Dopo la partenza del Re
1) Ordinanza della Camera di Consiglio della Corte di
Cassazione.
2) Il verbale 18 giugno 1946 della Corte di
Cassazione.
3) La requisitoria del Procuratore Generale
Massimo Pilotti.
4) S.E. il Presidente Pagano vota contro la
deliberazione della Corte.
5) Ordine del giorno del 18 giugno.
6) Passaggio dei poteri.
7) Commento de «La Voce della Giustizia».
Ordinanza (Camera di Consiglio della Corte di Cassazione)
Ordinanza (Camera di Consiglio), 18 giugno 1946 - Pagano P. Presidente -
Colagrosso estensore - Pilotti P. M. (concl. diff. «Presidente sezione
monarchica di Linguaglossa ed altri ricorrenti »).
Elezioni - Referendum istituzionale - Computo della maggioranza - Reclami
- Competenza del Supremo Collegio (D.L. Lt. 23 aprile 1946 n. 219, art. 19).
Elezioni - Referendum istituzionale - Computo della maggioranza - Schede
bianche e schede nulle (D.L. Lt.
16 rnarzo,1946, n. 98, art. 2).
La Suprema Corte, costituita a
norma dell'art. 17 del decreto legislativo 23 aprile 1946, n. 219, è competente
a conoscere sui reclami attinenti alla questione del modo di effettuare il
computo della maggioranza degli elettori votanti nel referendum istituzionale.
Il termine «votanti» contempla
non tutti coloro che abbiano esercitato il diritto di voto, deponendo
materialmente una scheda, ma quelli soltanto che abbiano compiuto una positiva
manifestazione di volontà e che tale manifestazione abbiano esteriorizzata col
rispetto delle rigorose garanzie di procedura che circondano la votazione, con
esclusione quindi di coloro che abbiano deposto scheda bianca o scheda nulla.
La Corte, ecc. — Considerato
che i proposti reclami, col richiamare la giuridica portata dell'art. 2 del
decreto legislativo luogotenenziale 16 marzo 1946, n. 98, là dove si parla
della «maggioranza degli elettori votanti» vengono a sottoporre al giudizio di
questa Corte suprema di Cassazione, la disamina e la risoluzione di due
problemi fondamentali relativo l'uno alla competenza, relativo l'altro alla
giuridica accezione della espressione «elettori votanti»
Quanto al primo
obietto, devesi affermare la competenza di questa Corte, sia perché tale tema
di discussione viene dedotto a traverso la proposizione di reclamo, la cui
cognizione appartiene al potere decisorio, conferito dall'art. 19 del decreto
legislativo luogotenenziale 23 aprile 1946, n. 219, sia perché tutto il
meccanismo dell'art. 2 del citato decreto, avente come oggetto specifici) il regolamento
del regime provvisorio quanto al Capo dello Stato, nell'una e nell'altra
ipotesi della instaurazione della monarchia o della repubblica, ha come suo
presupposto essenziale l'avvenuto accertamento da parte della Corte di Cassazione,
a traverso l'attività amministrativa e giurisdizionale, di cui agli art. 16 e 19
del decreto 23 aprile 1946, n. 219, della maggioranza circa la scelta popolare
sulla forma istituzionale.
L'art. 2 postula, come sua
esigenza imprescindibile, che Governo prima e Assemblea costituente poi
conoscano i risultati del referendum istituzionale perchè soltanto con tali
risultati, già accertati e proclamati, è possibile la disciplina di quella
situazione provvisoria che forma il contenuto specifico della norma.
D'altra parte,
se tutto il complesso procedimento tracciato dagli art. 17 e
e
19 del richiamato decreto n. 219,
mira a conferire alla Corte di Cassazione un potere amministrativo e
giurisdizionale, volto all'accertamento della volontà popolare circa la scelta
della forma istituzionale, manca qualsiasi motivo logico
e
giuridico per sottrarre alla Corte
di Cassazione la competenza a conoscere quel coefficiente, essenziale-per la
proclamazione dei risultati del referendum, che è costituito precisamente dalla
giuridica portata da attribuirsi alla espressione «maggioranza degli elettori
votanti ».
Quanto al secondo obietto, si osserva che il termine « votanti a,
nel suo significato tecnico-giuridico, contempla non tutti coloro che abbiano
esercitato il diritto di voto, deponendo materialmente una scheda, ma quelli
soltanto che abbiano compiuta una positiva manifestazione di volontà e che tale
manifestazione abbiano esteriorizzata col rispetto delle rigorose garanzie di
procedura che circondano la votazione.
Il voto è un atto giuridico e
perciò esso sta ad esprimere non solo una manifestazione di volontà, ma una
manifestazione resa nei modi di legge.
