NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

venerdì 30 settembre 2022

Monarchia?

 


Ma se si volessero solo elencare tutti gli argomenti che la ragione umana può trovare a favore della Monarchia, non basterebbero centinaia di volumi; basti qui ricordare di sfuggita che il Papa Pio VI ebbe a definirla in una tragica occasione "praestantioris regiminis forma" (3) e, per quel che riguarda in concreto noi italiani, teniamo presente che "il migliore dei governi è in ciascun paese il legittimo" (4); ora, non essendo la repubblica italiana legittima  né quanto all'origine, perché - (degno esito di un secolo e mezzo

di attività rivoluzionaria mai sufficientemente combattuta e spesso addirittura favorita I nata da un referendum imposto al Re con minacce e ricatti e truccato nei risultati; né quanto all'esercizio, perché raro è trovar legge repubblicana che non violi il diritto naturale, il problema neppure si pone (5).

Andiamo ora a vedere come debba essere una Monarchia quanto a strutture politiche e sociali. Premetto subito che il discorso sarà necessariamente molto generico, data l'impossibilità di stabilire un modello astratto valido a priori in ogni tempo e in ogni luogo: ogni regno esistente o esistito è o è stato una costruzione storica spesso e volentieri unica ed irripetibile. I modelli prefabbricati di costituzione politica vanno bene per le utopie rivoluzionarie, non per un programma di restaurazione. Ci limiteremo dunque ai principi generali.

 

 

Innanzi tutto, è bene fugare un equivoco. Dalla definizione data precedentemente di Monarchia, qualche mente confusa e sospettosa ha forse visto emergere il tetro fantasma del "sovrano assoluto". Niente di più errato. Abbiamo detto che il Re esercita in proprio l'autorità "secondo giustizia": spieghiamo ora che cosa significhi "secondo

giustizia.

Giustizia è innanzi tutto riconoscere l'esistenza di un diritto naturale anteriore ad ogni legge positiva, e conformarsi ad esso nella legislazione; ed è anche il rispetto dei diritti propri delle società subordinate, quali famiglie, corporazioni, comunità locali; la cui esistenza è essenziale perché un regno sia bene ordinato, perché il Sovrano si trovi ad essere capo di una "società organica" quale quella che noi propugniamo. Il quadro di tale società è già stato delineato a sufficienza nei punti precedenti di questo lavoro; basti qui dire che tale articolazione è assolutamente necessaria, pena il cadere nel totalitarismo proprio delle repubbliche moderne, nelle quali alle società subordinate sono stati sostituiti organi burocratici artificiali, espressioni o ricopiature del potere centrale; mentre, in una società organica "ogni consorzio deve conservare la propria unità in modo da non perdere la unità del tutto; ed ogni società maggiore provvedere all'unità del tutto senza distruggere la unità dei consorzi" (6).

Ne deriva così una struttura piramidale avente alla base le singole famiglie ed al vertice la Famiglia Reale; inframmezzate e reciprocamente sorrette da tutta una gerarchia di autorità subordinate, che, senza ledere l'unità della autorità regia che sovrasta tutte quante ed a cui tutte quante riconducono assicura a tutti i livelli sociali la massima libertà compatibile con le esigenze della vita in comune.

Non sì dimentichi poi che, come si è detto prima, un Regno è sempre una costruzione storica, risultante dall'aggregazione di varie parti precedentemente indipendenti le une alle altre; e fa parte del regnare secondo giustizia anche il rispettare in queste regioni le costituzioni e gli ordinamenti antichi e i diritti da esse pattuiti all'atto della loro sottomissione alla Corona. Esempi di questo tipo si possono riscontrare ancor oggi, sia pure allo stato di semplice "residuo storico" nelle autonomie legislative delle varie parti che compongono il Regno Unito, e in tempi non troppo lontani da noi, nei "Fueros" spagnoli, conservatisi in Navarra fino al 1841 (7).

L'insieme che ne risulta è ciò che il De Tejada, riferendosi all'antica Monarchia della Spagna, ha giustamente definito "Monarchia federativa" (8): unità nella molteplicità, autonomia delle comunità subordinate senza che ciò possa ledere l'unità del tutto. Questa è un'esigenza particolarmente sentita in un paese come l'Italia, storicamente ed etnicamente complesso, dove il problema mai risolto del rapporto fra potere centrale e

4

comunità locali ha portato anche recentemente a conflitti sanguinari, come nel caso di Reggio Calabria, che naturalmente la repubblica si è affrettata a "risolvere" con una dura repressione, nella più perfetta tradizione giacobina delle "colonne infernali", che il Comitato di Salute Pubblica inviò a suo tempo contro la Vandea.

Ma, torniamo al nostro stato monarchico. L'immagine che ne daremo, per forza di cose approssimata, presuppone già attuata - nei limiti del possibile, compatibilmente con l'imperfezione umana - la restaurazione di una società organica; cioè a dire, la restaurazione della Monarchia non è che l'ultimo atto, il "coronamento" nel senso letterale del termine, di una Restaurazione globale che parte da noi stessi attraverso gli organismi sempre più complessi della società, per giungere fino al vertice con la Restaurazione del Trono.

A capo di un tale stato si troverà il Re, investito di autorità personale, patrimoniale ed ereditaria; un Re, sia ben chiaro, che regna e governa, assistito dai suoi Consigli e da una rappresentanza delle corporazioni, degli ordini professionali e delle comunità locali.

