Le vicende politiche susseguite
alle elezioni generali del 4 marzo scorso meritano alcune riflessioni che fino ad
oggi non abbiamo avuto occasione di leggere sulla grande stampa e tanto meno ascoltarle
in televisione, incominciando dal
GOVERNO PELLA:
Il Presidente Mattarella recatosi
a Dogliani a ricordare e celebrare Luigi Einaudi, ha ricordato che lo stesso interpretò
il suo ruolo di Capo dello Stato non in senso strettamente notarile, come nel caso,
dopo le elezioni politiche del 7 giugno 1953, quando decise di affidare l’incarico
di formare il governo all’on. Giuseppe Pella, democristiano e già ministro ed
esperto di problemi economici, che però non era stato indicato dalla Democrazia
Cristiana, dopo la mancata fiducia all’ottavo governo De Gasperi. Non ha però aggiunto
che il governo formato da Pella, un monocolore democristiano, superò lo scoglio
della fiducia non perché fosse stato indicato dal Presidente, ma perché ai 263 voti
della Democrazia Cristiana si aggiunsero i 40 del Partito Nazionale Monarchico,portando
ad un totale di 303 voti sul totale di 590 seggi, e questo senza che il P.N.M. chiedesse
contropartite di posti ed altro.Appoggio perciò disinteressato che consentì la vita
del governo che fu affossato dopo sei mesi dalla stessa Democrazia Cristiana,
che non sopportava lo sfregio di avere un Presidente del Consiglio sia pure del
proprio partito, ma non espresso dalla volontà del partito stesso. Sempre per
la storia seguì il primo tentativo di governo Fanfani, al quale non ebbe la fiducia
perché gli mancò il voto del Partito Nazionale Monarchico, e fu questo forse un
errore fatale che portò a giugno 1954 alla scissione del predetto partito ed
alla sua lenta, inesorabile decadenza elettorale.
Proseguiamo sulla
VOLONTA’ POPOLARE:
Le trattative per definire il
programma di governo tra il Movimento 5 Stelle e la Lega, arrivate alla conclusione
sono state sottoposte alle rispettive “basi” di questi movimenti e nelcaso dei
“grillini” hanno ricevuto il 94% di voti favorevoli, risultato esaltato dai vertici
dei Cinque Stelle. Se possiamo però vedere il risultato in termini di cifre assolute,
come dovrebbe essere specificato in ogni dato numerico, notiamo che i votanti sono
stati poco più di 44.000 ed è su questo numero, veramente esiguo, che si è calcolata
quella altisonante percentuale. Infatti, se vogliamo così definirli, gli “iscritti”
al movimento grillino sono poche decine di migliaia, ma è dalle loro decisioni che
dipendono le scelte di uomini e proposte che poi vengono sottoposte e votate da
milioni di elettori che nulla possono più modificare. Così è nata la candidatura
Di Maio, così le liste elettorali e così si spiegano gli scarsissimi voti di preferenza
avuti dagli eletti per lo più sconosciuti ai loro stessi elettori. Un ridottissimo
numero di elettori ha deciso quindi per milioni, creando una casta di persone superiori
la cui volontà deve essere accettate “a scatola chiusa” e questo, specie per
quanto riguarda le liste mi ricorda eventi lontani novanta anni. A questo punto,
chi è convinto delle tesi e delle proposte grilline si “iscriva” al movimento, ne
aumenti il numero di soci, come, un tempo centinaia di migliaia di persone, se non
milioni, si iscrivevano ai vecchi partiti, ne frequentavano le sezioni ed altre
sedi, esercitavano, dove era possibile e consentito, i loro diritti ed esprimevano
le loro preferenze.
Ed infine soffermiamoci su:
IL CAPO DELLO STATO
Vi è stata anche una divergenza
su alcuni casi di possibili ministri, e sull’esatta interpretazione di articoli
della Costituzione perché, per la prima volta nella storia della repubblica c’è
una differenza sostanziale ed una frattura profonda
tra l’attuale maggioranza parlamentare e quella
che ha eletto a suo tempo l’attuale presidente. Questa diversità di origine ideologica
e di maggioranze politiche elettorali è avvenuta più volte nella repubblica francese
tra presidente e governo ed anche se non è mai sfociata in contrasti violenti,
senza dubbio non ha giovato all’azione di governo con danno per la comunità nazionale
ed egualmente abbiamo avuto analoghi casi negli Stati Uniti in epoca recente.
Da questo viene una debolezza della istituzione repubblicana sia dove l’elezione
avviene in via indiretta, sia dove avvenga con voto diretto, ma con alte percentuali
di astensione come recentemente in Francia,ed il confronto con la Monarchia dove
il Sovrano, è al di sopra delle parti e rappresenta l’unità nazionale, vede uscire
rafforzata la stessa da questi eventi, come nel recentissimo e rapidissimo caso
del cambio di governo in Spagna, ed è, o dovrebbe essere, motivo di riflessione
di una classe politica che mirasse all’interesse della Nazione.
DOMENICO GIGLIO
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