorta politica di assoggettamento delle signorie feudali confinanti o insediate fra i suoi beni.

Non dissimili furono i suoi inizi da quelli paterni: Umberto II, morendo infatti giovane, aveva lasciato erede il primogenito Amedeo III ancora minorenne. Questi affidò l’educazione di suo figlio a Sant’Amedeo di Losanna, già abate di Hautecombe, e sotto la sua guida il piccolo Umberto fece grandi progressi negli studi e nella formazione spirituale, disprezzando l’apparente splendore delle cose mondane per darsi alla preghiera, alla meditazione ed alla penitenza. Per meglio conseguire i suoi alti scopi, si ritirava spesso proprio nell'abbazia di Hautecombe, sulle rive del lago di Bourget in Savoia, fondata dal padre: egli lasciava sempre con rincrescimento questo luogo ogni volta che la famiglia e la nobiltà savoiarda lo richiamavano per occuparsi di questioni politiche. Amedeo III fu pellegrino in Terra Santa nel 1122 circa per gratitudine verso il papa Callisto II, e dal 1146 partecipò alla Seconda Crociata, morendo sull'isola di Cipro presso Nicosia il 1° aprile 1148, ove fu sepolto, lasciando quale erede il piccolo Umberto III appena dodicenne.

Seppur ancora in tenera età, nel 1151 Umberto convolò a nozze con Fedica, figlia del conte Alfonso-Giordano di Tolosa, che morirà presto senza figli. Il genealogista Carrone ha dubitato sulla nascita del conte nel 1136, già affermata dal Guichenon che aveva pubblicato un documento con la data del matrimonio all'anno 1151, quindi in un'età giovanissima di quattordici o quindici anni, ed antepose quindi la nascita verso il 1132. Bisogna però tener conto che la vita umana allora era assai più breve ed i costumi medievali non disdegnavano impegni matrimoniali fra nascituri o fanciulli. Più tardi Umberto sposò una cugina, Gertrude figlia del conte Teodorico di Fiandra e di Clemenza di Borgogna, sua parente per essere sorella di papa Callisto II e di Gisella madre di Amedeo III. Purtroppo questo secondo matrimonio venne annullato per sterilità. 
[...]
http://www.santiebeati.it/dettaglio/92000

lunedì 3 marzo 2014

Se l'Europa e l'Italia sono queste..

Non passa giorno senza che restiamo sgomenti, senza parole di fronte al completo sovvertimento della funzione dello Stato Nazionale e di quello sovranazionale cui ci siamo consegnati legati mani e piedi.
Sia chiaro che con queste parole non intendiamo rappresentare il pensiero dei monarchici ma il nostro pensiero di monarchici sì.
Siamo saliti sul carro che ci portava nel Paese dei Balocchi convinti, parole di Romano Prodi, che avremmo guadagnato due giorni di lavoro: uno guadagnando in più e l'altro non lavorando.

Ci siamo ritrovati a rispettare, forse giustamente, forse no, delle regole ferree che hanno messo in ginocchio un'economia non solida, con troppi fattori avversi come la nostra.

Prigionieri come siamo di una costituzione, con la "c" minuscola, che rende di fatto impossibile qualsiasi riforma dell'organizzazione statale ci troviamo a mantenere due camere legislative con identiche funzioni, popolate non già dagli eminenti di questo paese ma da semianalfabeti che non sanno neanche di cosa parlano ed intascano gli stipendi più alti d'Europa, a dispetto gravissimo del fatto che l'Italia ha il debito pubblico più alto d'Europa. In questa Europa dove i Popoli e gli Stati sono al servizio della banche e non il contrario. La demonìa dell'Economia diceva Julius Evola.


Ci ostiniamo in atteggiamenti da Grande Potenza mantenendo migliaia di militari italiani in ben 27 diversi posti del mondo a spese nostre, per il bene di non si sa chi e l'India ne sequestra un paio senza che si riesca ad uscire dal timido balbettante piagnisteo sterile che ha fatto già trascorrere due anni. Due anni di umiliazioni e vergogna.

Si badi che da parte nostra non c'è alcun livore della nostre Forze Armate unico residuo di dignità di questo stato repubblicano con lunghi tempi d'aborto ( 70 anni circa).
Si comprano aerei bellissimi ma la gente muore di fame.
Quale buon padre di famiglia comprerebbe una baionetta invece di un chilo di pane per un figlio affamato? Eppure noi questo lo facciamo.