La camera rappresentativa a designazione elettiva, avrà essenzialmente il compito di fare presente al Re ed al Governo i desideri e le esigenze dei vari corpi e comunità di cui è espressione e di discutere e trattare col Re l'applicazione e l'esazione di nuove imposte. Essa si riunirà in seduta plenaria solo in quei casi eccezionali in cui sia necessaria la discussione di problemi di interesse generale, mentre le questioni ordinarie saranno discusse dal Re e dal Governo coi soli rappresentanti dei corpi ad esse interessate. Si eviterà così il disgustoso spettacolo delle camere sedenti, discutenti e deliberanti a ruota libera in permanenza e si renderà inutile ogni forma di "indennità parlamentare", che sarà sostituita da un semplice rimborso delle spese di viaggio e di soggiorno per il breve periodo

in Cu       deputati dovranno trattenersi nella capitale.

I consigli potranno essere tre:

    un Senato con attribuzioni legislative;

    una Corte dei Conti con attribuzioni amministrative;

    una Corte di Cassazione con attribuzioni giudiziarie.

il Senato

Il Senato dovrà provvedere ad elaborare le leggi e a sottoporle al giudizio del Sovrano, alla cui approvazione è subordinata la loro promulgazione ed entrata in vigore, avendo esclusivamente in vista il bene comune. Esso dovrà essere il luogo della capacità e della competenza politica nel senso più proprio: di qui la necessità della presenza di una élite politica altamente qualificata, capace di svolgere quella funzione che in altre epoche fu efficacemente svolta dall'aristocrazia del sangue. Oggi in Italia una simile élite è completamente assente, donde il problema del suo reclutamento. Senza scartare a priori soluzioni come quella proposta dal K iThnelt - Leddihn, che propone un sistema di esami seguito da un periodo di prova (9), ci sembra che la formulazione di tale élite sia una naturale conseguenza di un'azione che parte dalla restaurazione degli uomini e che si svolga sul duplice piano di restaurazione intellettuale e spirituale. Un'opera del genere, condotta innanzi tutto su noi stessi, porta anche, lentamente, alla formazione di una élite autentica. D'altronde, in mancanza di quest'opera di restaurazione interiore, qualsiasi azione è destinata al fallimento, e quindi il problema non sussiste perché irreale. Una volta che tale élite avrà assunto il comando, essa potrà perpetuarsi e attraverso l'educazione familiare (sempre la più efficace) e attraverso l'istituzione di apposite scuole.

La Corte dei Conti

Le funzioni della Corte dei Conti saranno notevolmente semplificate e snellite dal decentramento amministrativo. Come linea generale è sempre da tener presente che l'organismo superiore deve intervenire in quei casi in cui l'inferiore non è sufficiente a se stesso. Le funzioni che la famiglia è in grado di svolgere da sola non devono spettare al comune, quelle che il comune può svolgere da solo non devono spettare alla provincia e così via fino all'amministrazione statale.

Una regola del genere, oltre ad evitare la paralisi amministrativa che quotidianamente si osserva nella repubblica, è anche la miglior difesa contro ogni forma di totalitarioo.

La Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione costituirà il vertice della Magistratura, ed avrà la funzione "custode del diritto". La proposta, che si trova nel Klihnelt Leddihn (10), di far desi-r;nare i suoi membri dalla chiesa e dalle università e di conferirle il diritto di 'veto assoluto' su tutte le leggi, risoluzioni e disposizioni che giudicasse contrarie al diritto naturale o ara morale cattolica, merita di essere presa in considerazione, ma forse non è necessaria simile misura quando si diano a questi corpi opportuni diritti di fare censure ed osservazioni in merito.

Quello che si è descritto non vuole essere, sia ben chiaro, un progetto di costituzione, ma solo dare un'immagine di quello che potrebbe essere un modello non inattuabile. di Monarchia, Tradizionale, Organica e Rappresentativa; di una Monarchia, cioè, conforme alle autentiche tradizioni delle nostre genti, nella quale siano organicamente contemperate l'unità del comando e la molteplicità delle strutture sociali; dove il popolo sia adeguatamente rappresentato secondo le strutture naturali del paese reale e attraverso queste possa autoregolarsi alla base e far sentire la sua voce fino ai piedi del trono , senza restar vittima dell'inganno di un'impossibile sovranità che lo rende invece "schiavo di tutto e padrone di niente".

Siamo insomma all'opposto delle moderne oclocrazie totalitarie, ma anche all'opposto delle Monarchie Assolute; infatti il primo attacco sul piano politico contro. le strutture tradizionali fu proprio l'assolutismo, dottrina nata dalle teorie naturalistiche rinascimentali e dall'individualismo protestante.

Col pretesto di rimuovere i limiti che una struttura differenziata poneva all'autorità regia, esso perseguiva una politica di accentramento amministrativo, di uniformazione legislativa, e tesa al disconoscimento dell'esistenza di una Legge naturale di origine divina, di fronte alla quale anche il Re doveva inchinarsi. Una politica del genere, perseguita soprattutto in Francia dal Richelieu e dal Mazarino, ebbe come conseguenza quella di togliere alla Monarchia le basi su cui poggiava; e di preparare così la strada alla rivoluzione. In realtà, mai nessuna Monarchia pre-rivoluzionaria arrivò ad essere "assoluta" nel senso che una certa letteratura fumettistica dà a questa parola.

La stessa Francia, alla vigilia della Rivoluzione, conservava ancora parecchie delle antiche autonomie, immunità, legislazioni particolari, che solo la Rivoluzione - in nome della solita "eguaglianza" spazzò via. E se con l'assolutismo iniziò la pretesa di "legificare" anziché "legiferare", tuttavia mai l'arbitrio arrivò realmente a sostituirsi alla Legge.

