NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

domenica 23 luglio 2023

Novalesa: mostra “La giovinezza di un Regno”, la storia di Umberto II e Maria Josè.


MOSTRA SU CASA SAVOIA A NOVALESA

Novalesa presso la casa parrocchiale è allestita a mostra “La gentilezza di un Regno“. Si tratta di immagini e documenti che raccontano le vicende istituzionali e personali di Re Umberto II e Maria Josè. L’esposizione è visitabile le domeniche di luglio e agosto dalle 15 alle 18. Chi era Umberto di Savoia e quando ancora è celato dalle sua vita e del suo brevissimo regno? Quali sono le sfaccettature del carattere e della vita della regina Maria Josè di Belgio? In questa mostra curata da don Luigi Crepaldi, con il suo stile ed eleganza, vengono proposte di figure importanti nel panorama storico dello scorso secolo. Due personaggi, non marginali, nel nuovo assetto istituzionale che il referendum Monarchia-Repubblica. Una coppia reale affatto semplice e scontata. Due mondi, quello Savoia d’Italia e quello dei Sassonia di Belgio, differenti per stile, ma uniti dalla stessa passione per i cittadini, il rispetto per le prerogative di governo e il garbo istituzionale. Ecco la mostra “giovinezza di un Regno”.

UMBERTO E MARIA JOSÈ

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https://www.lagendanews.com/novalesa-mostra-di-un-regno-la-storia-di-umberto-ii-e-maria-jose/

giovedì 13 luglio 2023

Re Umberto II accanto alla sofferenza delle persone alluvionate


di Emilio Del Bel Belluz

 
Questa mattina di giugno mi sento molto felice, le giornata è bella, il sole finalmente riscalda la terra, e questo accade dopo alcuni giorni di pioggia. Il verde della campagna si mostra nella sua bellezza come se fosse dipinto da un grande artista.  Davanti a me ho il quadro di un artista veneto, che mi ha donato la sua opera. L’artista sa  che amo la pittura di un mondo semplice, e  della natura nelle sue varie espressioni. Riconosco nel fiume il mio Livenza, fiume che ho sempre amato. L’uomo che l’artista ha raffigurato non è altro che il Re d’Italia Umberto II, lo riconosco dal viso che ho sempre avuto nel cuore. I lineamenti del volto del Re che osserva il fiume,  esprimono tranquillità e serenità. Alcuni giorni fa, leggendo  – Il Re dall’esilio - scoprii una notizia che mi sorprese molto. Una lettera che era stata inviata da un mottense al Re, nella quale lo ringraziava per gli aiuti economici ricevuti durante l’alluvione. Infatti il 4 novembre 1966, Motta di Livenza fu sommersa dalle acque dopo la rottura degli argini. Allora aveva solo sette anni e ricordo la disperazione dei miei genitori che perdevano ogni loro avere. Avevamo un negozio di alimentari ben avviato, una casa, e l’acqua invase ogni cosa. Per Motta di Livenza fu un doloroso momento e molti da quella crisi non riuscirono più risollevarsi. 
Il Re d’Italia tramite il suo ministro Falcone Lucifero aveva aiutato economicamente alcune famiglie. Il ministro della Real Casa Savoia, accompagnato dai dirigenti dell’U.M.I. di Treviso ha visitato molte località colpite, quali Oderzo, Gorgo al Monticano, e Portobuffolé. Al Sovrano sarebbe tanto piaciuto accorrere personalmente a confortare quelle persone. Quell’ atto di grande umanità non fu divulgato alla gente del paese, io dopo anni,  venuto a conoscenza del fatto, informai i giornali e lo scrissi anche su un libro. Per me era ammirevole la figura del Sovrano che volle condividere il dolore  della  gente colpita da questa   calamità naturale. Un fatto analogo, successe nel dicembre del 1959, a Fréjus in Francia. Il settimanale - Gente -  dello stesso periodo riportava una foto in cui appariva Re Umberto in compagnia del suo fedele Ministro che facevano visita ai luoghi dove avvenne l’alluvione. Sotto la foto vi era scritto: “Umberto di Savoia, accompagnato dal marchese Falcone Lucifero Ministro della Real  Casa si reca in visita ai sinistrati italiani della grande alluvione che ha travolto, la settimana scorsa, la cittadina della Costa Azzurra. Umberto, che era reduce da una visita alla tomba di sua madre Elena di Savoia a Montpellier, ha recato ai nostri connazionali un aiuto materiale e parole di conforto”.  Anche in momenti così difficili, il dolore veniva alleviato dalla figura del Sovrano. Anche il mio paese, Motta di Livenza, avrebbe potuto essere visitato dal suo Re, se non si trovasse in esilio. Mi sono immaginato la tristezza dell’esule che non aveva potuto essere presente. L’Italia  non è mai stata in grado di riconoscere la ricchezza morale del Re d’Italia. La città di Motta e la cittadina di Fréjus non potranno mai dimenticare la testimonianza d’affetto manifestata da Re Umberto II. La storia di un popolo è anche quella di onorare chi nel momento del dolore ha aiutato gli italiani a sopportare il peso della croce. Ho tra le mani quel libro che mi è così caro e il rileggerlo mi rende sempre felice come se fosse la prima volta. Mi consola questa citazione di un filosofo greco che dice: “Colui il quale soffre l’ingiustizia è meno infelice di colui il quale commette l’ingiustizia”
 