Le schede bianche
rappresentano forme di astensione dal voto (art. II decreto 219); ed è
manifesta la giuridica equivalenza tra l'inerzia di chi si astiene
completamente dal presentarsi all'urna e la posizione di chi non esercita il
suo diritto di voto, non manifestando volontà alcuna nella scheda presentata.
Non diverso è il caso delle schede nulle (art.
15 decreto 219) le quali rappresentano un atto irrilevante, dato il principio quod
nullum est, nullum producit efleetum.
In tutt'e
due i casi non si è in presenza di quel soggetto (elettore) che l'art. 2 del
decreto n. 98 esige per determinare la maggioranza efficace per la scelta della
forma istituzionale; maggioranza che in tanto può dirsi raggiunta, in quanto
l'elettore, col suo voto, abbia scelta, abbia eletta la forma istituzionale.
L'obiezione che, data l'obbligatorietà del
voto e la totalitarietà della votazione, maggioranza degli elettori votanti
debba intendersi come maggioranza degli elettori che hanno l'obbligo di votare,
non ha giuridica rilevanza, sia perché l'art. 2 del decreto n. 98 ha una sua
propria sfera di applicazione che è estranea al carattere obbligatorio del
voto, sia perché l'art. 2 si riferisce espressamente non agli elettori
iscritti, ma soltanto a quelli che abbiano effettivamente votato.
Ma a prescindere da tali
rilievi di ordine generale, si osserva che i decreti legislativi
luogotenenziali n. 98 e 219 offrono argomenti specifici per ritenere che
elettori votanti siano soltanto quelli che validamente espressero il loro voto.
Tali argomenti sono posti in rilievo dal fatto essenziale che i
due decreti, per il collegamento che deriva dall'art. 8 di quello n. 98 e per
il richiamo esplicito che il decreto n. 219 fa dell'altro, costituiscono un unum
corpus, agli effetti della determinazione dei risultati del referendum.
Ciò comporta
che, per l'accertamento di tali risultati, debbasi far capo unicamente al decreto n. 219, che contiene le norme specifiche per
calcolare la maggioranza degli elettori votanti, e che costituiscono la fonte
esclusiva per tale computo.
La
espressione «elettori votanti » usata dal decreto n. 98, ripete perciò la sua
efficacia di contenuto dalle norme del decreto n. 19, avente la stessa forma
giuridica dell'altro, e respinge, ogni elemento di chiarificazione che possa dedursi
da altre norme legislative emanate per altri effetti ed aventi una propria
sfera di applicazione. Dato tale essenziale presupposto, la maggioranza degli
elettori votanti non può essere che esclusivamente quella conclamata dagli art.
II, 16 e 17 del decreto n. 219; i quali sanzionano che la proclamazione debba
essere fatta sulla base dei voti validi e che la registrazione dei risultati
del referendum debba avvenire soltanto in rapporto a tali voti.
Il contenuto, perciò, del decreto n. 219, che
costituisce lo statuto unico ed essenziale per l'accertamento dei risultati del
referendum, respinge ogni computo delle schede bianche e di quelle nulle, che
l'art. 15 del decreto n. 219 prevede e disciplina, nella unilateralità del
trattamento giuridico al fine esclusivo dei criteri per la loro individuazione.
Si osserva, infine, che la espressione «maggioranza degli elettori votanti» si
riferisce alla maggioranza relativa e cioè alla prevalenza numerica dell'una e
dell'altra volontà di scelta della forma istituzionale, mentre respinge ogni
esigenza di maggioranza assoluta, od anche qualificata, in rapporto al numero
dei votanti.
A tale
risultato si perviene, considerando, da una parte, che la legge non condiziona,
né espressamente, né implicitamente, l'efficacia della deliberazione collegiale
a tale esigenza: e considerando, dall'altra, che il referendum non verte su
un'unica domanda, ma pone un'alternativa, la quale logicamente e giuridicamente
inerisce non ad una maggioranza assoluta o qualificata, ma ad una maggioranza
di voti validamente espressi. Tale verità è confermata da tutto lo sviluppo
del procedimento tracciato dal decreto n. 219, il quale esclude la possibilità
di un risultato negativo per difetto di maggioranza assoluta ed esclude quindi
un procedimento di rinnovazione del referendum, che è incompatibile con la
struttura e il funzionamento di tutto il sistema di attività amministrativa e
giurisdizionale della Corte di Cassazione e del regime provvisorio, sistema
che è organicamente prestabilito per la scelta della forma istituzionale, alla
quale venne chiamato il popolo italiano (art. I decreto n. 98).
Per questi motivi, rigetta, ecc.
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