Spieghiamo meglio il concetto che sta sotto i due termini:

Legiferare, da legem ferre, significa trasportare la legge da Principio trascendente, eternamente valido, a norma positiva adatta ad un determinato contesto sociale, senza però mutarne la sostanza;

Legificare è invece un puro e semplice fabbricare la legge, in base semplicemente alle idee

più o meno distorte di chi, la fortuna o le brighe dei partiti, hanno trasformato in legislatore. Di una simile pretesa il totalitarismo moderno ha fatto una regola, costantemente osservata in tutte le cosiddette "democrazie", siano esse "popolari" o "parlamentari".

Di ciò che di oppressivo poteva esserci nelle Monarchie assolute la rivoluzione non ha abolito nulla: anzi, ha perfezionato e applicato in modo sistematico e scientifico quelli che prima erano stati al massimo dei timidi tentativi, e in più ha soppresso e continua a sopprimere quello che di buono e di veramente libero sopravviveva.

Ma non è questo il momento di piangere sul bene perduto, ma quello di lottare con tutte le nostre forze per salvare le ultime briciole che rimangono, per iniziare con quelle a ricostruire ciò che è stato distrutto.

E' un'opera di restaurazione che non è mai troppo presto per incominciare e che, in un certo senso, non dovrà interrompersi mai, perchè la Rivoluzione è sempre in agguato e non esiste costituzione perfetta: le società meglio ordinate finiranno sempre col corrompersi, se si corrompono gli uomini che le governano. Il migliore dei Regni corre continuamente il rischio di rovesciarsi, se vengono meno gli uomini, nella peggiore delle ipotesi al servizio della rivoluzione.

Corruptio optimi pessima: così la Francia , il Regno Cristianissimo, genera prima la Rivoluzione nel suo seno e la esporta poi con la forza delle sue armi; così la Russia, la Santa Russia, si trasforma con la rivoluzione sovietica del 1917, nel centro propulsore della sovversione comunista.

Sta a noi continuare a non prestarci al loro gioco. I danni compiuti dalla Rivoluzione fino ad oggi sono troppo gravi perché si possa ancora perdere tempo. Dobbiamo lottare con tutte le nostre forze per restaurare - o per instaurare, se così preferite - in Italia la Monarchia. Ogni benché minimo indugio in questa Contro - Rivoluzione può essere fatale.

Ogni piccola vittoria che saremo capaci di riportare è un abbreviamento del tempo che ci separa dal giorno della Restaurazione.

Ed allora, AVANTI per l'Italia e per il RE!

NOTE


(3)    All. al Concistoro del 17 giugno 1793 (sull'uccisione di Re Luigi XVI da parte dei rivoluzionari francesi), in Insegnamenti Pontifici - 6 - La pace interna delle Nazioni Ed. Paoline, Roma, 1959, pag. 18 nota

(4)    Taparelli, op. cit., vol. 1, pag. 174. Dopo questa considerazione l'Autore esamina una serie di argomenti pro e contro la monarchia e la poliarchia, e pur non prendendo egli posizione esplicita a favore dell'una o dell'altra forma di governo, la prima risulta chiaramente la migliore.

(5)    Non si deve, naturalmente, fraintendere questo argomento dell'illegittimità del regime repubblicano e ritenere che essa ci autorizzi all'uso di messi violenti per abbatterlo. Tali mezzi sono un'extrema ratio, a cui solo in gravissimi casi è moralmente lecito il ricorso come scelta del male minore. Grazie a Dio, non siamo ancora a questo punto e la resistenza legale alla repubblica è tuttora possibile e attuabile su larga scala.

(6)    Taparelli, op. cit. Diss. III capo V, vol. I, pag. 244

(7)    A proposito dei "Fueros" vedasi Francisco El ìas de Tejada, La Monarchia tradizionale, dell'Albero, Torino, 1966.

(8)    Francisco Elias de Tejada, op. cit. pag. 109 seg.

(9)    Erik von Kiihnelt-Leddihn, Libertà o eguaglianza? Il problema del destino dell'Occidente, trad. it. "L'errore democratico", Volpe, Roma, 1966, pag. 287

(10)  Erik von Kiihnelt-Leddihn, o

Storia di Palazzo Venezia

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venerdì 23 settembre 2022

Capitolo XX: La storia di un gigante.


