NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

mercoledì 30 settembre 2015

IL TRIONFO DELL’ EGOISMO ED IL SONNO DELLA RAGIONE

La  visione  dei  risultati  delle  elezioni  regionali  tenutesi  il  27  settembre  in  Catalogna, anche  se  i  partiti  separatisti  non  hanno  raggiunto  la maggioranza  assoluta  dei  voti, essendosi  fermati  al  47,8%, mi  ha  provocato  una  sensazione  di  sconforto, se  non  di  pena, perché  nel  successo  degli  indipendentisti  non  ho  visto  il  trionfo    della  libertà  e della  democrazia, ma  il  trionfo  degli  arrivismi, ( così  avranno  ministri, ambasciatori, posti  all’ ONU, alla  Unesco  e  così  via)  e  degli  egoismi, specie  fiscali  e  monetari, il  tutto  in  una  visione  retrograda   e  non  avveniristica  della  società  catalana.  Il  sonno  della  ragione  genera  mostri, e  la  pena  e  la tristezza  sono  aumentate  quando  abbiamo  visto  e  letto   che    in  questo  successo  sono  stati  determinanti  i giovani  che  invece  di guardare  al  futuro, come  dovrebbero, si  sono  girati  verso  il  passato, come  i  dannati  danteschi, che nel  ventesimo  canto  dell’ Inferno, camminano  con  la  testa  girata  all’indietro “…sì  che  il  pianto  degli occhi, le  natiche  bagnava per  lo fesso…”
Infatti  alla  base  dell’indipendentismo  vi  è  la  non  accettazione  della vittoria  dei  Borboni, trecento  anni  or  sono, nel  1714 ,nella  guerra  di  successione  spagnola  e  la  nostalgia  per  un  Regno  della  Aragona  e  Catalogna, che  aveva  avuto  un  ruolo  importante  nel  Mediterraneo, con  conquiste  di  cui  Alghero  ed  altre  località  della  Sardegna,  sono  testimonianza , ma che  praticamente  era  cessato  quando  il  Re  Ferdinando  d’ Aragona, il  “Cattolico”, aveva  spostato  nel  1469   la  Regina  Isabella  di  Castiglia, dando  così  vita  all’unità  della  penisola  iberica, liberata  completamente  dai  musulmani, e  che  si  lanciava  nella  grande  avventura  oceanica, con  le  tre  caravelle  di  Colombo.
Ma  siamo  nel  2015  ed  abbiamo  l’ISIS  ed altre  forme  di  estremismo  e  terrorismo  islamico, abbiamo  milioni  di  emigranti  che  attraversano  il  Mediterraneo  per  raggiungere   e  stabilirsi  in  Europa, abbiamo  problemi  energetici  ed  ambientali  di  non  facile  soluzione, che  già  l’ attuale  Unione  Europea  di  27  stati, senza  una  politica  unitaria, trova  difficoltà  a  risolvere  e  vogliamo  frammentarla  ulteriormente?
Un   conto  è  la  memoria  storica  da  tutelare, un  conto  sono  le  tradizioni  da  ricordare, un  conto  diverso  è  rompere  unità  statali, di  maggiori   dimensioni, più  adatte  ad  affrontare  i  problemi  sopra  esposti  ed  a  dialogare  con  gli  altri  stati, per  creare invece  uno  staterello  di   sette milioni  e  cinquecentomila  abitanti, che  non  sarebbe  in grado  di  sostenere  gli  oneri  di  tutte  queste  operazioni. In  Europa  vi  sono  senza  dubbio  Stati  numericamente  minori, ma  hanno  dietro  di  loro  storie  unitarie  di  secoli, come  ad  esempio  l’Olanda, che  aveva  anche  un  impero  coloniale  di  grandi  dimensioni, le famose  Indie  olandesi , oggi  Indonesia, o  il  desiderio  di  libertà, come  gli  stati  baltici, prima sottoposti  al governo  zarista, poi  dopo  un  ventennio  di indipendenza, sottoposti  nuovamente  per  un  cinquantennio  al  ben  peggiore  giogo  sovietico. Ma  questo  non  può  applicarsi  alla  Catalogna, perché  se  è vero  che  molte  sue istituzioni, quali  ad esempio  la “Generalitat”   e  le  “Corts”   ed  altre  forme  di  autonomia  amministrativa  erano  state  cancellate  nel  XIX  e  XX  secolo  dal  centralismo  madrileno  e  dal  franchismo,  con  la  fine  dello  stesso  e  con  una  rinnovata  monarchia   e  relativa  nuova  Costituzione, aveva  già  raggiunto, insieme  con  le  altre  regioni, una  struttura  federale  con   ampie  autonomie, che  può  essere  migliorata  ulteriormente  senza  distruggere  l’unità  della  Spagna.


Domenico  Giglio 

martedì 29 settembre 2015

Indipendentismo catalano, UMI: “La monarchia sarà garante di unità”


Alla vigilia delle elezioni regionali catalane in cui gli indipendentisti hanno conquistato 72 seggi su 135, seppure non la maggioranza assoluta, l’Unione Monarchica Italiana, per mezzo del suo presidente Avv. Alessandro Sacchi, ha manifestato la propria preoccupazione per un così buon risultato di un partito che miri a minare l’unità nazionale: “Bene ha fatto il Primo Ministro Mariano Rajoy a parlare di dialogo ponendo dei paletti: che non venga messa in discussione l’unità e la sovranità nazionale. Il Regno di Spagna vanta una tradizione unitaria di cinque secoli e l’attuale Monarchia è la massima garanzia in tal senso, tanto che gli indipendentisti guardano di buon occhio il repubblicanesimo proprio perché senza un Sovrano sarebbe più facile disintegrare lo Stato“.
Sacchi prosegue: “La Costituzione spagnola non escluda l’opportunità di un referendum sull’indipendenza, deve però essere richiesto dalla maggioranza dei parlamentari nazionali, cosa attualmente non realizzabile per questioni numeriche. La Spagna, unita al Re Filippo VI, valorizzi la sua secolare tradizione e dia ascolto alle problematiche locali senza cedere a minacce o ricatti“.
Se tutto il popolo spagnolo vorrà pronunciarsi su un’eventuale indipendenza catalana lo faccia, siamo certi che la Spagna non avrà nulla da temere. Almeno i cugini iberici hanno la possibilità di indire un referendum su qualsiasi argomento, cosa che in Italia viene limitata dall’antidemocratico articolo 139 che per legge vieta che gli Italiani si possano pronunciare sulla forma istituzionale dello Stato“, conclude il presidente dell’UMI.

