NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

mercoledì 31 ottobre 2012

La nuova democrazia

Fantastiche le elezioni in Sicilia.
Il PDL ha operso 650.000 voti. Il PD ne ha persi soltanto 250.000.
Adesso in Italia la gara sarà a chi perde di meno.

Il Partito Nazionale Monarchico - VII parte


I fatti contrastarono mai con le parole?

Nel 1947 quando De Gasperi - sul quale pure pesava la vigilia del 2 giugno, cullate ingenue illusioni e preparato l'epilogo amarissimo (alternate equivoche espressioni, consentito il voto per la Monarchia nell'atto di disporre gli eletti repubblicani) - quando De Gasperi - sul quale pure pesava l'11 giugno e il triste e tristo poi – estromise, con qualche nota alla Mossadeq, i socialcomunisti dal Governo, i parlamentari del Partito Nazionale Monarchico non esitarono a concedere al Ministero quella fiducia che persino i socialdemocratici (appena separati dal P.S.I. di Nenni) avevano negato. Fu merito allora anche dei pochi deputati dell'ancor giovanissimo Partito Nazionale Monarchico - che apparivano illusi e sperduti - se venne reso possibile l'allontanamento dell'estrema sinistra dal potere.
Nel 1948 il gruppo parlamentare del Partito Nazionale Monarchico votò gli accordi internazionali che davano vita al Patto Atlantico e ribadì la sua posizione di fedeltà alla comunità occidentale.
Nel giugno 1950 il gruppo parlamentare del Partito Nazionale Monarchico presentava alla Camera una mozione sul problema di Trieste e del Territorio Libero invitando il Governo:
a) ad astenersi da trattative dirette con Belgrado;
b) a fare appello all'O.N.U. affinché, accertate le iniquità jugoslave nella zona B, venisse tolto a Tito il mandato su tale territorio;
c) a chiedere agli Alleati occidentali l'esecuzione della Dichiarazione tripartita del 20 marzo 1948 (che prometteva l'integrale restituzione all'Italia del Territorio Libero) riservandosi, in caso contrario, di denunciare il Trattato di pace. Era una proposta conforme alla ortodossia diplomatica e senza dubbio abile. Lo stesso Ministro degli Esteri Sforza la giudicò interessante. Tuttavia la maggioranza della Ca mera non approvò la mozione.
Nel marzo 1951 il gruppo del Partito Nazionale Monarchico nella Camera dei Deputati fu protagonista di una nuova clamorosa vicenda parlamentare, originata da un ordine del giorno - presentato dai deputati del Partito Nazionale Monarchico - che suonava sfiducia nel Ministro della Difesa on. Pacciardi. Sull'ordine del giorno monarchico si sarebbe potuta determinare, forse, una maggioranza; certo una condizione delicata avrebbe potuto crearsi, e ciò alla vigilia di una difficile missione diplomatica del Presidente del Consiglio e del Ministro degli Esteri a Londra.
L'on De Gasperi fece presenti le difficoltà internazionali del momento e fece appello al patriottismo dei monarchici. Rispose l'on. Covelli: «La buona fede e il patriottismo dei monarchici non possono essere messi in dubbio e l'on Presidente del Consiglio lo ha or ora riconosciuto. Questo orgoglio non ci è nuovo: non vi è mai stata occasione, nella quale il governo della Repubblica abbia voluto mostrare tra gli Italiani unità di intenti nella difesa della civiltà, dell'integrità nazionale, e nella quale esso non abbia dovuto appellarsi a quelle tradizioni del nostro Paese delle quali noi monarchici siamo partecipi e siamo testimoni responsabili perlomeno quanto lo siete voi ».

L'on. Covelli ritirava l'ordine del giorno tra i vivissimi applausi del Centro e della Destra.
Nel 1953 lineare e coraggiosa fu l'opposizione dei monarchici alla nuova legge elettorale politica maggioritaria: nel Parlamento e nel Paese.
La Democrazia cristiana era stata plebiscitata nel 1948, il 18 aprile. Voler negare quale fosse stato il mandato che il corpo elettorale le aveva conferito non è possibile. La indicazione  chiara, estremamente chiara non era stata raccolta. Che l'on. De Gasperi volendo tener in vita malgrado la sua maggioranza un governo non monocolore, possa essersi urato al proposito di non stravincere - dopo il responso del 18 aprile può darsi e non si vuole negare quello che sarebbe stata una determinazione con la luce ideale del «fuggire la tentazione dello strapotere »; peraltro la verità è questa che, per la decisione dell'on. De Gasperi, la Democrazia Cristiana si sottrasse al compito che le era stato assegnato dalla maggioranza assoluta - in senso e per destinazione anticomunista - del 18 aprile: compito assegnatole dai mezzi della borghesia non sempre illuminata, come insegna recente e recentissima storia.

CONTRO DE GASPERI
Sta di fatto che, insorto il suffragio universale nel Paese, contro la legge maggioritaria negatrice di proporzionale, il Partito Nazionale Monarchico che aveva decisivamente contribuito a che non scattasse la trappola della legge che i suoi parlamentari avevano combattuto nel Parlamento, non poteva rinnegare la investitura ricevuta dagli elettori anche quando avesse potuto dimenticare l'asprezza della lotta fatta dalla D.C. dell'on. De Gasperi durante la campagna elettorale, con singolare predilezione, contro il P.N.M. La politica ha una sua onesta elasticità, ma non poteva consentirsi l'adesione immediata ad un esperimento quale quello che l'on. De Gasperi col suo ottavo ministero confusamente annunciava, dove l'espressione più cortese nei confronti del gruppo monarchico fu quello che egli «non lo conosceva »!