 Capitolo XX: La storia di un gigante. di Emilio Del Bel Belluz


Nei giorni che seguirono andai a trovare un mio amico che faceva il falegname, in una casa non troppo lontano dalla mia. Avevo urgenza di chiedergli come bisognava restaurare il baule che avevo avuto dal capitano. Prima di darmi qualche consiglio, volle venire a vederlo. Disse è che era molto vecchio, pertanto aveva visto molti Paesi, e  di sicuro, aveva viaggiato anche  per mare. Aveva una forma imponente, era costruito con legno di quercia, quindi molto resistente. Quando finì di osservare il baule, mi chiese se avevo uno scalpello perché voleva rimuovere un pezzo di legno che, a suo parere, doveva nascondere un cassetto. In effetti dopo averlo sollevato, trovò al suo interno una busta che conteneva delle foto di un pugile che non avevano mai visto. Inoltre, c’era un giornale francese, a cui era allegata la traduzione in italiano, che narrava le vicende sportive ed umane di Primo Carnera, un pugile che era partito da un paesino friulano, Sequals, per cercare fortuna come boxeur a Parigi, dove combatté per la prima volta contro un pugile russo e vincendo per Ko. Continuarono a leggere, molto incuriositi,  che Primo Carnera era un gigante che appena nato aveva un peso di otto chilogrammi. La mamma aveva dovuto faticare molto per dare  alla luce la creatura, a cui fu dato il nome di Primo perché era il suo primo figlio. Da adolescente, viste le precarie condizioni economiche in cui versava, Primo abbandonò la sua famiglia per lavorare in una falegnameria di proprietà dello zio materno, in Francia. Questa occupazione non era molto retribuita, e non gli era sufficiente per sfamarsi. La fame per Primo era sempre stata un suo grande assillo. Quando tutto sembrava andargli storto, ebbe la fortuna di incominciare a lavorare in un circo, dove faceva delle esibizioni come lottatore, vista la sua grande mole e possanza. Con il circo  ebbe la possibilità di conoscere la Francia, perché visitava tutti i luoghi in cui si soffermava. Il cuoco che doveva preparare da  mangiare per tutti circensi, lo riteneva una persona da tenere lontano dalla cucina. Con le sue mani giganti Carnera riusciva  a sottrarre una grande pagnotta che mangiava avidamente durante la fuga.  Il cuoco gli correva dietro con un mattarello, senza mai raggiungerlo e sapeva benissimo che Primo ci avrebbe riprovato. Il suo fisico, alto oltre 2 metri, richiedeva una grande quantità di cibo. Il proprietario del circo sapeva molto bene che il suo numero era tra i più seguiti, e non poteva permettersi di perdere l’atleta più forte che aveva, per un pezzo di pane. In questo modo il proprietario chiedeva al cuoco di chiudere un occhio e se non era sufficiente, di chiuderli entrambi. Tutti i circensi erano a conoscenza dell’amicizia che legava Primo a un nano.  I due erano un’ attrazione molto ben collaudata, attesa con trepidazione da tutti gli spettatori. Alla fine dello spettacolo si ritrovavano per discutere e scambiarsi delle idee sulla vita e sul futuro che li attendeva. Il padrone del  circo  temeva sempre che la sua attrazione principale gli venisse soffiata da qualche concorrente, e per questo cercava in tutti i modi di assecondare le richieste del maciste italiano. Carnera però un giorno ebbe una proposta da un ex pugile   francese che aveva  avuto una certa notorietà, diventando  campione di Francia dei pesi massimi. Questo pugile una volta fu spettatore di una  esibizione di Carnera che lo sorprese per la facilità in cui aveva atterrato quel poveretto che aveva cercato di sfidarlo. Il giovane valoroso lo aveva colpito con tutta la sua forza, ma Carnera non si era mosso di un centimetro, non aveva arretrato. Il combattimento era stato davvero interessante e Carnera dimostrò un’altra volta, di essere invincibile come lottatore. La proposta di abbandonare il circo per abbracciare la boxe, lo rese molto pensieroso e triste. Il proprietario del circo aveva cercato in tutti i modi di fargli cambiare idea, ma non riuscendovi. Il  circo senza la sua esibizione avrebbe avuto poche possibilità di sussistere. Primo, a detta del giornalista, aveva dimostrato fin dal suo primo incontro vittorioso, di avere la stoffa per inanellare ulteriori successi.  Vittorio e il falegname erano rimasti molto colpiti da quell’articolo; infatti loro conoscevano solo il pugile Erminio Spalla che aveva conquistato la corona europea dei pesi massimi e che era molto amato da Mussolini. Si diceva che il Duce, ogni volta che saliva sul ring, gli raccomandasse di vincere per la Patria. Il falegname si era seduto e osservava ancora una volta il giornale che aveva trovato e le foto pubblicate, che erano piccole ma lasciavano intravvedere il campione Carnera. Dopo aver finito di parlare di pugilato, il falegname decise che voleva portarsi a casa il baule per poterlo restaurare con perfezione. D’altro canto, avevo anch’io l’ intenzione dì imparare a rimettere a nuovo un mobile, e fu così che, sotto la sua guida ed il suo occhio da esperto, incominciai con il carteggiare il baule.  L’indomani mattina, sarei dovuto recarmi a casa sua per ritirare il colore per dipingerlo e raccogliere gli ultimi consigli su come dare le pennellate senza lasciare gli antiestetici grumi.  Mi sentivo soddisfatto perché stavo imparando qualcosa di nuovo che mi avrebbe permesso di far quadrare meglio l’incerto bilancio familiare.  

lunedì 19 settembre 2022

Il fascino (discreto) della monarchia 2.0

Il cordoglio unanime e l’attenzione quasi morbosa nei confronti della recente scomparsa della Regina Elisabetta II del Regno Unito, ha travolto il mondo quanto se non più della pandemia. Dirette fiume da Londra e da Balmoral, talk show commossi a reti unificate, per non parlare del florilegio di post e meme sui profili social di miliardi di persone comuni, quasi come se fosse morta una loro zia. Anzi di più, che magari con la vera zia qualcuno ci avrà pure litigato e non gliel’avrà ancora perdonata. 

Quell’istituzione arcaica che è la monarchia – una modalità di governo che, fin dai tempi della Rivoluzione francese, pareva destinata ad essere spazzata via dalla storia – si è dimostrata, in questa occasione, sorprendentemente vitale, amata in modo totale e acritico da tutte le fasce sociali, capace di suscitare emozioni fortissime, in morte come in vita e come nessun primo ministro o presidente della repubblica sarebbe mai in grado di fare.

