NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

lunedì 30 maggio 2016

"Il Re tra 10 anni sul trono al Quirinale"

IL FUTURO DEI PARTITI

La previsione del presidente dell’Unione monarchica italiana: "Repubblica in agonia. No al referendum, i Savoia torneranno"


«A 70 anni dal referendum, i monarchici riemergono dalle catacombe e tornano a dire la loro». A partire dal n al referendum costituzionale promosso dal governo Renzi la cui riforma delle istituzioni da queste parti è considerata pericolosa «perché stravolge la Carta e annichilisce il Senato».
È gremita la sala dell’Hotel Massimo D’Azeglio – dopo lo «sfratto», con tanto di incidente diplomatico, dalla Casa dell’Aviatore – per la convention «70 anni di Repubblica: mandiamola in pensione! È viva la Monarchia». A parlare è Alessandro Sacchi, presidente dell’Unione monarchica italiana e animatore di quel «monarchismo 2.0», che intende la causa non come retaggio nostalgico ma come il percorso per l’avvento di un «nuovo risorgimento», tanto che a proposito lancia una promessa: «Tra dieci anni tornerà la monarchia».
In sala – tra un «W il Re, W l’Italia», i banchetti con i libri e tanti nastrini reali azzurri come spilletta – la celebrità è il principe Aimone di Savoia-Aosta, attuale amministratore delegato della Pirelli in Russia e figlio di Amedeo di Savoia erede al trono sostenuto dall’Umi, di cui ha portato il saluto, che ha ricordato «l’attaccamento della famiglia all’Unione monarchica». Tra i politici presenti vi erano l’ex ministro Giulio Terzi di Sant’Agata, Daniele Capezzone, Cinzia Bonfrisco («È stata sprecata un’occasione», ci spiega riguardo la mancata revisione dell’articolo 139 della Costituzione) e Maurizio Gasparri, mentre tra i relatori - sotto il busto vigile di Vittorio Emanuele II – è l’ex senatore di An Giuseppe Basini, luminare dell’astrofisica, ad attaccare le riforme-pasticcio di Renzi citando Thomas Jefferson, il teorico della costituzione come «vincolo del potere», che «non avrebbe mai avallato né le forzature viste all’epoca del referendum, con l’anticipo della data per impedire il voto dei prigionieri di guerra e la proclamazione dei risultati fatta al posto della Cassazione per non far discutere i ricorsi, né quelle più recenti del 2016, col tentativo di Renzi di creare una sola camera e asservita al governo e composta in gran parte da nominati».
Settant’anni dopo quelli che definiscono i «brogli» del referendum sulla repubblica del 2 giugno 1946, insomma, i monarchici italiani sono convinti che sia giunto, se non il momento del redde rationem, per lo meno il momento di un’applicazione ampia del concetto costituzionale di libertà. A partire dalla rimozione del tabù chiamato, appunto, «monarchia». Lo fanno snocciolando alcuni concetti: prima di tutto citando i dieci Paesi «dove grazie alla monarchia le cose, anche in termini economici, funzionano benissimo». E poi con un termine di paragone: «Accostare il concetto di democrazia alla repubblica è da falsari. Ci sono molte repubbliche che hanno al vertice un despota. Non si può assolutamente dire la stessa cosa per le monarchie». Tra le richieste più gettonate in sala, poi, vi è il ritorno in Italia delle salme dei re: «Va fatto entro il 2018, anniversario della vittoria – spiegano dal tavolo - C’è il Pantheon di Roma che li sta aspettando. E allo Stato italiano non costerebbe nulla», dato che sarebbe la casata ad occuparsi delle spese.
Ma è la revisione dell’articolo 139 della Costituzione - quello che recita «La forma repubblicana dello Stato non può essere oggetto di revisione costituzionale» - la cosa che qui sta politicamente più a cuore: «Libereremo tutti i tabù – spiega Sacchi a Il Tempo - A partire dall’abrogazione dell’articolo 139, tramite l’articolo 138: è intollerabile che in una democrazia parlamentare ci sia una così forte soppressione della volontà popolare». Anche perché, a proposito di volontà popolare, per i monarchici oggi c’è un pericolo da scongiurare. «La costituzione non è un tabù – continua ancora il presidente - ma decidere di cambiare le regole mentre il gioco è in corso è singolare. I colpi di mano possono diventare colpi di stato. Tutto ciò fatto da un governo espressione di un parlamento che non è lo stesso che è stato eletto è una forzatura che sfiora il colpo di Stato».
E che il ritorno delle teste coronate al vertice del Paese non sia una boutade il leader dei monarchici lo spiega così: «È nei fatti che la Repubblica è in agonia. Per questo dovranno trovare una soluzione che accomuni tutti. E qui si può riproporre lo stesso percorso del Risorgimento, con una guida morale terza e imparziale...». Per caso si pensa a uno dei Savoia presente in sala? «Non lo dico io, lo dice Padre Pio (il santo, in una profezia, avrebbe predetto il ritorno del Re in Italia, ndr). Lo dice uno più autorevole di me…». Lui ciò lo ribadisce ridendo, ma non troppo.
Antonio Rapisarda

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