Un deputato monarchico, chi scrive, nell'annunziare il voto contrario del gruppo ebbe allora ad esprimersi così:
« Il 7 giugno ha rappresentato una data fondamentale per il costume civile e sia consentito a questa parte della Camera di rivendicare, nei confronti della parte opposta, questa benemerenza della quale dovrebbero esserci grati - nel profondo - coloro che siedono sui banchi della maggioranza, perché per merito nostro l'estrema sinistra non ha avuto la "esclusiva" di una giusta battaglia di legittimità ». Ed aggiungeva: « Occorre passare oltre il fatto elettorale per dire della interpretazione che ha dato luogo all'investitura dell'on. De Gasperi. Io ricordo le giornate tempestose che prepararono un grande evento. Fu allora che 300 deputati della Camera Italiana ebbero ad esprimere la loro solidarietà con un grande statista, che si va dicendo si sia rinnovato qua dentro; il che non credo e non se ne offenda alcuno. Giovanni Giolitti, dicevo, ebbe a ricevere allora da parlamentari italiani 300 biglietti da visita mentre il popolo gridava, nelle piazze, la guerra. Fu allora criticato il Sovrano (bestemmiato e pianto) perché aveva conferito l'investitura ad Antonio Salandra! Il 7 giugno non vi furono biglietti da visita di parlamentari, ma milioni di cittadini sono insorti contro chi aveva voluto ad ogni costo una legge ingiusta e dannosa a quelli stessi che se ne volevano servire! Se questo è avvenuto e se questo è certo, ella, onorevole De Gasperi (del quale ricordo nei miei confronti un atto incancellabile, in quanto fu l'unico a mostrar comprensione nelle giornate che videro il mio esodo dalla Democrazia cristiana), come non ha avvertito che non poteva essere lei l'indicato dall'esito elettorale a ricevere per il primo l'investitura? lo assumo non che non si potesse ritornare a lei ma che l'investitura non potesse esserle data immediatamente perché il 7 giugno non poteva essere interpretato cosi come è stato interpretato. Le interpretazioni che si potevano dare all'esito del 7 giugno erano due: sinistra o destra. Che significhino esattamente sinistra e destra non è dato, in verità, di stabilire. Passi ancora per la sinistra: lo si intuisce guardando i banchi che ci stanno di fronte. Ma quanto alla destra - magari estrema - non se ne dolga l'onorevole De Marsanich se dirò che non v'è una stretta parentela tra lui e il Conte Solaro della Margherita. Come non vi è molta parentela tra me, i miei colleghi e il Conte Camillo Benso di Cavour, ministro del Re. Come non vi è neppure parentela fra lui e l'onorevole Villabruna tanto è vero che questi ha lasciato i banchi della destra per lanciarsi su quelli del centro (naturalmente sinistro) perché il centro è posizione per più facili spostamenti».

Doveva, quindi, anche per una evidente ragione di carattere costituzionale rifiutarsi la fiducia alla investitura dell'on. De Gasperi. Né questo rifiuto determinino in fatto alcun danno (checché abbiano affermato poi, col consueto ritardo i tentati frantumatori 11 Partito Nazionale Monarchico) se, negata la fiducia a De Gasperi, la successione fu all'on. Pella, il quale, personalmente, non gravavano né le antiche responsabilità istituzionali né le recenti costituzionali che gravavano sull'on. De Gasperi!

A FAVORE DI PELLA
E sembra incredibile ma vero per gli obliosi (che peraltro non obliano affatto ma si fingono smemorati credendo che tutti, proprio tutti gli altri lo siano; il che è calcolo tra il torbido e l'ingenuo) sembra incredibile che si ignori, dai critici del voto contrario al Ministero dell'on. De Gasperi, che da tale voto contrario sorse il Governo dell'on. Pella, al quale il Partito Nazionale Monarchico diede il suo pieno appoggio: disinteressato e determinante. Il che prova che non spirito fazioso di opposizione preconcetta anche nei confronti della Democrazia cristiana, ma valutazioni concrete nazionalmente ispirate (l'acme della crisi per Trieste si determinò durante il Governo Pella) determinarono la condotta dei parlamentari dei Partito Nazionale Monarchico.
Che se il Governo Pella - che aveva suscitato nel Paese la più viva simpatia (proprio anche nelle larghe schiere di quella Democrazia cristiana che aveva attratto a sé i voti dei borghesi d'Italia il 18 aprile 1948) - non durò, anche per la eccessiva preoccupazione dell'on. Pella di definire transitorio il suo governo (una specie di Ministero balneare), ciò fu dovuto al siluro lanciatogli da Novara dall'on. Scelba e, forse, alla scarsa esperienza del Presidente del Consiglio, il quale evidentemente ignorava che il modo migliore per evitare crisi di governo è quello di non volersene andare! Verissimo è che successivamente alla crisi Pella il Partito Nazionale Monarchico non consentì ad altro esperimento monocolore, quello dell'on. Fanfani, ma a taluni autori e complici della sottrazione all'unità politica parlamentare monarchica che era in atto ritardatari della critica al «secondo autobus perduto», dimentichi, per finta malattia della memoria, che sull'autobus Pella i monarchici erano saliti senza compiti servili ma come graditi passeggeri sarà giusto ricordare che essi, i ritardatari patiti del Ministero Fanfani non assunsero affatto l'atteggiamento a favore del monocolore dell'attuale Segretario della Democrazia Cristiana, essendo, se mai, identificati - fuori di loro coloro che non opposero sdegnosi accenti al tentativo, che peraltro coincise con la estromissione dal Senato del Sindaco di Napoli!

Né storia antica e recente dell'unità democratica cristiana, dalle correnti che la fanno assomigliare ad un tripartito (se non tenesse pi' che il tessuto connettivo cattolico la protezione altissima che la ritiene, o la lascia ritenere, con tutti i pericoli inerenti, il Partito dei cattolici italiani) autorizzava, in quel momento, a definire che il monocolore di Fanfani si sarebbe, sostanzialmente, determinato in direzione diversa da quella che, per i cosiddetti orientamenti della socialità, fu la direzione del quadri o tripartito che sorresse gli esperimenti Scelba e Segni.

CONTRO SCELBA E SEGNI
Di necessaria evidenza la opposizione al Ministero Scelba sorto in funzione anti-Pella, epperò chiaramente polemico contro la Destra: che significava comunque il ritorno al quadripartito ed al suo spirito. Il Ministero Segni - senza i repubblicani, con i liberali e, va da sé, coi socialdemocratici - non poteva avere l'appoggio del Partito Nazionale Monarchico: e le battaglie che il gruppo del Partito Nazionale Monarchico combatte (basterebbe richiamarsi alla tenace opposizione alla legge di perequazione tributaria e, particolarmente, al famigerato articolo 17, sul quale provocò l'appello nominale) furono aperte, leali, coraggiose. Se, nei confronti del Governo presieduto dall'on. Segni - che decise lo sganciamento dell'I.R.I. dalla Confindustria così come la "irizzazione" dei telefoni, che i liberali avallarono, per tacere di altri provvedimenti legislativi - l'opposizione del Partito Nazionale Monarchico fu costante là dove erano in gioco provvedimenti legislativi di ispirazione illiberale, dannosi alla economia dello Stato proprio per la voluta soggezione allo stato della libera iniziativa, anche nei confronti del Gabinetto dell'on. Segni, l'opposizione non fu preconcetta ed irosa, ispirata al « tanto peggio tanto meglio » o obliosa del fronte unico nazionale nelle questioni di natura internazionale. Non mancò il voto favorevole del Partito Nazionale Monarchico agli accordi di Parigi, istitutivi dell'Unione Europea Occidentale, come poi al Trattato per il Mercato Comune anche se sempre, per la voce particolarmente dell'on. Cantalupo, vennero precisate le necessarie riserve e vennero coraggiosamente riaffermati i principi di una politica estera ferma e avveduta, che mai ha dimenticato la visione nazionale della Patria tradizionale inserita nel divenire del problema europeo e nella realtà della difesa dei regimi liberi, della civiltà occidentale.

