NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

martedì 19 giugno 2018

Francesco Baracca: l’aviatore del Re a cent’anni dalla sua morte


di Emilio Del Bel Belluz


Il 19 giugno del 2018 sono passati cent’anni dalla morte dell’eroe dell’aria: Francesco Baracca. Una di quelle date che non si devono dimenticare, perché il nostro caro Paese ha bisogno di eroi per farci ricordare come eravamo un tempo. 

Era un aviatore del Re Vittorio Emanuele III, combatteva per la sua patria. Definito il “cavaliere dell’aria”, era famoso perché dopo 63 duelli aerei aveva abbattuto 34 aerei nemici. Cavaliere dell’aria, ma anche grande gentiluomo, dall’animo nobile. 
Il 7 aprile del 1916 nel cielo di Mendoza abbatteva il suo primo aereo, il primo dei seicentoventitrè aerei abbattuti dagli italiani, nel corso della Grande Guerra. Nel suo aereo aveva come insegna un cavallo alato dell’epopea cavalleresca e per motto : “ Per non morire”. Le gesta di un grande eroe non muoiono mai, rimangono scritte nella storia della Patria. 
Morì nel mese di giugno, pochi mesi prima della fine della Grande Guerra, colpito dal fuoco nemico. Strano destino per questo Cavaliere dell’aria, ma la sorte di ogni eroe sta scritto nel cuore del Signore. 
In un’intervista fatta alla madre da Luigi Pasquini, che fece visita alla povera donna, questa disse del figlio parole che partono dal cuore di madre che arde per il figlio, e che per lei non è mai morto: “ Mio figlio era buono e cavalleresco. Dopo il combattimento andava sempre a trovare l’avversario, abbattuto nelle nostre linee, sia incolume o ferito, per rincuorarlo e recargli la testimonianza della sua ammirazione; e, se morto, per portargli, insieme ai fiori, il proprio tributo di rimpianto e il saluto delle armi”. 
In uno dei suoi duelli più difficili riuscì ad abbattere due aerei. Era il 12 febbraio del 1917 sopra il cielo di Udine. Ebbene a conferma di quello che raccontò la madre, dopo aver abbattuto i due velivoli nemici era il primo a giungere sul luogo della caduta. Un racconto che si leggeva a scuola un tempo, diceva: “ come sempre, primo a giungere sul luogo della caduta del nemico fu Baracca, che porse i soccorsi d’urgenza all’equipaggio sconfitto. 
Poi aiutò a deporre i feriti su un’autolettiga. Il giorno dopo egli si recava all’ospedale a interessarsi del loro stato di salute e a conversare con loro; perché tanta era la sua Cavalleria, tanta la sua nobiltà d’animo che, dopo il combattimento, pensava all’avversario non più come a un nemico bensì come a un collega e a un fratello. 
Però nessuno lo raccolse in quel fatale giorno di giugno, quando il suo apparecchio cadde per sempre dinanzi alle trincee del Montello, colpito dalle mitragliatrici dei fanti austriaci”. 
Era il 19 giugno del 1918, moriva l’eroe del cielo e s’illuminava il paradiso degli eroi.

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