In questi giorni ho
incontrato una donna che mi ha raccontato che sua nonna aveva visto la Regina
Elena durante la Grande Guerra, quando indossava la divisa da crocerossina.
Quello che l’era rimasto fermamente nel cuore era il sorriso di questa Regina
che aiutava i soldati consolandoli con la parola e curando e medicando le loro
ferite.
Quella scena non la dimenticò mai, specialmente, quando le dissero che era la Regina d’Italia. Le rimase dentro nel cuore le mani e l’abito bianco sporchi di sangue. Nessuno potrà mai cancellare dalla storia dell’Italia questa donna così meravigliosa, sposa e madre esemplare.
Passano gli anni e si dimenticano certi fatti, come il grande aiuto morale e fisico che diede alle popolazioni colpite dal terremoto di Messina del 1908. Sono passati centodieci anni da allora e nella bella città di Messina, nel 1952, si inaugurò un monumento a questa donna. Nei momenti difficili della patria, nella sofferenza, l’ancella di Dio era sempre presente ad aiutare gli altri.
Ci sono persone che nascono con un grande cuore e con molta umiltà che portano sempre con sé. Non mi voglio dilungare, ma questa madre degli italiani aveva la carità nel cuore perché veniva da un Paese lontano e aveva conosciuto tante situazioni difficili, in cui la povertà regnava.
La buona Regina riposa accanto al marito in Italia dallo scorso anno, ci sono voluti decenni perché questo avvenisse. In questi giorni, spinto dal desiderio di leggere delle pagine che mi facessero aprire il cuore verso questa donna, mi sono imbattuto in un vecchio articolo uscito nella rivista - il Borghese - del 31 marzo 1960, scritto da Ester Lombardo.
E’ una di quelle pagine che andrebbero messe nelle antologie delle scuole, per far conoscere lo spirito del tempo, in cui regnavano i Savoia. Nel nostro Paese, volutamente, si dimentica il suo passato monarchico. L’idea che mi sono fatto è che il nostro popolo tema di conoscere la sua storia, addebitando alla Monarchia qualsiasi colpa.
Non c’è umiltà in questo, un Paese non deve temere ciò che è stato e non deve dimenticare le sue radici.
Nell'articolo si parla di un libro uscito molti anni fa, in una edizione modesta, di pochi esemplari, scritto dal conte Suardi che fu per anni vicino ai Savoia, ed è stato Gran Maestro delle Cerimonie, e poi Gran Maestro Onorario di Umberto di Savia. L’episodio, legato alla Regina Elena raccontato dal Suardi, riguarda il periodo felice della Monarchia. Come ben si sa, la Regina non amava i fasti, le feste ed altri divertimenti. Conduceva una vita morigerata e si prodigava nell’aiutare i bisognosi anche attingendo ai suoi beni personali.
Nel libro che spero possa essere ristampato, racconta degli episodi inediti. Così scrive il Conte: “ La giornata della Regina cominciava alle sei del mattino ed era sino a sera, minuziosamente distribuita. E si può dire che non un’ora di questa giornata si trascorresse senza che una miseria venisse alleviata. Quale stile discreto in questi continui interventi.
La Regina inviava un gentiluomo vestito di nero, che consegnava agli interessati una busta “ di ignota provenienza. ” La sua cassetta serviva a pagare i soccorsi, le rette di clinica, le ammissioni in scuole e ospedali. Elena diceva: “Quando saranno terminati i miei, metteremo mano ai fondi del Re”.
Viene anche ricordata per il grande interesse che mostrò per la cura dell’encefalite letargica. Spese somme spropositate per la costruzione di ospedali, laboratori e consulti con scienziati stranieri. Quando sua figlia Giovanna, divenne Regina di Bulgaria, inviò alla madre dei campioni della radice “ veratropa” usata dai pastori per la terapia di questa malattia.
Tale rimedio si mostrò efficace, però, solo negli stadi iniziali della patologia. Un giorno di giugno d’un anno che poteva essere tra il 1930 e il 1935, la Regina, dopo aver visitato gli ammalati encefalitici, disse ai coniugi Suardi che la accompagnavano di voler recarsi a trovare i figli dei carcerati che soggiornavano presso l’ospizio gestito dalle suore Calasanziane.
Quando entrò nell’istituto alla Regina apparve uno spettacolo di grande desolazione. La superiora era assente, nelle stanze regnavano la sporcizia e il disordine più totale. I bambini trasandati stavano urlando e piangendo. Delle monache si avvicinarono alla Regina e la informarono che i bambini avevano appena consumato la prima colazione e per questo non avevano ancora sistemato, pur essendo quasi mezzogiorno.
La Regina Elena replicò dicendo che le stanze erano molto sporche e dovevano essere immediatamente pulite. Fece chiamare un’inserviente che con una vecchia scopa incominciò a pulire sollevando una nuvola di polvere. La Regina Elena aggiunse che le avrebbe fatto vedere il modo corretto di pulire lo stanzone. Si tolse quindi il mantello e i guanti. Suggerì di versare un po’ d’acqua sul pavimento ed iniziò a spazzare lentamente e con sicurezza. A loro volta anche i coniugi Suardi iniziarono a pulire.