Ma per i riflessi politici del Governo tripartito dove gli addendi del meno peggio, nella politica interna ed economica, concludevano sistematicamente al peggio appena si profilò, nella umiliante gara dei mercanteggiamenti, la possibilità di sottrarre il Paese al palleggiamento delle responsabilità tra i sodali del Governo che realizzando la politica del' mercato delle vacche concludeva alle vacche magre, senza nemmeno la possibilità di una chiara individuazione di responsabilità, il Partito Nazionale Monarchico si schierò per un Governo monocolore. E fu chiara - per la chiarissima dichiarazione dell'on. Covelli - la presa di posizione del Partito Nazionale Monarchico.

ZOLI
I monarchici in Parlamento perspicuamente motivarono il loro voto favorevole al Governo Zoli con le seguenti fondamentali ragioni:
I.                   Il monocolore di Zoli significava la fine dell'equivoco tripartitico e se anche non furono gradite talune affermazioni, peraltro non riferite particolarmente ai Monarchici - nel settore toponomasticamente di destra - ben più sostanzialmente gravi furono le affermazioni in certo senso vere e proprie denunce precisate nei confronti degli ex sodali degli esperimenti tri-partitici dalle quali scattarono le furenti reazioni vuoi (lei social-democratici vuoi dei liberali.
II.                 Col monocolore di Zoli avviandosi la legislatura alla sua fine - era opportuno, oltre che doveroso che la Democrazia Cristiana assumesse - partito di maggioranza relativa - la sua precisa responsabilità ad evitare che, nella imminenza della lotta elettorale, le fosse possibile ancora destreggiarsi da sinistra a destra, prendendo pretesto dalla commistione governativa per rendere impossibile la individuazione delle precise responsabilità di ciascuno e, quindi, soprattutto del partito di maggioranza relativa.

La fine della legislatura non ne è manifestamente l'inizio. L'ora della convocazione dei comizi è molto più impegnativa che non quella dalla quale si può, lungo cinque anni, evadere. E anche sotto il profilo della logica più stretta e della più stretta coerenza, non varrebbe stabilire paralleli tra situazioni diverse per pretendere di raffigurare anche crepuscolari incoerenze.
Un fatto è certo: oggi il governo Zoli opera a seguito di una investitura parlamentare, nella quale operò decisivamente il Partito Nazionale Monarchico.

Ma questo - ad onore, più che per la tranquillità del Partito Nazionale Monarchico - è altrettanto certo: il Partito Nazionale Monarchico non avendo assunta alcuna responsabilità di governo né avendo assunto impegno a sostenerlo (avendo, anzi, rivendicata la sua libertà nei confronti delle singole determinazioni legislative del Governo) ha determinato una chiarificazione almeno in partenza continuando a camminare per le tappe della sua costante chiarezza. Non voti sottobanco: voti-bandiera!

Dirà qualcuno, ha detto qualcuno che, con riferimento alla legge in corso di discussione sui patti agrari. un peggioramento si sarebbe verificato nei testi; ed è vero che, nel buio delle urne a scrutinio segreto, si sono determinate contro il parere del Governo delle variazioni peggiorative. Ma è anche vero che qualche emendamento recentemente votato era già stato annunciato dal cosiddetti sindacalisti della Democrazia Cristiana prima dell'avvento del Ministero Zoli, a bandiere spiegate; il che preannunciava quello che oggi si è determinato. Né si dica che, se si fosse verificato allora, tra gli auguri del tripartito, quello che oggi si è verificato, avrebbe funzionato la solidarietà ministeriale. Che cosa avrebbe questo significato? La crisi? Ogni dubbio è., su questo punto, autorizzato alla luce delle abdicazioni successive e progressive dei liberali al governò. Ma se anche questo fosse avvenuto, o sarebbe stata la crisi (quindi il nulla di fatto), o sarebbe stata la soggezione. Questa sarebbe stata anticipata sull'orologio (di qui la legge peggiorata). Se fosse stata la crisi forse che il tempo guadagnato contro l'approvazione della legge sarebbe stato determinante nei giorni? Perché, ancora, proprio in relazione al calendario sembra estremamente improbabile, proprio in conseguenza degli introdotti emendamenti contro il parere del governo, soprattutto per la natura e la portata dell'emendamento Miceli, che la legge sui patti agrari sia pure a tappe forzate possa giungere, dal Senato, di ritorno alla Camera prima della fine della legislatura. Che se anche la legge sui patti agrari (date per ammesse le inammissibili ipotesi di interessata e meschina formulazione liberale) dovesse passare con qualche peggioramento, è chiaro che si verificherebbe precisamente la condizione risolutiva dell'equivoco democristiano nell'ora delle decisioni elettorali (1).

La verità è questa: che almeno sino a questo momento non risponde ad esattezza che il governo Zoli sia stato più nocivo alle impostazioni liberali - e del Partito Nazionale Monarchico - di quello che certamente è stata la successione dei governi quadri e tripartiti: di derivazione ed osservanza ciellenista. Chi vivrà vedrà. E voterà. Nel frattempo la battaglia in corso intorno alla legge sul patti agrari vede le scrupolo attento, la critica vigile particolarmente di un deputato di nostra parte: l'on. Daniele.

(1) Alla data della pubblicazione del presente opuscolo  non è piú campo alle ipotesi: il fatto sta a smentire la  polemica «liberale»: la legge sui patti agrari non è passata nemmeno nella tollerante edizione « liberale »!

martedì 30 ottobre 2012

E' successo un fatto nuovo

O perlomeno che ancora non era giunto alle nostre orecchie. La maggioranza degli elettori, in Sicilia, non si è recata alle urne.

Il, misero, 30% dei VOTANTI è stato sufficiente ad eleggere un presidente che non ha nessuna maggioranza nel numeroso parlamento siciliano e che quindi o sarà costretto a un indecoroso prostituirsi politico, o, se ha, come speriamo dignità ed onore politico, diciamola pure questa desueta parola,  sarà costretto a ridare la parola agli elettori, nella speranza che una nuova tornata elettorale determini situazioni di maggiore "governabilità". 

Ma c'è un problema più profondo, più cattivo: la maggioranza dei siciliani ha scelto di non votare e quel parlamento che comunque sarà composto di ben 90 persone legifererà non in nome di una maggioranza ma nel nome di una minoranza assoluta dei siciliani.
In poche parole i siciliani hanno sfiduciato completamente la loro istituzione regionale la cui autonomia era stata opera di Re Umberto II. Un qualsiasi presidente che non fosse espressione di una maggioranza di elettori dovrebbe porsi il problema: "a nome di chi opero?". Del 30% di un 47%? Cioè approssimativamente del 14% per cento dei siciliani?

E' questo il livello di affezione al quale le istituzioni nate nel nome di santa resistenza, santa repubblica e santa costituzione hanno condotto i siciliani e, siamo sicuri, anche gli italiani tutti. La democrazia che trae la sua forza dal consenso della maggioranza del popolo è stata sconfessata.

