di Angelo D'Ambra
E' ai più noto che Umberto I preferì essere a Napoli per portare il suo
soccorso ai colerosi anzicchè presenziare ad una festa a Pordenone. Declinò
l'invito all'evento friulano comunicando: "A Pordenone si fa festa, a
Napoli si muore: io vado a Napoli".
Nei giorni successivi all'attentato di Gaetano Bresci, il conte Guglielmo
Capitelli, avvocato e sindaco di Napoli dal 17 aprile 1868 al 25 settembre
1870, condivise con Sabatino Lopez, redattore del "Secolo XIX" e
penna del "Telegrafo", un emozionato ricordo di Umberto I e del
soccorso che prestò in prima persona in occasione dell'epidemia di colera a Napoli
nel 1884.
Si legge nell’articolo riportato da Aldo Santini in "Centodieci anni
della nostra storia": "Nel '68, quand'era Principe Ereditario, Principe di Napoli, Umberto tornò sposo nella reggia partenopea.
Allora il Capitelli, ventisettenne, era sindaco. Salutò gli sposi alla stazione
con poche parole. Umberto che aborriva i discorsi gli disse: 'Bravo, soprattutto perché breve. Dia il braccio alla
principessa'. Nella carrozza dei principi salirono anche il giovane sindaco e
il giovane prefetto di Napoli che era Antonio Rudini, ventinovenne. I principi
furono adorati a Napoli per la loro bontà. Davano pranzi, partecipavano agite,
visitavano tutti gli istituti: la principessa andò persino alle scuole di Basso
Porto, il principe sopportava gli odiati discorsi, la lettura di poesie. Ogni mercoledì,
alla Reggia c'erano feste di ballo. E poco a poco, si amicarono alcuni
appartenenti alla società borbonica."
[...]
dal sito http://www.historiaregni.it/
http://www.historiaregni.it/umberto-i-ed-il-colera-del-1884-finalmente-nu-rre-che-vvene-a-muri-cu-nnui/
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