NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

mercoledì 26 luglio 2017

Il Re da Roma a Brindisi non fu vigliaccheria

da "Il Giornale"  21 luglio 2017



TEMPO DI GUERRA

Spesso al Re Vittorio Emanuele viene rivolta l’accusa di aver lasciato l'esercito senza ordini alla data dell'armistizio e gli viene contestato il fatto di aver lasciato Roma, con un atto di vigliaccheria, il 9 settembre '43.

In realtà, le cose andarono diversamente. 

Era ben nota a tutti i militari italiani, la possibilità che, subito dopo la proclamazione dell'armistizio, i tedeschi aggredissero l’Italia. D’altra parte, in virtù del Patto di alleanza del 22/5/'39, è evidente che l'Italia non potesse voltare i propri cannoni contro i tedeschi per il sol fatto di aver chiesto un armistizio agli anglo-americani. Alla lettura del proclama del Maresciallo Badoglio, dunque, ci si rese subito conto che non si poteva ordinare di attaccare i tedeschi: bisognava invece impartire ordini per il caso in cui fossero questi ultimi ad attaccare per primi. 

Ed ecco il significato della frase chiave del proclama: «le forze armate Italiane reagiranno ad attacchi di qualunque altra provenienza». Quale avrebbe potuto essere questa «altra provenienza», se non quella tedesca? Gli ordini, perciò, c'erano ed erano chiari ma vi fu chi
preferì non eseguirli, inventando la favola della mancanza, ben presto sfruttata dalla propaganda anti-monarchica, perpetuata nei decenni seguenti dagli storici conformisti, che di fatto hanno contribuito a coprire chi aveva preferito non compiere il proprio dovere. Al terzo Re d'Italia viene poi contestato di essere fuggito da Roma. 

Ma in un momento così delicato, il Re aveva il dovere di evitare che l'Italia cadesse in balia dei tedeschi o degli anglomericani, creando un governo fantoccio ai propri ordini, come accaduto in altri paesi d'Europa. Per dare continuità alle istituzioni italiane legittime era indispensabile quindi formare un nuovo governo e metterlo in grado di agire, evitando la cattura da parte dei nazisti (che avevano progettato di deportare l'intera Famiglia Reale già dal luglio 1943, come accaduto alla Principessa Mafalda) ma restando in Italia: così il Re si trasferì con il governo a Brindisi, portando con sé il Principe ereditario Umberto, che inizialmente chiese di poter rima-nere a Roma. 

Lo stesso presidente della Repubblica Ciampi ha affermato che così facendo «il Re ha salvato la continuità dello stato». Nella situazione confusa di quei giorni il Re sapeva bene che i suoi avversari politici avrebbero potuto accusarlo di vigliaccheria, ma scelse di sacrificare la sua immagine per il bene dell'Italia perché, come la storia ha sempre dimostrato, la salvezza della Corona avrebbe significato la salvezza della Patria.

Santino Giorgio Slongo


Busto Arsizio (Varese)

1 commento:

  1. Agostini Novello Massimiliano27 luglio 2017 alle ore 09:27

    L'ho sempre pensata cosi, e non ci si poteva aspettare altro dal Re Soldato. Saremmo finiti rasi al suolo come la Germania, Roma compresa.

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