Re Faruk a funerali della Regina Elena |
di Emilio Del Bel Belluz
Era nato al Cairo l’undici febbraio 1920. Con amarezza ho constatato che
questa ricorrenza in Italia non è stata ricordata da nessun giornale. Qualcuno
penserà perché ricordare questo Re che comandava l’Egitto? Durante la sua breve
vita, morì a soli quarantacinque anni, fece parlare molto di sé. Basta aver la
pazienza di sfogliare i vecchi faldoni dei maggiori settimanali e quotidiani
degli anni 1950 - 1965 per trovare sempre citati gli episodi della sua vita.
Quelli
che amano i Savoia, dovrebbero essere particolarmente grati a questo Re buono e
generoso. In particolare, il suo nome è legato all'esilio del Re Vittorio Emanuele
III e della Regina Elena. Il buon sovrano Faruk accolse i Savoia giunti
dall’Italia in nave con affetto di figlio. Li ospitò nella sua terra con quella
generosità che appartiene a pochi uomini. Si pensi che per i Savoia andare a
vivere in esilio rappresentava un avvenimento di grande tristezza. Il Re Faruk,
uomo di grande umanità, riuscì a mitigare la malinconia dell’arrivo dei
sovrani, facendo issare il tricolore sabaudo sul balcone di Palazzo Antoniadis.
Nel libro, assai raro, scritto da Flora Antonioni – Margherita ed Elena di
Savoia – edito da Ardini- ho trovato un riferimento a come i Savoia vennero
accolti:” Il 12 maggio 1946 il “Duca degli Abruzzi” entrava nel porto di
Alessandria d’Egitto, pavesato a festa; 101 colpi di cannone salutarono
l’arrivo di Elena e Vittorio in terra d’Egitto e re Faruk ancor giovane, ancora
snello, ancora trionfante di magnificenza orientale, era venuto a riceverli di
persona “ non come sovrani in esilio, ma come amici in visita”. Il re Faruk fu
ancora più gentile e offerse un grande ricevimento in loro onore nella
residenza estiva di Montazath.
Ordinò che fossero ospitati nel prestigioso
edificio della città, palazzo Antoniadis. Quest’ accoglienza così calorosa
stupì i sovrani italiani, in tempi difficili trovare qualcuno che ti accolga è
cosa rara, ma il Re Faruk che, allora aveva solo 26 anni, era un uomo molto
generoso. Quello che accadde pochi giorni dopo fu triste, perché come sta
scritto nel libro di Renato Barneschi:”
Stranamente, pochi giorni dopo, le
autorità militari inglesi ritennero di sollecitare al governo egiziano la
disponibilità del palazzo per ospitarvi una loro commissione. Prima che Re
Faruk potesse opporsi alla richiesta, Vittorio Emanuele, che ne era venuto a
conoscenza per non mettere in imbarazzo l’ospite lo informò di aver provveduto
a sistemarsi diversamente. Per Vittorio Emanuele e Elena significò rinnovare
anche da esuli l’avvilente esperienza dei traslochi e delle coabitazioni
che avevano mortificato i loro ultimi anni di regno. A provvedere all’emergenza
si prestò generosamente l’ingegner Aldo Ambron, un ricco italiano d’origine
israelitica da anni residente nel paese, il quale, sondato da Raimondo
Olivieri, fu lieto di lasciare metà della sua villa a disposizione degli ex
sovrani fino a quando non si fosse trovata una soluzione migliore.
Lui e i suoi
si ritirarono al secondo piano, lasciando il primo e il giardino ai conti di
Pollenzo. C’era una sola cucina e alle due famiglie non rimase che adattarsi a
usarla in comune”.
La generosità del sovrano d’Egitto fu dimostrata ampiamente
in altre occasioni. La regina di Bulgaria, Giovanna di Savoia, figlia di Elena
e Vittorio Emanuele III trovò anch’essa ospitalità in Egitto. Infatti, dopo
l’uccisione del marito da parte dei nazisti, salì al trono il figlio Simeone di
Bulgaria, di soli sei anni. La sovrana rimase in Bulgaria costretta dalla
situazione. In seguito, il referendum fece vincere la repubblica con il 90%
delle preferenze e, pertanto, la sovrana e i figli furono costretti a lasciare
il Paese. La Regina Giovanna chiese asilo all’Italia, dove era nata, ma le fu
rifiutato.
L’atteggiamento del nostro Paese viene spiegato dal fatto che chi lo
governava non voleva disturbare le relazioni tra l’Italia e lo stato della
Bulgaria che era sotto il dominio della Russia. In quel tempo il coraggio dell’Italia
non fu quello che tutti avrebbero sperato e la questione si concluse con un
rifiuto. Anche la Chiesa non dimostrò molta attenzione verso questa figlia
cattolica. Ancora una volta il Re Faruk d’Egitto dimostrò la sua gentilezza
verso Casa Savoia, e diede la possibilità a questa regina di giungere nella sua
terra, assieme ai suoi due figli. L’esilio dei reali Savoia fu rattristato
dalla morte di Vittorio Emanuele III che chiuse gli occhi il 28 dicembre 1948 alle
ore 14,20.