Ci si chiedono tasse e sacrifici inenarrabili per alimentare non una classe di dirigenti all'altezza della situazione ma una classe di autentici parassiti capaci di usare il danaro pubblico per le cose più vergognose. Ed il popolo ha dato una risposta per la prima volta chiara.

Le istituzioni democratiche in Sicilia non sono più tali in quanto non rappresentative della maggioranza dei siciliani ma di una quota inferiore alla metà degli aventi diritto.

La destituzione di autorevolezza dello Stato iniziata nel caos post bellico ha così finalmente il suo epilogo. E non abbiamo dubbi che la situazione non sarà diversa alle prossime elezioni politiche. Soprattutto in virtù del fatto che col consenso dei partiti, che tutti insieme ci hanno condotto al disastro, sta governando un uomo che non è stato votato dal popolo ma nominato dal presidente della repubblica
Una democrazia esautorata e sconfessata dai propri vertici e dai prori cittadini.

Che scenari si aprono? 
Un nuovo biennio rosso come nel 1919? Una nuova repubblica di Weimar? 
Un potere che sarà fuggito come nel 1922 e raccolto da qualche uomo forte qualsiasi?
Staremo a vedere. Manca poco. Ma forse è il caso di incominciare a pensare ad una "rivoluzione", pacifica ed incruenta ovviamente, non sia mai!, ma ad una rivoluzione che ricostituisca quel legame, ovvio, tra Popolo e Stato, tra Nazione e Stato. 
Ciò che è stato distrutto dal 13 giugno del 1946 in poi.

"Una Repubblica fondata sul disordine". Se ne accorgono, infine.


A partire dagli anni Sessanta del secolo scorso è incominciato un processo di destrutturazione delle istituzioni


di Francesco Alberoni


A partire dagli anni Sessanta del secolo scorso è incominciato un processo di de­strutturazione delle istituzioni. Si è formata quella che Bauman ha chiamato la società li­quida, in cui tutte le relazioni sono deboli, pri­ve di consistenza e di durata: la fede politica, quella religiosa, l’adesione a un partito, i rap­porti di lavoro, le amicizie, la famiglia. Scompa­re la capacita di tener fede alla parola data, il senso del dovere, la fiducia negli altri, l’impe­gno civico e politico, mentre aumenta la corru­zione in tutte le sue forme.

Sul piano economico è stata l’epoca delle «deregulation» con invasione dei prodotti ci­nesi a cui è seguita la speculazione finanziaria selvaggia,che ha messo in crisi la comunità eu­ropea e l’Euro. Un disordine che si è ripercosso in Italia dove ha aumentato il marasma politi­co e sociale.
Ma come sempre accade, dopo le fasi di pro­fo­ndo disordine avviene la reazione e incomin­cia la ricostruzione. Io sono convinto che l’epo­ca della società liquida sia al tramonto e stia per iniziare una nuova epoca di ricostruzione. A livello europeo i governi stanno dando nuo­va efficienza alle istituzioni comunitarie e in Ita­lia abbiamo costituito un governo tecnico di gran­de prestigio internazionale mentre per la prima volta sugli schermi televisivi appaiono delle cifre e la gente si abitua a discutere di numeri e non di chiacchiere. Si è diffusa una seria volontà di com­battere l’evasione fiscale, la corruzione, il malaf­fare, gli imbrogli. Tutti chiedono rapporti sociali e professionali seri, solidi, fondati su valori.
Purtroppo l’apparato dello Stato fondato sul­la Costituzione è arcaico e impedisce vere rifor­me.
[...]

"Democratici" a corrente alternata

SABATO L'INTITOLAZIONE DI DUE VIALI A RE UMBERTO II E MARIA JOSÈ

Villa Ada, drappi neri sulle targhe dei Savoia

Protesta di alcuni militanti dell'associazione «RomaFutura»: siamo antifascisti e antimonarchici, amiamo la Costituzione


ROMA - Un drappo nero sulle targhe inaugurate sabato scorso per dedicare due viali di Villa Ada, a Roma, all'ultimo re d'Italia, Umberto II, e sua moglie Maria Josè: è il blitz compiuto lunedì pomeriggio, fa sapere un comunicato, da RomaFutura, associazione vicina a Sel, i cui militanti hanno anche esposto manifesti con scritto «RomaFutura è antifascista, antimonarchica e ama la Costituzione!».

[...]

lunedì 29 ottobre 2012

Arieccolo, il Guerri!



Si vede che al Giornale, quel giornale fondato dal monarchicissimo mai pentito che era Indro Montanelli, proprio non trovano di meglio. E' pur vero che di storici dalle nostre parti non abbonda, tutti uniformati al dogma/feticcio della trinità laica di resistenza, referendum e costituzione, ma insomma... E' ancora il giornale di Mario Cervi. Ci sarebbe Perfetti.

E invece sempre con questo Giordano Bruno Guerri che addirittura concede con sussiego che Umberto II e Maria José meritino dei viali sperduti in un parco (già di loro proprietà) in quanto non furono traditori.

Ma complimentoni! Ma grazie! Ma troppo onore fa costui alla storia d'Italia.

Ci scusi, Signor Guerri, e quando mai qualcuno ha potuto muovere a Re Umberto II l'accusa di essere un traditore? Forse qualche repubblichino invasato (i quali peraltro non ci stanno antipatici) che magari le sarà anche più simpatico perché repubblicano come lei? 
E chi altri muove questa accusa che le consente di titolare in siffatto modo un articolo come il suo?

"Un bel posto insomma, che non verrà molto turbato dall'intitolazione di un largo e di un viale (senza case) al re Umberto II e a sua moglie, la regina Maria José."

Infatti no. Qui l'unico turbato ci pare che sia lei che si erge, non richiesto, ad avvocato difensore del nulla.

"La stessa strada che fecero i Savoia per fuggire indecorosamente e indegnamente da Roma l'8 settembre 1943. È proprio per l'8 settembre, più che per la lunga alleanza con il fascismo, che i Savoia non sono ancora stati perdonati del tutto dagli italiani." 

Errore, caro il mio STORICO. Errore. La "teoria delle auto che salvò la continuità dello Stato" nel momento del disastro prese la Via Tiburtina e infatti si fermarono al castello di Crecchio.
Che c'è? Non c'è scritto negli archivi del Vittoriale? O è solo l'ennesima svista quando si parla di Re Umberto II?

"E lì il 25 luglio 1943 fece arrestare - con stile affatto regale, in casa propria - il capo del governo Benito Mussolini, andato a conferire." 