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Indipendentismo catalano, UMI: “La monarchia sarà garante di unità”

lunedì 28 settembre 2015

COME GIUNGEMMO AL 2 GIUGNO 1946



Il  4  giugno  1944  Roma  Capitale  veniva  restituita  al  Regno  d’Italia, e  sui  pennoni   del  Vittoriano  sventolavano  nuovamente le  grandi  bandiere  tricolore  con  lo  stemma  sabaudo,  ed  un  altra  bandiera  eguale  veniva  esposta  al  balcone  di  Palazzo  Venezia  ed  il  Principe  Umberto  si  insediava  al  Quirinale, quale  Luogotenente  Generale  del  Regno. Badoglio  era  costretto  a  lasciare  il  Governo  ed  il  C.L.N.  romano, designava  Ivanoe  Bonomi, socialista  riformista  e che  già  era  stato  Capo  del  Regio Governo  nel  1921, quale  nuovo  Presidente  del  Consiglio, designazione  che  il  Luogotenente, doveva  giocoforza  accettare  e  che  lasciò  perplesso, se  non  contrario  Churchill, che  avrebbe  preferito  la  riconferma  di  Badoglio.
Dopo  poche  settimane  veniva  raggiunta  Firenze  dalle  forze  anglo-americane, per cui  ad  un  anno  dal  25  luglio  1943, quasi  i  due  terzi  del  territorio  nazionale  erano  liberi  dal  nazisti, in  parte  restituiti  amministrativamente  al  legittimo  Governo  del  Regno  d’Italia, ed  in  parte  governati  dall’A.M.G., il  governo  militare  alleato. Per  memoria  ricordiamo  che  alla  data  dell’ 8  settembre  1943, la  Sicilia  era  già  stata  integralmente  conquistata  o  liberata  dalle  forze  anglo-americane, che  in  Sardegna  il  Regio  Esercito  aveva  liberato  l’isola  dalle  truppe  germaniche, ed  in  Puglia  quattro  province, Bari, Brindisi, Taranto  e  Lecce, erano  libere  da  truppe  straniere  ed  infatti, proprio  in  una  di  esse, Brindisi, si  era  trasferito  il  Re  ed  il  Capo  del  Governo, per  assicurare  la  continuità  dello  Stato  ed  il  necessario  rispetto  dell’armistizio.

