Si è tenuta questa mattina ad Udine, nel
Tempio Sacrario di San Nicolò, la cerimonia di resa degli onori solenni e la
tumulazione dei martiri di Castua.
“Caduti ignoti” per la Onorcaduti
che ha contribuito ad esumarli. Mentre la Società di Studi Fiumani, che per
prima li individuò grazie agli studi del presidente emerito Amleto Ballarini,
non ha dubbi sull’identità di alcune delle vittime.
Comunque la si veda, italiani, condotti in un bosco
non distante da Fiume e massacrati a colpi di baionetta dai partigiani titini.
Prima però sono stati costretti a scavare, con le proprie mani, la fossa che li
ha inghiottiti per più di settant’anni. Era il 3 maggio del 1945. Solo uno di
loro, il maresciallo della guardia di finanza Vito Butti, riuscì a uscire da
quella buca due anni dopo l’eccidio, grazie a sua moglie, Vita Ivancich, che
ottenne il permesso di disseppellirlo nottetempo e con assoluta discrezione.
Gli altri, invece, hanno dovuto attendere che si mettesse in moto una commissione italo-croata. E proprio alle
autorità di Zagabria, nel corso della celebrazione odierna, sono andati i
ringraziamenti del commissario generale della Onorcaduti, il generale Alessandro
Veltri, “per le autorizzazioni concesse e per la disponibilità manifestata
in questo sensibile impegno”. Non è mancato neppure il riconoscimento
dell’impegno della comunità fiumana.
Fondamentali per l’individuazione della fossa comune,
infatti, sono state le numerose testimonianze rese a suo tempo dalla
cittadinanza al parroco della chiesa di Sant’Elena a Castua, don Franjo
Jurčević, che le ha custodite e trasmesse a Ballarini. È sulla loro base
che, oggi, la Società di Studi Fiumani spera di dare un nome, un volto,
un’identità ad alcune delle vittime. Anche perché, sinora, né le perizie
dell’anatomopatologo polese Valter Stemberga, né le poche cose recuperate nella
fossa (due orologi, una protesi con due denti d’oro, due pettini, un gemello da
polso ed un bocchino) sono servite a sciogliere l’enigma.
Eppure, spiega Marino Micich, segretario
generale della Società di Studi Fiumani, “siamo in possesso di documenti e
testimonianze che ci permettono di dire con ragionevole certezza che in quelle
urne ci sono anche il senatore Riccardo Gigante, il giornalista Nicola
Marzucco e il vicebrigadiere dei carabinieri Alberto Diana”. Come fare a
dimostrarlo scientificamente? Occorre una prova incontrovertibile: il test del
dna. È per questo che la Società di Studi Fiumani sta cercando di trovare gli
eredi di Gigante, Marzucco e Diana. L’unico rintracciato sinora è il pronipote
di Gigante, Dino, che oggi era ad Udine per la messa solenne e che si è detto
disponibile a sottoporsi all’esame. In caso di esito positivo, le spoglie del
senatore verranno traslate al Vittoriale degli italiani, dove il suo amico
Gabriele D’Annuncio, ben prima dell’eccidio, gli riservò un sepolcro. L’iter
dovrà passare dall’avallo del ministero della Difesa, necessario per scrivere,
almeno in parte, una nuova pagina di questa storia.
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