Le scene di quotidiana disperazione ci hanno tristemente assuefatto: famiglie impoverite, sfrattate, imprenditori che si uccidono, che diventano rapinatori, che smettono di lottare mentre il ministro dell'integrazione sociale spende 53000 e rotti euro in cene e viaggi.

Il sindaco di Roma che spende milioni in consulenze esterne che piange miseria per avere i soldi necessari ai servizi minimi della capitale d'Italia e della Cristianità.

Si condonano alle ditte che gestiscono il gioco d'azzardo ben 98 miliardi di euro ( il 5% del debito pubblico nazionale), si tollerano intere fabbriche abusive dove operai cinesi lavorano in schiavitù ma non si perdona ad un pizzaiolo napoletano di far lavorare la moglie "in nero" nella minuscola azienda di famiglia, che si suicida.

E così come gli sprovveduti che chiedono soldi agli usurai noi siamo finiti a lavorare solo per pagare gli interessi dei nostri precedenti prestiti. 
Continuiamo ad alzare le tasse facendo finire nelle mani degli stranieri le fatiche di generazioni.
Se non ritroviamo un po' di amore di Patria e di dignità nazionale tra un po' saremo amministrati da tedeschi e cinesi.

Per questo invochiamo un Re, il nostro Re, ché questo non lo avrebbe consentito, ne siamo sicuri, perché avrebbe avuto la lungimiranza di chiedere da subito conti a posto. Perché il Re è il buon padre della Famiglia italiana che fa i passi solo secondo la lunghezza delle proprie gambe per non finire nelle mani degli usurai, come ben fece Vittorio Emanuele III all'inizio del secolo scorso.

Ma intanto ridiscutere i termini della nostra presenza nell'Euro e nell'Europa crediamo sia cosa buona e giusta.

sabato 1 marzo 2014

Il Regno d'Italia da Brindisi a Salerno: 8 Settembre 1943 - 4 Giugno 1944

Prima parte della conferenza tenuta dall'Ingegnere Domenico Giglio per il circolo REX il 23 Febbraio 2014


