NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

mercoledì 26 marzo 2014

Dittatura e monarchia, intervista a Fisichella

di Marco Bertoncini
Il nuovo volume di Domenico Fisichella, “Dittatura e monarchia. L’Italia tra le due guerre” (Carocci ed., pagg. 416, € 22), è da poco nelle librerie. Cattedratico di scienza della politica, dottrina dello Stato e storia delle dottrine politiche a Firenze, Roma “La Sapienza” e Luiss, Fisichella ha unito a una lunga carriera accademica un’ampia esperienza politica e istituzionale come senatore per quattro legislature, ministro per i Beni culturali e ambientali, vicepresidente del Senato per dieci anni. Per decenni editorialista di grandi quotidiani (La Nazione, Il Tempo, Il Sole 24 Ore, Il Messaggero), Fisichella è autore di una lunga serie di volumi tradotti in più lingue.
Il Regno d’Italia nasce liberale nel 1861 e si sviluppa in chiave liberal-democratica. Poi, nel 1922, si avvia la dittatura. Come mai?
Il problema di tale transizione è complesso, e nel libro è affrontato a livello sia di politica internazionale sia di politica interna. Sul primo terreno, si deve ricordare che la Grande Guerra ha dato luogo a un profondo rivolgimento dell’intero equilibrio europeo, con la fine degli Imperi tedesco, austro-ungarico, russo e anche ottomano. L’Italia, potenza vincitrice nel conflitto, ne risente in ragione della “vittoria mutilata” e quindi pure per i rapporti con gli alleati, specie francese e inglese. Sul piano interno, già da tempo, prima soprattutto a sinistra poi anche a destra, erano emerse suggestioni e spinte antiparlamentari, che gli eventi post-bellici e le violenze acuiscono e approfondiscono, in un quadro ove il disagio sociale estremizza i comportamenti collettivi.
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