NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

giovedì 5 maggio 2016

Edgardo Sogno, l’estremista liberale

Un po’ André Malraux, senza la vena del grande scrittore; nobile per lignaggio, classe 1915, guascone nella vita e al tempo stesso gentiluomo di antico stampo, sensibile alla regola e alla sostanza



Ci sono personaggi della nostra storia recente che in virtù di una egemonia culturale e politica a lungo imperante sono stati relegati in dei margini, e ingabbiate in “marginalità” che sono ingiuste; e che sarebbe tempo di riconsiderare, nei loro pregi che ci sono, nel loro “fare” che non bisogna cancellare, e certo, avendo cura di pesare limiti, errori, sbandate. Ma comunque vanno strappati dalla cancellazione, e sottoposti al vaglio critico senza pregiudizi; e questo perché persone, questioni, avvenimenti, fatti, bisogna valutarli per quello che effettivamente sono stati, e non per quello che si desidera siano. Uno di questi personaggi, per capirci, è Randolfo Pacciardi,leggendario combattente delle Brigate Garibaldi che lotta strenuamente contro il golpista Franco, negli anni della tremenda guerra civile in Spagna; nel dopo-guerra parlamentare costituente, ministro degli Esteri, segretario del Partito Repubblicano, infine per decenni relegato ai margini della vita politica, isolato e accusato di ogni infamia per la sua netta opzione a favore del regime presidenziale modello Stati Uniti d’America; e infine, ultranovantenne, “riabilitato” e riammesso in quel PRI da cui era stato espulso. Sarà il caso, prima o poi, di tracciarne un ritratto, con il conforto di un’ancora interessante libro-intervista ormai introvabile, quel “Cuore da battaglia” curato da Giuseppe Loteta quasi trent’anni fa, per le edizioni del Gallo.

Un altro personaggio (che non per caso spesso si intreccia con le vicende, i luoghi, e il “fare” di Pacciardi), è Edgardo Sogno. Anche lui intrigante: un po’ André Malraux, senza averne la vena del grande scrittore; nobile per lignaggio, classe 1915, guascone nella vita e al tempo stesso gentiluomo di antico stampo, attentissimo e sensibile alla regola e alla sostanza.
Edgardo Sogno Rata del Vallino (questo il nome completo), sabaudo fino al midollo, tre lauree (giurisprudenza, scienze politiche, lettere), negli anni del fascismo è ufficiale di cavalleria: partecipa alla guerra di Spagna, ma lui, a differenza di Pacciardi, combatte con le milizie franchiste. Poi, anni dopo, lo troviamo a capo di una formazione partigiana autonoma, liberale e monarchica, la “Franchi”; salva la vita a uno dei padri della Repubblica, Ferruccio Parri e viene insignito della Medaglia d’oro al valore militare.

Dichiaratamente liberale e monarchico lo troviamo a fianco di quanti si oppongono ai rigurgiti del neo-fascismo nostalgico, ma ancor più mobilitato contro i comunisti: «Sono contro tutte le dittature, nere o rosse che siano», il suo motto e il suo credo. Membro della Consulta in rappresentanza del Partito Liberale, con Angelo Marigliano fonda Il Corriere Lombardo; si batte, nei giorni del referendum a favore della monarchia, poi entra in diplomazia: Parigi, Washington, Buenos Aires, Rangoon.

Un anticomunismo dichiarato, esplicito; accompagnato da un giudizio severo sulla Repubblica “nata dalla Resistenza” che lui, grande ammiratore di De Gaulle, giudicava un qualcosa di avvelenato dalla presenza dei comunisti e dal pavido cedimento dei liberali. Nel 1954 Mario Scelba diventa presidente del Consiglio. Sogno viene richiamato in Italia per organizzare il movimento“Pace e Libertà”, finanziato dal ministero dell’Interno. Sollecitato, molti anni dopo a spiegarne le ragioni, Scelba racconta che si tratta di “un presidio democratico per difendere l’Italia dai pericoli dello stalinismo”. In quel periodo i collaboratori diretti di Sogno sono Luigi Cavallo, ex giornalista dell’“Unità” che con una piroetta di centottanta gradi passa all’anticomunismo più acceso; e un altro “ex”, Roberto Dotti, già capo dell’ufficio quadri del PCI a Torino.

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