Le cronache dei tempi sono concordi nel dire che il 25 luglio trascorse senza che un solo colpo di pistola fosse sparato. Forse il Re non agì così male, nel supremo interesse della Nazione, che travalicava i suoi doveri di ospitalità ed anche quelli di padre nei confronti della figlia Mafalda  che, per non avere avuto adeguate informazioni l'8 settembre cadde nelle mani dei nazisti e vi morì.
Ella avrebbe saputo fare di meglio, Signor Guerri? Certo a 70 anni di distanza sicuramente si possono fare delle belle pensate. Intanto la traumatica successione di Mussolini dopo 21 anni non fu un disastro. Anzi fu festa di popolo.

"Siamo pure comprensivi verso sua moglie Maria José".

Ma Lei è davvero troppo buono, Signor Guerri, cosa ha mangiato stamane? Pane e nutella, che ha messo da parte la sua consueta acidità? 
Ne mangi più spesso.
Ma non lo faccia prima di scrivere del Re.
Lo faccia invece.

Ps il "capolavoro" del signore con il basso ph è leggibile al seguente link:

http://www.ilgiornale.it/news/interni/umberto-ii-e-maria-jos-se-meritano-non-furono-traditori-850633.html



sabato 27 ottobre 2012

Roma, intitolati due viali a Re Umberto II di Savoia e a sua moglie Maria José



Rassegna web



ROMA - A Roma da sabato due viali all'interno di Villa Ada sono intitolati a Umberto II di Savoia, l'ultimo re d'Italia, e alla regina Maria Josè. Ad inaugurare le targhe dedicate al «re di maggio» e a sua moglie è stato il sindaco di Roma Gianni Alemanno. «L'Italia ha avuto una storia lunga e difficile» ha detto Alemanno prima di scoprire le due targhe a pochi metri da via Salaria. «Casa Savoia ha unificato l'Italia, con grandi sforzi ed esempi - ha aggiunto - Ed è proprio l'amore per la nostra Patria quello che oggi ci unifica tutti e che ci fa dare un tributo per Maria Josè e Umberto II, due figure controverse che, però, hanno fatto un grande gesto quando, dopo il referendum, preferirono l'esilio a una possibile spaccatura o guerra civile nel Paese». Era presente all'evento anche l'assessore alla Cultura, Dino Gasperini, che ha ricordato come la «decisione di apporre queste targhe è stata presa all'unanimità dall'Assemblea capitolina come momento di approfondimento a favore soprattutto delle giovani generazioni».
[...]


I viali dedicati ai Savoia sono all'interno del Parco di Villa Ada. Alemanno: "Figure controverse che hanno compiuto un atto di amore verso l'Italia. Umberto II poteva spaccare il Paese dopo il referendum, ma non l'ha fatto".
Ad inaugurare le targhe dedicate al ‘re di maggio’ e a sua moglie, due personaggi che hanno avuto un posto importante nella storia d’Italia, è stato il sindaco di Roma Gianni Alemanno. "Sono due figure sicuramente controverse", ha detto il primo cittadino. Così come "controversi" sono stati i risultati del referendum che ha sancito la fine della monarchia.
"Hanno compiuto un atto d’amore  nei confronti del nostro Paese - ha aggiunto - evitando uno scontro civile dopo il referendum. Umberto II poteva spaccare l’Italia e non l’ha fatto. Io confermo tutta la fedeltà alle istituzioni repubblicane, convinto che questo sia il giusto assetto per l’Italia ma dobbiamo riconoscere a casa Savoia un ruolo fondamentale dell’unificazione dell’Italia e del Risorgimento".

http://qn.quotidiano.net/cronaca/2012/10/27/793414-roma-viale-savoia-umberto-maria-jose-alemanno.shtml

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/topnews/2012/10/27/Roma-viale-dedicato-re-Umberto-II_7703515.html

http://www.corriere.it/notizie-ultima-ora/Cronache_e_politica/Roma-viali-Umberto-Jose/27-10-2012/1-A_003226255.shtml

http://www.tg1.rai.it/dl/tg1/2010/articoli/ContentItem-0da72571-f8d3-4127-b710-d03529058176.html

http://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/lazio/articoli/1066267/roma-intitolata-via-a-umberto-ii.shtml

http://www.romacapitalenews.com/villa-ada-sindaco-scopre-targhe-per-umberto-ii-e-maria-jose/

http://www.youreporter.it/video_Intitolazione_al_Re_Umberto_II_e_alla_Regina_Maria_Jose

http://www.huffingtonpost.it/2012/10/27/umberto-mariajose-viali-intitolati-roma_n_2029424.html

http://www.youreporter.it/gallerie/Intitolazione_al_Re_Umberto_II_e_alla_Regina_Maria_Jose/pag-1

http://notizie.it.msn.com/topnews/a-roma-2-viali-per-umberto-ii-e-mjose-1

http://www.larena.it/stories/Italia_e_Mondo/426146_roma_una_via_a_re_umberto_ii_il_figlio_salme_al_pantheon/

http://www.ilgiornaledivicenza.it/stories/Italia_e_Mondo/426193_roma_una_via_a_re_umberto_ii_il_figlio_salme_al_pantheon/

http://roma.repubblica.it/cronaca/2012/10/28/foto/savoia-45446942/1/

http://www.liberaroma.it/word/roma-antifa/avanti-savoia-spinge-alemanno/

mercoledì 24 ottobre 2012

Nuovo aggiornamento del sito dedicato a Re Umberto II

Sul sito dedicato a Re Umberto II il messaggio inviato ai giovani del Fronte Monarchico Giovanile nel 1951 per il loro Congresso Nazionale a Firenze.

L'occasione è anche ottima per pubblicare la foto della (mia)  Bandiera del Fronte di cui in Rete non si trova alcuna traccia. Affinché la nostra memoria non si perda.

http://www.reumberto.it/fmg51.htm

domenica 21 ottobre 2012

Il partito Nazionale Monarchico - VI parte


L'AZIONE POLITICO-PARLAMENTARE DEL PARTITO NAZIONALE MONARCHICO

Parallelamente e in conseguenza delle battaglie elettorali si svolgeva l'azione politico-parlamentare del Partito Nazionale Monarchico.

Le linee fondamentali dell'azione politica del Partito sono state fissate dal primo Congresso Nazionale che, come abbiamo richiamato, si è svolto in Roma nel dicembre 1949; e dal secondo Congresso Nazionale che si è svolto in Milano nel dicembre del 1954, successivamente allo sciagurato abbandono con successivi stillicidi.