 Sono giorni che osservo quel quadro, mi fa pensare. Il periodo in cui l’artista ha fatto il dipinto era  il mese di maggio, mese della Madonna e per questo l’artista ha raffigurato vicino al fiume un  capitello e una croce che osserva le acque della Livenza, come il mio Re. Maggio è il mese di Re Umberto II, perché sali al trono proprio in quel periodo. Il mese della Madonna alla quale il re fu fedele fino all’ultimo giorno della sua vita. La sua fede era profonda che lo assistette nel duro cammino terreno. Il Re  lasciò l’Italia per evitare una guerra civile, dopo il referendum del 2 giugno 1946. La sua scelta fu dettata da un grande coraggio, e dal  dolore che aveva avuto nell’apprendere che a Napoli erano morti dei giovani monarchici che avevano deciso di manifestare il loro pensiero contro i brogli elettorali. I ragazzi che caddero non avevano ancora vent’anni. Una giovane fu schiacciata da un automezzo della polizia , mentre avvolta dalla bandiera Sabauda, stava manifestando. Una studentessa che nel cuore amava il suo Re e che voleva dimostrare la sua fedeltà al Sovrano con l’unico modo che conosceva. Il sangue di quella ragazza che era d’origine ebraica non si è ancora asciugato come quello degli altri giovani che morirono in quei giorni. Rimasi colpito da una foto scattata in quei giorni terribili, in cui veniva raffigurato un giovane che abbracciava la bandiera sabauda e un crocifisso bagnato dal suo sangue.  La Repubblica dimostrò la sua brutale forza contro dei giovani inermi. La bandiera era il simbolo della storia di una nazione che fu governata per mille anni da Casa Savoia. Il popolo napoletano non era disposto ad accettare il risultato elettorale, frutto di brogli. Il Sovrano non poté confortare con la sua presenza quei giovani, e i loro famigliari. Anche negli occhi della Regina Elena il dolore era  grande, ma la sua preghiera non mancò per quelle persone e per le loro famiglie. Il quadro che ho davanti mi fa pensare alla sofferenza di un Re che dovette andare in esilio: lontano dalla sua terra, dal suo mondo a cui aveva dato tutto.  E’ stato un Re  che aveva accettato la sorte, tenendo il cuore aperto al suo Paese, ma era anche consapevole che, salendo sull’aereo che lo avrebbe  portato in esilio, sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe visto l’Italia.  Il sorriso che aveva nel momento in cui si chiudeva il portellone dell’aereo, era pieno di quella malinconia che era difficile non far trasparire. Nell’aereo che lo portava in Portogallo il Re era solo. All’aereo avevano tolto lo stemma Sabaudo, così pure e i piloti non indossavano l’uniforme militare: uno spregio che la repubblica stava dando al suo Re. Nel suo cuore serbava ancora il commosso saluto ai Corazzieri che lo avevano visto partire e che lo amavano. La bandiera millenaria di Casa Savoia veniva ammainata al Quirinale.  Il Re aveva creduto alle parole di De Gasperi che gli promise che l’esilio sarebbe stato temporaneo, il tempo necessario perché le acque si calmassero. Quello che accade dopo è storia, e come diceva quel grande maestro di Giuseppe Prezzolini: “ Nulla è più stabile del provvisorio “. Il Re visse in esilio trentasette anni. Il Sovrano, in Portogallo, visse in una casa che si affacciava sul mare e tutte  le sere, dal terrazzo chiudeva gli occhi e immaginava che una di quelle navi che si vedevano in lontananza, con la bandiera sabauda, potesse raggiungerlo per portarlo in Italia.  Il mio amico pittore mi è venuto a trovare spesso in questo periodo. Ha voluto vedere dove avevo collocato il quadro che aveva dipinto. L’ho posto vicino ad una libreria contenete molti libri su Casa Savoia ed è affiancato dalla foto di re Umberto con dedica e dalla bandiera Sabauda che è appartenuta alla mia famiglia e che rappresenta il sangue versato dai miei famigliari nelle due guerre per difendere la Patria. Il pittore sa che da anni cerco di far collocare in un boschetto di mia proprietà una croce di  sei metri che si stagli verso il cielo e che sia punto di ritrovo per tutte le persone che desiderano pregare per avere aiuto e sostegno nelle dure prove quotidiane. Questa croce verrà eretta in onore  di San Leopoldo Mandic’, grande confessore  e della buona Regina Elena, che dedicò gran parte della sua vita ad alleviare le sofferenze degli ultimi e dei diseredati.
 
