NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

domenica 12 aprile 2020

Re Faruk a cento anni dalla sua nascita

Re Faruk a funerali della Regina Elena

di Emilio Del Bel Belluz
Era nato al Cairo l’undici febbraio 1920. Con amarezza ho constatato che questa ricorrenza in Italia non è stata ricordata da nessun giornale. Qualcuno penserà perché ricordare questo Re che comandava l’Egitto? Durante la sua breve vita, morì a soli quarantacinque anni, fece parlare molto di sé. Basta aver la pazienza di sfogliare i vecchi faldoni dei maggiori settimanali e quotidiani degli anni 1950 - 1965 per trovare sempre citati gli episodi della sua vita. 
Quelli che amano i Savoia, dovrebbero essere particolarmente grati a questo Re buono e generoso. In particolare, il suo nome è legato all'esilio del Re Vittorio Emanuele III e della Regina Elena. Il buon sovrano Faruk accolse i Savoia giunti dall’Italia in nave con affetto di figlio. Li ospitò nella sua terra con quella generosità che appartiene a pochi uomini. Si pensi che per i Savoia andare a vivere in esilio rappresentava un avvenimento di grande tristezza. Il Re Faruk, uomo di grande umanità, riuscì a mitigare la malinconia dell’arrivo dei sovrani, facendo issare il tricolore sabaudo sul balcone di Palazzo Antoniadis. 
Nel libro, assai raro, scritto da Flora Antonioni – Margherita ed Elena di Savoia – edito da Ardini- ho trovato un riferimento a come i Savoia vennero accolti:” Il 12 maggio 1946 il “Duca degli Abruzzi” entrava nel porto di Alessandria d’Egitto, pavesato a festa; 101 colpi di cannone salutarono l’arrivo di Elena e Vittorio in terra d’Egitto e re Faruk ancor giovane, ancora snello, ancora trionfante di magnificenza orientale, era venuto a riceverli di persona “ non come sovrani in esilio, ma come amici in visita”. Il re Faruk fu ancora più gentile e offerse un grande ricevimento in loro onore nella residenza estiva di Montazath. 
Ordinò che fossero ospitati nel prestigioso edificio della città, palazzo Antoniadis. Quest’ accoglienza così calorosa stupì i sovrani italiani, in tempi difficili trovare qualcuno che ti accolga è cosa rara, ma il Re Faruk che, allora aveva solo 26 anni, era un uomo molto generoso. Quello che accadde pochi giorni dopo fu triste, perché come sta scritto nel libro di Renato Barneschi:” 
Stranamente, pochi giorni dopo, le autorità militari inglesi ritennero di sollecitare al governo egiziano la disponibilità del palazzo per ospitarvi una loro commissione. Prima che Re Faruk potesse opporsi alla richiesta, Vittorio Emanuele, che ne era venuto a conoscenza per non mettere in imbarazzo l’ospite lo informò di aver provveduto a sistemarsi diversamente. Per Vittorio Emanuele e Elena significò rinnovare anche da esuli l’avvilente esperienza dei traslochi e delle coabitazioni che avevano mortificato i loro ultimi anni di regno. A provvedere all’emergenza si prestò generosamente l’ingegner Aldo Ambron, un ricco italiano d’origine israelitica da anni residente nel paese, il quale, sondato da Raimondo Olivieri, fu lieto di lasciare metà della sua villa a disposizione degli ex sovrani fino a quando non si fosse trovata una soluzione migliore. 
Lui e i suoi si ritirarono al secondo piano, lasciando il primo e il giardino ai conti di Pollenzo. C’era una sola cucina e alle due famiglie non rimase che adattarsi a usarla in comune”. 
La generosità del sovrano d’Egitto fu dimostrata ampiamente in altre occasioni. La regina di Bulgaria, Giovanna di Savoia, figlia di Elena e Vittorio Emanuele III trovò anch’essa ospitalità in Egitto. Infatti, dopo l’uccisione del marito da parte dei nazisti, salì al trono il figlio Simeone di Bulgaria, di soli sei anni. La sovrana rimase in Bulgaria costretta dalla situazione. In seguito, il referendum fece vincere la repubblica con il 90% delle preferenze e, pertanto, la sovrana e i figli furono costretti a lasciare il Paese. La Regina Giovanna chiese asilo all’Italia, dove era nata, ma le fu rifiutato. 
L’atteggiamento del nostro Paese viene spiegato dal fatto che chi lo governava non voleva disturbare le relazioni tra l’Italia e lo stato della Bulgaria che era sotto il dominio della Russia. In quel tempo il coraggio dell’Italia non fu quello che tutti avrebbero sperato e la questione si concluse con un rifiuto. Anche la Chiesa non dimostrò molta attenzione verso questa figlia cattolica. Ancora una volta il Re Faruk d’Egitto dimostrò la sua gentilezza verso Casa Savoia, e diede la possibilità a questa regina di giungere nella sua terra, assieme ai suoi due figli. L’esilio dei reali Savoia fu rattristato dalla morte di Vittorio Emanuele III che chiuse gli occhi il 28 dicembre 1948 alle ore 14,20. 