L ‘arrivo  a  Brindisi - 10  settembre  1943

La  corvetta  “Baionetta”, della  Regia  Marina, scortata  dall’ incrociatore  “Scipione  Africano”, gettando  l’ancora  alle  15  del  10  settembre  1943, nel  porto  di  Brindisi, portava  con  il  Re  Vittorio  Emanuele  III  ed  il  Capo  del  Governo, Maresciallo   d’ Italia  Pietro  Badoglio, la  legittimità  dello  Stato  Italiano, assicurandone  la  continuità e  l’Ammiraglio  Rubartelli, comandante  della  Piazza, che  sul  molo  attendeva  sugli  attenti  e  salutava  militarmente  il  Re, rappresentava  a  sua  volta  la  fedeltà  al  giuramento  per  il  “bene  inseparabile  del  Re  e   della  Patria“, che  la  Regia  Marina, sulle  cui  navi  non  fu  mai  ammainata  la  bandiera  tricolore  con  scudo  sabaudo  e  corona   reale, aveva  osservato  dimostrando   che  lo  Stato  esisteva  e  resisteva,  e  pagando  per  questo  un  prezzo  altissimo  con  l’affondamento da  parte  di  un  bombardiere  tedesco, della  nave  ammiraglia  della  “Flotta  da  Battaglia”, la  corazzata  “ Roma “, con  tutto  lo  Stato  Maggiore, il  suo  Comandante  Del  Cima  ed  il  Comandante  in  Capo  della  Flotta, ammiraglio  Carlo  Bergamini.
Iniziava  così  quello  che  impropriamente  è  stato  chiamato  “Regno  del  Sud”, dal  titolo  dell’ omonimo  libro, uscito  a  Roma , alla  vigilia  del  Referendum, nel  1946, editore  Migliaresi,   con  prefazione  di  Manlio  Lupinacci, liberale  e  monarchico, autore  Agostino  degli  Espinosa, testimone  oculare  degli  avvenimenti  narrati, libro  ancor  oggi  fondamentale  per  chi  voglia  conoscere  gli  eventi  di  quei  mesi, fino  al  4  giugno  1944, data  della  Liberazione  di  Roma, ricco  di  documenti  volutamente  ignorati  da  quasi  tutte  le  pubblicazioni  successive, perché,  come  ha  giustamente  osservato  Fabio  Andriola, giornalista  e  storico, in  un  articolo nel  settantesimo  anniversario  di  questi  eventi, mentre  sempre  più  numerose  sono  le  pubblicazioni  sul  movimento  partigiano  e  sulla  repubblica  sociale , vi  è  “..una  striminzita  pattuglia  di  volumi, alcuni  dei  quali  nemmeno  molto  recenti, su  quello  che  è  stato  il  Regno  del  Sud …”, che  in  realtà  era  sempre  il  Regno  d’Italia, sia  pure  ridotto  inizialmente  a  quattro  provincie  pugliesi, auspicando  che  “…sarebbe  tempo  che  anche  chi  militò  al  Sud  possa  ritrovare  chi  gli  restituisca  voce  e  dignità.”
Ebbene  grazie  ad  Espinosa  ed  a  pochi  altri  testi  noi  possiamo  seguire  quasi  giornalmente  il  lavoro  lento, ma  costante  svolto  in  mezzo  ad  ostacoli  nazionali  ed  internazionali, politici  e  militari, interni  ed  esterni, del  governo  installatosi  a  Brindisi   “con  un lapis  ed  un pezzo  di carta”, e della  presenza  operosa  del  Re, che  già  all’indomani, 11  settembre, dalla  Stazione  Radio  di  Bari, purtroppo   poco potente  e  soprattutto  poco  conosciuta  nel  resto  dell‘Italia, poteva  precisare  in  un  Suo  breve  messaggio  agli  italiani  i  motivi  del  suo  trasferimento, e  non  fuga, in  una  zona  libera  del  territorio  nazionale, “…per  la  salvezza  della  Capitale  e  per  potere  pienamente  assolvere  i  miei  doveri  di  Re” terminando …”che  Dio  assista  l‘Italia in  questa  ora  grave  della  sua  storia!“.