[...]

https://www.labparlamento.it/il-fascino-discreto-della-monarchia-2-0/

domenica 18 settembre 2022

Conferenza per il XX Settembre

 Siete invitati a una NOSTRA CONFERENZA

dal titolo "LA PRESA DI ROMA. DAI MOTI ALLA MARCIA"
che si svolgerà presso la LIBRERIA HORAFELIX, ROMA
Martedì 20 SETTEMBRE 2022 ALLE ORE 18,30,
nel giorno dell'Anniversario di Porta Pia 1870, 
ricorrendo quest'anno il Centenario della Marcia su Roma.
Immagini dei Monumenti e Letture dei Discorsi d'epoca.
Negli ALLEGATI ulteriori informazioni con le modalità di partecipazione.
Cordialmente.
     Prof. Massimo Fulvio Finucci e D.ssa Clarissa Emilia Bafaro






Link  Info Conferenza

giovedì 15 settembre 2022

lunedì 12 settembre 2022

Esempio-Inghilterra. Ma quale presidenzialismo, meglio la Monarchia

 Confesso, sono un “presidenzialista” pentito.


di Fabio Torriero

Negli anni Novanta mi sono battuto alacremente sul piano culturale, giornalistico, politico, per la “via italiana al gollismo”. Ritenevo che il caos originato e causato dalla frammentazione del sistema elettorale della nostra prima Repubblica, potesse essere equilibrato, contemperando la rappresentanza democratica con la governabilità garantita. E ho partecipato direttamente al lungo dibattito tra il presidenzialismo, voluto dalla destra (in realtà un’idea molto italiana, proposta nella nostra storia istituzionale dall’azionista Calamandrei, dal repubblicano Pacciardi, dal dc Segni leader di Europa Settanta, da Almirante, ma anche da Craxi etc); il premierato (modello esistente solo in Polonia e Israele), e i sostenitori della Bicamerale o della Costituente.
Come noto poi, ogni tavolo bicamerale (i famosi patti della Crostata) è finito in un nulla di fatto.
Ed è sconsolante vedere ora che l’intera questione venga riproposta in modo astratto, ideologico ed elettoralistico. Usando le medesime parole, i medesimi teoremi di allora.
Una sorta di depistaggio di massa, per evitare l’analisi dei problemi e delle emergenze vere (energia, economia, pandemia, mancanza di classi dirigenti degne del nome).

Pentito perché oggi la realtà è molto cambiata. In presenza dei social, delle nuove condizioni generali, del commissariamento di fatto della politica, che vede ciclicamente poteri forti, Bruxelles e tecnici, dettare la linea, e le varie nomination da fiction tv, ogni volta che si deve decidere l’inquilino del Colle (i giochi vergognosi dei partiti che hanno preceduto la riconferma prima di Napolitano, poi di Mattarella), il popolo avrebbe scelto e sceglierebbe il demagogo di turno o il capo di moda, o il personaggio sulla cresta dell’onda.
La peggiore pancia del paese avrebbe incoronato nell’ordine Di Pietro, Berlusconi, Monti, Renzi, Salvini, Draghi, per poi ghigliottinarli l’anno successivo (consenso liquido).

[...]

MONARCHIA ?

 

Mentre la Rivoluzione è un processo distruttivo che ha per scopo esclusivamente se stessa (le utopie "millenaristiche" dei rivoluzionari si dimostrano sempre più irrealizza­bili, tanto che la loro attuazione viene continuamente rinviata a futuri sempre più lontani e ipotetici), la Controrivoluzione è un processo di ricostruzione che ha come suo preciso scopo la Restaurazione. Tale Restaurazione, da attuarsi a vari livelli - personale, sociale, politico - dovrà trovare nella persona del RE il suo coronamento e la sua perfezione.

La Monarchia è dunque il necessario punto di arrivo della nostra battaglia politi­ca. Ma per rendere chiara questa affermazione occorrerà prima precisare i termini, dato che la rivoluzione ha tanto contaminato le istituzioni e snaturato il significato delle paro­le, da rendere quasi impossibile un discorso chiaro ed univocamente comprensibile.

Innanzi tutto, quale Monarchia? Troviamo infatti, nella storia e nella geografia politica, forme di governo fra loro molto diverse - anche dal punto di vista sostanziale - in­dicate tutte col nome di Monarchie: Monarchie assolute, Monarchie feudali, Monarchie costituzionali, Monarchie parlamentari, Monarchie democratiche, e perfino Monarchie elettive, come quel Regno di Polonia che - per esplicita dichiarazione della sua carta co­stituzionale - era "una repubblica aristocratica con a capo un Re"!

La nostra posizione rispetto a tutto ciò è netta e precisa: la Monarchia è una so­la. Infatti, come ben dimostra il Padre Taparelli, quando critica, rifacendosi al Von Haller, l'antica divisione delle forme di governo (1), non esistono che DUE forme di governo, la Monarchia e la Poliarchia, la prima si ha quando l'autorità, che è necessariamente UNA, risiede in un'unica persona, quella del Sovrano; la seconda si ha in tutti gli altri casi, quando, cioè l'Autorità risiede in più persone e si manifesta unitariamente attraverso il consenso di queste, espresso secondo regole fissate dalla consuetudine o da apposite leg­gi. Da questa definizione, che è l'unica mediante la quale si possono distinguere le forme di governo in base a differenze sostanziali e non contingenti, risulta chiaro che rientrano nella categoria delle poliarchie non solo quelle repubbliche che si proclamano apertamen­te tali, ma tutti i regimi politici in cui un Re debba spartire con qualche altro le preroga­tive dell'Autorità Sovrana. D'altronde, un esame sereno ed obiettivo della storia ci mostra come tutte le poliarchie coronate non siano, e non continuino ad essere, altro che forme di graduale passaggio - talvolta lento, talvolta rapido - verso la repubblica.

Si ha dunque Monarchia solo dove il Sovrano sia fisicamente Uno, e da solo eser­citi, secondo giustizia, la sua Autorità. Prima di esaminare tutto ciò che implicano quelle due parole, "secondo giustizia", vediamo brevemente le ragioni per le quali si può affer­mare essere la Monarchia il più naturale e il migliore dei reggimenti politici.

