NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

venerdì 20 maggio 2016

Il primo giorno di Regno dell'ultimo Sovrano d'Italia


di Giovanni Semerano


articolo pubblicato su "Il Tempo" , 10 Maggio 1976


Giovanni Semerano è stato collaboratore del Ministro della Real Casa Falcone Lucifero fin dai giorni del referendum istituzionale del 1946 e, successivamente, per molti anni il suo Capo Ufficio Stampa.  Dirigente del FMG e poi dell'UMI, esponente del PNM e del PMP, Direttore della rivista "Monarchia Nuova", Semerano venne eletto Segretario Generale del'UMI al X Congresso, nel 1984, e lo rimase fino al 2004 quando fu nominato Presidente Onorario.
Giornalista de "Il Tempo" durante le direzioni di Angiolillo e di Letta, è autore di numerose pubblicazioni tra le quali, insieme a Camillo Zuccoli, "Dalla parte del Re, la verità sul referendum istituzionale" del 1996, e "Il Re che abbiamo nel cuore" del 1998.


In occasione del 70mo del referendum che, con la truffa romitiana, privò l'Italia del Re, Semerano pubblicherà i ricordi della sua lunga collaborazione col Ministro Lucifero.


Il nove, Vittorio Emanuele III nella Villa Rosebery di Napoli, aveva abdicato in favore del Principe di Piemonte - Il giorno dopo, il nuovo Re e la Regina Maria Josè si mostrarono alla folla dal balcone del Quirinale.
Martin Moore sul Daily Telegraplh scriveva: l'abdicazione e l'avvento del nuovo Re, con una Regina popolare e una famiglia di attraenti bambini, hanno dato impulso all'entusiasmo monarchico. E' il dieci maggio 1946. Il giorno prima Umberto di Savoia, Luogotenente del Regno, diventava Re d'Italia. Chi era il nuovo Re? Rievochiamo l'immagine attraverso i giudizi e i documenti dell'epoca.

L'Italia usciva sconfitta da una guerra e già i politici rivendicavano la lotta al fascismo attraverso i giorni della Resistenza dimenticando il contributo decisivo alla lotta democratica dato dalla Monarchia e dalle nuove forze armate italiane che, dal Regno del Sud, combatterono a fianco degli alleati contro fascisti e tedeschi.

Umberto di Savoia riuscì nell'intento di ottenere dai comandi anglo-americani che le nostre truppe entrassero in azione. Egli visse quella pagina di storia italiana continuamente tra i soldati la cui opera fu sempre generosa, spesso feconda di risultati e il più delle volte rimasta oscura.

L'apporto dell'Esercito regolare alla liberazione fu sempre ostacolato non soltanto dai partiti di sinistra ma anche dagli alleati che preferirono fare concentrare l'attenzione della stampa e della propaganda sulle formazioni partigiane che - dobbiamo ricordarlo - ebbero origine nei reparti militari disciolti e furono largamente condotte da ufficiali monarchici del Regio Esercito.  

Testimonianza dell'ostilità dei socialisti e delle sinistre è la lettera aperta a Togliatti indirizzata dal Generale Messe nel corso di una polemica provocata dal leader comunista.

“Basterà ricordare che il Primo Raggruppamento del Regio Esercito - scriveva il Generale Messe - entrò in linea nel dicembre 1943, il Corpo italiano di liberazione fu costituito nel marzo 1944 e i cinque Gruppi di combattimento furono autorizzati nell'agosto successivo. Tutte tappe della nostra cobelligeranza faticosamente raggiunte attraverso una assillante opera di persuasione presso gli Alleati diffidenti e contrari, mentre io occupavo il posto di Capo di Stato Maggiore Generale che tenni fine alla fine della guerra”.

“E lo tenni, si badi bene, alle dipendenze del Maresciallo Badoglio Capo del Governo, fino alla liberazione di Roma, e alle dipendenze dell'Onorevole Bonomi, dopo il giugno 1944, quando l'Onorevole Palmiro Togliatti era membro eminente del Governo dei sei partiti”.

“In quell'epoca - prosegue il Generale Messe - l'azione iconoclasta contro l'Esercito era al suo massimo sviluppo presso i partiti di sinistra e rendeva estremamente difficile l'opera di ricostruzione, tanto che fui costretto a richiamare l'attenzione del Governo”.