Questo  dopo  che  la  mattina  dello  stesso  giorno  il  Re  si  era  recato  a  visitare  le  fortificazioni  della  città, accolto  con  affetto  da  soldati  ed  operai  e  dalla  popolazione  che  aveva  appreso  del  Suo  arrivo. E  queste  visite  ed  incontri  su  alcuni  dei  quali  ritorneremo  successivamente  furono  una  attività  costante  del  Sovrano   e  delle  quali  esiste  pure  una  modesta  documentazione  fotografica, particolarmente  significativa  perché  oltre  ai  militari, si  vedono  finestre  delle  abitazioni  imbandierate, come  a  Trani, il  7  ottobre, ed  insieme  con  il  Re, anche  le  autorità  religiose. Ed  il  fatto  che  la  stessa  documentazione  fosse   scarsa  e  poco  conosciuta  è  la  prova  della  parzialità  di  tante  ricostruzioni  storiche, tese  a  denigrare  la  figura  del  Sovrano  ed  a  sminuire  l’ azione  per  costituire  nuove  unità  regolari  del  Regio  Esercito  che  partecipassero  alla  liberazione  del  territorio  nazionale   dalle  truppe  germaniche. E  proprio  quella  stessa  mattina  dell’ 11,  il  Comando  Supremo  dell’Esercito  dava  l’ ordine  a  tutti  i  comandi  di  respingere  con  le  armi  i  tedeschi  e  “…a  Brindisi, nella  pineta  del  Collegio  Navale, venne  celebrata  una  Messa  al  campo, per  gli  allievi  dell’ Accademia  Navale, giunti  il  giorno  prima   (10  settembre ) …da  Venezia   sul  piroscafo   “Saturnia “… ed   al  termine  della  funzione  gli  allievi…. intonarono  l’ Inno  Sardo , che  implorava  da  Dio  la  salvezza  del  Re…”    
Così  Radio  Bari  diventava  l’ unico  mezzo  per  raggiungere  il  resto  dell’ Italia  per  cui  era  Badoglio, che  a  sua  volta  aveva  ricevuto  un  caloroso   messaggio  del  Primo  Ministro  inglese  Churchill  e  del  presidente  degli  Stati  Uniti  Roosevelt, incitante  gli  italiani  a  “dare  il  loro  aiuto  in  questa  ondata  di  liberazione”  ad   avere  “fede  nell’ avvenire”  ed  a  marciare “a  fianco  dei  vostri  amici  americani  ed  inglesi  nel  movimento  mondiale  verso  la  libertà.” , a  rivolgersi  il  successivo  13  settembre  agli  italiani    per  una  prima  spiegazione  delle  vicende  che  avevano  portato  all’ armistizio, temi  che  Badoglio  stesso  avrebbe  illustrato  più  dettagliatamente  nel  successivo  messaggio  trasmesso  il  15  settembre  e  pubblicato  il  giorno  successivo  sulla  “Gazzetta  del  mezzogiorno”, di  Bari, unico  giornale  esistente, dalla  necessità  dell’ armistizio, alle  responsabilità  germaniche, riaffermando  la  legittimità  del  nostro  atteggiamento  e  del  Governo, che  proprio  in  quei  giorni  riceveva  le  dichiarazioni  di  fedeltà, di  tutte  le  rappresentanze  diplomatiche  italiane  all’ estero, escluso  logicamente  quella  di Berlino, prova  anche  questa  della  vitalità  dello  Stato, della  legittimità  del  Governo  del  Re, il  cui  riconoscimento  internazionale veniva  confermato  dai  pochi  paesi  rimasti  neutrali, quali  l’ Argentina, il  Portogallo, la  Spagna, la  Svezia, la  Svizzera  e  la  Turchia, dato  che  erano  state  interrotte  precedentemente  al  25  luglio  le  relazioni  diplomatiche  od  eravamo  in  stato  di  guerra  con  ben  44  paesi.
Nel  frattempo  arrivavano  a  Brindisi, i  componenti  della  Missione  Militare  angloamericana, fra  cui  era  già  Stone, che  poi  ne  divenne  capo  all’epoca  del  referendum, con  i  politici  Murphy, americano, e  Mac  Millan, britannico, futuro  Primo  Ministro  conservatore, con  i  loro  primi  incontri  con  il  Re  e  Badoglio, la  loro  iniziale  arroganza  che  nel  tempo  sarebbe  andata  modificandosi  in  rispetto, per  cui  il  Mac  Millan poteva  dichiarare, un  anno  e  mezzo  dopo, alla stampa  italiana, il  25  febbraio  1945, quasi  a  consuntivo: “…anche  in  quei  primi  giorni ( settembre  1943 ) , il  concetto  di  un  governo  italiano  indipendente  fu  tenuto  in essere  e  da  quel  momento  tutti  i  nostri  pensieri  furono  diretti  a  ricostruire  per  mezzo  di  quel  governo, l’Italia  come  una  nazione  democratica. “   