La scrittrice Flora Antonioni scrive: “ Elena sentì che la mano di
Vittorio si rilasciava nella sua, che dopo 52 anni e due mesi esatti di
matrimonio, di mano nella mano, attraverso glorie, lutti, rovine, quella
stretta si allentava per sempre e che un nuovo straziante “ mai più” veniva ad
aggiungersi ai tanti della sua stanca vita. E per piangerlo degnamente, per
riassumere con tre sole brevissime parole, tutto ciò che era stato per lei –
quando si fu ripresa dal grave collasso che l’aveva colta, quando lo vide già
ricoperto con la bandiera tricolore, che egli aveva tenuto per “ capoletto” a
Villa Jela, - singhiozzò: “ Era mio figlio… e mai epicedio coniugale era stato
più dolce, più profondo di questo”.
La morte del Re Vittorio Emanuele III, chiudeva
un grande capitolo della storia italiana. Il nobile Re Faruk, consegnò alla
storia il suo ospite tributandogli gli onori militari. Vicino al sovrano
mancava il figlio Re Umberto II, che si trovava in esilio in Portogallo. Così
scrive “Ai funerali (solennissimi celebrati in forma militare, con
l’intervento di Re Faruk) venne dal suo esilio portoghese anche Umberto, che
giunse in ritardo di ore sul previsto la mattina del 29 dicembre, perché, non
potendo per espresso divieto del governo italiano, neppure sorvolare l’Italia,
era stato costretto dalla tempesta a tornare indietro e a ripartire più tardi dall'aeroporto di Madrid per seguire la rotta “africana“.
Re Umberto II non
ha mai potuto contare sull’Italia, neanche per andare ai funerali del padre. Il
comportamento di quelli che si erano insediati, avrebbe potuto essere migliore,
in considerazione del fatto che il Re andandosene risparmiò all’Italia una
guerra civile, che avrebbe portato morti e dolore. Quel governo del no, non ha
mai pensato che la metà degli italiani era monarchica. Il Re Umberto II, aveva
dedicato al suo Paese queste parole: “ Io non desidero che di essere il primo
fra gli italiani nelle ore dolorose, l’ultimo nelle ore liete”. Il Re Vittorio
Emanuele III, venne sepolto nella cattedrale di Santa Caterina, i cui frati
erano italiani. La lapide sulla tomba portava solo queste parole: “Vittorio
Emanuele di Savoia 1869 -1947”.
La Regina non aveva più potuto rivedere
l’Italia, anche se questo era il suo desiderio più caro. Aveva confidato alla
sua dama di compagnia, la contessa Iaccarino : “Dove finiranno le mie ossa?
Vorrei tanto poter riposare su terra italiana”, ma non le fu concesso. La
repubblica temeva una vecchia regina con il cuore legato all’Italia, dove aveva
vissuto in armonia con il popolo e vicina agli umili. Era una signora della
carità, viveva per i poveri e per quelli che non avevano il necessario.
La
morte della Regina Elena, che si era trasferita in Francia a Montpellier,
avvenne il 28 novembre 1952. Per la mamma Elena, il Re Umberto II, pose due
piccoli pugni di terra: italiana e montenegrina. Posandoli sulla bara disse
commosso: “Mamma, possa tu riposare in pace fra queste zolle di terra che fu la
tua terra”.
La Regina ebbe l’omaggio del Re Faruk, e le parole riassumono un
gesto d’amore. “Un uomo, uno solo, è rimasto nella cappella dove due suore
Mercedarie pregano accanto alla bara di Elena coperta di garofani rossi, al
lume di grandi ceri tremolanti. L’uomo si avvicina al feretro, credendosi non
visto si china a baciarlo, a capo scoperto all’uso cristiano, poi si mette il
cappello in testa, si china di nuovo, strappa un garofano rosso e se lo mette
in tasca, dopo aver sussurrato qualcosa in una lingua sconosciuta, qualcosa di
dolce, di affettuoso.
Quindi esce in lacrime, tutto solo, grasso fanciullesco,
patetico e se ne va sotto la pioggia col suo garofano rosso in tasca: è Faruk
ex re d’Egitto, che ha voluto porgere ad Elena un ultimo omaggio, una specie di
attestato di devozione filiale all’uso musulmano”. Sul settimanale “Gente”
dell’1 aprile 1960, Arturo Lusini riporta alcuni episodi della vita di re
Faruk, in Italia, a dimostrazione del suo animo buono e caritatevole.
Il
sovrano d’Egitto era solito recarsi nelle periferie di Roma per donare beni di
prima necessità e denaro alle famiglie più povere. Una volta, venuto a
conoscenza dell’esistenza di un bambino reso immobile dalla poliomielite, si
recò a trovarlo per donargli una sedia a rotelle e del denaro alla famiglia che
viveva in una gelida baracca. Un giorno ricevette una letterina scritta da una
bambina di Agnano che le raccontava come fosse difficile per lei raggiungere la
scuola di Bagnoli, essendo priva delle scarpe, il Re buono, commosso, le fece
recapitare del denaro e del vestiario. Pur essendo musulmano, Re Faruk,
prediligeva compiere questi atti di carità, soprattutto in prossimità delle
feste natalizie e pasquali. Il sovrano d’Egitto fu trovato morto, a Roma, la
sera del 18 marzo 1965, nel suo studio, seduto alla sua scrivania.
Nessun commento:
Posta un commento