Salerno  diventa  “Capitale”
Con 
Salerno, capitale  d’Italia,
anche  il 
governo  dei  “sottosegretari” fu  trasformato 
in  un  nuovo 
governo  di  “Ministri”, dopo  la 
necessaria  revoca  sovrana 
dei  ministri  del 
Gabinetto  costituito  da 
Badoglio  dopo  il 
25  luglio, “riconoscendo  che 
essi  si  trovavano 
nella  impossibilità  di 
esercitare  le  loro 
funzioni”,  mantenendo  come 
ministri  quasi  tutti  i  precedenti 
sottosegretari, ma  con  l’ingresso 
dell’avvocato  Falcone  Lucifero, il 
futuro  Ministro  della 
Real  Casa, al  Ministero 
dell’Agricoltura. Veniva   ricostituito  l‘8 
febbraio, l ‘ Ufficio  Stampa,
diretto  da  Nino 
Bolla, brillante  scrittore  e 
polemista, al  quale  si 
devono  nel  dopoguerra 
due  importanti  libri 
sui  “Colloqui  con 
Vittorio  Emanuele  III“  e 
“Colloqui  con  Umberto 
II”, ed  il  14 
marzo, giornata  importante  anche 
per  un  altro 
evento  sul  quale 
ci  soffermeremo   successivamente, usciva  “Il 
Corriere”, quotidiano 
ufficioso  governativo,
diretto  nominalmente  da 
Ugo  Scaramella, ma  effettivamente  da 
Nino  Bolla, che nel  primo 
numero  pubblicava  un 
articolo  di  Badoglio, che 
onestamente diceva: “Ci  si  potrà 
fare  critiche  di 
ogni  genere  perché 
solo  chi  opera 
può  commettere  errori, 
ma  nessuno  potrà 
mettere  in  dubbio 
il  nostro  immenso 
lavoro  per  questa 
dilaniata  Italia…”.
|  | 
| L'eruzione del Vesuvio del 1944 | 
Avevamo  detto 
che  le  forze 
antifasciste  preparavano  a  Bari  il 
loro  Congresso, per  il 
28  e 29 gennaio, assise  nella 
quale  prevalevano  nettamente 
gli  avversari  non 
solo  del  Re, ma 
della  stessa  istituzione 
monarchica, per  cui  il 
suo  svolgimento  non 
fece  che  confermare 
la  posizione  di 
intransigenza  dei  partiti 
per  l’ immediata  abdicazione 
del  Re, ed  i 
discorsi  più  infiammati 
furono  quelli  degli 
“azionisti”  Alberto  Cianca 
ed  Adolfo  Omodeo, e 
del  conte  Sforza. Il 
liberale  Arangio  Ruiz, fu 
il  più  moderato, riuscendo  nella 
sua  relazione  a 
non  nominare  il 
Principe  Umberto,  e 
di  accennare  invece 
alla   distinzione  tra  la  persona 
del  Sovrano  e 
la  Monarchia, ed  il 
democristiano  Rodinò, fu  il 
solo, con  Benedetto  Croce  
a  dire : ”Ai  soldati, o 
signori, a  questi  fanti 
che sono  morti  nell’ adempimento  di 
un  loro  dovere, vada 
il  nostro  pensiero 
grato  e riconoscente”. Quanto  a 
Croce, il  pontefice  laico 
della  libertà, che ironicamente  gli 
universitari  cattolici su  di 
un  loro  giornale, chiamarono  Benedetto 
XVI° (sic ), tenne  pure  l’unico 
discorso  degno  di 
questo  nome, pur  associandosi 
anche  lui  alla 
richiesta  di  abdicazione 
del  Re.
Sempre  a 
proposito  di  congressi, pochi  giorni 
prima, egualmente  a  Bari, il 
5 gennaio, si  era  tenuto 
il  congresso  del 
Partito  Democratico  Liberale, dei 
De Caro, Perrone  Capano,
confluiti  successivamente  nel 
P.L.I., Caramia, che 
troveremo  nel  P.N.M., ed 
anche  Deputato  dello 
stesso, unico  partito  di 
convincimenti  monarchici  ed 
al  di  fuori 
dell’ esarchia, ed  il  25 
gennaio, a  Taranto , un  congresso 
dei  Combattenti  della 
Puglia  e  Campania, con 
discorsi   patriottici  e 
monarchici, un  intervento  di  De
Caro  e  l’adesione 
di  Badoglio  e 
Messe  e  la 
nomina  a  Commissario 
dell’ Associazione  Nazionale  Combattenti, del  generale 
Niccolò  Giacchi, che  aveva 
passato  avventurosamente  le 
linee  per  raggiungere 
il  Re  ed 
il  Governo. 