Purtroppo,  le  accuse  violente  di  “tradimento” della  Corona, lanciate  il  18  settembre  da  Monaco   di  Baviera, richiedevano  una  immediata  articolata  risposta  del  Maresciallo  Badoglio che, da  Radio  Bari, il  successivo  19  settembre  effettuava  una  sintesi  storica  di  tutti  gli  eventi  della  guerra  dal  10  giugno  1940  al  25  luglio   1943, riaffermando  la  necessità  dell’ armistizio, di  cui, in  fondo, era  convinto  lo  stesso  Mussolini, dopo  il  Convegno  con  Hitler  a  Feltre, del  18  luglio 1943, e  ricordando  la  lettera  rispettosa  che  lo  stesso  gli  aveva  indirizzato  nella  notte  tra  il  25  ed  il  26  luglio, Badoglio  dovette  anche  tenere  un  discorso  esplicativo  sugli  avvenimenti  del  25  luglio, agli  ufficiali  del  Regio  Esercito, a  San  Pietro  Vernotico  ed  il  Re  volle  indirizzare  il  25  settembre  un  proclama  ai  “Marinai  d’ Italia“  dove  dava  atto  agli  stessi  di  aver  eseguito  “…in  perfetta  disciplina , alle  condizioni  dell’armistizio, chiesto  ed  accettato  per  il  supremo  interesse  del  paese..”  ed  aggiungeva  “..Ho  condiviso  tutta  la  profonda  amarezza  della  vostra  partenza  ed  ho  offerto   con   voi  alla  Patria  questa  nuova  dura  prova  di  dedizione  e  sacrificio..”  terminando:  “Marinai  d’ Italia, dimostrate  a  tutti, quanto  ogni  italiano  può e  sa  dare  per  la  libertà  e  la  salvezza   della  Patria. “Il  Re   avrebbe  poi, l’ 11 ottobre, a  Taranto, passato  in  rivista  la  flotta  ivi  presente.
Si  avvicinava  intanto  la  data, il  29  settembre,  di  un  incontro  molto  importante, per  la  sottoscrizione  del “Lungo  armistizio“. Infatti  a  Cassibile, il  3  settembre, era  stato  firmato, dal  generale  Castellano,  in  nome  del  Governo  il  “corto”  armistizio  contenente  le clausole  militari, per  cui  incombeva  come  una  “spada  di  Damocle“ la  firma  di  questo  secondo  documento  con  una  serie  di  articoli  impositivi. In  questo  periodo  il  Re  aveva  nuovamente  parlato  agli  italiani  da  Radio  Bari, il  24  settembre, questa  volta  molto  più  a  lungo, ricordando  nuovamente  i  motivi  del  trasferimento  per  “…evitare  più  gravi  offese  a  Roma, città  eterna, centro  e culla  della cristianità  ed  intangibile  capitale  della  Patria”, esaltando  l’ azione  e  la fedeltà  delle  Forze  Armate, aprendo  il  Governo  alle  forze  politiche  ricostituitesi, rivendicando  i  valori  del  Risorgimento   con  queste  frasi: ”…facciamo  che  la  Patria  viva  e  risorga… seguitemi, il  vostro  Re  è  oggi, come  ieri, come  sempre  con  voi, indissolubilmente  legato  al  destino  della  nostra  Patria  immortale.“
Così  il  28  settembre  il   Maresciallo  Badoglio, insieme  con  il  ministro  della  Marina, ammiraglio  De Courten, entrambi  in  uniforme, si  imbarcavano  sull’ incrociatore   “Scipione  Africano”, con  la  nostra  bandiera  al  vento, con  meta  Malta, dove  erano  attesi  dai  generali   Eisenhover  ed Alexander  e  dall’ammiraglio Cunningham, che  il  precedente  23  settembre, a Taranto  aveva   già  concluso  con  De  Courten,  il  “gentlemen’s   agreement”, sull’ impiego  della  flotta  italiana, che  permetteva  alla  stessa  di  riprendere  il  mare  con  la  fierezza  di  un  tempo. A  questo  incontro  parteciparono  anche  il  Ministro  dell’Aeronautica, gen. Sandalli  ed  altri  nostri  capi  militari  giunti  invece  con  un  “S.79”.
