NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

lunedì 12 novembre 2018

Il ruolo dei monarchici nella democrazia post-bellica


Pubblichiamo la lettera inviata dal nostro amico ing. Domenico Giglio, pubblicata nel numero di settembre di “Storia in rete”.

L’ing. Giglio crediamo sia uno dei pochissimi esponenti rimasti del PNM e PDIUM, che abbiano ricoperto in questi partiti, incarichi di carattere nazionale, per cui sente il dovere storico e morale di rendere testimonianza delle persone che hanno fatto parte di queste organizzazioni monarchiche e delle attività svolta .


Caro dottor Garibaldi, 
nei giorni in cui si svolgevano le difficili trattative per la formazione di un nuovo governo, dopo le elezioni del 4 marzo scorso, il presidente Mattarella, recatosi a Dogliani per ricordare Luigi Einaudi e l'uso da lui esercitato dei poteri presidenziali , accennò alla decisione di Einaudi di affidare all'onorevole Pella, democristiano e già più volte ministro, l'incarico di formare un nuovo governo dopo la bocciatura dell'ottavo governo De Gasperi, malgrado che lo stesso Pella non fosse stato indicato dal partito cui apparteneva. Mattarella, e quasi tutta la stampa che ha ripreso questo ricordo, hanno però omesso di precisare che il governo monocolore di Pella superò l'ostacolo del voto di fiducia solo grazie al voto disinteressato e senza contropartite dei 40 deputati e dei 16 senatori del Partito Nazionale Monarchico. Voti che invece erano venuti a mancare, malgrado fossero stati ufficialmente richiesti, in occasione della presentazione alle Camere dell'ultimo governo De Gasperi, con una articolata motivazione espressa nella seduta del 27 luglio 1953 dall'onorevole Covelli, segretario nazionale del Partito e presidente del gruppo parlamentare del PNM, che invece pochi giorni dopo, il 24 agosto, motivò il voto favorevole dei monarchici al governo Pella. Caduto poi il governo Pella ad opera della stessa Democrazia Cristiana, il Partito Monarchico ritornò ad una posizione negativa nei confronti del primo governo Fanfani, motivata da Covelli nel suo discorso del 30 gennaio 1954, e così pure fu ancora negativo il voto dei monarchici al governo Sceiba, anche in questo caso espresso nella seduta del 10 marzo successivo. Con il nuovo governo Sceiba si ritornò ai governi centristi, ed il Partito Monarchico, oltre tutto scissosi con l'uscita del gruppo facente capo all'armatore Achille Lauro, non poté più esercitare quel ruolo fondamentale avuto nei mesi del governo Pella. Mi meraviglia che nessuno studioso della storia parlamentare della Repubblica si sia soffermato su quanto avvenuto in quei mesi successivi alle elezioni del 7 giugno 1953, fino al febbraio 1954, perché un diverso atteggiamento del Partito Monarchico avrebbe potuto indirizzare diversamente la politica italiana. Infatti i cosiddetti «partiti minori» (PLI, PSDI, PRI) che rifiutando i loro voti a De Gasperi avevano aperto un vuoto nel quale poteva, all'epoca, inserirsi solamente il PNM, dopo il voto negativo a Fanfani, capirono che rischiavano di rimanere esclusi per anni dal governo e dal sottogoverno, su cui prosperavano, per cui dettero a Sceiba quei voti che avevano negato a De Gasperi, a Pella e a Fanfani.

Domenico Giglio Roma

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