di Tommaso Francavilla
Ripercorrendo la storia di un’improvvisa e totale metamorfosi di quello che stato per sedici anni la colonna più solida dell’alleanza berlusconiana, una sorta di numero 1/bis, cui arridevano ancor più alti destini, di una coalizione di cui aveva fino ad allora semmai interpretato l’anima più intransigente, mi sono tornate alla mente tante storie della Prima Repubblica, che hanno visto svoltare repentinamente a sinistra i personaggi più insospettabili, troppo spesso in concomitanza o in prossimità dell’emergere di qualche scheletruccio nei loro armadi, che la possente capacità manipolatoria della comunicazione comunista, fin da allora accompagnata da crescenti quinte colonne nella Magistratura, poteva seppellire sotto una montagna di oblio o disseminare di un oceano di fango, con conseguenze rispettivamente salvifiche o letali per l’interessato. L’ultimo caso era stato quello di un Presidente della Repubblica che, dopo avere trascorso un’intera vita in una condizione di quasi - isolamento all'estrema destra di una DC che scivolava sempre più a sinistra, all'improvviso - dopo un drammatico “non ci sto” a reti unificate - divenne un’icona tanto intoccabile quanto trombonesca della sinistra più chiusa e più rabbiosa.
Di qui un amaro sospetto su quali baratti, se non su quali ricatti, si siano in questi anni di sfascio italiano rette da un lato una svolta politica totalmente proditoria nei confronti del mandato dal Popolo Sovrano, dall'altro la permanenza al di là di ogni decenza sullo scranno della Terza Carica dello Stato di un occupante fazioso ed astioso che ha così comunque alacremente contribuito al discredito complessivo delle Istituzioni e della politica.
Peccato però per il povero signor Tulliani che egli - nella sua sostanziale ignoranza - non abbia letto un testo fondamentale per comprendere l’intero Novecento, che è il “che fare?” di Lenin del 1909, che ha insegnato ai suoi eredi a lusingare ed a retribuire anche generosamente finché servono gli “utili idioti” che si prestino alla causa del loro potere, a spremerli senza scrupoli finché non servono più ed a scaricarli senza pietà quando sono diventati inutili ed ingombranti, non senza lo sputo in faccia di un meritatissimo disprezzo. Abbiamo appreso che gli ‘ndranghetisti” li chiamano “pisciaturi”.
Io riuscirei ad essere anche più volgare.
Nessun commento:
Posta un commento