La scrittrice Flora Antonioni scrive: “ Elena sentì che la mano di Vittorio si rilasciava nella sua, che dopo 52 anni e due mesi esatti di matrimonio, di mano nella mano, attraverso glorie, lutti, rovine, quella stretta si allentava per sempre e che un nuovo straziante “ mai più” veniva ad aggiungersi ai tanti della sua stanca vita. E per piangerlo degnamente, per riassumere con tre sole brevissime parole, tutto ciò che era stato per lei – quando si fu ripresa dal grave collasso che l’aveva colta, quando lo vide già ricoperto con la bandiera tricolore, che egli aveva tenuto per “ capoletto” a Villa Jela, - singhiozzò: “ Era mio figlio… e mai epicedio coniugale era stato più dolce, più profondo di questo”. 
La morte del Re Vittorio Emanuele III, chiudeva un grande capitolo della storia italiana. Il nobile Re Faruk, consegnò alla storia il suo ospite tributandogli gli onori militari. Vicino al sovrano mancava il figlio Re Umberto II, che si trovava in esilio in Portogallo. Così scrive “Ai funerali (solennissimi celebrati in forma militare, con l’intervento di Re Faruk) venne dal suo esilio portoghese anche Umberto, che giunse in ritardo di ore sul previsto la mattina del 29 dicembre, perché, non potendo per espresso divieto del governo italiano, neppure sorvolare l’Italia, era stato costretto dalla tempesta a tornare indietro e a ripartire più tardi dall'aeroporto di Madrid per seguire la rotta “africana“. 
Re Umberto II non ha mai potuto contare sull’Italia, neanche per andare ai funerali del padre. Il comportamento di quelli che si erano insediati, avrebbe potuto essere migliore, in considerazione del fatto che il Re andandosene risparmiò all’Italia una guerra civile, che avrebbe portato morti e dolore. Quel governo del no, non ha mai pensato che la metà degli italiani era monarchica. Il Re Umberto II, aveva dedicato al suo Paese queste parole: “ Io non desidero che di essere il primo fra gli italiani nelle ore dolorose, l’ultimo nelle ore liete”. Il Re Vittorio Emanuele III, venne sepolto nella cattedrale di Santa Caterina, i cui frati erano italiani. La lapide sulla tomba portava solo queste parole: “Vittorio Emanuele di Savoia 1869 -1947”. 
La Regina non aveva più potuto rivedere l’Italia, anche se questo era il suo desiderio più caro. Aveva confidato alla sua dama di compagnia, la contessa Iaccarino : “Dove finiranno le mie ossa? Vorrei tanto poter riposare su terra italiana”, ma non le fu concesso. La repubblica temeva una vecchia regina con il cuore legato all’Italia, dove aveva vissuto in armonia con il popolo e vicina agli umili. Era una signora della carità, viveva per i poveri e per quelli che non avevano il necessario. 
La morte della Regina Elena, che si era trasferita in Francia a Montpellier, avvenne il 28 novembre 1952. Per la mamma Elena, il Re Umberto II, pose due piccoli pugni di terra: italiana e montenegrina. Posandoli sulla bara disse commosso: “Mamma, possa tu riposare in pace fra queste zolle di terra che fu la tua terra”. 
La Regina ebbe l’omaggio del Re Faruk, e le parole riassumono un gesto d’amore. “Un uomo, uno solo, è rimasto nella cappella dove due suore Mercedarie pregano accanto alla bara di Elena coperta di garofani rossi, al lume di grandi ceri tremolanti. L’uomo si avvicina al feretro, credendosi non visto si china a baciarlo, a capo scoperto all’uso cristiano, poi si mette il cappello in testa, si china di nuovo, strappa un garofano rosso e se lo mette in tasca, dopo aver sussurrato qualcosa in una lingua sconosciuta, qualcosa di dolce, di affettuoso. 
Quindi esce in lacrime, tutto solo, grasso fanciullesco, patetico e se ne va sotto la pioggia col suo garofano rosso in tasca: è Faruk ex re d’Egitto, che ha voluto porgere ad Elena un ultimo omaggio, una specie di attestato di devozione filiale all’uso musulmano”. Sul settimanale “Gente” dell’1 aprile 1960, Arturo Lusini riporta alcuni episodi della vita di re Faruk, in Italia, a dimostrazione del suo animo buono e caritatevole. 
Il sovrano d’Egitto era solito recarsi nelle periferie di Roma per donare beni di prima necessità e denaro alle famiglie più povere. Una volta, venuto a conoscenza dell’esistenza di un bambino reso immobile dalla poliomielite, si recò a trovarlo per donargli una sedia a rotelle e del denaro alla famiglia che viveva in una gelida baracca. Un giorno ricevette una letterina scritta da una bambina di Agnano che le raccontava come fosse difficile per lei raggiungere la scuola di Bagnoli, essendo priva delle scarpe, il Re buono, commosso, le fece recapitare del denaro e del vestiario. Pur essendo musulmano, Re Faruk, prediligeva compiere questi atti di carità, soprattutto in prossimità delle feste natalizie e pasquali. Il sovrano d’Egitto fu trovato morto, a Roma, la sera del 18 marzo 1965, nel suo studio, seduto alla sua scrivania.


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