NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

lunedì 29 ottobre 2018

Dalla battaglia del Solstizio a quella di Vittorio Veneto - II parte


Fu appunto in quei quattro mesi che il nostro insigne Maestro e Poeta E. A.Mario, per quanto non ancora edita, si prodigò a far diffondere fra i militari al fronte la leggendaria « Canzone del Piave », che fu unanimamente accolta col più vivo entusiasmo e subito imparata a memoria sia nelle strofe che nella musica e cantata, ovunque, ad ogni piè sospinto, tanto da richiamare la commossa attenzione persino del Gen. Diaz che, qualche giorno prima del balzo finale delle sue Armate, ebbe ad esclamare che quella Canzone « valeva più di un Generale! » Quelle note, infatti, facevano vibrare profondamente l’animo dei combattenti e rispecchiavano l’ansiosa attesa del popolo nella fiduciosa realizzazione di un evento che si sarebbe certamente verificato. Al riguardo, ho ritenuto opportuno stralciare da un articolo del giornalista Diego Angeli, pubblicato su « Il Giornale d’Italia » del 18 ottobre 1918, e cioè pochi giorni prima della strepitosa controffensiva, il seguente toccante episodio, avvenuto in quell’epoca, in un Ospedale di Roma, ove trovavansi ricoverati, per convalescenza, parecchi nostri militari provenienti dal Piave, a seguito di ferite riportate in combattimento: 

«Ad un certo punto, qualcuno dei soldati ha cominciato a cantare la Canzone del Piave ”... Oh, molto pianamente, molto modestamente... Ma, a poco a poco, il canto ha preso il sopravvento. Quella specie di nenia — che è bella di sentimento e di nostalgia — si è dilagata per la sala, ripresa in coro da tutti i presenti e nessun canto ha mai avuto una suggestione più grande. Quei giovani non erano stanchi della vita, non erano sazi di spettacoli teatrali e mondani, non erano ammalati di snobismo intellettuale! Tutti avevano sul braccio il piccolo segno argenteo del loro eroismo, qualcuno aveva anche tre o quattro sbarrette.

«Molti avevano il petto fregiato di medaglie al valore. E venivano dal Piave; e quella Canzone — che è piena di malinconia — era un pò la loro vita; la storia dei giorni in cui molti di essi, come loro, morivano combattendo, per impedire che il nemico passasse; dei giorni in cui noi, col cuore stretto, con l’ansia che ci serrava la gola, aspettavamo i bollettini del Generale Diaz, per sapere se i nemici erano stati finalmente arrestati. Giorni di angoscia che sembravano rivivere nel ritmo dolente di quella cantilena. E vi assicuro che, nel sentire quei soldati cantare quella canzone, molti occhi si sono inumiditi». L’Italia dunque ed il suo Stato Maggiore in guerra potevano fare completo affidamento su tutte le Forze Armate e sul morale elevato di tutti i dipendenti militari, persino su quelli più volte feriti e che, cantando la «Leggenda del Piave», ancora convalescenti in Ospedali, anelavano di ritornare presso i loro compagni di arme al Fronte!
Ed era questo lo spirito dei nostri valorosi combattenti, alla vigilia della poderosa offensiva sagacemente preparata dal Generale Diaz, che ci portò alla trionfale Vittoria della guerra 1915-18 e che sintetizzo nella trascrizione dell'ultimo superbo Bollettino di Guerra N. 1268 del Comando Supremo in data 4 novembre 1918: 

«La guerra contro l’Austria-Ungheria che, sotto l’alta guida di S.M. il Re, Duce Supremo, l’Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta. La gigantesca battaglia, ingaggiata il 24 dello scorso ottobre ed alla quale prendevano parte 51 Divisioni Italiane, 3 Britanniche, 2 Francesi, 1 Ceco-Slovacca ed 1 Reggimento Americano, contro 64 Divisioni Austro-Ungariche, è finita. La fulminea, arditissima avanzata del 29° Corpo d’Armata su Trento, sbarrando le vie della ritirata alle Armate nemiche del Trentino, travolte ad occidente dalle truppe della 7“ Armata e ad oriente da quelle «della 1*, 6“ e 4“ Armata, ha determinato ieri lo sfacelo totale del fronte avversario. Dal Brenta al Torre, l’irresistibile slancio della 12“, dell'8", della 10* Armata e delle Divisioni di Cavalleria, ricaccia sempre più indietro il nemico fuggente. 

«Nella pianura S.A.R. il Duca d’Aosta avanza rapidamente alla testa della sua invitta 3° Armata, anelante di ritornare sulle sue posizioni, da essa già gloriosamente conquistate, che mai aveva perdute.

«L’Esercito Austro-Ungarico è annientato; esso ha subito perdite gravissime nell'accanita resistenza dei primi giorni di lotta e nell'inseguimento ha perduto « quantità ingentissime di materiale di ogni sorta e pressoché per intero i suoi « magazzini ed i depositi; ha lasciato finora nelle nostre mani 300.000 prigionieri con interi Stati Maggiori e non meno di 5000 cannoni.