La mozione unificata approvata dal I Congresso è del seguente tenore: « Il primo Congresso Nazionale del Partito Nazionale Monarchico, udita ed appropriata la relazione del Segretario Generale del Partito, riafferma la protesta solenne che i monarchici italiani - in quanto cittadini e democratici - elevano contro il Referendum del 2 giugno 1946 e l'istanza fondamentale del ritorno all'istituto monarchico, essenziale per la tradizione italiana del Risorgimento, per la garanzia dell'equilibrio dei poteri dello Stato, per quello della libertà dei cittadini e per la pacificazione morale della Nazione, e pertanto afferma che il problema istituzionale è basilare per ragioni storiche, morali, costituzionali e politiche che si connettono alle stesse possibilità della vita, dell'unità e dell'indipendenza del Paese e dichiara:

Per la linea politica del Partito:
1) nella politica interna: la necessità di riaffermare l'autorità dello Stato ed il suo dovere di tutelare la libertà in un regime di diritto nel quale organi statuali e cittadini soggiacciano tutti del pari all'impero della legge democraticamente stabilita e garantita da una magistratura indipendente da ogni altro potere dello Stato; riconoscendo la particolare importanza che ha la tutela della libertà delle minoranze, le quali soprattutto dalla libertà possono essere vincolate all'osservanza delle leggi nella fiducia dell'avvicendamento democratico;
2) nella politica estera: la necessità di una condotta politica fermamente indirizzata verso la revisione del Trattato di pace nell'intento di tutelare, senza rinunce, ogni diritto italiano nell'assoluta parità di dignità, di diritti, di doveri di tutte le potenze unite nell'alleanza atlantica per la difesa comune della civiltà cristiana ed occidentale, e di una particolare condotta politica intesa a garantire la espansione e tutelare le condizioni onorevoli del lavoro italiano all'estero;
3) nella politica economica: la necessità di un indirizzo che affidi la ricostruzione del Paese alle forze sane dell'iniziativa privata, liberandone l'azione dalle pastoie di un dirigismo che moltiplica il costo della ricostruzione stessa e ne scoraggia gli sviluppi; e di una riforma tributaria che non sia vessatoria e quindi dannosa all'economia nazionale;
4) nella politica sociale: la necessità della più alta valutazione dei diritti morali e materiali di chiunque lavori, fondando la collaborazione delle classi in un libero ordinamento sindacale democraticamente e costituzionalmente articolato, il quale liberi le organizzazioni sindacali dall'attuale loro soggezione ai partiti politici;
5) nella politica religiosa: la piena riaffermazione delle convinzioni cattoliche del popolo italiano, nell'affermazione che Fede ed Unità religiosa sono beni troppo alti perché possano servire a combinazioni politiche;
6) nell'ordine morale della vita nazionale: la esigenza di una pacificazione reale e totale che - nella dimenticanza di ogni odio trascorso e nell'abrogazione per tutti di tutte le leggi eccezionali e di ogni loro conseguenza penale ed amministrativa, nonché nella resistenza ad ogni nuova suggestione di leggi eccezionali per chiunque riconduca tra tutti gli italiani che amano soprattutto la Patria la piena possibilità di operare insieme per la rinascita dell'Italia ».


I GIOVANI DEL PARTITO

Non certamente priva di interesse è anche, ai fini dell'esame della traduzione in atto delle premesse ideali, politiche e sociali del Partito Nazionale Monarchico, la riproduzione del testo della Mozione approvata dal Congresso Nazionale Giovanile: « Il II Congresso Nazionale del Movimento Giovanile del Partito Nazionale Monarchico riunito a Napoli il 27, 28, 29 novembre 1954, constatato che dall'esame della situazione politica italiana appare necessario iniziare un coraggioso processo di chiarificazione al fine di determinare le altrui e le proprie responsabilità storiche, richiama l'attenzione di tutti i cittadini ai loro doveri di partecipazione totale alla vita dello Stato; indica nel Partito Nazionale Monarchico, efficiente nel suo apparato e nei suoi quadri, lo strumento politico più idoneo ad intraprendere quell'azione che il tempo storico richiede, manifesta la necessità di intraprendere un'azione diretta a spezzare ogni falso monopolio di democrazia, progresso e socialità ed a riformare un malcostume che è morale e politico; addita alla Nazione la responsabilità di una crisi che non è di società ma di metodo e di istituti e che ricade sui partiti dell'attuale inorganica coalizione governativo – repubblicana, ritiene che una progressiva azione destinata ad accogliere e risolvere il desiderio di giustizia sociale del popolo, debba essere accompagnata da un'opera di educazione politica e di recupero alla democrazia delle masse e nel contempo debba dimostrare la propria intransigenza politica nei confronti di quelle formazioni antinazionali e comuniste che speculano sulle necessità degli umili; auspica un inserimento effettivo della Nazione italiana nella vita internazionale in considerazione non solo della sua consistenza economica ma anche della sua capacità di contribuire alla difesa del mondo e del valore della civiltà occidentale; afferma la necessità della integrazione dei naturali confini nazionali determinati per diritto storico e determinanti per la unità morale e spirituale della Nazione ».

Ho voluto riprodurre anche nel suo testo nobilmente ispirato, idealmente lucido anche se per qualche espressione... grezza, la Mozione approvata in Napoli dopo la sciagurata secessione, per onorare l'apporto delle giovani forze del Partito a consacrarne le ampie generose visioni e per raffrontare ad esse quella che è stata l'azione politico-parlamentare del P.N.M.

L'azione svolta dal Partito Nazionale Monarchico nel Parlamento e nel Paese negli undici anni di sua vita ben può riassumersi - secondo la felice espressione di A. D. Lo Faso - nella fedeltà al carattere mediatore e moderatore dell'Istituto monarchico.


FEDELTA’ NELLA LEGALITA’

Da ciò ha origine il carattere rigorosamente legalitario della battaglia monarchica, in tutte le Assemblee - le amministrative e le politiche - dove il contributo delle competenze, come dei voti, si è ispirato sempre all'interesse nazionale, non chiudendosi il Partito Nazionale Monarchico in irose intransigenze, in cupe e cieche negazioni, mai simulando, mai dissimulando, avvertendo - contro il girellismo - le oneste elasticità della politica, nella sua significazione più alta e più degna.

Contro le avventure, contro il semplicismo, le facilonerie o le torbide insidie il Partito si è sempre schierato né ha mai contrattato appoggi od operato e vendette in spirito fazioso.