Lasciamo   il  racconto  dell’ incontro   ad  Espinosa  : “…Verso  le  dieci  (del  mattino)  tutti  insieme  (Badoglio  e  gli  altri  capi  militari) si  imbarcarono  su  di  un  motoscafo” che  li  portò  sotto  il  bordo  della  corazzata  inglese  “Nelson”. “ Il  maresciallo (Badoglio) così, mise  piede  sulla  nave (per  primo), mentre  i  compagni  cominciavano  a  salire  ( la  scaletta ). Una compagnia  di  “marines”  rese  gli  onori e  i capi  militari  inglesi  ed  americani  gli  vennero incontro  solennemente … al  centro  stava  il  generale  Eisenhover…. Il  maresciallo  Badoglio  si  rivolse  dignitosamente  ai  vincitori… e  tutti  si incamminarono  verso  il  quadrato  della  grande  nave, il  maresciallo  Badoglio  alla  destra  di  Eisenhover, gli  altri  distribuiti  secondo  le  norme  dell’etichetta, ma  la  perfetta  cortesia  non  diminuiva  l’apprensione  degli  italiani”, che  ne  avevano  buoni  e  giustificati  motivi. Gli  articoli  del  “lungo  armistizio”, sottoposti  per  la firma  a  Badoglio, erano  numerosi  e  pesanti, più  di  quanto  potesse  essere  preventivato, ma  alla  fine, dato  che  alcuni  articoli  in  quei  venti  giorni  erano  già  da  considerarsi  superati, ed  altri articoli  erano  ineseguibili, l’armistizio  lungo  fu  firmato, accompagnato  però  da  una  impegnativa  lettera  di  Eisenhover  nella  quale  veniva  precisato  che  tutti  gli  articoli  potevano  essere  modificati  con l’intensificarsi  della  collaborazione  e  cooperazione  italiana   alla  guerra  di  liberazione, come  meglio  precisato  e  definito  nel  successivo  incontro  delle  due  delegazioni  al completo. Al  termine  dell’incontro  Eisenhover  richiese  che  per  meglio  definire  la  nostra  collaborazione  l’Italia  dichiarasse  guerra  alla  Germania  al  che  Badoglio  rispose  correttamente  essere  la  dichiarazione  prerogativa  esclusiva  del  Re,  al  quale  Egli  avrebbe  riferito  al  ritorno  a Brindisi, che  avvenne, sempre  con  lo  “Scipione”  la  mattina  del  30, dopo  che, nel  pomeriggio  del  29, Badoglio  aveva  passato  in  rivista  la  Flotta  Italiana  all’ ormeggio  fuori  di  Marsa  Scirocco, il  che  è  particolarmente  significativo  come  lo  fu  il  comunicato  ufficiale  del  Quartier  Generale  Alleato  che, dopo  aver  elencato  i  nomi  dei  partecipanti  all’ incontro, concludeva: “…il  principale  argomento  di  discussione  è  stato  il  metodo  per  rendere  più  efficienti  gli  sforzi  militari  italiani  contro  il  comune  nemico  tedesco. Alcune  unità  delle  forze   militari  italiane  di terra, di mare  e dell’aria  sono  già  impegnate  attivamente  contro  il  comune  nemico“.
Del  resto  Eisenhover  aveva  personalmente, già  in  precedenza, contestato  le  condizioni  punitive del  “lungo  armistizio”, definendole  “accordo  disonesto”, come  scrive  Mac  Millan  nelle  sue  memorie, ma  le  stesse  gli  furono  praticamente  imposte  da  quel  “Gabinetto  di  Guerra”, inglese, che  era  sì  presieduto  da  Churchill, ma  che  aveva  come  vice  il  leader  laburista  Attlee , che  sarebbe  diventato  “premier” nel  1945, e  come  Ministro  degli  Esteri, il  conservatore  Eden, la  cui  acredine  verso  l’ Italia  era  nota. Questa  presenza  laburista  al  governo  e  gli  interventi  alla  Camera  dei  Comuni   di  numerosi  deputati  laburisti, sia  contro  Badoglio  ed  i  suoi  collaboratori, ritenuti  non  sufficientemente  antifascisti, sia  a  favore  di  Sforza, rientrato  dall’ USA, costringevano   Churchill  ad  intervenire  per  riconfermare  la  fiducia  nel  Re  e  nel  governo  Badoglio  e ad   esprimere  invece  la  propria  sfiducia  nello  Sforza, che  vantava  i  suoi  anni  di  esilio  dorato  prima  in  Francia   e  poi  negli  Stati  Uniti. Significativo  a  tale  proposito, anche  perché  tipico  di  quel  sottile  umorismo  inglese  è  questo  scambio  di  battute  tra  il  deputato  laburista  Thomas, uno  dei  più  accaniti  avversari  del  Governo  di  Brindisi, che  lodava  la  lotta  del  conte  Sforza  contro  il  fascismo, al  quale  Eden  risponde: ”Il  conte  Sforza   durante  tutto  quel  periodo  si  trovava  negli  Stati  Uniti. Deve  aver  trovato  molto  dura  la  battaglia  contro  Mussolini.”  Ed  alla  replica  del  Thomas  che  lo  Sforza  era stato  anche  in   Francia, Eden  replicava: ”La  battaglia  contro  Mussolini  deve  essere  stata  altrettanto  dura da  lì”.
