Un secolo fa iniziò la terza e ultima battaglia del Piave che si concluse
con l’armistizio di Villa Giusti entrato in vigore il 4 novembre
Alessandro Maiocchi - Mar,
23/10/2018 - 19:30
Il 24 ottobre 1918, ad un
anno esatto dalla disfatta di Caporetto, sulla scia dell’importante Battaglia del Solstizio (seconda battaglia
del Piave), il Regio Esercito si accingeva a scrivere le ultime, vittoriose,
pagine del più grande cimento degli italiani, in quella che sarebbe passata
alla storia come la Battaglia di Vittorio Veneto.
Sul monte Grappa
l’Esercito Italiano, supportato da un contingente esiguo di forze alleate, si
lanciò all’offensiva con l’intento di rivendicare il Pertica e il Prassolan,
troppe volte perduti.
Il veemente attacco
italiano, per i primi giorni, si infranse sulle linee difensive delle truppe
austro-ungariche. Le condizioni metereologiche avverse e la presenza di fitti
banchi di nebbia costrinsero i reparti italiani a sospendere l’assalto in
attesa degli sviluppi sul Piave. Sviluppi che non tardarono ad arrivare, il 28
ottobre, in concomitanza con la proclamazione dell’indipendenza della
Cecoslovacchia dall’impero asburgico, le armate italiane riuscirono,
finalmente, a superare il Fiume sacro alla Patria penetrando nelle file
avversarie arrivando alle porte di Vittorio Veneto (all’epoca solo Vittorio).
L’impero
austro-ungarico, provato da forti tumulti interni e da un dilagante rifiuto di
continuare le ostilità, che comportò diserzioni ed ammutinamenti sempre più
numerosi, dopo l’abbandono delle linee sul Piave ed un arretramento sul Grappa,
si ritrovò ad opporre solo qualche sporadica e impotente resistenza alla
continua avanzata italiana. Non a caso, la battaglia di Vittorio Veneto, viene
riportata da Indro Montanelli come “una ritirata che abbiamo disordinato e
confuso”.
Alle ore 15 del 3
novembre, a Villa Giusti (Padova) fu firmato l’armistizio che sarebbe entrato
in vigore 24 ore dopo accompagnato dal celebre Bollettino della Vittoria:
"La guerra contro l'Austria-Ungheria, che sotto l'alta guida di S. M. il Re,
Duce Supremo, l'Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il
24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed
asprissima per 41 mesi, è vinta. Firmato Armando Diaz".
L’Italia, a differenza
di Francia e Inghilterra che erano spinte dal chiaro intento di rovesciare gli
imperi centrali, aveva dichiarato guerra all’Austria per completare quell’unità
nazionale che ancora veniva meno. “Soldati di terra e di mare! L'ora solenne
delle rivendicazioni nazionali è suonata”. Con queste parole il re Vittorio
Emanuele, il 24 maggio 1915, si rivolse alle truppe italiane nel suo primo
proclama. “Soldati! A voi la gloria di piantare il tricolore d'Italia sui
termini sacri che la natura pose ai confini della Patria nostra. A voi la
gloria di compiere, finalmente, l'opera con tanto eroismo iniziata dai nostri
padri.”
In oltre tre anni di
aspri combattimenti, tra soldati e civili, perirono più di un milione e
duecentomila italiani. Un numero immenso che non può essere ignorato e lasciare
indifferenti. Uomini e ragazzi che hanno combattuto per l’Italia passando
all’albo bronzeo della storia. Rinnegare la nostra patria e la nostra
sovranità, come purtroppo sovente accade ai giorni nostri, è il torto più
grande che possiamo fare a tutti coloro che hanno dato la propria vita per la
nostra Nazione.
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