Con 
il  trasferimento  della 
capitale  a  Salerno, anche  i 
Reali  lasciavano  le 
semplici  stanze  occupate 
a  Brindisi  e 
prendevano  alloggio  a 
Ravello, nella  villa  di 
Sangro, ed  il  Re, con 
il  Principe, riprendevano  le 
visite  di  ispezione 
nella  zona  del 
fronte, dove  erano  i 
soldati  del  Corpo 
Italiano  di  Liberazione, che   era 
la  nuova  denominazione 
delle  forze  combattenti, dopo  l’esperienza 
del  Primo  Raggruppamento  Motorizzato, e che  avevano 
raggiunto  la  ragguardevole 
cifra  di  21.000 
soldati, comandati  dal  generale 
Umberto  Utili. In  questo 
periodo  o  meglio 
in  quello  successivo, quando  già 
si  profilava  la  Luogotenenza,
si  inserisce  un 
aneddoto, raccontatomi  dal  Ministro 
Lucifero, che  una  mattina, dovendosi  recare 
a  Salerno, al  suo 
ufficio , in  quanto  uffici 
e  residenze  erano 
sparpagliate  per  la 
Campania, rimasto  in  “panne”,con 
la  sua  automobile, vide  sopraggiungere  un 
altro  autoveicolo, che  si 
fermò  a  soccorrerlo 
e  sul  quale 
era  il  Re. Alle 
prime  ripulse  di 
Lucifero  che  non 
voleva  recare  disturbo 
al  Re, il  Re 
quasi  lo  obbligò 
a   salire   al  suo  fianco, dicendo  una 
frase   molto  amara  
“salga  che  lo 
accompagno  io  a 
Salerno, così  sarò  stato 
utile  in  qualche 
cosa”.
Riguardo  ai 
militari, agli  stessi, nella  campagna 
antimonarchica, non  erano  stati 
risparmiati  dalle  sinistre, violenti  attacchi , specie  nei 
confronti  dei  vertici 
con  termini  ignominiosi, per  cui 
corre  l’obbligo  morale 
e  storico  di 
ricordare, come  giustamente  rileva 
Domenico  Bartoli, nel  suo 
libro  “L’Italia  si 
arrende”, che  dopo  l’ 8 settembre: ”…gli  alti 
gradi  dell’ Esercito (generali,
colonnelli, stato maggiore), subirono 
gravissime  perdite , le  più  alte
in  proporzione  al 
numero. Otto  generali  caddero 
nei  giorni  dell’ armistizio. A  loro 
si può  aggiungere  il 
Maresciallo  d’Italia  Cavallero. Tre  furono 
trucidati  alle  Fosse 
Ardeatine, …l’ ultra 
decorato  generale  Simoni , 
Ferulli  ed  Artale , nonché  i 
tenenti  colonnello  Montezemolo 
e  Frignani. Altri  due 
generali  furono  uccisi 
nella  resistenza  (Perotti 
e  Dodi). Altri   sei  
vennero  ferocemente  soppressi 
dalla  scorta  tedesca 
durante  una  terribile 
marcia  di  trasferimento 
dai  campi  di 
prigionia..”  e  ad essi vanno 
aggiunti  quattro  ammiragli. Per  tutti  o  quasi, dice 
sempre  Bartoli, fu  dominante 
l’ impegno  del  giuramento 
prestato  al  Re. “ E’ 
ingiusto  dire, dunque, come  spesso 
si  dice, che  gli 
alti  gradi  non 
abbiano  subito  le  conseguenze  della 
tragedia”.
Tornando  alla  
retrocessione  di tutte  le 
province  meridionali  al 
Governo  Badoglio, questa  nuova 
responsabilità, anche  se  auspicata 
e  richiesta, creava  problemi 
gravissimi  in  tutti 
i  settori, specie  per 
le  difficoltà  economiche, 
alimentari  e   sanitarie, che  affliggevano 
la  popolazione, insieme  con 
la  distruzione  delle 
case  di  abitazione, i 
crolli  di  ponti, il dissesto  delle 
strade  e  delle 
linee ferroviarie, che 
rendevano  difficili  trasporti 
e  comunicazioni, la  perdita 
di  valore  della 
moneta, ed  infine  rivolte 
contadine  e  cittadine, nelle  quali 
si  distinguevano  i 
comunisti, come  ad  esempio 
a  Sassari, dove  tra 
gli  attivisti  scesi 
in  piazza, vi  era 
un  giovane, Enrico  Berlinguer, arrestato  e 
condannato a tre  mesi  di carcere, ed  anche 
congiure  neofasciste, e  fatto 
ancora  più  grave, l’ esplosione  in 
Sicilia, di  tendenze  separatiste, con  la 
necessaria  nomina da  parte 
governativa  di un Alto  Commissario 
per  la  Sicilia. 