La prima, e più evidente, ragione è che se alla base della società troviamo la Fa­miglia, la cosa più naturale è trovarla anche nel vertice; ed una prova a contrario di questa affermazione la troviamo nel fatto che in ogni epoca i rivoluzionari più feroci ed i repub­blicani più accesi hanno rivolto i loro attacchi non solo contro l'istituto monarchico, ma anche e spesso più violentemente contro tutti i legami familiari e sociali. Per limitarci a quanto è accaduto nel nostro paese, osserveremo come le forze politiche che hanno imposto la repubblica nel 1946 sono all'incirca le stesse che hanno imposto il divorzio nel

1970 e l'aborto nel 1977, e che i rotocalchi già tristemente famosi per avere fomentato odio contro la famiglia reale in esilio sono gli stessi che hanno fatto ieri un'ampia propa­ganda al divorzio e fanno oggi propaganda all’ “emancipazione della donna" e all'aborto. Le teorie individualistiche dei rivoluzionari sono state rivolte prima contro le strutture politiche e sociali, poi contro la cellula primaria della società, la famiglia, oggi infine contro la vita stessa dell'uomo.

Questo argomento acquista poi maggior forza se passiamo ad esaminare il cam­mino attraverso il quale dalla famiglia si è sviluppata la società civile e politica. Immagi­niamo una famiglia che si stabilisca su un vasto territorio disabitato e seguiamone le vi­cende (2). La famiglia crescerà, coltiverà terre, alleverà bestiame, estendendo il suo do­minio sui campi e su pascoli e i figli, per istinto (amore e necessità) saranno soggetti, finché minori, all'autorità paterna. Quando i figli saranno giunti a virilità potranno, una vol­ta ammogliatisi e formate nuove famiglie, o restare sulle terre del padre, o emigrare in cerca di nuove terre; i primi, se vorranno costruire sulle terre del padre le abitazioni per sé e le loro famiglie, dovranno sottostare a certe condizioni che il padre avrà tutto il dirit­to di imporgli, dato che le terre sono sue; il padre potrà cioè riservarsi sopra le famiglie di questi figli, emancipati ma viventi in comunità con lui, quei diritti che riterrà necessa­rio esercitare per il bene della comunità.

Vediamo di qui nascere una prima forma di autorità politica, che, per il fatto di essere indipendente, è anche sovranità territoriale. Allentandosi poi con le successive ge­nerazioni di sovrani i vincoli di sangue, la famiglia diventa clan, il clan tribù, la tribù po­polo: ad un certo punto la sola dipendenza politica lega fra loro sudditi e sovrano: si è formata una Monarchia.

Quanto ai figli emigrati lontano, essi potranno o dividersi, e allora ciascuno sarà, come già il padre, fondatore di una sua propria monarchia; oppure restare uniti e formare una società nella quale l'autorità nasca dal comune accordo dei consociati.

Crescendo la società si dovranno stabilire regole in base alle quali si perpetua questo accordo, e così via: ecco nascere la società poliarchica. Società poliarchiche posso­no nascere anche per aggregazione o fusione di società minori, ma più estese delle fami­glie.

Ora, come se ne può dedurre che la Monarchia è il regime politico più naturale?

La cosa apparirà evidente quando si consideri come, in linea di principio, la Mo­narchia sia l'erede diretta della famiglia, là dove un governo poliarchico, derivando dalla unione di famiglie diverse, da una messa in comune di interessi diversi e talvolta forse con­trastanti, ha in sé qualcosa di artificiale, di fabbricaticcio, e in esso più facilmente fanno presa germi di disgregazione.

E si badi che qui stiamo parlando di poliarchie tradizionali, fondate sulla fami­glia, istituzione di per sé naturalmente 'monarchica' nella persona fisica del 'pater familias' e che tale deve rimanere, pena il suo

cessar di esistere. Delle repubbliche moderne non è nemmeno il caso di parlare: non sono società, ma dissocietà tenute insieme solo da un ap­parato burocratico sempre più esteso e sempre più oppressivo al quale diventa sempre più difficile sfuggire.

Abbreviando, si può dire che ogni società, monarchica o poliarchica, si mantiene sana quando le famiglie sono salde e unite, quando la classe dirigente ha i pregi di una sa­na aristocrazia, quando all'interno del corpo sociale permangono tutte quelle 'gerarchie' naturali, sancite più dalla consuetudine della vita in comune che dalla legge; quando in­somma a tutti i livelli della vita sociale troviamo istituzioni caratterizzate dalla 'unità di direzione' e dalla sua 'continuità' al di là delle persone fisiche che la incarnano; ora, se ciò è un bene, perché non dovrebbe essere presente anche al vertice della società?


(1)  Cfr. Padre Luigi Taparelli d'Azeglio S.J., Saggio teoretico di diritto naturale appoggiato sul fatto, Palermo 1857. Diss. Il capo IX vol. I, pag. 162 seg.

venerdì 9 settembre 2022

E' morta la Regina. Viva il Re!



Ci è toccato ascoltare il triste annuncio riferito ad una Sovrana che col suo garbo, la sua intelligenza, il suo profondo senso del dovere, ha perfettamente incarnato la regalità. 

Che è virtù difficile, di apprendimento secolare, trasmessa di generazione in generazione e perfettamente impersonata dalla Regina Elisabetta II.

All'unanime commozione ci associamo, nel nostro piccolo, noi dal nostro piccolo blog.

Allo stesso tempo guardiamo con invidia e speranza alla naturale successione al Trono, che è più della normale amministrazione del titolo di Capo dello Stato.

E' il fondersi di una persona, di una Casa, con la storia e l'anima intere di una Nazione e accompagnarla e rappresentarla nel corso dei secoli, al di sopra di ogni divisione politica.