26  giugno 2023
 

martedì 11 luglio 2023

Alfredo Covelli: l’ultimo vero menestrello del Re in Italia

 La vicenda drammatica di Alfredo Covelli, fondatore del Partito Nazionale Monarchico, che difese la monarchia con passione, ma affrontò sfide politiche e divisioni interne che portarono al declino della sua carriera.



Alfredo Covelli, politico italiano nato a Bonito il 22 febbraio 1914 e morto a Roma il 25 dicembre 1998, è stato una figura affascinante e controversa nella storia politica del nostro paese. Durante la Seconda guerra mondiale, mentre prestava servizio militare, Covelli sviluppò una profonda fascinazione per la monarchia, che divenne il fulcro della sua vita.

Dopo la guerra, Covelli fondò il Partito Nazionale Monarchico (PNM) nel luglio del 1946, con l’obiettivo di difendere e promuovere i valori monarchici in Italia. Tuttavia, i tempi stavano cambiando e la favola del re non era più creduta dal popolo. Il partito iniziò a ottenere risultati elettorali deludenti e dovette affrontare conflitti interni, tra cui una disputa con Achille Lauro, che fondò un partito monarchico rivale, il Partito Monarchico Popolare.

Per cercare di mantenere la sua presenza politica, Covelli si alleò con la destra missina, chiedendo ospitalità a questo schieramento politico. Alcuni maligni accusarono Covelli di un tentativo opportunista di salvare la sua posizione parlamentare. Tuttavia, il connubio si rivelò difficile e la carriera politica di Covelli andò verso il declino, mentre il popolo perdeva interesse per la figura del re.

Il percorso politico di Covelli attraversò diverse fasi, dalla fondazione del PNM, passando per l’unificazione con il PMP di Lauro nel Partito Democratico Italiano di Unità Monarchica (PDIUM), fino alla sua partecipazione al Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale (MSI-DN). Tuttavia, le sconfitte elettorali e le divisioni interne portarono alla scomparsa dei monarchici come forza politica autonoma.