Il 
successivo  mese  di 
marzo  del  1944 
è  talmente  ricco 
di  avvenimenti  di 
ogni  genere  da 
meritare  una  attenzione 
ed  una  descrizione 
particolareggiata. La  sera  del 
3  marzo  una 
strana  comunicazione  di 
Radio  Londra, dava  notizia 
di  una  conferenza 
stampa  di  Roosevelt, nella  quale 
il  Presidente  degli 
Stati  Uniti, parlava  di 
una  parte  della 
flotta  italiana  da 
mettere  a disposizione  dell’ Unione 
Sovietica. La  reazione  del 
nostro  Governo  fu 
veramente  esemplare:
richiesta  immediata  di 
chiarimenti  o dimissioni  del 
Governo  stesso  senza 
che  il  Re 
ne  nominasse  un 
altro. Questa  notizia  infatti 
colpiva  al  cuore 
la  Regia  Marina, l’ arma  che, in 
occasione  dell’ armistizio  aveva 
dato  la  più 
alta  prova  di 
fedeltà  al  giuramento, 
e  che  per 
prima  aveva  iniziato 
la  collaborazione  con 
la  flotta  inglese. Era 
sconvolgente  compromettere  così 
tutto  il  lavoro 
ed  i  sacrifici 
svolto  dalle  forze 
armate  e  dal 
governo  dopo  l’ armistizio! Finalmente  il 
10  marzo, l’ ammiraglio  Stone , piombava  a 
Salerno, mentre  era  in 
corso   un  Consiglio 
dei  Ministri, per  precisare 
che  la  dichiarazione 
di  Roosevelt  era 
stata  mal  riportata e che  nessun 
cambiamento  era  previsto 
per  le  nostre 
navi. A  questo  successo 
del  Governo  Badoglio 
per  la   sua 
ferma  e  pronta 
reazione, della  quale, una  volta 
tanto, diedero  atto  anche 
i  partiti  dell’esarchia, seguiva  dopo 
quattro  giorni, il  14 
marzo, la  comunicazione  della 
Presidenza  del  Consiglio 
del  ristabilimento  delle 
relazioni   diplomatiche  dirette 
fra  “l’Unione  delle 
Repubbliche  Socialiste  Sovietiche 
ed  il  Regio 
Governo  Italiano. In  conformità 
a  tale  decisione  
sarà  proceduto  fra 
i   due  Governi 
senza  indugio  allo 
scambio  di  Rappresentanti  muniti 
dello  statuto  diplomatico 
d’uso”, rappresentanti  che  per  l’
URSS  fu 
Kostilev  e  per 
l’Italia, l’ambasciatore  Quaroni.
Si  suggellava  così 
una  operazione  condotta 
dal  nostro  Prunas, che 
prendeva  questa  volta 
di  sorpresa  gli 
angloamericani  e  che 
collegata  al  discorso 
di  Ercole  Ercoli, alias 
Palmiro  Togliatti, del  successivo 
31  marzo, il  discorso 
della  “svolta di  Salerno“, dimostrava  l’ intelligenza  della 
grande  strategia  politica 
sovietica   per  porre 
piede  in  Italia, rilanciando   così 
il  partito  ad 
essa  legato, e  dalla 
stessa finanziato,  come  un 
grande  partito  “nazionale“.
Abbiamo  parlato 
del  3, del  10, del 
14  e  31 
marzo , ma  vi  erano 
altri  gravi  avvenimenti, questa  volta 
non  politici,come  la 
tragedia  di  un 
treno  a  carbone, stracarico  di 
viaggiatori, fermatosi  in  una  
galleria  verso  Potenza, dove 
morirono, soffocate  dal  fumo, 426 
persone, ed  il   19 
marzo, l’eruzione  del  Vesuvio, l’ ultima  fino 
ad  oggi, durata fino  al  29,
con  torrenti  di lava, emissione di  ceneri 
e lapilli, giunti  fino  a  
Torre del  Greco, Vietri  e 
Torre  Annunziata, ed  anche 
Salerno,  con  il Re 
ed  il  Principe 
Umberto, che  si  recarono 
subito  sul  posto, nello 
spirito  di  quella 
tradizione  sabauda, che  aveva 
visto  sempre   i  Re,
accorrere  per  primi 
a  portare  la 
propria  solidarietà  alle 
popolazioni  colpite,
dovunque  fosse  avvenuta 
una  sciagura.  
