NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

venerdì 27 gennaio 2012

Il martirio di Mafalda I parte

dal supplemento al numero 97 di "Italia Nuova" del 24 Aprile del 1946




Non sono ancora trascorsi due anni dalla tragica fine di Mafalda di Savoia: due anni densi di avvenimenti e di dolori, di speranze e di rinascite. Le ferite inflitte alla nostra gente infelice e coraggiosa dolgono ancora.


Non sono ancora trascorsi due anni e la nobile figura di questa, dolce, comprensiva, caritatevole Principessa è già diventata un personaggio leggendario. Ella che possedeva il grande dono di saper accostarsi al suo popolo con trepido cuore di sorella è scomparsa, silenziosamente, lontana dal suo popolo, in terra straniera. La sua ultima espressione di vita è stata un sorriso: un sorriso mesto che perdonava ai colpevoli, un sorriso tenero rivolto ai figli ch'Ella non avrebbe più riveduto.


Quando la radio ed i giornali diffusero le prime notizie sul tragico avvenimento un'incredulità dettata dalla speranza cercò di annullare la realtà. Non poteva, non doveva esser vero. Il popolo Italiano è profondamente buono: si lascia, talvolta, ammalare da un'inquietudine che può anche fargli commettere atti che non gli somigliano. Ma si rivela sensibile dinnanzi al dramma, rispetta il dolore, sa dimostrarsi degno delle sue tradizioni e della sua civiltà. E questo dramma feriva il cuore di una Madre amorosa e lontana, questo dramma rubava a quattro figli lontani una tenera Madre.


Tragico ed immeritato destino quello di Mafalda di Savoia.


Questa Creatura fragile, sensitiva, devota alla famiglia, innamorata della bellezza e dell'arte, semplice ed intelligente, questa Creatura che avrebbe voluto poter vivere una vita armoniosa ed appartata, questa Creatura che sapeva dimenticare se stessa, sempre, pur di non privare gli « altri  del suo sorriso e della sua comprensione, questa Creatura che sapeva e voleva trasformare i suoi diritti in altrettanti doveri, è morta sola, desolatamente sola, dopo di aver sofferto ora per ora, attimo per attimo, il suo martirio, con una serenità veramente stoica.


Dimentichiamo, per un attimo, i suoi privilegi regali. Dimentichiamo, per un attimo, la Principessa Sabauda per meglio conoscere ed apprezzare Mafalda, donna Italiana. Possiamo esserne fieri. Possiamo venerare la Sua memoria come veneriamo la nostra Bandiera.


Chi ha vissuto lungamente all'estero conosce il brivido di commossa emozione che suscita, ogni volta, la visione e del nostro Tricolore. La bandiera ha il profumo delle zolle della Nostra Terra, racchiude la Nostra Storia, ci ricorda il nostro "ieri"  e ci agguerrisce per il nostro domani. A pochi è concesso il privilegio di poterlo rappresentare, di elevarsi da Uomo a Simbolo, da materia ad ideale. Questo privilegio è stato concesso a Mafalda, Donna Sabauda, Donna Italiana.


Inchiniamoci dinnanzi a Mafalda Donna, a Mafalda Simbolo.


La vita, soprattutto l'inquieta e faticosa vita di oggigiorno che non rispetta nemmeno la legge di riposo dettata dal tramonto, è generosa dispensatrice di spunti di romanzo. Se per noi, Italiani, la memoria di Mafalda di Savoia non fosse sacra, la sua breve ed intensa, luminosa e tragica esistenza terrena potrebbe dare ali alla fantasia di drammaturghi e romanzieri. Limitiamoci a ricordare la soave Principessa. Non è necessaria l'eco degli "altri" , per valorizzare la sua voce che ora, purtroppo, tacerà per sempre. La sua personalità è stata così schietta e così intensa, così soave e così eroica da imporsi non soltanto al popolo nostro ma ai poeti, agli uomini sensibili di tutto il mondo. Ricerchiamola, piuttosto, nella sua infanzia, nella sua adolescenza, seguiamola, piuttosto, con cuore commosso nel suo calvario. Essa non ha bisogno di pubblicità, sia pure una pubblicità artistica e devota, per passare alla storia.

Mafalda Maria Elisabetta Anna Romana Savoia Carignano nacque a Roma il 19 novembre 1902. Sin dai primi anni Ella sì rivelò la meno robusta fra i figli di Vittorio Emanuele III. Mentre il fratello e le sorelle godevano la loro infanza vivace e sana correndo e galoppando per i viali di Sant'Anna di Vaidieri e di San Rossore, quest'Augusta bambina dimostrava un carattere raccolto e taciturno, carattere che contrastava con i suoi anni e la posizione privilegiata che le aveva concesso il Destino, Forse, sulle creature sensitive sovrasta la nube del presentimento. Forse la tragica fine aleggiava già su di Lei come una ombra che le vietava di godere spensieratamente la sua giovinezza. Mesta, non triste: vibrante come le corde dell'arpa ch'Ella suonava, armoniosa nei gesti e nella voce. La sua raffinata sensibilità poteva, a tratti, farla sembrare quasi timida. Non desiderava imporsi e s'imponeva. Aveva ereditato dall'Augusta Nonna Margherita un fascino che la rendeva diversa da tutte le altre: la medesima dolcezza, la medesima comprensione, la medesima umanità espressa attraverso atti pietosi parole buone, sorrisi che riuscivano a lenire ferìte, a ridare la serenità perduta.

