Nei cimiteri di Rivarotta,
Pasiano e Cecchini, in provincia di Pordenone, ci sono ancora le tombe dei
soldati un tempo nemici, sulle quali nessuna madre ha potuto piangere o portare
un fiore. La mia memoria va a un soldato italiano, sepolto a Visinale di
Pasiano che morì pochi giorni prima della fine della Grande Guerra. La sua
tomba è in abbandono, le parole incise sulla lapide sono scarsamente leggibili,
hanno tolto la cinta di rispetto in ferro battuto e nessun fiore la adorna.
Quella che doveva essere l’ultima trincea di un giovane che non voleva essere
dimenticato, che cercava una mano gentile che onora i caduti e che da cent’anni
attende una lacrima, è caduta nell’oblio. Il suo volto nella foto osserva il
cielo e il Signore.
Sulla sua tomba ci sono
scritte queste parole: “Ceola Fortunato / Soldato d’Italia/ A soli 20 anni
rapito alla famiglia / e alla Patria / Addì 28 ottobre 1918.
Chinandomi sulla sua tomba accarezzo la sua foto, depongo una rosa rossa, lo stendardo sabaudo e penso alle tante carezze che gli avrà fatto sua madre, versando lacrime di dolore. Mi ritornano, inoltre, in mente i versi trovati nella tasca della giubba di un soldato caduto sulle Dolomiti:
Chinandomi sulla sua tomba accarezzo la sua foto, depongo una rosa rossa, lo stendardo sabaudo e penso alle tante carezze che gli avrà fatto sua madre, versando lacrime di dolore. Mi ritornano, inoltre, in mente i versi trovati nella tasca della giubba di un soldato caduto sulle Dolomiti:
“ Tutti avevano la faccia del
Cristo,
nella livida aureola
dell'elmetto.
Tutti portavano l'insegna
del supplizio
nella croce della baionetta,
e nelle tasche
il pane dell'ultima cena,
e nella gola
il pianto dell'ultimo addio.
”
Motta di Livenza, 4 novembre
2018
(foto di Carlo Verardo)
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