La Regina si allontanò dall’ospizio solo dopo aver riordinato accuratamente tutto il camerone; nel pomeriggio fece pervenire all’istituto enormi quantità di vettovaglie, cibo, biancheria e dodici scope nuovissime.
Quella scena non la dimenticò mai, specialmente, quando le dissero che era la Regina d’Italia. Le rimase dentro nel cuore le mani e l’abito bianco sporchi di sangue. Nessuno potrà mai cancellare dalla storia dell’Italia questa donna così meravigliosa, sposa e madre esemplare.
Passano gli anni e si dimenticano certi fatti, come il grande aiuto morale e fisico che diede alle popolazioni colpite dal terremoto di Messina del 1908. Sono passati centodieci anni da allora e nella bella città di Messina, nel 1952, si inaugurò un monumento a questa donna. Nei momenti difficili della patria, nella sofferenza, l’ancella di Dio era sempre presente ad aiutare gli altri.
Ci sono persone che nascono con un grande cuore e con molta umiltà che portano sempre con sé. Non mi voglio dilungare, ma questa madre degli italiani aveva la carità nel cuore perché veniva da un Paese lontano e aveva conosciuto tante situazioni difficili, in cui la povertà regnava.
La buona Regina riposa accanto al marito in Italia dallo scorso anno, ci sono voluti decenni perché questo avvenisse. In questi giorni, spinto dal desiderio di leggere delle pagine che mi facessero aprire il cuore verso questa donna, mi sono imbattuto in un vecchio articolo uscito nella rivista - il Borghese - del 31 marzo 1960, scritto da Ester Lombardo.
E’ una di quelle pagine che andrebbero messe nelle antologie delle scuole, per far conoscere lo spirito del tempo, in cui regnavano i Savoia. Nel nostro Paese, volutamente, si dimentica il suo passato monarchico. L’idea che mi sono fatto è che il nostro popolo tema di conoscere la sua storia, addebitando alla Monarchia qualsiasi colpa.
Non c’è umiltà in questo, un Paese non deve temere ciò che è stato e non deve dimenticare le sue radici.
Nell'articolo si parla di un libro uscito molti anni fa, in una edizione modesta, di pochi esemplari, scritto dal conte Suardi che fu per anni vicino ai Savoia, ed è stato Gran Maestro delle Cerimonie, e poi Gran Maestro Onorario di Umberto di Savia. L’episodio, legato alla Regina Elena raccontato dal Suardi, riguarda il periodo felice della Monarchia. Come ben si sa, la Regina non amava i fasti, le feste ed altri divertimenti. Conduceva una vita morigerata e si prodigava nell’aiutare i bisognosi anche attingendo ai suoi beni personali.
Nel libro che spero possa essere ristampato, racconta degli episodi inediti. Così scrive il Conte: “ La giornata della Regina cominciava alle sei del mattino ed era sino a sera, minuziosamente distribuita. E si può dire che non un’ora di questa giornata si trascorresse senza che una miseria venisse alleviata. Quale stile discreto in questi continui interventi.
La Regina inviava un gentiluomo vestito di nero, che consegnava agli interessati una busta “ di ignota provenienza. ” La sua cassetta serviva a pagare i soccorsi, le rette di clinica, le ammissioni in scuole e ospedali. Elena diceva: “Quando saranno terminati i miei, metteremo mano ai fondi del Re”.
Viene anche ricordata per il grande interesse che mostrò per la cura dell’encefalite letargica. Spese somme spropositate per la costruzione di ospedali, laboratori e consulti con scienziati stranieri. Quando sua figlia Giovanna, divenne Regina di Bulgaria, inviò alla madre dei campioni della radice “ veratropa” usata dai pastori per la terapia di questa malattia.
Tale rimedio si mostrò efficace, però, solo negli stadi iniziali della patologia. Un giorno di giugno d’un anno che poteva essere tra il 1930 e il 1935, la Regina, dopo aver visitato gli ammalati encefalitici, disse ai coniugi Suardi che la accompagnavano di voler recarsi a trovare i figli dei carcerati che soggiornavano presso l’ospizio gestito dalle suore Calasanziane.
Quando entrò nell’istituto alla Regina apparve uno spettacolo di grande desolazione. La superiora era assente, nelle stanze regnavano la sporcizia e il disordine più totale. I bambini trasandati stavano urlando e piangendo. Delle monache si avvicinarono alla Regina e la informarono che i bambini avevano appena consumato la prima colazione e per questo non avevano ancora sistemato, pur essendo quasi mezzogiorno.
La Regina Elena replicò dicendo che le stanze erano molto sporche e dovevano essere immediatamente pulite. Fece chiamare un’inserviente che con una vecchia scopa incominciò a pulire sollevando una nuvola di polvere. La Regina Elena aggiunse che le avrebbe fatto vedere il modo corretto di pulire lo stanzone. Si tolse quindi il mantello e i guanti. Suggerì di versare un po’ d’acqua sul pavimento ed iniziò a spazzare lentamente e con sicurezza. A loro volta anche i coniugi Suardi iniziarono a pulire.
La Regina si allontanò dall’ospizio solo dopo aver riordinato accuratamente tutto il camerone; nel pomeriggio fece pervenire all’istituto enormi quantità di vettovaglie, cibo, biancheria e dodici scope nuovissime.
Nessun commento:
Posta un commento