Perciò  in  tutta  questa  parte  dell’ Italia  la  vita  politica  era  ripresa  con  un ritmo  abbastanza  intenso  ed  i  partiti  politici, ricostituitisi, avevano  iniziato  le  loro  riunioni  e  la  pubblicazione  dei   giornali, ed  una  stazione  radio, Radio  Bari, dava  voce  al  governo, dopo  aver  dato, poco  dopo l’8 settembre, voce  al  Re ed  ai  suoi  messaggi  agli  italiani, dove  spiegava  i  motivi  e  la  necessità  del  suo  allontanamento  da  Roma. A  Bari, nel  dicembre  1943  vi  era  stato  un  cosiddetto  “Congresso”  dei  partiti  antifascisti, con  l’accusa  alla  Monarchia ,   di  essere  stata complice  del  fascismo,  con  la  richiesta  ultimativa  della  abdicazione  di  Vittorio  Emanuele III, della  rinuncia  del  Principe  Ereditario, Umberto, ed  una  eventuale  reggenza  a  nome  del  nipote. In  fondo  era  chiaro  che  almeno  per  quanto  riguardava  il  Partito  d’ Azione, il  Partito  Socialista  e  quello  Comunista  il  loro  scopo  era  la  repubblica, mentre  per  i  democristiani  ed  i  liberali  del  Meridione, la  Monarchia  poteva  essere  conservata, senza  però  Vittorio  Emanuele, tale   era  ad  esempio  la  posizione  di  Benedetto  Croce, inspiegabilmente  accanito  nei  confronti  del  Re.
Sempre  nel  Meridione  l’atteggiamento  del  Clero  era  favorevole  alla  Monarchia  e  così  pure  quello  di  alcuni  gruppi  politici, estranei  al  famoso  Comitato  di  Liberazione  Nazionale, che  a  Roma,nei  nove  mesi  dell’occupazione  nazista, si  preparava,nascosto  nei  conventi, alla  conquista  del  potere.
Era  fin  da  allora  chiaro  lo  squilibrio  a  favore  delle  forze  antimonarchiche, anche  per  la  virulenza  della  loro  propaganda, che continuava  a  battere  sulla  compromissione  e  complicità  del  Re  con  il  fascismo, dimenticando  il  25  luglio  del  1943, dove, da  parte  del  Re,  si  era  posto  fine  al  regime, senza  che  scorresse  una  sola  goccia  di  sangue, ma  è  chiaro   che, per  assolversi  dalle  loro  responsabilità  storiche  negli  anni  1919 – 1922, social comunisti , azionisti  ed  anche  popolari, avevano  fatto  di  Vittorio  Emanuele  III, il  “capro  espiatorio”. Questo  al  Centro-Sud  ed  al  Nord ?
Al  Nord  la  Repubblica  Sociale  mussoliniana, dal  settembre  1943  all’aprile  1945, copriva  quasi  giornalmente  di  insulti, sulla  stampa  asservita  al  regime, il  Re, la  Casa  Savoia, la  Monarchia, qualificandoli  di  tradimento e di  viltà, inventando  lo  slogan  della  “fuga  di  Pecara”, che  denotava  fra  l’altro  l’ignoranza  del  trasferimento  del  Re, e  del  suo  imbarco  ad  Ortona  e  non  a Pescara, su  una  nave  della  Regia  Marina,  slogan  che  successivamente  è  stato  ripreso  dai  partiti  antifascisti, divenendo, purtroppo, il  luogo  comune  attuale  dell’opinione  pubblica. Anche  qui  al  Nord  violenza  di  linguaggio  ed  argomenti  contestabilissimi  se  non  vi  fosse  stata  la  dittatura  nazifascista  e  la  feroce  repressione  della  Resistenza, dove  numerose  erano  le  formazioni  di  militari  fedeli  al  giuramento  prestato  al  Re, e  quindi  naturalmente  monarchiche, senza  dimenticare  gli  oltre  seicentomila  militari  internati  in  Germania, sottoposti  a  violenze  ed  angherie, per  aver  voluto, anche  loro,  rimanere  fedeli  al  giuramento  al Re, esempio  fra  tutti  Giovannino  Guareschi.
In  ogni  caso, nel  Centro-Sud qualcosa  incominciava  a  muoversi  ed  organizzarsi  nel  campo  dei  difensori  della  istituzione  monarchica. A  Roma  nel  1944, si  costituiva  l’Unione  Monarchica  Italiana, con  lo  scopo  di  raccogliere  tutte  le  persone  di  diverse  idee  politiche  e  partitiche, ma  istituzionalmente  monarchiche, ed  un  partito  politico, dichiaratamente  monarchico,  la  cui  origine  risaliva  ai  mesi dell’occupazione  nazista  della  capitale, il  Partito  Democratico Italiano, segretario  un  giovane  diplomatico, Enzo  Selvaggi, con  un  battagliero  quotidiano,”Italia  Nuova”, al  quale  collaboravano  fra  gli  altri  Roberto  Lucifero  ed  Alberto  Consiglio, partito  che  tenne  a  Roma , al  Teatro  Quirino, nell’autunno  1944, il  primo  comizio  monarchico, che, logicamente, nel  loro  spirito  antidemocratico, le  sinistre  cercarono  di  impedire, e  sempre  con  provenienza  meridionale, si  costituiva anche  la  Concentrazione Democratica Liberale, dove  troviamo  tra  i  maggiori  esponenti un  altro  giovane, il  professore   Alfredo  Covelli.
Questa  la  situazione  fino  al  25  aprile  1945, quando  con  la  liberazione  della  restante  parte  dell’ Italia, con  il  contributo, in  misura  non  trascurabile,delle  forze  armate  regolari  del  Regio  Esercito, gli  ultimi  soldati  del  Re, che  da  Montelungo, l’8  dicembre  1943, alle  Mainarde, a  Filottrano  ed  a  Bologna, avevano  risalito  la  penisola, uscivano  alla  luce  del  sole  i  vari  partiti  politici  del  C.L.N., dopo  i  mesi  di  clandestinità  e  di  attività resistenziale. A  tale  proposito  non  vi  è  affermazione  più  falsa  ed  anche  offensiva  per  i  monarchici, di  quella  della  “repubblica  nata  dalla  resistenza”, perché  come  già  detto, nella  stessa  vi  erano  stati  numerosi i  monarchici, anzi  tra  i  primi  ad  imbracciare  le  armi  non  solo  in  Italia, vi  erano  stati  i  militari  deportati, ed  i  militari  che  avevano  combattuto  contro  i  tedeschi  in  Corsica,  a  Cefalonia, Corfù, Lero  e  Rodi, e  ricordiamo  che  tra  quelli  del  ricostituito  esercito, i  soldati  del  Primo  Raggruppamento  Motorizzato, per  intenderci  i  combattenti di  Montelungo, portavano  cucito  sulla  giacca  lo  scudo  di  Savoia. Quindi  i  monarchici  esistevano  e  si  erano  battuti  valorosamente, per  la  liberazione  dell’ Italia  e  non  per  la  repubblica!
Ma  se  questo  era  tra  i  militari, quale  era  la  situazione  tra  gli  uomini  politici? Degli  esponenti prefascisti, anche  se  avvicinandosi  al  referendum  molti  si  schierarono  per  la  monarchia, da  Orlando  a Nitti, Bonomi, Einaudi, Croce, in  quel  primo  momento   nessuno  ne  prese  le  parti  in  modo  deciso, per  cui  si contano  sulle  dita  di  una  mano  i  monarchici  dichiarati  quali  Bergamini, Bencivenga, Fabbri, De  Caro, Casati, Rodinò, tanto  che    possiamo  ben  dire  che  per  la  Monarchia  si  schierarono  subito  dei  giovani  tra  i  quali, oltre  ai  già  citati, Selvaggi, Covelli, Lucifero, Consiglio, ricordiamo  Luigi  Filippo  Benedettini, Nino  Bolla, Edgardo  Sogno.
Nel  frattempo  si  era  stabilita  in  sede  governativa, la  “tregua  istituzionale”, ma  la  stessa  fu  sistematicamente  violata  dai   repubblicani, mentre  il  Luogotenente, coadiuvato  dal  nuovo  Ministro  della  Real  Casa, l’avvocato  Falcone  Lucifero, calabrese  e  socialista, perciò  non  apprezzato  per  queste  origini  da  diversi  monarchici, cercava  di  recuperare  simpatie  ed  allargare  conoscenze, visitava  le  truppe, visite  che  alcuni  avrebbero  voluto  più  frequenti, dimenticando  gli  altri  doveri  che  come  capo  dello  Stato, trattenevano  il  Principe  a  Roma, contro  la  sua  stessa  volontà  che  lo  avrebbe  portato  ad  essere  più  vicino  ai  soldati, come  era  nella  migliore  tradizione di  Casa  Savoia,  e  come  lo  era  stato  il  padre, Vittorio  Emanuele III, durante  la  Grande  Guerra.  .