« Noi - così ebbe ad esprimersi l'ori. Covelli nella sua relazione di Segretario del Partito nel Decennale della formazione del Partito - ci siamo sempre comportati, fin dalle prime mosse da noi compiute come partito politico, in modo -da non costituire il minimo ostacolo per la formazione della più larga unità anticomunista, di ricostruzione nazionale e di progresso sociale, per il conseguimento di tutte quelle che potevano essere le più ragionevoli e legittime aspirazioni di una politica di centro ». E proprio nel 1956 l'on.le Covelli in un discorso che ben può considerarsi fondamentale - a spiegare il prima e ad illuminare il poi - si esprimeva così: «Non c'è stato campo sul quale non siamo stati pronti ad andare incontro alla Democrazia Cristiana... Noi non possiamo fare a meno di confidare nella democrazia e negli elettori... Queste non sono da parte nostra delle dichiarazioni demagogiche. Se non credessimo nella democrazia e negli elettori non saremmo monarchici. Come potremmo spiegarci altrimenti la Monarchia Costituzionale? Come potremmo esaltare e difendere l'operato di Vittorio Emanuele III e di Umberto II? ».

venerdì 19 ottobre 2012

Noi siamo di più


19/10/2012
di MASSIMO GRAMELLINI

Da oggi ho uno slogan nel cuore che vale più di tutti gli «Yes we can» del mondo. L’ho sentito fiorire sulle labbra di una ragazza napoletana, prostrata dall'assurdità di una sofferenza insostenibile. Si chiama Rosanna Ferrigno, fa la segretaria in uno studio medico e l’altra sera ha dovuto raccogliere sotto casa il cadavere del promesso sposo, crivellato dalla camorra con quattordici proiettili. I camorristi hanno confuso il suo Lino, che stava andando a giocare a calcetto, con uno di loro. La gratuità del crimine e l’estraneità della vittima hanno scosso l’abulia di una città che da troppi secoli sopporta la malavita organizzata come una forma endemica di malaria. Poi è arrivata Rosanna. Non ha pianto in pubblico, non ha insultato le istituzioni, non ha elargito finti e precoci perdoni. Ma l’amore e il dolore le hanno dettato parole decisive: «Non bisogna avere paura dei camorristi. Sono loro che devono avere paura di noi. Noi dobbiamo continuare a uscire per la strada a testa alta. Sono loro che si devono nascondere. Noi siamo di più».  

Noi siamo di più. Non ci avevo mai pensato. Con tutti i nostri difetti - perché ne abbiamo a iosa, sia chiaro - noi siamo di più. Siamo di più dei mafiosi, dei corrotti, dei finanzieri senza scrupoli. Siamo più numerosi di qualunque minoranza coesa che cerchi di dominarci con le armi del potere e della paura. Averne consapevolezza, lo so bene, non basta. Ma è la premessa per svegliarsi dall'incubo e provare a trasformarlo in un sogno. Grazie, Rosanna, per avercelo ricordato. 

giovedì 18 ottobre 2012

Umberto II chiese aiuto ai mafiosi? Un articolo di Storiainrete

Naturalmente noi pensiamo che questa sia un'enorme fesseria. Ma ci piace che i nostri lettori siano bene informati.


Scritto da: Dino Messina alle 21:04 del 15/10/2012

Si è sempre saputo e detto, a parte qualche eccezione, che nel referendum istituzionale del 2 giugno 1946 gli inglesi tifarono per la monarchia e gli americani per la repubblica. Ora il numero in edicola di Storia in rete, il mensile diretto da Fabio Andriola, con un articolo firmato da Michele Vaccaro, porta elementi a favore della tesi di un partito monarchico nelle file americane. Fonte dell'articolista sono le memorie del boss mafioso Nicola Gentile (1885-1966), detto Nick negli Stati Uniti, dove operava quale mediatore di Cosa Nostra tra i boss rivali, ed era per questo sotto stretta sorveglianza dell'Fbi, "zu Cola", "Cola l'Americano" in Sicilia.
Come tutte le fonti mafiose, siano esse interrogatori di pentiti o memoriali di boss, anche questo diario di Nick Gentile è da prendere con le molle, ma tuttavia è da leggere. Sostiene dunque il pezzo da novanta della mafia taloamericana che nel 1946, in vista del referendum istituzionale, fu invitato dal tenente americano Max Brod, dei servizi speciali, ad adoperasi "per appoggiare la monarchia in Sicilia". "Io gli promisi - scrive Zu Cola - che avrei dato tutto l'appoggio possibile, servendomi di tutti gli amici siciliani sui quali avrei potuto fare opera di persuasione". Successivamente Brod avrebbe chiesto a Gentile di coonvolgere anche il Gran Maestro della Massoneria, Pietro di Giunta, a sostenere i monarchici. Lo stesso Umberto II avrebbe chiesto l'intervento di Gentile e nella campagna per il referendum avrebbe interessato l'ammiraglio Garofalo.

[...]

La Bandiera d'Italia sul Kilimangiaro


La Bandiera d'Italia sulla cima del Kilimangiaro a coronare l'impresa di Manfredi Landi di Chiavenna e della sua gentile fidanzata Anna Relic. Le nostre congratulazioni per aver completato la scalata e per aver portato in alto, come merita, la Bandiera che ha fatto la Patria.
Un'impresa da prendere ad esempio!
Grazie Anna e Manfredi!

IL MISTERO - FINI


di Tommaso Francavilla

L’improvvisa e tardiva scoperta della verità pur già ampiamente nota della squallida vicenda della casa di Montecarlo, svenduta ad un prezzo irrisorio da Alleanza Nazionale ad un nebiuloso soggetto dietro il quale si staglia la sagoma del “cognatino” del suo ultimo Presidente, determina innanzitutto un ineludibile dovere di istantanee dimissioni da parte di un soggetto assurto addirittura alla Terza carica dello Stato, ma ormai incontrovertibilmente sospettato di avere anticipato, sia pur in termini più contenuti e con minore imprudenza, una concezione un po’ azzardate delle risorse del proprio Partito. Essa però solleva anche qualche velo sul grande mistero che ha segnato in questi ultimi due anni la politica italiana, ribaltando una legislatura che stava sviluppandosi in termini trionfali per la coalizione maggioritaria di centro-destra in un devastante fallimento finale.
Ripercorrendo la storia di un’improvvisa e totale metamorfosi di quello che stato per sedici anni la colonna più solida dell’alleanza berlusconiana, una sorta di numero 1/bis, cui arridevano ancor più alti destini, di una coalizione di cui aveva fino ad allora semmai interpretato l’anima più intransigente, mi sono tornate alla mente tante storie della Prima Repubblica, che hanno visto svoltare repentinamente a sinistra i personaggi più insospettabili, troppo spesso in concomitanza o in prossimità dell’emergere di qualche scheletruccio nei loro armadi, che la possente capacità manipolatoria della comunicazione comunista, fin da allora accompagnata da crescenti quinte colonne nella Magistratura, poteva seppellire sotto una montagna di oblio o disseminare di un oceano di fango, con conseguenze rispettivamente salvifiche o letali per l’interessato. L’ultimo caso era stato quello di un Presidente della Repubblica che, dopo avere trascorso un’intera vita in una condizione di quasi - isolamento all'estrema destra di una DC che scivolava sempre più a sinistra, all'improvviso - dopo un drammatico “non ci sto” a reti unificate - divenne un’icona tanto intoccabile quanto trombonesca della sinistra più chiusa e più rabbiosa. 
Di qui un amaro sospetto su quali baratti, se non su quali ricatti, si siano in questi anni di sfascio italiano rette da un lato una svolta politica totalmente proditoria nei confronti del mandato dal Popolo Sovrano, dall'altro la permanenza al di là di ogni decenza sullo scranno della Terza Carica dello Stato di un occupante fazioso ed astioso che ha così comunque alacremente contribuito al discredito complessivo delle Istituzioni e della politica. 
Peccato però per il povero signor Tulliani che egli - nella sua sostanziale ignoranza - non abbia letto un testo fondamentale per comprendere l’intero Novecento, che è il “che fare?” di Lenin del 1909, che ha insegnato ai suoi eredi a lusingare ed a retribuire anche generosamente finché servono gli “utili idioti” che si prestino alla causa del loro potere, a spremerli senza scrupoli finché non servono più ed a scaricarli senza pietà quando sono diventati inutili ed ingombranti, non senza lo sputo in faccia di un meritatissimo disprezzo. Abbiamo appreso che gli ‘ndranghetisti” li chiamano “pisciaturi”. 
Io riuscirei ad essere anche più volgare.

