Il
1 maggio 2018 si ricordano i centodieci anni dalla nascita dello scrittore
Giovannino Guareschi, uno dei più grandi scrittori che l’Italia abbia mai
avuto. Più passano gli anni e più ci si accorge che ci manca. Tante volte
nell’asprezza della vita mi sono avvicinato a lui e leggendo le sue pagine, mi
sono sinceramente convinto che la vita per quanto difficile valga la pena di
viverla, magari apprezzando le cose più semplici.
Quando
penso a lui, lo vedo come l’amorevole padre dei suoi amati figli, che non hanno
mai dimenticato la figura di questo genitore. Purtroppo, la figlia Carlotta ha
raggiunto suo padre. Non posso non pensare a loro due, che nel cielo parlano
tra loro e con il nostro Padre Celeste.
Allo stesso tempo, credo che Dio gli abbia
riservato un posto speciale che, di solito, viene dato a quelli che hanno
saputo creare bellezza e gioia.
Non
si può dimenticare Guareschi, perché fa parte di quegli uomini buoni come il
pane. Proprio per questo, a Motta di Livenza, ho commissionato a un panificio
di fare un pane gigantesco, di dieci chili, per ricordare i centodieci anni del
buon Guareschi. Questo pane verrà offerto a coloro che vorranno onorare la
memoria dello scrittore. Mi sembrava il modo migliore per rappresentarlo.
Nella
mia vita non ho avuto la fortuna di conoscerlo, perché nel 1968, alla sua
morte, avevo solo nove anni. Scoprii la sua opera all’oratorio dove
proiettavano i film, tratti dai suoi romanzi che parlavano delle vicende di Don
Camillo e del suo avversario politico e di fede ,Peppone. L’ho sempre amato
leggendo i suoi libri, raccogliendo le sue edizioni, e leggendo tutto quello
che trovavo scritto su di lui. Il mio paese è attraversato dal fiume Livenza, e
molte volte ho immaginato d’essere assieme a Guareschi che mi parlava del suo
amato Po, della vita dei pescatori, della bellezza che offrono i fiumi.
Tante
volte osservando il fiume mi venivano alla mente le pagine che ha scritto, il
paese, Brescello, che ha ispirato le pagine più belle. Credo che il sogno di
ogni persona sia quello di avere un caro amico come lui, capace di risolvere i
problemi della vita, affidandosi con fiducia all’amore che Dio riserva per i
propri figli.
Anche
mio padre lo amava, perché come lui provò cosa fosse la prigionia, ma non ebbe
la fortuna di esser nel suo stesso campo di concentramento. Anche nella
sofferenza della guerra gli avrebbe insegnato ad avere fiducia nella
Provvidenza. Nella mia vita ho avuto la fortuna di conoscere alcuni ufficiali
che erano stati nel suo stesso campo di concentramento e che mi parlavano di
Giovannino come di un caro amico, consolatore. Eppure la sua vita non è stata
facile, gli avversari gli hanno dato del filo da torcere, ma in tutte le
avversità primeggiava quel nobile signore che era.
Tante
volte ho pensato a Re Umberto II, che aveva amato questo scrittore e lo aveva
consolato nei duri momenti del suo esilio in Portogallo durato più di
trentasette anni. Le pagine di Guareschi erano amate dal sovrano e Guareschi
amava il suo Re. In Portogallo, la gente del posto lo amava e lo rispettava
sapendo la sofferenza di un uomo lontano da quel Paese che aveva nel cuore, e Guareschi
conosceva la sofferenza di chi deve pagare una colpa senza averla commessa.
Il
Sovrano nelle pagine guareschiane ha trovato il sorriso, la pace. Guareschi è
presente nei suoi libri, nelle persone che lo leggono con affetto, è presente
al piccolo paese dove è nato, è presente nel Don Camillo che parlava con il
crocefisso crocifisso, quel Cristo che lo amava. A Motta di Livenza, sono in
tanti che lo ricordano. Alcuni anni fa venne allestita una mostra dedicata a
lui che richiamò molte persone. Il suo mito continua, e per questo il pane di
dieci chili verrà fatto per ricordare la bontà di Guareschi, in questi tempi
difficili, dove sembra prevalere l’indifferenza e la cattiveria verso gli
altri.
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