A  cercare  di  opporsi  al  clima  instaurato  dal  C.L.N., e  dai  suoi  governi, particolarmente  da  quello  presieduto  da  Ferruccio  Parri, nel  1945, che  qualcuno  definì  “il  fascismo  degli  antifascisti”, era  uscito  un  settimanale, l “Uomo  Qualunque”, agnostico  sul  problema  istituzionale, diretto  da  un  brillante  uomo  di  teatro  napoletano, il  commediografo  Guglielmo   Giannini, che  ebbe  un  crescente  successo, per  la  sua  documentata  polemica  sulla  ipocrisia, le  falsità  e  la  conquista  del  potere, senza  avere  nessuna  legittimazione  democratica  della  nuova  casta  dirigente,  tanto  da  trasformarsi  in  un  vero  movimento  politico, con  un  suo  giornale  quotidiano, “Il  Buonsenso”. Come  il  P.D.I.  e  la  Concentrazione  Democratico-Liberale  anche  questo  movimento  trovava  i  maggiori  consensi  nell’Italia  centromeridionale, mentre  nel  nord,  dopo  il  25  aprile  1945  erano  venuti  allo  scoperto  alcuni, gruppi  monarchici, specialmente  in  Piemonte, dei  quali  ricordiamo  il  gruppo  “Cavour”, con  un  suo  settimanale. Ed  in  quel  periodo, proprio  nel  Nord,  a  Milano, usciva  un  settimanale  satirico, il  “Candido”,  dichiaratamente  monarchico, diretto  da  Giovannino  Guareschi, reduce  dai  campi  di  concentramento  nazisti, per  la  sua  fedeltà  al  giuramento. Il  peso  positivo che  il  “Candido”  senza  dubbio  ebbe  nella  propaganda  per  la  Monarchia  è  indiscutibile, come  successivamente  lo  ebbe  il  18  aprile  1948, per  la  vittoria  della  Democrazia  Cristiana, ed  il  giornale, grazie  a  collaboratori  come  Giovanni  Mosca  e  Massimo  Simili, raggiunse  una  diffusione  notevole, perché  era  anche  un  vero  giornale  satirico, ricco  di  un  umorismo  sottile  e  penetrante, sia  su  fatti  ed  uomini  politici, ricordiamo  l’invenzione  dei  comunisti  “trinariciuti”, ed  il  “visto  da  destra”  e   “visto  da  sinistra”, sia  con  personaggi  come  “il  signor  Veneranda”.
Decisamente  per  la  Monarchia  dei  Savoia  erano  i  maggiori  storici  dell’epoca  da  Gioacchino  Volpe  a  Niccolò  Rodolico  ed  a  Pietro  Silva, a  cui  si  deve  un  testo  ancor  oggi  fondamentale  “Io  difendo  la  Monarchia”, che  uscì  purtroppo, quasi  all’immediata  vigilia  del  referendum  per  cui  non  potette  avere  la  necessaria  diffusione. 
Nel  frattempo  il  governo  Parri , portato  a  Roma , dal  “vento  del  Nord”, produceva  leggi  sulla  epurazione  dei  fascisti  e  sui  loro  illeciti  arricchimenti  che  venivano incontro  alla  richiesta  più  di  vendetta  che  di  giustizia, con  un  effetto  negativo  sulla  opinione  pubblica  moderata  e  spinsero  ad  uno  dei  pochi  atti  di  coraggio  il  partito  liberale, costringendolo  alle   dimissioni. Ed  in  queste  trattative  per  la  successione, che  portò  al  primo  governo  De  Gasperi, si  giocò  una  partita conclusasi  a  tutto  favore  della  repubblica. Infatti  i  tentativi  di  inserire  alcune  personalità  del  periodo  prefascista, come  Orlando  e  Nitti , fallirono, ed  il  Luogotenente  e  Lucifero  non  riuscirono  ad  impedire, per  l’acquiescenza , se  non  per  la  viltà  della  Democrazia  Cristiana  e  dei  liberali, che  i  due  dicasteri  chiave  del  nuovo  governo, gli  Interni  e  la  Giustizia  fossero  affidati  al  socialista, notoriamente  repubblicano, Romita, ed  al  comunista  Togliatti. Quali  che  saranno  i  dubbi  sull'esito  del  referendum, possiamo  dire  che  le  basi  per  la  soluzione  repubblicana furono  poste  in  quei  giorni !
Abbiamo  parlato  di  “referendum”, ma  inizialmente, dai  governi  ciellenistici  era  stata  prevista  solo  la  elezione  per  una  Assemblea  Costituente, alla  quale  sarebbe  spettata  anche  la  decisione  istituzionale, per  cui  essere  riusciti  ad  affidare  invece  la  decisione  ad  un  plebiscito, non  dimenticando  che  formalmente  l’ Unità  d’Italia  era  avvenuta  con  una  serie  di  plebisciti  di  adesione  alla  Monarchia  Costituzionale  di  Vittorio  Emanuele  II, era  stato  senz’altro  un  successo  del   Luogotenente  e  del Ministro  della  Real  Casa.
L’ operato  fazioso  di  Romita, anche  in  questo  caso  acquiescenti  i  democristiani, fu  nella  decisione  da  Ministro  degli  Interni, di  far  svolgere , prima  di  quelle  per  la  Costituente, le  elezioni  amministrative  in  tutta  l’ Italia  centrosettentrionale. Perchè  fazioso   se  non  in  malafede ? Perché  la  logica  più  elementare  avrebbe  voluto  che  le  elezioni  amministrative  si  svolgessero  per  prime  in  quella  parte  dell‘Italia  centromeridionale  dove  da  due  anni  si  viveva  in  libertà  con  la  vita  politica  già  consolidata e  non  nel  Nord  con  le  ferite  ancora  aperte  della  guerra. Romita  lo sapeva  e  capiva  che   specie  nel  meridione  il  successo  sarebbe  andato  ai  moderati  ed  ad  eventuali  liste  monarchiche, cosa  che  avvenne  poi, nelle  elezioni  amministrative  tenutesi  dopo  il  referendum e  che  videro, ad  esempio, eletto  Sindaco  di  Napoli,il  monarchico  Buonocore. Perciò, fece  tenere  il  10  marzo  1946  le  elezioni in  maggioranza   al  Nord  e   così  si  ebbe  il  successo  socialcomunista, con  la  Democrazia  Cristiana  unica  a  fronteggiarli. Con  questi  risultati  Romita  sperava  di  influenzare  il  corpo  elettorale, dato  che  si  dice  essere  tendenza  tipica  quella  di  schierarsi  con  i  vincitori, ma  in  questo  caso  forse  dette  argomenti  agli  oppositori  di  centrodestra  perché  l’ Italia  non  finisse  nelle  braccia  delle  sinistre, come  dimostrarono  le  successive  elezioni  del  1948, che  videro  sconfitto  clamorosamente  il  fronte  democratico  popolare, dove  le  sinistre  riunite  si  erano  nascoste  sotto  l’effigie  di  Garibaldi.