Nel 
frattempo  anche  il 
doloroso  problema  dell’ abdicazione  del  Re
, stava  trovando  una 
soluzione  di  compromesso 
grazie  all’opera  di 
Enrico  De Nicola, già   Presidente 
della  Camera  dal 
1921  al  1924, personalità  di 
indubbia  competenza   e 
capacità  giuridica  e 
di  grande  prestigio, che  non 
essendosi  confuso  nel  “
tolle, tolle“  degli altri  uomini 
politici, Croce  compreso,
nei  riguardi  del 
Sovrano, poteva  avere  accesso  
da  Vittorio  Emanuele, e 
la  soluzione  proposta 
era  quella, non  dell’ abdicazione, ma  di 
un  regime  luogotenenziale, da  affidare 
al  Principe  Ereditario 
Umberto, con  conseguente  ritiro 
a vita  privata  del 
Re.
La 
soluzione  della  Luogotenenza, insieme  con 
il  discorso  di 
Togliatti , non  più  Ercoli, poteva  così 
portare  a  quell’ allargamento  del 
governo  agli  esponenti 
dei  partiti  del 
CLN, che  sarebbe  stato 
raggiunto  entro  pochi 
giorni.  Ma  cosa 
aveva  detto  Togliatti 
il  31  marzo 
e  ribadito  il 
14  aprile  di 
così   sconvolgente? Aveva  detto 
quello  che  da 
tempo  avrebbero  dovuto 
dire  gli  uomini 
del  CLN, in  primo 
luogo  i  liberali 
ed  i  democristiani, cioè  che : “ogni 
questione  d’ indole  interna, anche  quella 
dell’ epurazione, doveva 
essere  subordinata  alla 
necessità  bellica”  e che 
il fine  immediato  dei 
comunisti (!!), doveva  essere  la 
formazione  di un  governo 
di  unità  nazionale, per   incrementare 
lo sforzo  bellico  dell’Italia, anche con  il 
Re  e  Badoglio! Ed 
il  Re, proprio  il 12 
aprile, dopo  un  incontro-scontro  con 
i  rappresentanti  angloamericani, aveva  comunicato 
ufficialmente, con  un  messaggio 
agli  italiani, trasmesso  dalla  radio,
la  sua 
volontà  di  ritirarsi 
dalla  vita  pubblica, il giorno  in 
cui  Roma, la  Capitale, sarebbe  stata 
liberata. Degli  Espinosa  descrive 
con  parole  commosse 
l’evento, commozione  che  aveva 
preso  anche  il 
maresciallo  Badoglio, mentre  il  Re
“… non  violava  le 
norme di  quella  discreta  
dignità  che   impone 
il  silenzio  e 
la  compostezza  ai 
momenti  più  drammatici.”
Il 
messaggio  così  diceva: “Il 
popolo  italiano  sa 
che  sono  sempre 
stato  al  suo fianco 
nelle  ore  gravi 
e nelle  ore  liete. Sa 
che  otto  mesi 
or  sono  ho 
posto  fine  al 
regime fascista  e  ho 
portato  l’ Italia,
nonostante  ogni  pericolo 
o rischio, a  fianco  delle 
Nazioni  Unite, nella  lotta 
di  liberazione  contro 
il  nazismo. L‘Esercito, la  Marina 
e  l’ Aviazione, rispondendo  al 
mio  appello, si  battono 
intrepidamente  contro  il 
nemico  a fianco  delle 
truppe  alleate. Il  nostro   contributo 
alla  vittoria  è, e sarà, progressivamente  più 
grande. Verrà  il giorno  in  cui,
guarite  le  nostre 
profonde  ferite, riprenderemo  il 
nostro  posto , da  popolo 
libero  accanto  a 
nazioni  libere. Ponendo  in 
atto  quanto  ho 
già  comunicato  agli 
alleati ed  al  mio 
governo, ho  deciso  di ritirarmi 
dalla  vita  pubblica 
nominando  Luogotenente  Generale, 
mio  figlio  Principe 
di  Piemonte . Tale  nomina 
diventerà  effettiva,
mediante  il  passaggio 
materiale  dei  poteri, lo 
stesso  giorno  in 
cui  le  truppe 
alleate entreranno  in Roma.
Questa  mia  decisione, che  ho 
ferma  fiducia  faciliterà 
l’ unità  nazionale, è  definitiva 
ed  irrevocabile.”
 
 
 
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