Sono trent’anni, oggi, da quando lasciai la Patria con un grido di protesta e di dolore e subii il sopruso nella speranza che il mio sacrificio si risolvesse comunque per il bene per voi tutti. Non è stato così perché non si può mutare la storia e imporre un regime estraneo alle tradizioni nazionali con un referendum che lasciò gravi e fondati dubbi nelle coscienze e profonda amarezza nei tanti che furono ingiustamente esclusi dal voto.
E mentre avrei voluto che dopo trent’anni di distacco, fossi solo io a soffrire dell’iniquità compiuta contro di me, devo constatare, come italiano e come Re, che i problemi fondamentali dell’Italia non sono stati affrontai e risolti.
La stessa espansione industriale, che la genialità e l’intraprendenza di molti, l'abilità, il lavoro e la concordia dei più, avevano creato, è stata, per la volontà di taluni e l’incapacità di altri, dilapidata e distrutta.
Il grande proposito – che era pur stato dei miei predecessori e mio – di un Italia prospera e felice per avere realizzato un perfetto equilibrio tra libertà individuale e giustizia sociale, non solo non si è compiuto, ma sembra ancora lontano.
La violenza, a lungo tollerata e più che mai recentemente scatenatasi, minaccia la libertà.
Italiani!
Tutto dipende da chi tra pochi giorni invierete al parlamento nazionale. Ritengo di avere il diritto e il dovere di dirvi, per l’affetto che a voi mi lega, di scegliere uomini che, come me, siano disposti al sacrificio personale, anche il più amaro, purché la Patria, libera, concorde e prospera sia la realtà di domani. Voi ben sapete di poter contare sempre su di me e sulla mia Casa.
Viva l’Italia! Umberto
Cascais, 13 Giugno 1976
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