Ritornando  al  referendum  che  doveva  decidere  sulla  questione  istituzionale, ricordiamo  che  il  suffragio  universale  era  stato  esteso  anche  alle  donne, con  l’elettorato  attivo  e  passivo, e  questa  giusta  ed  improcrastinabile  estensione  senza  dubbio  giovò  al  causa  della  Monarchia, perché  la  maggioranza  dell’elettorato  femminile  sia  per  il  timore  di  un  salto  del  buio  e  per  motivi  affettivi  nei  confronti  della  famiglia  reale, era  per  il  mantenimento  dell’istituto  monarchico  e  questo  fu  capito  dai  propagandisti  monarchici  che  fecero  affiggere  un  bellissimo  manifesto  con  la  fotografia  del  Re, della  Regina  e  dei    Principini  nei  giardini  del  Quirinale. Abbiamo  detto  del  Re, perché  il  9  maggio  1946, Vittorio  Emanuele  III, dopo  46  anni  di  regno, aveva  abdicato, forse  un  po’  tardivamente, ed  il  Principe  Umberto, dopo  quasi  due  anni  di  Luogotenenza, era assunto  al  trono  assumendo  il  titolo  regale  di  Umberto  II. Su  questo  atteggiamento  monarchico  della  maggioranza dell’elettorato  femminile  le  sinistre  erano convinte, per  cui  essendo  stato  scelto  come  simbolo  repubblicano  nella  scheda  per  il  referendum  una  testa  femminile  con una  corona  turrita, dei  loro  propagandisti, nella  Italia  meridionale, diffusero  fraudolentemente  la  voce  che  quel  simbolo  significava  “la  regina”, e  quindi  le  donne  dovevano  sbarrare  quel  simbolo, e senza  dubbio  diverse  donne  caddero  nella  rete !
Il  Meridione , infatti, era  in  stragrande  maggioranza  per  la  Monarchia  (  nella circoscrizione  di  Napoli -  Caserta  la  Monarchia  ottenne  902.700  voti  e  la repubblica  241.778 !), in  quanto, sia pure  sotto  un  susseguirsi  di  Dinastie, vedi  le  statue  dei  diversi  Re  nelle  nicchie  del  Palazzo  Reale  di  Napoli, il  principio  monarchico  aveva  con  sé  novecento  anni  di  storia. Così  in  meno  di  un  mese, il  nuovo  Re, visitò  le  principali  città  d’Italia, con  accoglienze  entusiastiche  di  enormi  folle  da  Roma  in  giù, e  meno  numerose  e  più tiepide, ma  pur  sempre  significative  nelle città  del  Nord, dove  non  si  potevano tenere  in  molti  casi , comizi  “pro  Rege”  per  la violenza  prevaricatrice  delle  sinistre  repubblicane, che  minacciavano  un  moto  rivoluzionario , “ o  la  repubblica  o  il caos“, se  la  Monarchia  avesse  prevalso, mentre  il  Re, nella  sua  grandezza  d’animo, aveva  promesso  un  secondo  referendum  se  la  Monarchia  avesse  vinto  con  un  piccolo  scarto  di  voti.
Sempre  da  parte  delle  sinistre  si  farneticava  di  fantomatiche  organizzazioni  militari  segrete  monarchiche,  le  “forze  oscure  della  reazione  in  agguato”, mentre  sappiamo  bene  che  se  delle  formazioni  militar segrete  esistevano, erano  quelle  del  Partito  Comunista!
E  i  partiti ? Della  scelta  repubblicana  di  azionisti, socialisti  e  comunisti, abbiamo  già  detto. Rimanevano  la  Democrazia  Cristiana, erede  del  Partito  Popolare  di  Don  Sturzo  ed  il  Partito  Liberale. Entrambi  i  partiti  affidarono  ai  loro  congressi  nazionali  la  decisione  istituzionale  e  la  scelta  democristiana, malgrado  i  numerosi  monarchici  esistenti, fu  a  maggioranza  netta  per  la  repubblica, mentre  i  liberali  a  maggioranza  si  schierarono  per  la  monarchia. Per  la  scelta  repubblicana  della  D.C. ,diversi  esponenti  lasciarono  il  partito  e  tra  questi  è  doveroso  ricordare  l’avvocato  milanese  Cesare  Degli  Occhi, che  aveva  militato  da  giovane  nel  Partito  Popolare, del  quale  era  pure  stato  autorevole  esponente  il  padre, Adamo  Degli  Occhi, e  che  fu  appunto  uno  dei  pochi  oratori  per  la  monarchia  nelle  piazze  del  Nord, tra  le difficoltà, i boicottaggi  e  le  violenze  delle  sinistre  repubblicane  di  cui  abbiamo  già  parlato.
E  la  Chiesa? Nel  Meridione  abbiamo  già  detto  di  una  tendenza  maggioritaria  a  mantenere  l’istituzione  monarchica, ma  il  Vaticano  ed  il  Nord? Vi  era   ancora  chi  cercava  la  rivincita  del  20  settembre  1870, malgrado  la  Conciliazione  ed  i  Trattati  Lateranensi, vi  era  chi  nutriva  sentimenti  absburgici  ed  austriacanti , come  poi  si  vide  nei  risultati  elettorali  del  Trentino, la  regione  con  il  maggiore  squilibrio  di  voti  a  favore  della  repubblica.con  191.450  voti, contro  33728, alla  Monarchia, pari  al  15%, percentuale  inferiore  persino  alla  Emilia Romagna! Il  Pontefice, Pio XII, nei  suoi  interventi, non  poteva, è  doveroso  dargli  atto, prendere  una  posizione  netta  a  favore  o  contro  la  Monarchia, anche  se  riflettendo  sulle  sue  parole  appariva  una  propensione  contro  il  cambiamento, che  invece  pare  fosse  auspicato  da  un  suo  stretto  collaboratore .
E  gli  anglo-americani? Se  l’ Inghilterra, finché  Churchill  guidò  il  governo, aveva  difeso  l’operato  del  Re  Vittorio  Emanuele  e  del  governo  Badoglio  dopo l’ 8 settembre, e  Churchill  particolarmente  aveva  avuto  una  favorevole  impressione  delle  doti  del  Luogotenente, il  successo  elettorale  laburista  nelle  elezioni  del  1945, tagliava  ogni  speranza  di  un appoggio  anche  solo  simbolico  alla  Monarchia. Quanto  agli  Stati  Uniti, per  gli  stessi  il  principio  repubblicano  era  connaturato, per  cui, anche  se  personalmente  subivano  il  fascino  dei  Principi  e  dei  Re, non  potevano  che  essere  favorevoli  alla  scelta  repubblicana, senza  pensare  che  in  questa  scelta  sarebbero  stati  determinanti  i  comunisti .
Della  Unione  Sovietica  inutile  parlare  tanto  era  chiara  la  scelta  repubblicana, anche  se  era  stata  nel  1944, la  prima  ad  instaurare  rapporti  diplomatici  con  il  governo  Badoglio.
Quindi  Umberto  II  era  solo, con  il  suo  Ministro  al  quale  fu  affidato  il  compito  del  messaggio  radio  contenente  le  motivazioni  a  favore  della  Monarchia, a  chiusura  della  campagna  elettorale per  il  referendum, e  non  poteva  contare  su  adeguati  mezzi  finanziari  per  sostenere  la  campagna  elettorale  monarchica, per  cui   per  la  Costituente  vi  fu  un’unica  lista, non  presente  in tutte  le  circoscrizioni,  il  Blocco  Nazionale  della  Libertà, che  si dichiarasse  esplicitamente  monarchica, pur  avendo  un  simbolo  anonimo, una  stella  a  cinque  punte, più alcune   liste  locali, avente  un  simbolo  monarchico, (Alleanza  Monarchica  Italiana, con  30.505  voti, il  Movimento  Democratico  Monarchico, con  29.916  voti ed  il  Partito  Patriottico  Monarchico  con 11.102  voti) che  non  raggiunsero  il  quoziente  e  dispersero  i  voti, che  furono  636.493, pari  al  2,8%  per  il  blocco, con  16  deputati,cifra  che  ritroveremo  quasi  eguale, come   percentuale,  nel  1948  per  il  P.N.M., simbolo  “Stella  a  cinque  punte  e  corona  reale”, voti  che  rappresentano  storicamente  lo zoccolo  duro  dei  monarchici “prima ed   innanzi  tutto” , ideologicamente  cattolico-liberali, storicamente  risorgimentali, dinasticamente  sabaudi.
Al  referendum   invece  i  voti  per  la  monarchia  furono quasi  11  milioni, senza  considerare  1.498.136  voti  nulli, che  la  Cassazione   non  considerò  tra  i  “votanti, respingendo  il  ricorso  Selvaggi, malgrado  l’opinione  contraria  del  Procuratore  Generale  Massimo  Pilotti, ed  è  un  fatto  incontrovertibile  che  furono  tanti  gli  elettori  che  liberamente  espressero  questa  loro  preferenza, il che  dimostrava  come  la  scelta  monarchica, svoltasi  nelle  peggiori  condizioni  storiche  avesse  ancora  una  notevole  consistenza.