Umberto prese parte personalmente alle principali azioni belliche in cui furono impegnate le nostre truppe. Nel dicembre 1943 era a Monte Lungo; trascorse il Natale a San Vittore con le salmerie italiane che portavano viveri sulle posizioni dell'Appennino; nell'Aprile 1944 era con gli artiglieri a Monte Marrone.

Sul fronte di Cassino, alla vigilia di un attacco alle linee tedesche al quale doveva partecipare una nostra unità poiché il Comando alleato cercava un ufficiale italiano per compiere una ricognizione aerea nella zona che avrebbe dovuto essere teatro di battaglia, si offrì di effettuarla egli stesso. A bordo di un piccolo velivolo volò a bassissima quota fatto segno alla reazione antiaerea, riportando cruciali notizie sull'ammassamento dei carri armati tedeschi e sulle condizioni della viabilità.

In considerazione della parte avuta da Umberto nella Guerra di liberazione il Comando della V Armata propose al Comando Generale di Caserta il conferimento di un'alta decorazione al Principe di Piemonte. Il Governo De Gasperi fece presente che la concessione di una decorazione al valore ad Umberto poteva essere interpretata come un atto di simpatia politica degli americani per la causa monarchica; e così non se ne fece niente.

Un ritratto del nuovo Re lo troviamo tra le impressioni ricevute, in occasione di una intervista, dal giornalista americano Albert Matthews: “Umberto pensa che il Re dovrebbe esercitare i suoi poteri in modo da garantire un governo del popolo, espressione della volontà del popolo e che lavori per il bene del popolo secondo la classica concezione di Lincoln”.

«Da quanto ho inteso parlando con lui - prosegue Matthews - Umberto ha come meta una monarchia liberale democratica. Ha studiato seriamente i problemi italiani. Non ha illusioni sul doloroso avvenire né sulle difficoltà che Casa Savoia dovrà affrontare per mantenersi al di sopra delle onde, nei mesi tempestosi».

«Senza dubbio si ha la chiara impressione di un uomo che ha un programma e sa per cosa combatte. A mio giudizio - conclude Matthews - i repubblicani hanno un avversano più forte di quel che immaginano».

La stampa inglese si espresse invece con giudizi negativi o severi. Il Daily Telegraph scrisse: «Nulla, nella sua carriera, suggerisce che egli stia per diventare un Sovrano migliore del Padre». Il Daily Mail: «E' stato descritto come un uomo ambizioso ma di forte mente». Il Daily Herald: «Pieno di tatto, modesto, imparziale, come Luogotenente si conciliò persino alcune simpatie delle sinistre, ma dal momento dell'abdicazione egli è sulla linea del fuoco e le sinistre lo attaccano con violenza».

Enzo Selvaggi da Radio Roma, l'11 maggio 1946, diceva che «il giovane Re raccoglie in sé l'esperienza e il dolore di quest'ultimo tragico periodo della nostra storia. Il dolore è una grande scuola. Per tutti».

Il 9 maggio 1946 Vittorio Emanuele III, dopo 46 anni di Regno, aveva steso la rinuncia al trono. «Abdico alla Corona d'Italia In favore di mio figlio Umberto di Savoia Principe di Piemonte. Vittorio Emanuele. Napoli 9 maggio 1946». Nella Villa Rosebery ribattezzata Maria Pia, il notaio di fiducia, Angrisani, raccolse l'atto più importante della sua vita. Il Re scrisse di suo pugno la formula che era la stessa di quella adottata nell'abdicazione di Carlo Alberto. Vittorio Emanuele IIl sbagliò la data che poi corresse egli stesso segnando con un grosso nove.

Umberto era giunto a Napoli con l'aereo personale dell'ammiraglio Stone essendo il suo in riparazione. E fu lo stesso Stone la prima persona che si rivolse ad Umberto chiamandolo «Vostra Maestà» subito dopo l'atto di abdicazione del padre.

Umberto Re d'Italia tornò a Roma la stessa sera del 9 maggio. Il 10 maggio una grande manifestazione popolare salutò il nuovo Sovrano al balcone del Palazzo del Quirinale.

Il Re e la Regina apparvero più volte al balcone sul quale era stata distesa per la prima volta, in luogo del tradizionale tappeto rosso, una grande Bandiera con le stemma sabaudo.

Iniziava così il primo giorno di Regno dell'ultimo  Re di Casa Savoia.

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