NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

venerdì 23 marzo 2018

Il libro azzurro sul referendum - XI cap - 1

Una richiesta dell’on. Enzo Selvaggi alla Corte di Cassazione e alla Presidenza del Consiglio (7 giugno 1946)

«II Ministro degli Interni ha comunicato le cifre relative al referendum istituzionale ed ha indicato la cifra di maggioranza che determinerebbe il mutamento della forma istituzionale dello Stato. Tale cifra è stata calcolata in rapporto al totale dei voti validi. Si è, cioè, in sostanza calcolato quale delle due forme istituzionali proposte alla scelta del Paese abbia avuto il maggior numero di voti validi, adottando lo stesso criterio che per la elezione dei deputati all'assemblea costituente.
E’ legittimo questo criterio di determinazione della maggioranza rispetto alla lettera e allo spirito della legge sul referendum istituzionale? Non è legittimo secondo la legge, perché la legge sul referendum all’art. 2 prevede che si formi maggioranza soltanto in rapporto al numero degli «elettori votanti», vale a dire in relazione a tutti coloro i quali abbiano esercitato il diritto di voto.
La formula dell’art. 2 è infatti questa : «Qualora la maggioranza degli elettori votanti si pronunci in favore della repubblica... » La stessa formula è ripetuta per il caso della monarchia.
Non v’è dubbio che alla espressione « elettori votanti » si debba dare il suo preciso significato tecnico. E il numero degli elettori votanti e costituito — secondo la legge — dai voti validi e da quelli che l’art. 15 del regolamento ritiene nulli. Lo stesso regolamento (art. 12) rinviando all’art. 53 comma terzo della legge sull’Assemblea costituente, per la determinazione che il presidente del seggio deve tare del numero dei votanti, include in essi anche i voti nulli e non attribuiti.
Se si determinasse la maggioranza soltanto sulla base della dita lutale dei voti validi, si avrebbe una interpretazione estensiva della norma in favore della parte che ha ottenuto soltanto la maggioranza dei voti validi ma non la maggioranza dei votanti. Ed è chiaro che nella materia in questione non è consentita alcuna interpretazione estensiva.
Ne è idoneo a fornire alcun diverso elemento di interpretazione l’art. 17 delle norme regolamentari dello svolgimento e la proclamazione del referendum istituzionale (Decreto Luogotenenziale 23 aprile 1946), Tale articolo infatti dispone che la Corte di Cassazione proceda alla somma dei voti attribuiti alla repubblica e di quelli attribuiti alla monarchia in tutti i collegi», il che è operazione ovviamente necessaria anche nel caso che la maggioranza assoluta debita essere calcolata (come in effetti si deve) in rapporto alla totalità degli elettori votanti ».


La norma di legge che determina in modo vincolante il criterio di determinazione della maggioranza è appunto e solo l art. 2 della legge ove tale criterio è tassativamente espresso, disposizione che consegue in ordine logico a quella contenuta nell’art. I che deferisce soltanto alla decisione del popolo la scelta della forma istituzionale. E nemmeno può ostacolare l’interpretazione, quale risulta dalla lettera della legge, l’asserto che non è prevista l’ipotesi di una mancata maggioranza in relazione al numero « degli elettori votanti » a prescindere dalla considerazione che l’asserto rivela solo un inconveniente (che non fu mai, per antica saggezza, argomento), non è prevista nemmeno l’ipotesi, in ogni caso possibile, di una parità di voti, ipotesi che solleverebbe un identico problema costituzionale.
Non è legittimo il criterio, secondo lo spirito della legge: il referendum infatti decide sulla scelta della forma istituzionale e la decisione valida, in tal caso, per l’enorme impegno che la soluzione comporta, è giusto che sia quella che esprime la maggioranza della manifestazione di volontà di tutti coloro che alla decisione hanno partecipato.
Non e legittimo il criterio, secondo lo spirito della legge: il referendum infatti decide sulla scelta della forma istituzionale e la decisione valida, in tal caso, per l’enorme impegno che la soluzione comporta, è giusto che sia quella che esprime la maggioranza della manifestazione di volontà di tutti coloro che alla decisione hanno partecipato.
Il semplice esercizio del diritto di voto (anche se poi il voto risulti nullo) è già una manifestazione della volontà dell’elettore di partecipare alla scelta stessa. La nullità infirma soltanto il contenuto della manifestazione stessa agli effetti di un’attribuzione all'una o all'altra forma istituzionale, ma non costituisce una manifestazione di volontà contraria all'una e all'altra forma, e perciò il voto nullo va computato per la costituzione della cifra totale in relazione alla quale la maggioranza deve essere stabilita.
E’ necessario dunque, perché sia chiaro se, nella votazione sul referendum vi sia stata una decisione valida, che venga determinata preliminarmente la cifra totale dei votanti. Ripetiamo: la maggioranza voluta dalla legge è costituita non dal raffronto fra i voti per la repubblica e voti per la monarchia, ma dal rapporto delle due cifre rispetto ad  un terzo, e precisamente a quella del numero di tutti coloro che hanno votato. Il Ministero degli Interni ha quindi il preciso dovere di comunicare al Paese tale numero».

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