Domenico  Giglio

Bibliografia :                                     

1) Pietro  Silva – “Io  difendo  la  Monarchia”. Editore De  Fonseca – gennaio  1946
2) Italicus ( Saini )- “Storia  segreta  di  un  mese  di  Regno”-editore Sestante -  1947
3) Domenico  De  Napoli –“Il  movimento  monarchico  in Italia  dal  1946  al  1954”-Loffredo  editore  -1980
4)I  Monarchici (dalla  Grande  Enciclopedia  della  politica)- Volume  !  del  1993  e  2  del  1994- ed.  EBE srl.
5)Fernando  Etnasi- “ Repubblica  o Monarchia -2 giugno  1946”-  editrice  Dies- 1966
6)Falcone  Lucifero ( introduzione  del  prof.Perfetti)-“ L’ultimo  Re-diari  1944-1946”-ed.Mondadori-2002
7)Andrea  Ungari – “In  nome  del Re-i Monarchici  dal  1943  al  1948” –editore  Le Lettere- 2004
8)Aldo  A. Mola –“Declino  e  crollo  della  Monarchia  in Italia”- ed. Mondadori - 2006
9)Domenico  Fisichella – “Dittatura  e  Monarchia- L’Italia  tra  le  due  guerre”. Ed. Carocci -2014
10)Paolo  Rossi – “Storia  d’Italia –dal  1914  ai  nostri  giorni “ . Ed. Mursia - 1973   







  

domenica 27 settembre 2015

I monarchici vogliono abolire l'art. 139 Cost. baluardo della Repubblica, "antidemocratico e odioso"

“La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale.” Art 139 della costituzione italiana. L'UMI, Unione monarchica Italiana vuole abrogare questo articolo perché lo definisce “antidemocratico ed odioso”. Lo spiegano a Teramo in un convegno ecco gli argomenti e gli ospiti politici.
Su questo tema la Presidenza Regionale e la Sezione di Teramo dell'U.M.I. sabato 3 ottobre 2015, alle ore 11 presso la sala consiliare del Comune di Teramo, organizza un Convegno dal tema “Abroghiamo l'articolo 139 della Costituzione”.
Secondo i monarchici, l'ultimo articolo della costituzione, il più importante per la Repubblica Italiana, “di fatto impedisce al popolo di esprimersi sulla forma istituzionale e quindi ne limita la sovranità, in contrapposizione a quanto affermato nell'articolo 1 della stessa Costituzione, nel quale si stabilisce che la sovranità spetta al popolo”, sarà introdotto dal Prof. Berardo Tassoni, Preside dell'Eurostudi e Presidente Regionale U.M.I.
Saranno presenti anche il Sindaco di Teramo Maurizio Brucchi, il Consigliere Comunale Dodo Di Sabatino, l'Assessore Comunale di Chieti Carla Di Biase, i Consiglieri Regionali Paolo Gatti e Sandro Mariani e dai Deputati Paolo Tancredi, Giulio Sottanelli e Giampiero Catone (Direttore de La Discussione), interverranno: Davide Colombo, Segretario Naz.le U.M.I.
"Aspetti e metodi della campagna nazionale di sensibilizzazione condotta dall'U.M.I. per l'abrogazione dell'art.139 della Costituzione", l'Avv. Paolo Albi (Teramo) “Iter parlamentare dell'articolo 139 durante i lavori dei costituenti”. l'Avv. Alessandro Sacchi, Presidente Naz.le U.M.I. "Incongruità dell'articolo 139" e il Leader Radicale On. Marco Pannella, "Che si può fare?"
Le conclusioni saranno portate dal Presidente Sacchi e da Marcello Martelli, Giornalista, che sarà anche il moderatore del convegno.
Prevista anche visita guidata alla Fortezza di Civitella del Tronto e incontro con il Sindaco di Civitella, Avv. Cristina Di Pietro.
E poi tutti a tavola.

