Un po’ André Malraux, senza la vena del grande scrittore; nobile per lignaggio, classe 1915, guascone nella vita e al tempo stesso gentiluomo di antico stampo, sensibile alla regola e alla sostanza
Ci sono personaggi della nostra
storia recente che in virtù di una egemonia culturale e politica a lungo
imperante sono stati relegati in dei margini, e ingabbiate in “marginalità” che
sono ingiuste; e che sarebbe tempo di riconsiderare, nei loro pregi che ci
sono, nel loro “fare” che non bisogna cancellare, e certo, avendo cura di
pesare limiti, errori, sbandate. Ma comunque vanno strappati dalla
cancellazione, e sottoposti al vaglio critico senza pregiudizi; e questo perché
persone, questioni, avvenimenti, fatti, bisogna valutarli per quello che
effettivamente sono stati, e non per quello che si desidera siano. Uno di
questi personaggi, per capirci, è Randolfo Pacciardi,leggendario combattente
delle Brigate Garibaldi che lotta strenuamente contro il golpista Franco, negli
anni della tremenda guerra civile in Spagna; nel dopo-guerra parlamentare
costituente, ministro degli Esteri, segretario del Partito Repubblicano, infine
per decenni relegato ai margini della vita politica, isolato e accusato di ogni
infamia per la sua netta opzione a favore del regime presidenziale modello
Stati Uniti d’America; e infine, ultranovantenne, “riabilitato” e riammesso in
quel PRI da cui era stato espulso. Sarà il caso, prima o poi, di tracciarne un
ritratto, con il conforto di un’ancora interessante libro-intervista ormai
introvabile, quel “Cuore da battaglia” curato da Giuseppe Loteta quasi
trent’anni fa, per le edizioni del Gallo.
Un altro personaggio (che non per
caso spesso si intreccia con le vicende, i luoghi, e il “fare” di Pacciardi), è
Edgardo Sogno. Anche lui intrigante: un po’ André Malraux, senza averne la vena
del grande scrittore; nobile per lignaggio, classe 1915, guascone nella vita e
al tempo stesso gentiluomo di antico stampo, attentissimo e sensibile alla
regola e alla sostanza.
Edgardo Sogno Rata del Vallino
(questo il nome completo), sabaudo fino al midollo, tre lauree (giurisprudenza,
scienze politiche, lettere), negli anni del fascismo è ufficiale di cavalleria:
partecipa alla guerra di Spagna, ma lui, a differenza di Pacciardi, combatte
con le milizie franchiste. Poi, anni dopo, lo troviamo a capo di una formazione
partigiana autonoma, liberale e monarchica, la “Franchi”; salva la vita a uno
dei padri della Repubblica, Ferruccio Parri e viene insignito della Medaglia
d’oro al valore militare.
Dichiaratamente liberale e
monarchico lo troviamo a fianco di quanti si oppongono ai rigurgiti del
neo-fascismo nostalgico, ma ancor più mobilitato contro i comunisti: «Sono
contro tutte le dittature, nere o rosse che siano», il suo motto e il suo
credo. Membro della Consulta in rappresentanza del Partito Liberale, con Angelo
Marigliano fonda Il Corriere Lombardo; si batte, nei giorni del referendum a
favore della monarchia, poi entra in diplomazia: Parigi, Washington, Buenos
Aires, Rangoon.
Un anticomunismo dichiarato,
esplicito; accompagnato da un giudizio severo sulla Repubblica “nata dalla
Resistenza” che lui, grande ammiratore di De Gaulle, giudicava un qualcosa di
avvelenato dalla presenza dei comunisti e dal pavido cedimento dei liberali.
Nel 1954 Mario Scelba diventa presidente del Consiglio. Sogno viene richiamato
in Italia per organizzare il movimento“Pace e Libertà”, finanziato dal
ministero dell’Interno. Sollecitato, molti anni dopo a spiegarne le ragioni,
Scelba racconta che si tratta di “un presidio democratico per difendere
l’Italia dai pericoli dello stalinismo”. In quel periodo i collaboratori
diretti di Sogno sono Luigi Cavallo, ex giornalista dell’“Unità” che con una
piroetta di centottanta gradi passa all’anticomunismo più acceso; e un altro
“ex”, Roberto Dotti, già capo dell’ufficio quadri del PCI a Torino.
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