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Alfredo Covelli: l’ultimo vero menestrello del re in Italia - Il Corriere Nazionale Alfredo Covelli: l'ultimo vero menestrello del re in Italia

domenica 2 luglio 2023

Breve storia dei Savoia, signori torinesi



di Alessia Cagnotto

Sono ormai alla metà del mio percorso riguardante  la ricostruzione degli avvenimenti storici che segnano le vicissitudini di Torino dagli albori fino alla contemporaneità.

Ed è appunto arrivato il momento di approfondire il fatto che più di ogni altro ha segnato il destino dellurbe pedemontana: il dominio sabaudo.
Prima di entrare nel merito della questione e di focalizzarci sulle imprese dei Principi di Savoia, è bene soffermarci sul contesto storico.
Anno 1250: muore Federico II. Nuovi drammatici eventi scuotono il territorio italiano da Sud a Nord: il papa Innocenzo IV investe limperatore Carlo dAngiò, il quale nel 1266 uccide in battaglia Manfredi, re di Sicilia e, due anni più tardi, il nipote di Federico II, Corradino. La dinastia degli Hohenstaufen viene eliminata e i guelfi trionfano su tutta la penisola.
Tali fatti producono immediate ripercussioni sul Piemonte e su Torino.
Tommaso II di Savoia occupa la città pedemontana, forte delle concessioni che proprio Federico II gli aveva accordato; egli tuttavia trova difficoltà nella gestione delle terre, così, dopo diversi accordi altalenanti con i comuni limitrofi e gli altri signori locali, decide di schierarsi a favore di Innocenzo IV; a questo punto il Papa, per assicurarsi un sostegno duraturo da parte di Tommaso, emana una carta in cui riconferma la signoria sabauda su Torino.

La cittadinanza però non accetta linsediarsi di Tommaso, né è concorde a proposito dellalleanza papale, tant’è che nel 1252 viene a crearsi una lega tra le città di Asti, di Chieri e di Torino, per opporsi ai piani del Principe. Nel 1255 i Torinesi catturano Tommaso e lo costringono a rinunciare alla pretesa di regnare sulla città e sui territori circostanti. Dal canto suo Tommaso si appella ai regnanti di Francia e dInghilterra, forte dei legami famigliari che i Savoia si erano creati nel tempo. Dopo un acceso dibattito i Torinesi lasciano libero il nobile prigioniero: è ormai evidente limportanza che la famiglia sabauda ha acquisito a livello internazionale.

Un nuovo pericolo però si affaccia allorizzonte: lavanzata di Carlo dAngiò. La nuova situazione preoccupa molti signori e diversi comuni e la necessità di fermare linvasore comporta la costituzione di una nuova lega ghibellina capeggiata dalla città di Asti. Torino stessa fa parte di tale di alleanza, ma solo fino al 1270, momento in cui il vescovo Goffredo di Montanaro, guelfo ed oppositore dei Savoia, fa espellere il podestà e si instaura allinterno delle mura cittadine.
Gli scontri intanto proseguono, e ormai il regno angioino è destinato alla disfatta.
Trascorrono circa ottantanni, durante i quali Torino cambia ben sette passaggi di potere: un tempo decisamente lungo e travagliato, che trova conclusione nel longevo periodo della dominazione sabauda.
La famiglia dei Savoia approfitta della confusione politica dovuta ai continui scontri tra signori locali per appropriarsi di alcune cittadine, apparentemente di minor importanza e indebolite dalla guerra. Tra queste si pensi a Susa, Pinerolo, Rivoli e Avigliana, ma è con lacquisizione di Torino che i Principi  consolidano la propria supremazia sul territorio piemontese.
Eccoli infine i due fattori che, a partire dallepoca bassomedievale, determinano le future vicende torinesi: lascesa al potere della famiglia sabauda e la devastante diffusione della peste nera del 1348.
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