Pure  altalenanti  erano  gli  articoli   ed  i  commenti  della  stampa  angloamericana  sulle  vicende  italiane, anche  se  il  “The  Times”, all’epoca  il  più  prestigioso  giornale  inglese, dava  atto  al  Re  ed  a Badoglio  della  loro  azione  ed  il  9  ottobre  scriveva: “Il  Re  suscita  un  grande  lealismo  verso  la  sua  persona  dalle  truppe  e  dalla  popolazione  contadina (sic). Egli  ha  ricevuto  manifestazioni  d’affetto  nelle  città  e  nei  villaggi (sic)  dell’ Italia  Meridionale  e  dalle  truppe  presso  la  zona  di  combattimento  dove  si  è  mostrato  di  sua  iniziativa.”
Si    giungeva  così  finalmente, il  13  ottobre, alla  dichiarazione  di  guerra  alla  Germania, consegnata  rocambolescamente  a  Madrid  dalla  nostra  Ambasciata  alla  Ambasciata  Tedesca  e  si  entrava  così  ufficialmente  nella  “cobelligeranza“  con  gli  angloamericani, cobelligeranza  che si  cercò  più  volte, senza  riuscirvi, di  trasformare  in  una  vera  ed  anche  formale  “alleanza”, anche  perché  contro  l’ Italia, si  erano  cominciati  a  muovere  francesi  de gaullisti, jugoslavi  e  greci, che  non  erano  stati  tenuti  informati  dagli  angloamericani  su  tutte  le nostre  vicende, come  pure, fino  a  quel  momento  l’ Unione  Sovietica  era  stata  semplice  spettatrice.
In  precedenza, e  precisamente  il  21  settembre, si  era  mosso  personalmente  il  Re, quel  Re  che secondo  i  politicanti  antifascisti  pensava  solo  ai  suoi  interessi  ed  a  quelli  della  Monarchia, con  una  lunga  lettera  personale  al  Re  d’Inghilterra  ed  al  Presidente  degli  Stati  Uniti, per  chiedere  un  miglioramento  nel  “cambio”  della  moneta, a  favore  delle  condizioni  di vita  della  nostra  popolazione  ed  il ritorno  del  potere  civile  del  governo, oltre  alle  provincie  pugliesi  e sarde, alle  altre  provincie  meridionali  già  liberate, lettera  nella  quale  riaffermava  la  volontà  Sua e  del  Governo  di  ritornare  al  regime  parlamentare,  non  appena  ciò  fosse  stato  possibile  e  di  intensificare  il  nostro  impegno  militare  per  “raggiungere  al più  presto  Roma“  e  spingersi  anche  con  le  nostre  truppe  verso  l’ Italia  settentrionale. Le  lettere  ricevettero  risposte  entrambe  cortesi, forse  di  più  quella  di  Roosevelt, ma  in  parte  elusive, e negativa, sul  fatto  di  una  possibile  alleanza, quella  di  Giorgio  VI. In  ogni  caso  è significativo  il tono  rispettoso  nei  confronti  del  Capo  di  uno  Stato, purtroppo  vinto.
 Torniamo  al  13  ottobre : l’annuncio  ufficiale  della  dichiarazione  di  guerra  alla  Germania  veniva  dato  con  un  discorso  di  Badoglio  ed  il  successivo  18, il  Re, a  sua  volta  dirigeva  un  proclama  ai  soldati, ed  intensificava  le  sue  visite  nei  centri  della  Puglia, da  Trani   a  Foggia, a  Manduria  ed  a  Lecce, mentre  il  principe  Umberto  si  recava  il  19  a  Napoli, accolto  con  entusiasmo  dalla  popolazione  ed  il  successivo  20  ottobre  in  Sardegna. A  sua  volta  il  Ministro  della  Marina, De  Courten, riteneva  opportuno  riunire  tutti  gli  ufficiali  della  Regia  Marina, rivolgendo  agli  stessi  un  discorso  molto  ampio  ed  articolato  che  toccava  tutti  i  punti  sui  quali  potevano  essere  sorti  dei  dubbi, dalla  assoluta  necessità   “… di  deporre  le  armi  quando  tutte  le  possibilità  di  difendersi  siano  esaurite  ed  il  