Auguriamo al nuovo Re lunga vita e tanta saggezza in funzioni che tanto sono pratiche quanto toccano il trascendente nell'essere parte di un sentimento collettivo, nazionale e, nel caso della Corona inglese, anche sovranazionale.

Come diceva Francesco Crispi "La Monarchia unisce" e difatti vediamo anche tanti repubblicani dolersi per la perdita di quello che dall'Italia hanno voluto a tutti costi cacciare.

Lo sapevamo.




martedì 6 settembre 2022

A Torino l’edizione 2022 del “Rinnovo dei voti” e della “Festa degli Stati di Savoia”

 



Sabato 10 e domenica 11 settembre

TRADIZIONI E IDENTITA’ DEL PIEMONTE CON LA CERIMONIA DEL “RINNOVO DEI VOTI” DI SUPERGA

Nel fine settimana di sabato 10 e domenica 11 settembre a Torino torneranno protagoniste le tradizioni culturali, storiche e religiose del Piemonte con l’edizione 2022 del “Rinnovo dei voti – Arnovassion dij vot” e della “Festa degli Stati di Savoia”, ricorrenza legata alla liberazione di Torino, al tempo capitale degli Stati sabaudi, dall’assedio franco-spagnolo del 1706 e al voto religioso con cui, secondo la tradizione, il duca Vittorio Amedeo II s’impegnò a edificare una grande chiesa in onore della Madonna.

I SAVOIA IN PIEMONTE

L’importante evento, organizzato dalla delegazione “Piemonte e Stati di Savoia” del movimento culturale “Croce Reale – Rinnovamento nella Tradizione” con il sostegno della Presidenza del Consiglio Regionale del Piemonte e la collaborazione della direzione della Basilica di Superga, affidata alla comunità religiosa del SERMIG (Servizio Missionario Giovani) di Torino, avrà inizio sabato 10 settembre, presso la Sala Valfrè della chiesa di San Filippo Neri (ingresso da via Accademia delle Scienze, 11), nel cuore della Torino sabauda, con il convegno sul tema “Fede, cultura e tradizioni in Piemonte e negli antichi Stati di Savoia: Sacra Sindone e devozione mariana nel Piemonte sabaudo”.

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https://www.lagendanews.com/a-torino-ledizione-2022-del-rinnovo-dei-voti-e-della-festa-degli-stati-di-savoia/

lunedì 5 settembre 2022

Capitolo XIX: Il ritorno in famiglia

di Emilio Del Bel Belluz



Avevo ultimato le quattro settimane lavorative che furono dure e gravose, ma mi avevano fatto scoprire anche aspetti della vita, prima di allora sconosciuti, grazie alle storie raccontate dal capitano che aveva viaggiato per mezzo mondo. Avrei voluto continuare ad essergli vicino perché non era facile trovare una persona con tanta esperienza della vita ed in grado di elargire tanti consigli per superare le difficoltà quotidiane. La pesca era una attività che mi faceva faticare molto, ma non mi assicurava quella tranquillità economica necessaria per il sostentamento continuativo della famiglia. 

La Grande Guerra non aveva portato benessere al Paese, anzi, c’eravamo trovati con una buona parte della nazione da ricostruire.  Il capitano mi propose, allora, di poter lavorare per lui, di tanto in tanto. Prima di accomiatarci mi pagò qualcosa di più di quello che aveva pattuito, e i miei occhi si illuminarono d’immensa gioia.   Il comandante volle, inoltre, donarmi un baule che apparteneva ad un cliente che non gli serviva più. Si era accorto che da qualche giorno lo osservavo con insistenza ed aveva capito che mi piaceva. 

Era in rovere massiccio, con la serratura e la chiave. Necessitava di essere restaurato perché era molto vecchio ed aveva viaggiato molto. Il capitano mi aiutò a scaricarlo, e alla fine, nell’augurami una vita felice, mi abbracciò. L’alba stava spuntando, il sole avrebbe illuminato un nuovo giorno. Vidi il barcone che si allontanava e il lupo di mare che sul cassero fumava la pipa; degli ultimi istanti passati assieme  mi rimasero solo  l’odore della pipa e l’odore del fiume. Poi, mi misi in attesa che qualcuno passasse per aiutarmi a trasportare il baule fino a casa. Poco dopo, vidi un carro trainato da  un cavallo che avanzava molto lentamente. L’uomo seduto sulla cassetta del carro mi riconobbe subito e mi aiutò a caricarlo. Costui che lo conoscevo di vista mi chiese da dove provenissi e dove avevo procurato quel baule. Gli risposi, soddisfacendo la sua curiosità.  Giunti a casa, con cura scaricai il baule e salutai l’uomo che mi aveva favorito. 

Cercai di entrarvi ma la porta era chiusa e tutti dormivano saporitamente. Bussai numerose volte alla porta, finché i ragazzi ed Elena si svegliarono. Quando si accorsero della mia presenza, mi fecero entrare e dai loro volti traspariva una gioia incontenibile. Dopo mi raggiunsero la maestra Silvana e Genoveffa, ancora assonnate, ma molto contente.  Ero stato lontano da casa solo un mese, ma la festa che mi tributarono fu  quella che di solito si fa a un soldato che ritorna dalla guerra, dopo molti anni, quando tutti lo davano per disperso. Le donne della casa mi fecero notare che ero dimagrito e stanco. Elena non si staccava più da  me, voleva sapere come mi sentissi fisicamente perché mi vedeva molto patito. In quel periodo ero mancato molto a tutti.

