NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

domenica 28 ottobre 2018

La bandiera sabauda


di Emilio Del Bel Belluz

In questi giorni mi sono tornate alla mente le tante immagini che ho visto alla televisione sul centenario dalla fine della Grande Guerra. 
Ormai manca poco all’anniversario e ci saranno ancora migliaia di commenti, mostre in tutto il Paese e discorsi ufficiali di uomini politici. 
Penso al Presidente della Repubblica che parteciperà a tante manifestazioni. Quello che mancherà in queste sfilate commoventi sarà una bandiera, quella del 1918, il vessillo del Re Vittorio Emanuele III, il Re soldato. 
Quella bandiera che si vide garrire al vento nei campi di battaglia, la stessa che aveva ricevuto il giuramento dei soldati italiani, non è esposta, guai a ricordare che l’Italia di un tempo era quella monarchica, guidata dal Re Vittorioso Vittorio Emanuele III. 
Allora da monarchico mi vengono in mente delle parole scritte da Macchiavelli: “E’ regola generale che gli storici dei popoli vincitori facciano cadere in dimenticatoio la storia dei vinti, e non è infrequente il caso che essi mettano i segni della loro vittoria anche sui monumenti e glorie precedenti. Così Paolo Emilio vincitore di Pidna , impose la sua statua sulla grande stele di Delfi che già reggeva la statua di Perseo”. 
Questo accadrà anche il 4 novembre, quei soldati che morirono per il Re saranno orfani della loro bandiera sabauda che nel bene e nel male rappresentò l’ultimo atto della loro vita da eroi. Allo stesso tempo, non mi stupisco nel vedere che, in tanti cimiteri italiani molte lapidi di nostri eroi della Grande Guerra, sono nell’abbandono più totale. 
Molti di questi nostri eroi, per ragioni di spazio, sono finiti negli ossari, disperdendo il vero significato e la volontà che essi avevano espresso. Quando muore un soldato per la patria andrebbe ricordato onorando la sua tomba, ma la nostra società non ha tempo per queste cose. 
Penso alla pagina di un giornale che mi inviò il poeta e scrittore Ermanno Contelli di Pasiano di Pordenone che diceva:“ L’altro giorno visitai il cimitero austriaco. Saranno più di duemila morti, ognuno una croce e una targa nera, per lo più Ungheresi. All’ingresso sta una tabella e su una pietra lessi a caratteri cubitali questa iscrizione: - "Italiani! Se colle vostre gloriose avanzate arrivate in queste vostre terre, non profanatele con le armi e rispettate questo camposanto. Conservatelo, poiché, dopo questo flagello, quando saremo ancora amici, conserveremo delle lacrime negli occhi per bagnare le zolle che ricoprono i nostri congiunti“. 
A Rivarotta, in provincia di Pordenone, in un piccolo cimitero ci sono ancora alcune tombe dei caduti austriaci, che dormono il sonno eterno. Un giorno vi accompagnai lo scrittore di Vienna, Whalter Maria Newirth che aveva scritto molti libri, tra cui uno dedicato a quei soldati, - Isonzo - Piave - Montello. Questo scrittore aveva allora, nel 1996, cent’anni, si commosse davanti a queste tombe e volle onorare anche le tombe di qualche caduto italiano, portandovi un fiore.

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