NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

sabato 9 dicembre 2017

AMEDEO GUILLET, IL “COMANDANTE DIAVOLO” CHE NON SI ARRESE

Personaggio d’altri tempi, abile cavaliere, eroe di guerra e fine diplomatico,  Amedeo Guillet coniugò virtù sportive e militari con alto senso dell’amor di Patria.
Il barone Amedeo Guillet, nobile figura di italiano d’altri tempi che ha sempre improntato la sua vita all’ideale di amor patrio è morto a Roma il 16 giugno 2010, all’età di 101 anni. Discendente di una famiglia della nobiltà savoiarda originaria di S. Pierre d’Albigny (attuale Dipartimento francese della Savoie), nasce a Piacenza il 7 febbraio 1909. Il padre è Ufficiale dei Carabinieri, ferito e decorato al valor militare sul Podgora, epopea della Benemerita nella Grande Guerra; la madre è di facoltosa ed antica famiglia di Capua (già Napoli, ora Caserta).
La vita di Amedeo Guillet è ricca di vicende leggendarie che hanno dell’inverosimile e che hanno fatto di lui un personaggio speciale nelle guerre cui ha partecipato, in modo attivo, nel decennio 1935/1945.
Nel 1928 entra nell’Accademia Militare di Modena e nel 1931, sottotenente di Cavalleria, è destinato al 13° Reggimento Cavalleggeri di Monferrato. Per il rango occupato dalla famiglia nell’alta società e per la sua eminente abilità in campo ippico ha accesso finanche a Casa Savoia (è tra gli amici più intimi della principessa Jolanda, abile cavallerizza). Fra gli amici di famiglia annovera, fra gli altri, il Duca d’Aosta, futuro viceré dell’Africa Orientale Italiana, e Italo Balbo, Governatore della Libia. Selezionato per la squadra che partecipa alle Olimpiadi di Berlino del 1936, interviene, nella primavera del 1935, ad uno stage ippico presso la rinomata scuola di equitazione di Orkenyi (Budapest). Frequenta così una famiglia della nobiltà magiara legandosi affettivamente ad una ragazza tanto che darà al suo cavallo preferito il nome del padre, Sandor.
Al profilarsi dell’impresa etiopica si fa raccomandare dallo zio Amedeo, all’epoca Generale d’Armata, pluridecorato della Grande Guerra, per essere assegnato ad un reparto mobilitato, convinto della missione civilizzatrice dell’impresa tendente al riscatto sociale di quelle popolazioni ferme a concetti arcaici.

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