paese  minaccia  di  precipitare  in  una  irreparabile  rovina..”, per  cui  “…la  richiesta  e  la  conclusione  dell’armistizio  da  parte  dell’Italia  sono  quindi   pienamente  giustificati, e  rispondono  alla  più  esigente  morale  e  non  possono  essere  contestati  da  nessuno, anche  se  è stato  alleato” . Aggiungeva  la  sua  sorpresa  per  la  comunicazione  dell’ 8  settembre, per  cui  si  prospettavano  la  soluzione  di  attenersi  lealmente  alle  clausole  dell’ armistizio  che  prevedevano  il  trasferimento  della  flotta o  la  soluzione  dell’ autoaffondamento. De  Courten  precisava  che  nella  scelta  di  eseguire  le  clausole  armistiziali, perché  l’autoaffondamento  non  avrebbe  fatto  altro  che  peggiorare  la  sorte  futura  dell’ Italia, gli  era  stato  di  conforto  il  colloquio  nelle  prime  ore  della  notte  del  9  settembre  con  il  Grande  Ammiraglio  Thaon  di  Revel, che  gli  aveva  confermato  che  “ questa ( dell’ accettazione ) è  la  via  da  seguire“, e  così  pure  si  era  pronunciato  in  un  colloquio  telefonico  l’ammiraglio  Bergamini , che, dice  sempre  De  Courten  “stimavo  altamente  per  il  suo  senso  di  abnegazione  e  per  la  sua  capacità  di  assumere  ogni  più  alta  responsabilità”. All’ ammiraglio  si  deve  infatti  un  messaggio  alla flotta  prima  della  partenza   da  La  Spezia  di  una  elevatezza  morale  e  di  un   valore  storico  assoluto ,  forse  ineguagliato: “…questa  via  noi  dobbiamo  prendere  ora  senza  esitare, perché  ciò  che  conta  nella  storia  dei  popoli  non  sono  i  sogni  e  le  speranze  e  le  negazioni  della realtà, ma  la  coscienza  del  dovere  compiuto  fino  in  fondo , costi  quello  che  costi..”  ed  a  Lui  costò  la  vita! Da  queste  parole  potete  valutare  l’ abisso  che  separa  l’ onore  militare  da  quello  di  certi  politici  nello  stesso  periodo storico! De  Courten, che, come  già  detto,  aveva  raggiunto  un  accordo  di  collaborazione  con  l’ ammiraglio  Cunningham, riportava  agli  ufficiali l’apprezzamento  che  lo  stesso  ammiraglio  aveva  avuto  nei  confronti  della  Regia  Marina, concludendo  il  suo  discorso  con  la  necessità  della  recente  dichiarazione  di  guerra e  con  un  appello  agli  ufficiali  “..che  pensino  solamente  all’ adempimento  del  proprio  dovere”  e  “ ..stiano  a  fianco  dei  propri  equipaggi“  che  hanno bisogno  di  sentirli  vicini “ e  che questo  doveva  essere  il  loro  “più  alto  dovere “.
Accenti  invece  più  politici  aveva   avuto  Badoglio  parlando  agli  ufficiali  del  Regio  Esercito, il  15  ottobre  in  agro  di  San  Giorgio  Jonico , anche  per  controbattere  le  accuse  che  pervenivano  dal  Nord, e  per  preparare  le  basi  per  la  partecipazione  di  un  primo  nucleo  dell’ esercito   alla  battaglia  d’Italia  a  fianco  delle  armate  angloamericane.

Nel  frattempo  si  risvegliava  anche  la  vita  politica, con  la libertà  di  stampa  decretata  il  30  ottobre, e  si  aprivano  le  cataratte  delle  polemiche  nei  confronti  del  Re, “complice  del  fascismo” ( dimenticando  il  25  luglio), di  cui  si richiedeva  l’ immediata  abdicazione , insieme  con  la  rinuncia  alla  successione  del  Principe  Umberto, ed  addirittura  il  passaggio  della  corona  al  Principe  di  Napoli, di  sei  anni, con  una  reggenza. Polemiche  che  avrebbero  toccato  il  loro  culmine  nel  Congresso  di  Bari ,del  gennaio  1944, e di  cui  tratteremo  più  avanti, e  su  queste  posizioni  abdicatarie  troveremo  purtroppo  anche  Benedetto  Croce , forse  dimentico  del  voto  di  fiducia  dato  al  Senato , al  governo  Mussolini ,dopo il  delitto  Matteotti  ed  il  discorso  del  3  gennaio  1925.