NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

martedì 27 novembre 2018

I Monarchici e il problema dell'Alto Adige - II parte


II valore giuridico dell’accordo De Gasperi Gruber 

Dal  quaderno edito nel  1958  dal  Movimento Giovanile del Partito Nazionale  Monarchico

dell'on. prof. Giuseppe Menotti de Francesco

In un intervento in Parlamento ho creduto doveroso procedere ad un esame obiettivo sulla natura giuridica dell’accordo De Gasperi-Gruber, esame eh» consenta di giudicare sulla sua validità ed efficacia. Tale accordo è certamente un atto rilevante nel diritto internazionale; ma non può dirsi che esso sia un atto creativo di
diritti e obblighi reciproci fra le parti; che, cioè, sia un atto normativo di diritto internazionale, un trattato vero e proprio, impegnativo fra le parti.
Ecco brevemente riassunte le ragioni. L’accordo va considerato sotto un duplice aspetto: dal punto di vista dei rapporti fra l’Italia e l’Austria e dal punto di vista dai rapporti fra l’Italia e gli Stati firmatari del trattato di pace con l’Italia.
Sotto il primo aspetto, quello dei rapporti fra l’Italia e l’Austria, l’accordo va esaminato dal lato delle sue caratteristiche formali e dal lato del suo specifico contenuto. Muovendo dal lato formale è da rilevare che, quando un accordo internazionale sia diretto alla posizione di diritti e di obblighi veri e propri, abbia cioè una funzione normativa, l’organo, cui il diritto internazionale assegna la competenza a manifestare la volontà dello Stato, è il Capo dello Stato e non il ministro degli esteri. Un accordo, come quello intervenuto fra De Gasperi e Grubes) in veste di ministri degli esteri dei due Stati, è quindi invalido come atto creativo di diritti e di doveri reciproci fra l’Italia e l’Austria. Si tratta di uno di quegli atti che si denominano usualmente come «gentlemen’s agreement », vale a dire, in sostanza, di un’intesa ad una data linea politica assunto dai governi stessi circa la soluzione del problema di cui trattasi, soluzione che comunque resta di competenza esclusivamente interna degli Stati.
Naturalmente, data la natura degli accordi del genere, essi implicano una concordanza di vedute e il mantenimento di uno spirito amichevole nei rapporti fra i due Stati in ordine alla questione regolata. Consegue che sia l’efficacia, sia la durata di quel tipo di accordi sono condizionate alla permanenza di quelle vedute, di quel medesimo spirito amichevole che li ha ispirati e che deve essere necessariamente bilaterale. Se, ad un certo momento, uno dei due stati dimentica di informare la sua condotta a questo spirito amichevole iniziale, l’altro ha, non solo il diritto, ma il dovere dichiarare decaduto l’accordo.
Rimane il secondo punto di vista, quello cioè dei rapporti fra la l’Italia e gli Stati firmatari del trattato di pace italiano, giacché, come è risaputo, l’accordo De Gasperi-Gruber è richiamato nell’articolo 10 del trattato di pace, e quindi un esame superficiale potrebbe portare a ritenere che l’accordo in oggetto, invalido come trattato normativo nei rapporti diretti fra l’Italia e l’Austria, sia divenuto tale nei confronti degli Stati vincitori, e l’invalidità sia stata sanata dalla maledetta ratifica della Costituente, almeno nei confronti degli Stati vincitori. Senonchè, la formula dell’art. 10 del trattato di eclude decisamente ogni possibile dubbio sulla portata giudica dell’accordo, e anzi essa costituisce una riconferma che quell’accordo non è un atto creativo di diritti e di obblighi internazionali.
L’art. 10, infatti, ha due commi. Il primo impegna direttamente impegna l’Italia verso l’Austria a concedere libertà di circolazione per le persone e le merci: « l’Italia — dice il primo comma — concluderà con l’Austria, ovvero confermerà gli accordi esistenti intesi a garantire il libero traffico di passeggeri e merci fra il Tirolo settentrionale e il Tirolo orientale». Obbligo, dunque, per l’Italia contiene  questo comma; obbligo verso gli Stati vincitori, che fa nascere un diritto correlativo a favore degli Stati medesimi e, mediante, un diritto a favore dell’Austria, garantito dalle potenze vincitrici.


Ben diversa è la formula del secondo comma dello stesso articolo. Le potenze alleate ed associate hanno preso atto delle intese (il cui testo è portato nell’allegato IV) prese di comune accordo fra il governo austriaco e il governo italiano il 5-9-1946 ».
Le potenze alleate ed associate, in merito all’accordo De Gasperi Gruber. hanno, dunque, solamente preso atto dell’accordo, non ne hanno recepito il contenuto nel trattato di pace; non hanno detto che l’Italia osserverà le clausole dell’accordo, facendogliene un obbligo, ma unicamente che ne hanno preso conoscenza vale a dire hanno lasciato all’accordo il suo carattere giuridico di atto non normativo, di accordo fra governi, non fra Stati, mentre nel primo comma, è l’Italia, cioè lo Stato italiano che si impegna a concludere con l’Austria o a confermare i trattati: che garantiscono libertà di circolazione, e a concluderli o confermarli con atti internazionali nei quali è il Capo dello Stato l’organo chiamato ad esprimere la volontà, nel secondo comma si riconosce che si tratta di un atto dei governi delle due parti, e quindi la validità ed efficacia dell’atto restano quelle proprie degli atti internazionali compiuti dai ministri degli esteri e non dei capi di Stato, e le potenze alleate ed associate, nel prendere atto puramente e semplicemente dell’accordo, non ne mutano la natura giuridica, nè ne garantiscono l’osservanza come farebbero se anche il secondo comma dell’art. 10 del trattato fosse stato redatto nei termini del primo comma; vale a dire non hanno inteso, in relazione all’oggetto, costituire un obbligo allo Stato italiano come quello relativo alla libertà di circolazione di persone e di merci, di cui al primo comma.
Dunque, l'esame giuridico strettamente obiettivo dell’accordo, sia dall’aspetto formale come dall’aspetto sostanziale, avuto riguardo tanto ai rapporti diretti con l’Austria come a quelli con le potenze alleate ed associate firmatarie del nostro trattato di pace, porta a concludere che l’Italia è in condizione, di fronte all’altrui atteggiamento e alle pretese altrui, di potersi legittimamente sganciare dagli accordi del 5 Settembre 1946. Il governo italiano ha nelle mani un mezzo giuridico sicuro ed efficace per ammonire i governanti austriaci e gli agitatori altoatesini che, se si continua sulla via della provocazione e del tradimento, l’Italia saprà reagire adeguatamente come è suo diritto e dovere.

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