martedì 16 ottobre 2012

Il Partito Nazionale Monarchico - V parte


LE PRIME BATTAGLIE

Il Partito Nazionale Monarchico nacque, come abbiamo visto, nel giugno del 1946, all'indomani del referendum istituzionale, in seguito ai nuovi orientamenti assunti dal Partito Democratico Italiano che fino allora aveva guidato la battaglia monarchica e che dopo qualche settimana si fondeva - come risulta dal Quaderno del Movimento Giovanile del Partito Nazionale Monarchico col Partito Liberale.

Segretario Generale fu subito nominato l'on. Alfredo Covelli, giovane parlamentare avellinese che già aveva partecipato alla battaglia politica per il referendum e per la Costituente nelle file della Concentrazione Democratico-Liberale del sen. Bergamini.

Pochi mesi dopo la sua costituzione il Partito Nazionale Monarchico ebbe «il battesimo del fuoco» in occasione delle elezioni amministrative di Napoli (autunno del 1946). Tredici Consiglieri eletti nelle liste di « Stella e Corona » rappresentavano il primo di una lunga serie di successi elettorali. Poco dopo l' elezione del monarchico Giuseppe Bonocore alla carica di Sindaco coronava la prima vittoriosa battaglia del giovane Partito.

Durante tutto il 1947 il Partito Nazionale Monarchico irrobustì la propria organizzazione, partecipò alle elezioni amministrative in vari Comuni tra i quali Roma, e parve particolarmente augurale il successo che poi segui in Fasano che voglio ricordare perché da quella affermazione nacque alla storia del Partito un Sindaco-donna: la on. Maria Chicco Bianchi, poi Deputato al Parlamento. Sempre nel 1947- giugno - il Partito Nazionale Monarchico riportò una netta affermazione nelle elezioni regionali siciliane.

La partecipazione alle elezioni politiche del 1948 segnò un nuovo successo del Partito Nazionale Monarchico. Le liste di Stella e Corona ottennero 14 seggi con quasi 800.000 voti, circa 100.000 in più di quelli riportati nel 1946 dal « Blocco Nazionale della Libertà » che raccoglieva allora tutte le forze monarchiche militanti.

Le elezioni sarde del 1949 rappresentarono una tappa memorabile nella cronaca della battaglia monarchica. Il Partito Nazionale Monarchico, infatti, conquistava 66.000 voti contro gli 8.000 delle politiche dell'anno precedente alla fine di una serrata e coraggiosa battaglia.

Le elezioni amministrative del 1951 segnarono nuovi successi: il Partito Nazionale Monarchico conquistava la maggioranza in un capoluogo di provincia (Lecce), aumentava il numero dei propri deputati regionali in Sicilia ed entrava in quella Giunta Regionale, triplicava in Milano i voti del 1948 assicurando due seggi ai suoi candidati. Buone affermazioni si registravano in parecchie città tra le quali Roma e Palermo.

IL 1953

La campagna elettorale politica del 1953 per l'elezione alla Camera e al Senato, vide il Partito Nazionale Monarchico impegnato in una grossa battaglia. Combattuto con ogni mezzo dal partiti della maggioranza governativa che contro di esso, più ancora che contro i socialcomunisti rivolsero tutti i grossi calibri della loro massiccia propaganda, il Partito Nazionale Monarchico riportava un grande successo. Coi voti di «Stella e Corona» entravano alla Camera quaranta deputati e in Senato sedici senatori. I voti raccolti furono oltre 1.800.000. E il Settentrione d'Italia - che sembrava e si voleva chiuso alla riscossa monarchica - mandava in Parlamento due Deputati ed un Senatore.

giovedì 11 ottobre 2012

ASSEMBLEA COSTITUENTE MONARCHICA




PROGETTO UNITARIO DEI MONARCHICI ITALIANI
ASSEMBLEA COSTITUENTE MONARCHICA
13 OTTOBRE 2012 ORE 9,30 - 19,30
SALA OLIMPO, HOTEL de la MINERVE
PIAZZA DELLA MINERVA N. 69 - ROMA




- Inizia con noi la controrivoluzione tranquilla per abbattere un sistema che ha istituzionalizzato la corruzione e diffuso l’insicurezza.
- Non è importante cambiare maggioranza: è importante cambiare sistema. Ripensare lo Stato e porre un freno ad una super Europa di tecno-burocrati che fanno gli affari loro e colpiscono i risparmi delle famiglie.
- Per dire basta ai privilegi di una classe politica che non rinuncia a nulla ma non garantisce lavoro e futuro.
- Per dire basta ad un sistema che vede sviluppare la miseria e la povertà, la disoccupazione e i suicidi a causa di un fisco esoso e incontrollato: le tasse debbono colpire i redditi,
mai la proprietà in quanto tale.
- Per difendere la nostra identità nazionale e quella delle Comunità locali, contro la globalizzazione e i poteri forti dell’economia mondialista.
- Per porre la famiglia al centro della Società ed attuare una politica di aiuti finanziari a favore di chi si occupa di anziani e bambini in modo sussidiario allo Stato.
- Per pretendere sicurezza nei posti di lavoro: l’Italia, in Europa, ha il numero maggiore di incidenti sul lavoro. I salari più bassi e i contributi più alti.
- Per restituire l’Italia agli Italiani e ricreare un collegamento tra il popolo e la politica:
basta alle liste bloccate volute per defraudare il popolo dei propri diritti di scelta.

PER PROPORRE LA MONARCHIA COME PROGETTO POLITICO A “CORONAMENTO” DI UN VASTO PROGRAMMA DI RINNOVAMENTO ISTITUZIONALE, SOCIALE ED ECONOMICO.

Roberto Vittucci Righini, Gian Piero Covelli, Andrea di Gropello, Angelo Novellino, Massimo Mallucci, Antonio Buccioni, Alberto Claut, Franco Ceccarelli, Lorenzo Beato, Ugo D’Atri.

NOI VOGLIAMO SCENDERE IN CAMPO, UNISCITI A NOI!