«I resti di quello che fu uno dei più potenti Eserciti del mondo, risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza ».

Diaz

Dal Quartiere Generale del Comando Supremo. 

4 Novembre 1918

 Indietreggiò il nemico

 fino a Trieste, fino a Trento...
 e la Vittoria sciolse le ali al vento!



Con questa quarta ed ultima strofa e nello stesso giorno del 4 Novembre 1918, il nostro Insigne Poeta e Cantore del Piave E. A. Mario completò mirabilmente la Sua e la nostra più cara e più patriottica Canzone, che dalla Leggenda passò alla Storia, contribuendo anch’essa al glorioso epilogo della luminosa e trionfale Vittoria.

Una degna e significativa definizione esaltatrice di questo poema canoro, che da cinquantanni suscita la spontanea commozione del popolo italiano, sia in Patria che all’estero, fu scritta e pubblicata qualche anno dopo la scomparsa del Maestro e Cantore del Piave, dal Dott. Lucio d’Ambra. Ritengo ché' valga la pena oggi, nel Cinquantenario di Vittorio Veneto, di riprodurre qui di seguito la bella esaltazione di questo scrittore, col fiducioso auspicio che i giovani delle nuove generazioni e, in particolare, gli alunni delle Scuole, imparando le note ed il canto della immortale « Leggenda », ne apprendano il significato ed il vero motivo che fece, a suo tempo, vibrare il cuore dei loro genitori e dei loro nonni, allorché furono chiamati in armi a completare la redenzione della Patria, nella sua unità, nella sua libertà, e nella sua indipendenza: « Ascolta sempre con religione profonda, nipote, quest’inno che forse a te  sembra, così lontano dagli eventi, una semplice canzone di guerra. No. Esso fu la voce di tutto un tempo, il canto di una stagione italiana, la musica dei venti anni di tuo padre. Odine bene la doppia voce: par lieta, ma è grave; par solenne, ma sorride. E’ insieme — trombe e sordine, tamburi, si, ma sottovoce, — è insieme fanfara e marcia funebre, peana ed epicedio. E’, sì, la voce vittoriosa del Piave che respinge il nemico. E’, sì, il canto della Patria che ricaccia fino all’Alpi, sino al mare, il temerario invasore. Ma è anche, e sopratutto, il canto del sacrificio, la voce degli Eroi sepolti, il ricordo di mezzo milione d'uomini caduti, l’elegia guerriera e funebre, nel medesimo tempo, di tanta divina giovinezza umana, per la Patria composta in eterna sepoltura. Senti tu con l’anima, nipote, il gran senso di lontananza che ha questo canto? Senti tu il mistero che sale su a poco a poco dalle sue note e prende l’animo in fondo in fondo? Quella lontananza, nipote, è l’infinito di un’altra vita, come quel mistero è certamente il segreto di un altro mondo, dove gli Eroi del Piave — a Italia fatta, a Italia più grande e grandissima, fatta da loro — s’incoronarono d’eterno alloro su quelle pallide fronti che per Lei, per l’Italia, lì, sul Piave, un giorno si curvarono per sempre sopra il greto insangui nato o nelle acque del Fiume Sacro, del fiume indigete, di tutti gli Italiani ».

La figura artistica, morale e patriottica di E. A. Mario, ai fini di un omaggio di gratitudine imperitura, fu presa particolarmente a cuore, dopo la morte del Maestro e Cantore del Piave (24 giugno 1961), dal Senatore a vita Prof. Avv. Giovanni Leone, che il 24 maggio 1964 si degnò onorare della Sua presenza la solenne cerimonia che si svolse al Cimitero Monumentale di Napoli, ove nel «Recinto degli Uomini Illustri», fu scoperto un degno busto marmoreo, offerto dal Comune, in onore alla Memoria dell’insigne Autore della « Leggenda », nel triennio della Sua dipartita.

Dopo la commemorazione del Sindaco, elevate parole furono anche pronunciate dall'illustre Parlamentare, che già precedentemente, su richiesta del Comune di Napoli e della famiglia del Maestro, aveva dettato una nobile epigrafe scolpita su apposita lapide di marmo, a piè del monumento, che qui si trascrive:

 Cantò l’amore, il dolore

 L’ebbrezza dei fiori e delle stagioni,
Il suggestivo fascino di Napoli.
In una delle ore più oscure della Patria

Il Suo epico canto si levò
A risvegliare gli animi.

Ad accendere l’estremo vittorioso eroismo.
Giovanni Leone

Con tale gesto solenne, la figura gloriosa di E. A. Mario fu già consacrata alla Storia, ma anche alla stessa Storia, indelebile ed imperitura, i vecchi combattenti di tutte le Armi e di tutte le guerre, invocano oggi che sia consacrata la «Canzone del Piave», col riconoscimento di essa da parte del Governo, quale Inno ufficiale della Nazione.


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