Anche i due figli più grandi mi vennero incontro per essere abbracciati, mentre udivo il pianto di Umberto che reclamava la mamma. Quando mi fui ripreso con un buon caffè, raccontai come avevo trascorso il periodo sul barcone. Mi reputavo veramente fortunato ad avere una famiglia come la mia. Elena si dimostrò ancora più felice nel momento in cui le consegnai i soldi che avevo guadagnato. Con poche parole spiegò come li avrebbe spesi. C’era da saldare il conto della bottega ed il rimanente sarebbe servito per il mese prossimo. Rassicurai Elena dicendole che mi sarei rimesso a pescare già l’indomani: le condizioni del tempo facevano ben sperare.  Con l’aiuto di Genoveffa portai in casa il baule e lo collocai come voleva Elena, vicino al camino. Nei prossimi giorni mi sarei messo a restaurarlo e, pertanto, avrei chiesto a un mio amico falegname dei consigli per portarlo a nuovo. Quella giornata si spense nella quiete della famiglia che mi era molto mancata. Nei giorni che seguirono ricominciai a solcare il fiume, mi sembrava di fare tutto come se fosse la prima volta. Mentre calavo le reti sentivo il mormorio del fiume che mi parlava. L’acqua era pulitissima, volli berla  dopo averla raccolta con una borraccia. Aveva un ottimo sapore. Sulla sponda opposta intravidi la casa di Elena. Ora vi viveva la mamma. Quando i bambini fossero diventati più grandi l’avrei portati in quei posti. La mamma di Elena era una donna sola e coraggiosa. La campana della chiesa suonò il mezzogiorno, era il momento di rientrare. In casa si respirava aria di festa. Sulla tavola era stesa  una tovaglia a quadri rossi e bianchi, lo stesso disegno che vedevo quando ero bambino nei giorni di festa. In quel momento bussò alla porta un mendicante, e lo facemmo entrare. L’uomo si inginocchiò davanti al crocefisso posto su una mensola della cucina e recitò a voce alta una preghiera, dopo essersi tolto il vecchio cappello. 

Accomodato a tavola gustò con piacere un piatto di minestra fumante con del pane appena sfornato.  Da tempo non condivideva con altre persone un pasto. Era sceso dalla montagna a piedi e si fermava in qualche casa a chiedere l’elemosina.  Dalla sua sacca che portava sempre con sé, tolse un santino che raffigurava la Madonna, e lo porse ad Elena che lo baciò con devozione e lo fece vedere a tutti. L’uomo disse che la Madonna illuminava la via del viandante e, certe sere, quando non aveva nulla da mangiare, gli capitava che pregandola qualcuno gli offrisse del cibo. Una notte si trovava in un piccolo paese e stava male, aveva cercato di chiedere aiuto, ma nessuno si era accorto di lui. Aveva una febbre da cavallo, si sentiva vicino più alla morte che alla vita. 

Il suo pensiero era rivolto alla Madre Celeste e confidava nel suo aiuto:  quando udì una voce gentile che gli chiedeva come stesse.  Erano due vecchi che lo aiutarono ad alzarsi e lo caricarono sul loro carro trainato da un vecchio cavallo e lo portarono nella loro casa. Poi chiamarono il dottore del paese che accorse subito e gli prestò le cure necessarie.  La carità di queste persone fu provvidenziale. In quella casa vi rimase per un po’ di tempo finché si ristabilì e riuscì a riprendere il cammino. Costui ritornava spesso a trovare i suoi benefattori ed ogni volta veniva accolto con l’affetto che si riservava a un parente caro. Alla fine della cena gli venne data ospitalità per la notte, s’accomodò su un pagliericcio nella stalla. Il giorno seguente ripartì dopo aver salutato e ringraziato tutti. Lo invitammo a farci visita, ogni qualvolta passasse dalle nostre parti.  

L’uomo con il suo passo da viandante e con il suo bastone riprese il viaggio; qualcosa di buono Silvana l’aveva messo nel suo sacco e il cibo per qualche giorno non sarebbe stato un problema. Ancora una volta la Provvidenza era accorsa in suo aiuto e dalle sue labbra si innalzò una prece di ringraziamento alla Vergine dei viandanti. Nei giorni che seguirono, molte volte parlammo di lui e della dura vita che aveva scelto, lontana dalle comodità, ma che gli permetteva di stare in ascolto di sé e della natura che lo circondava. Aveva scoperto che la felicità é data dalle piccole cose: è sufficiente che noi sappiamo apprezzarle. Aveva capito, inoltre, che la speranza non doveva mai venir meno e che il giorno dopo poteva riservarci sempre delle sorprese positive.

giovedì 1 settembre 2022

 INVITO AL PANTHEON

L'ARCO DI LUCE


Prof. Massimo Fulvio Finucci e D.ssa Clarissa Emilia Bafaro

Siete invitati a un Nostro Incontro di Studio e di Ricerca

che avrà luogo al Pantheon, dove assisteremo a un Evento

straordinario L'ARCO DI LUCE

Spiegheremo la natura di questi eccezionali fenomeni astronomici,

che si verificano nel Tempio, da sempre.

Mettendo in luce la sapienza costruttiva dei Romani,

avremo modo di illustrare le origini mitico-simboliche

del Pantheon e la sua storia, sintesi della Civiltà Italica.

TEMPIO ROMANO BASILICA CRISTIANA

SACRARIO DEI RE D'ITALIA


APPUNTAMENTO:

MARTEDI' MATTINA 6 SETTEMBRE ORE 12 

Davanti all'ALBERGO del SENATO,

PIAZZA DELLA ROTONDA, (angolo Via del Seminario),

presso il PANTHEON, a ROMA.

L'ingresso al Pantheon è gratuito, durata dell'incontro un'ora circa.

PRENOTAZIONE OFFERTA LIBERA

Telefono 338 4714674

Email terzanavigazionefutura@gmail.com