L'articolo è scritto da un repubblicano, che scrive re, monarchia e Repubblica. L'esatto contrario di quello che facciamo noi. Ma almeno dice la verità.
Nessun irlandese dimenticherà mai quel maledetto bloody sunday, quella domenica di sangue del 30 gennaio 1972 quando i militari britannici spararono contro la folla che manifestava per i diritti civili.
Nessun irlandese dimenticherà mai quel maledetto bloody sunday, quella domenica di sangue del 30 gennaio 1972 quando i militari britannici spararono contro la folla che manifestava per i diritti civili.
Fu una strage: 13 morti. L’hanno
cantata anche gli U2, raccontando al
mondo quello che è successo. Anche Napoli ha il suo bloody day, un giorno di
sangue in cui 18 ragazzi, alcuni tra i 12 e 14 anni, furono massacrati dal
fuoco della polizia, altre 150 persone rimasero ferite, ma è un giorno
cancellato dalla memoria, un giorno che non raccontano neanche i libri di
storia. In Italia la politica dei vincitori adotta da sempre il metodo dello
sterminio dei vinti e delle loro ragioni da ogni discorso, da ogni ricordo, dai
libri di scuola.
Era un martedì l’11 giugno del 1946. Nove giorni prima il
referendum aveva sancito un passaggio storico per la Nazione, la fine della
monarchia e la nascita della Repubblica. Nessun travaglio è senza dolore e
quella vittoria di misura fece infuriare chi sosteneva il re: i monarchici
scesero nelle piazze. Soprattutto al Sud, dove il voto della
popolazione bocciò ampiamente la nuova forma dello Stato. Il corteo stava
attraversando via Medina, quando una frangia si diresse verso la sede del Pci
dove erano esposte la bandiera rossa e quella italiana senza lo stemma sabaudo.
I manifestanti cercarono di raggiungere quel balcone con una scala che fu
prontamente fatta cadere, il marinaio che era arrivato in cima morì il giorno
dopo in ospedale.
[...]
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