NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

lunedì 2 gennaio 2012

Quando la Sindone andò ad Avellino

Prima della seconda guerra mondiale fu trasferita in gran segreto nel Santuario dei benedettini di Montevergine, alle pendici del monte Partenio

Fiumi d’inchiostro sono stati versati finora sulla reliquia più venerata dalla cristianità: il “sacro lenzuolo” che, secondo la tradizione, avrebbe avvolto il corpo di Gesù nel sepolcro prima della Resurrezione. Durante i secoli, infatti, un’aura di mistero ha circondato i racconti dei suoi numerosi spostamenti. Del resto fino a pochi anni fa non molti sapevano che, proprio alla vigilia della seconda guerra mondiale, la Sindone — allora in possesso dei Savoia — fu trasferita, nel più stretto riserbo, alle pendici del monte Partenio, una località alle porte di Avellino dove sorge il Monastero benedettino di Montevergine.

 L’arrivo della teca della Sindone al Santuario di Montevergine nel 1939 La scelta di questo cenobio da parte dei Savoia non avvenne soltanto per i requisiti di sicurezza che garantiva la zona, ma soprattutto per i legami con i monaci benedettini che affondavano le radici fin dal lontano 1433, allorché Margherita, figlia del celebre duca Amedeo VIII di Savoia — che tra il 1439 e il 1449 divenne antipapa con il nome di Felice v — in segno di devozione e riconoscenza verso la Madonna di Montevergine per essere scampata a un naufragio donò alla comunità monastica uno splendido affresco trecentesco di scuola senese attribuibile a Pietro Cavallino dei Cerroni. Senza contare, poi, che l’abate Guglielmo De Cesare (1859-1884) fu il postulatore della causa di beatificazione di Maria Cristina di Savoia, di cui in seguito divenne anche il primo e più autorevole biografo. Da allora i rapporti tra la comunità e i Savoia si andarono sempre più consolidando e, pertanto, anche grazie a quest’amicizia di lunga data, verso la fine di settembre del 1939, si decise di trasferire presso il santuario di Montevergine la Sindone, considerati i tempi tutt’altro che tranquilli.
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