VICINA AL SUO POPOLO


Ogni mattina, nella quiete di Villa Pollisena, Mafalda leggeva con cuore attento e commosso le tante lettere inviatele da gente povera e sconosciuta: suppliche, voci che varcavano il cancello, infrangevano le barriere sociali per giungere sino a lei, le ascoltava tutte: queste voci echeggiavano nel suo cuore: voci dì vecchi, di malati voci d poveri infelici che si rivolgevano ad Essa con commovente fiducia, con la certezza di essere ascoltate. Nessuno era deluso E questa comprensione che diventava di giorno in giorno più profonda e più miave, questo spirito di sacrificio che si trasformava in un piacere d'offerta erano senza dubbio le caratteristiche più salienti dell'Augusta Principessa.

Ella prediligeva la semplicità: ella amava soprattutto accostarsi al suo popolo, avvicinarlo, conoscerne il volto più malinconico e povero. Usciva spesso a piedi: appena scoppiata la guerra volle rinunziare alla sua automobile Non cedeva dinnanzi alla stanchezza fisica, non evitava le lunghe camminate i « tram » zeppi di gente, gli strapazzi: tutto le diventava lieve pur di poter recare il suo sorriso ed i suoi doni, pur di poter pronunziare la parola che rincuora compiere un gesto di carità verso i feriti e gli ammalati prigionieri in una candida corsia d'ospedale pur di poter accarezzare dei bimbi abbandonati, pur di assolvere la missione ch'Ella si era scelta con una costanza ed un'abnegazione veramente ammirevoli.

In un quartiere popolare di Roma, alcuni anni or sono, una, disgrazia uccise contemporanei mente  i genitori di un bimbo di circa sei anni che, ignaro ed indifeso, rimaneva così completamente, tragicamente solo al mondo Per molti, per troppi, questo fatto era passato inosservato: un semplice fatto di cronaca nera, parole stampate su di un foglio bianco. Null'altro. Troppo poco per dei lettori egoisti e distratti, troppo per il cuore sensibile di  di Savoia.  Ella provvide subito affinchè la sventurata creatura venisse ricoverata in un ospizio. Ma la certezza di aver affidato l'infelice bambino a persone caritatevoli, di avergli assicurato un tetto ed il cibo non le bastava. Mafalda mamma, conosceva le esigenze dei piccoli, la loro necessità, necessità ch'essi stessi, forse, non avvertono, di svago e di sole. Si recò spesso a trovarlo. Durante le vacanze lo volle con sé dandolo come compagno di giochi al Principino Otto. Non sono pochi i Romani che ricordano di aver veduto passare per i viali di Villa Borghese, viali profumati dalla primavera, il carrozzino di Corte in cui sedeva la soave Principessa accanto a due bambini: il Figlio Suo e l'umile, sorridente, beneficato figlio del popolo.

Sono innumerevoli gli episodi che si potrebbero citare per illustrare, se ve ne fosse bisogno, la figura di Mafalda di Savoia. Ma l'Italiano possiede, fra le tante sue virtù, quella di saper degnamente apprezzare i gesti nobili e le creature che li hanno compiuti. Non è forse questa la terra dei Santi e degli Eroi? Ed i nostri Santi, i nostri Eroi non sono forse ancora vivi nei nostrì cuori, nelle nostre menti, malgrado l'attuale procelloso periodo che tenta di offuscarne la luce, di falsarne i valori? Non dilunghiamoci ad illustrare forze malefiche e disorganizzatrici. Non profaniamo la memoria di Mafalda di Savoia. Ella fu una Creatura pura, integra: non ricorriamo ad artifici letteari per descrivere la sua nobile esistenza. Bastano fatti.

E di questi fatti mi piace illustrarne uno raccontatomi da un'amica sua: le sillabe commosse non nascevano da un impulso di propaganda politica. Ho semplicemente ascoltato una donna Italiana che mi parlava con tono fiero e commosso di un'altra donna Italiana. Ho, lo confesso, dimenticato per un istante che stavamo parlando di Mafalda di Savoia, figlia del Re. Quest'amica Le era stata vicina per anni, l'aveva seguita nelle sue opere di carità, l'aveva veduta nell'intimità della sua casa.

Quest'amica è stata, forse una delle ultime persone che hanno. avuto il privilegio di ascoltare la sua voce, di ricevere il suo saluto prima ch'Ella abbandonasse la stia Patria, cioè prima ch'Ella fosse strappata con un tranello diabolico dalla sua Italia che essa venerava.

Un drammatico incidente distrugge un'umile famiglia di operai. Rimane, unico superstite, un bambino di tre anni. Ma si teme che la povera creatura abbia perduto la vista. Il caso viene segnalato alla Principessa Mafalda. Ella, senza indugio, si occupa personalmente di questo bimbo su cui pesa la più triste delle minacce: una condanna di buio.

Il celebre oculista al quale Essa si è rivolta le consente di sperare nel buon esito di un intervento chirurgico: occorre soltanto attendere che il piccino sia in grado di sopportarlo. Questa notizia riempìe di gioia la sensibile Principessa. Ella s'incontra quello stesso giorno con l'amica ad una cerimonia nuziale: fiorì, gioia, sonore note d'organo, trasparenti veli d'incenso. Due giovani che coneretano attraverso una sacra promessa il loro sogno d'amore. La Principessa si avvicina all'amica, all'uscita della chiesa. Le' confessa sorridendo con quella dolcezza che Le era particolare: - Non ho pregato per gli sposi... Sono tanto felici... Non hanno bisogno delle mie preghiere... I suo grandi occhi si velano, all'improvviso, di lacrime. - Ho pregato invece per quel bambino... Non è possibile che rimanga così... Ho tanto pregato e pregherò tanto ancora finchè Dio mi farà la grazia.

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