venerdì 25 settembre 2015

Politica. Monarchici in piazza per abrogare il “139”. Colombo (UMI): “Una questione di civiltà”

i_thumbdiMarco Petrelli
“Il Quirinale repubblicano? Ci costa sei volte Buckingham Palace!” Scherzano (ma neanche tanto) i militanti dell’UMI, l’Unione Monarchica Italiana che, in questi giorni, hanno lanciato una raccolta firme per l’abrogazione dell’articolo 139 della Costituzione:
La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale“.
In un momento della nostra Storia in cui l’anti politica sembra farla da padrona, eccoti tornare in piazza una formazione che non si vedeva da tempo, almeno dalle ceneri della Prima Repubblica. Spariti per anni dalla scena, i monarchici si ripresentano con un’iniziativa volta a sensibilizzare laohp84x cittadinanza sulla questione della forma di stato. E’ giusto che gli italiani non possano decidere, un domani, di pensionare la Repubblica in un referendum come quello del 1946?
L’abrogazione del ‘139’  – spiega il segretario nazionale UMI Davide Colombo – articolo che rende antidemocratica e contraddittoria la Carta costituzionale, è una questione di civiltà e una vera e propria battaglia di libertà, che non dovrebbe essere sostenuta solo dai monarchici, ma da tutti gli italiani che di fatto vivono in una democrazia mutilata“.
Un gazebo di nostalgici reali? E’ quello che molti avranno pensato passando di fronte ai punti raccolta firme di Teramo, Assisi, Perugia e Terni. Eppure, dietro a quei Tricolori con tanto di vessillo sabaudo c’è qualcos’altro, cioè il desiderio di far conoscerScheda_elettorale_referendum-1946e e far riscoprire agli italiani passato e cultura istituzionale.
In effetti la nostra Costituzione, formulata due anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale (27 dicembre 1947, entrata in vigore nel 1948), conserva disposizioni e articoli che nel mondo, profondamente cambiato, del 2015 potrebbero essere rivisti o, perché no, rimossi. Come, ad esempio, parte del testo dell’articolo 21 sulla libertà d’espressione:
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure” Un principio assolutamente civile e democratico, messo tuttavia in discussione dagli altri paragrafi dell’articolo stesso:
Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni“. Buon costume? Un termine che non fornisce, con chiarezza, i limiti oltre i quali è necessario che la stampa non si spinga.
E, sempre in tema di libertà, colpisce che per parlare di “libertà individuale” sia necessario “attendere” il XIII articolo; come, d’altronde, fa un certo effetto rileggere l’art. primo della Carta: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”. Sul lavoro, che oggi spesso manca, oppure è in nero o non è retribuito, piuttosto che sulla dignità e sulla libertà del singolo. Nell’Italia del 2015 il lavoro, pilastro della Repubblica, è in piena crisi. E se le fondamenta traballano, chissà che non abbiano ragione i ragazzi dell’UMI che raccolgono firme contro il “139”: la possibilità di scegliere e di cambiare altro non è che un diritto del cittadino.

giovedì 24 settembre 2015

Auguri, Altezza Reale!





I nostri auguri di buon compleanno alla primogenita di 
Re Umberto!

Monarchici a Terni

Nel centro di Terni un gazebo dell’Unione Monarchica: “Torniamo al Re”

A Corso Tacito sventola il Tricolore con lo stemma sabaudo

Un Tricolore un po'  diverso da quello solito che siamo abituati a vedere . Un Tricolore con lo stemma sabaudo , vessillo di Casa Savoia. E' quello che è apparso in Corso Tacito, ieri pomeriggio.  Per una iniziativa dell'UMI , Unione Monarchici Italiani . Il Presidente regionale, Maurizio Ceccotti spiega che 
l'incontro - serve a ricordare anche agli abitanti di Terni che la Monarchia non è un'Istituzione superata ma che i dieci paesi del nostro continente in cui vi è un Sovrano (Inghilterra, Spagna, Norvegia, Svezia, Belgio, Olanda, Danimarca, Lussemburgo, Liechtenstein, Monaco) sono un invidiabile modello da prendere d'esempio quanto a democrazia, benessere sociale ed economico. Dopo Perugia ed Assisi abbiamo deciso di farci vedere e di distribuire del materiale informativo anche a Terni, con ottimi risultati. Tanti i ternani che hanno dimostrato apprezzamento per l'idea, hanno richiesto materiale e bandiere e ci hanno incoraggiato ad andare avanti".
Il segretario nazionale U.M.I. Davide Colombo, spiega che  " con l'articolo  139 i padri costituenti sancirono l'immutabilità della Repubblica, prendendo una drastica e discutibile decisione anche  per le generazioni successive, di fatto limitando la sovranità popolare sancita dal primo articolo della Carta vigente. L'U.M.I. - prosegue Colombo - da anni ha fatto propria la battaglia per l'abrogazione dell'articolo 139 che rende antidemocratica e contraddittoria la Carta costituzionale. E' una questione di civiltà, non ha senso che gli italiani non abbiano il diritto di potersi esprimere su una questione tanto importante quale l'assetto istituzionale. Una simile consultazione popolare è stata fatta persino in paesi come il Brasile e l'Albania ma in Italia è vietato. L'abrogazione del 139 non è solo una questione di principio ma una vera e propria battaglia di libertà che non dovrebbe essere sostenuta solo dai monarchici, ma da tutti gli italiani che di fatto vivono in una democrazia mutilata".
Tra i partecipanti molti ragazzi, che si riuniscono sotto la sigla del Fronte Monarchico Giovanile, il movimento under 30 dell'U.M.I. Non si possono di certo definire nostalgici, anzi, si arrabbiano se vengono chiamati così. "Non siamo monarchici perché legati ad un passato che fa parte della nostra storia ma che è lontano e che non abbiamo vissuto. Noi abbiamo conosciuto questa repubblica...e non ci piace per nulla." dice Alessandro, militante F.M.G. diciannovenne di Amelia.

