Sono passati ormai trent’anni dalla
morte del grande scrittore e giornalista: Enzo Tortora.
Una persona buona che
il buon Dio aveva fatto nascere in questa difficile terra, per portare speranza.
Enzo era un uomo dal cuore nobile, uno di quelle persone che hanno lasciato una
scia da imitare con il nostro vissuto. Era seguito in televisione da milioni di
persone che attendevano la sera per dimenticare l’asprezza della vita.
Con il
suo programma Portobello, sapeva donare momenti di serenità. La sua vita di
uomo di spettacolo e di uomo sincero fu turbata dal suo arresto e da accuse
davvero terribili.
La notizia della sua vicenda giudiziaria riempì le pagine
dei giornali ed i notiziari della televisione. Non riuscirò mai a cancellare
dalla mia mente il volto disperato di Enzo con le manette ai polsi, e l’aria
incredula di chi ha appena appreso di essere entrato in un incubo.
Non credo vi
sia maggiore disperazione nel vedersi accusare di qualcosa di cui non si è
colpevoli. I suoi occhi avevano l’espressione di chi non riusciva a reagire per
il colpo subito.
Non potrò mai dimenticare la sua voce tremante legata alla
terribile malattia che l’ ha portato in Paradiso. Il buon Dio l’ ha voluto tra
i suoi angeli. Vorrei ricordare di lui, che era uno dei giornalisti tra i più
raffinati e che aveva scritto pagine memorabili di pugilato. Questi articoli li
ho trovati nelle raccolte del settimanale “ L’intrepido “.
Mai potrò scordare
il pezzo che scrisse sulla morte di Primo Carnera in quel lontano 1967, quando
era giunto a Sequals per sapere qualche notizia su Primo che stava male. “Caro
insostituibile Carnera. Ci ha insegnato tante cose. Che i valori veri, in
fondo, sono sempre gli stessi : una terra, una casa, dei figlioli. In quel suo
corpaccione enorme, alloggiava un angelo custode. Quando venne il suo momento,
e il curato di Sequals arrivò (Carnera era credente, e buon cattolico), Primo
disse: “Padre ho picchiato tanto, ma senza cattiveria ”. E’ vero. Picchiò come
si può arare, picchiò come si può coltivare la terra . Per averne frutti. Ora
non c’è più. Chissà che direbbe, di certa forza che oggi viene usata per altri
fini. Lui che quando sentiva dire l”Italia”, si commuoveva come un bimbo. La
amava tanto, da venirci a morire”.
Un caro ricordo di lui risale pochi mesi
prima del suo arresto, alla morte dell’ultimo Re d’Italia: Umberto II. Fu
inviato da una televisione privata a fare la cronaca del luttuoso evento. Le
parole di Tortora commuovono ancora adesso, basta ascoltarle con cuore. La sua
tristezza per la morte del Re era evidente, si vedeva che il suo cuore era
toccato da quella grande malinconia di vedere l’Italia assente a una cerimonia
per la morte di un Re, che aveva trascorso 37 anni in un esilio doloroso e
tremendo, esito di una crudele ingiustizia.
Sono passati trent’ anni dalla
morte di Enzo Tortora, il suo volto buono ha arricchito il paradiso, ma ha
impoverito la terra. Ci manchi tanto, Enzo.
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