NOSTALGIA DELLA MONARCHIA
Ieri pomeriggio i ternani che si trovavano a passeggiare per le vie del centro hanno trovato qualcosa di insolito: in largo Villa Glori, traversa di corso Tacito, c’era un gazebo ornato da tricolori sormontati dallo scudo di Casa Savoia. Probabilmente da decenni non si vedeva per le vie della città quella bandiera. Si trattava dell’iniziativa dell’Unione Monarchica Italiana.
“L’iniziativa – spiega il Presidente regionale dell’U.M.I. Maurizio Ceccotti, promotore dell’incontro – serve a ricordare anche agli abitanti di Terni che la Monarchia non è un’Istituzione superata ma che i dieci paesi del nostro continente in cui vi è un Sovrano (Inghilterra, Spagna, Norvegia, Svezia, Belgio, Olanda, Danimarca, Lussemburgo, Liechtenstein, Monaco) sono un invidiabile modello da prendere d’esempio quanto a democrazia, benessere sociale ed economico. Dopo Perugia ed Assisi abbiamo deciso di farci vedere e di distribuire del materiale informativo anche a Terni, con ottimi risultati. Tanti i ternani che hanno dimostrato apprezzamento per l’idea, hanno richiesto materiale e bandiere e ci hanno incoraggiato ad andare avanti”.
Su un lato del gazebo monarchico uno striscione con scritto a caratteri cubitali: abroghiamo l’articolo 139. Il Segretario nazionale U.M.I. Davide Colombo, giunto appositamente da Roma per l’iniziativa, spiega che con il 139 i padri costituenti sancirono l’immutabilità della repubblica, prendendo una drastica e discutibile decisione anche per le generazioni successive, di fatto limitando la sovranità popolare sancita dal primo articolo della Carta vigente. “L’U.M.I. – prosegue Colombo – da anni ha fatto propria la battaglia per l’abrogazione dell’articolo 139 che rende antidemocratica e contraddittoria la Carta costituzionale. E’ una questione di civiltà, non ha senso che gli italiani non abbiano il diritto di potersi esprimere su una questione tanto importante quale l’assetto istituzionale. Una simile consultazione popolare è stata fatta persino in paesi come il Brasile e l’Albania ma in Italia è vietato. L’abrogazione del 139 non è solo una questione di principio ma una vera e propria battaglia di libertà che non dovrebbe essere sostenuta solo dai monarchici, ma da tutti gli italiani che di fatto vivono in una democrazia mutilata”.

Per tutta la giornata il gazebo è stato meta di curiosi e, vista la particolarità dell’argomento, in molti lo hanno fotografato. Tra i partecipanti molti ragazzi, che si riuniscono sotto la sigla del Fronte Monarchico Giovanile, il movimento under 30 dell’U.M.I che si arrabbiano se vengono definiti nostalgici: “Non siamo monarchici perché legati ad un passato che fa parte della nostra storia ma che è lontano e che non abbiamo vissuto. Noi abbiamo conosciuto questa Repubblica e non ci piace per nulla” dice Alessandro, militante F.M.G. diciannovenne di Amelia, che ha trascorso il pomeriggio a distribuire ai passanti un volantino con la comparazione tra i costi delle Monarchie e delle repubbliche. Il Quirinale repubblicano costa ai contribuenti italiani sei volte quanto Buckingham Palace costi ai cittadini britannici.

lunedì 21 settembre 2015

Verso la “più grande Italia”


Il presidente del Consiglio regionale Mauro Laus e il presidente del Centro Studi Piemontesi Giuseppe Pichetto hanno il piacere di invitare la S.V. al convegno

Verso la “più grande Italia”
Liguria e Regno di Sardegna uniti dopo il Congresso di Vienna

Lunedì 5 ottobre 2015, ore 10 Palazzo Lascaris, Aula consiliare Via Alfieri, 15 - Torino


Ore 10 Inizio lavori


Andrea Pennini Università di Torino
Egemonia ed Equilibrio, Il Regno di Sardegna nel concerto europeo di Vienna"

Giovanni Cenno Badone, Università del Piemonte Orientale
Il Regno di Sardegna nella "Grande Strategia" del Congresso di Vienna", 1815 -1831 

Stefano Monfi Bragadin, Università di Genova
Il Ducato di Genova negli Stati Sabaudi

Alberto Conterio Direttore del Periodico Italia Reale
"L'opportuna e felice unione della Liguria al Regno di Sardegna". Uno sguardo sulle riforme sabaude

Mario Riberi, Università di Torino
La giustizia in Liguria durante l'età napoleonica

Aldo A. Mola, Università Libera di Bruxelles
La Massoneria nello spazio liguro - pientontese tra fine Settecento e mari liberali del 1821. Da cenacolo della dirigenza a setta segreta

Marcello Marzani Comando per la Formazione e Scuola di Applicazione dell'Esercito Italiano
Istituzioni di polizia civili e militari nel Regno di Sardegna all'indomani della Restaurazione

Modera 
Domenico Tomatis, direttore Comunicazione istituzionale dei Consiglio regionale del Piemonte

Ora 13 Pausa

Ore 14.30 Ripresa dei Lavori

Elena Gianasso Politecnico di Torino
Progetti e piani per Torino e per Genova negli anni della Restaurazione

Andrea Merlotti Centro Studi della Reggia di Venaria
Una seconda capitale? I Savoia e la corte sabauda a Genova 1815 - 1831

Massimo Mallucci De Mulucci, Comitato Ligure-Sardo Piemontese di studi storici sul Risorgimento
Influenza ed azione delle Famiglie Genovesi nell'ambito del Regno di Sardegna

Luciano Garibaldi, Storico e saggista
Presenze Sabaude a Genova: pagine di cronaca

Pierangelo Gentile  Università di Torino
"I nostri voti furono compiti'. l'arrivo a Genova della regina Maria Teresa di Savoia

Fabrizio Marabello, giornalista, studioso di storia ligure 
Sovrani ed ospiti. Antiche relazioni dei Savoia col Finale: da Worms ai de Raymondi 

Arabella Cifani, Franco Monetti, Storici dell'arte
Legami tra Piemonte e Liguria nella pittura di bamboccianti attivi a Torino nel Settecento

Aldo Andonicelli, Giancarlo Melano, Associazione Amici del Museo Storico Nazionale d'Arrtiglieria
Tra Genova e Torino: le misteriose vicende di un frammento di trireme romana

Gustavo Mola di Nomaglio, Centro Studi Piemontesi
Galla Liguria "sabauda al Genovesato `sai Remoti vincoli e legami "nuovi" con la dinastia


Modera
Albina Malerba direttore Centro Studi Piemontesi