NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

martedì 31 marzo 2020

Rosanna Benzi, una donna coraggiosa


di Emilio Del Bel Belluz 

Da anni possiedo un libro che mi assicura una forza interiore e mi aiuta a vivere. Questo testo ha sulla copertina una foto di una donna che sorride felice alla vita. Questa giovane è bloccata all’interno di una gigantesca macchina che l’aiuta a respirare. 

Non so quanti ricordino la vicenda della straordinaria Rosanna  Benzi. Il libro racconta la sua vita che è stata un susseguirsi di momenti che toccano le corde del cuore. Rosanna è morta nel febbraio del 1991, a soli 43 anni, nonostante la sua breve esistenza ha saputo lasciare una scia di forza che non potrà mai essere cancellata dal silenzio e dall’indifferenza. 

Penso a quanti avrebbero inveito contro il destino che impediva loro qualsiasi movimento, anche il più semplice. Più volte al giorno, il mio pensiero va alla Benzi, al suo coraggio e alla sua forza che cerco di imitare. 
A volte amiamo delle persone con tutto il cuore, anche se non le abbiamo mai incontrate.  La Benzi ha avuto una forza capace di superare anche il destino più disperato, grazie all’aiuto di Dio. Quando ho attraversato dei momenti difficili, ho cercato la forza in Rosanna Benzi. Pur essendo rinchiusa in un polmone d’acciaio, riusciva a sostenere con il suo coraggio le persone che le stavano accanto, viveva in un ospedale assieme ai suoi genitori che condividevano con lei i momenti  più importanti. In quella stanza, la buona Rosanna riceveva le persone che cercavano un significato alla loro vita. 
La penso come il capitano di una nave che non può abbandonare il posto finché tutti non siano stati messi in salvo. 
Coraggio, determinazione, grande amore per il prossimo e per Dio sono le parole che utilizzerei per definire la persona di Rosanna. E’ una che ha lottato fino all’ultimo, non pensando a se stessa, ma agli altri. Nel libro di Nino Salvaleschi: - Consolazioni - Edito da Corbaccio lessi la storia di un legionario svizzero: “ E penso a quello svizzero Alfredo Froidevaux, soldato della legione straniera ferito nel Tonchino, che nel corso di dieci anni fu quarantasette volte sulla tavola operatoria, sacrificando a poco a poco le dita, le mani, la braccia e le gambe, rimasto un semplice tronco, disse: “ Il sole brilla anche per me… Ma solo il credente è veramente forte”.  Penso alla sofferenza del legionario, che dopo molte battaglie è costretto all’immobilità totale. La guerra l’ ha trasformato, l’ ha mutato nel fisico, l’ ha mutilato in modo difficile da accettare, ma egualmente non ha perso la speranza,  ha avuto in sé la volontà di sopravvivere alla dura vita. Sempre nella stessa pagina lo scrittore Salvaleschi offre al lettore un’altra testimonianza di vita. Spesso mi ha aiutato in quei momenti, dove tutto mi pareva così difficile da comprendere. “ Katerine Mansflied, grande malata che soffrì terribilmente per lunghi anni, alla vigilia della sua morte avvenuta nel 1923, scrisse: “ Voglio prima di morire, lasciare una testimonianza: si può superare il dolore… Bisogna fare del dolore un principio di vita. Tutto quello che si accetta cambia di senso. Così la sofferenza si muta in amore, ecco il mistero”. 
Nel libro della Benzi - Il vizio di vivere - vi è una storia vera di un legionario che ha combattuto, ha sofferto e ha deciso di chiudere il conto con la vita. Questo soldato, dopo aver portato per molti anni l’uniforme, ha sentito che non aveva più ragione d’esistere e che solo la morte poteva liberarlo dalla sofferenza in cui viveva. Pensava di procurarsi la morte gettandosi nel vuoto. Nel libro la Benzi scrive: “ Luca G. era nella legione straniera. C’era perché non aveva paura della morte e perché pensava che il bilancio della sua storia fosse tutto in rosso o quasi. In una squallida camera d’albergo, a Teheran, passeggiava avanti e indietro con le mani dietro la schiena. Corrugando la fronte guardava la finestra e poi il muro sulla parete opposta, poi la finestra, poi di nuovo il muro. Avanti e indietro, avanti e indietro, il suo passo si faceva più veloce e convulso, perché sia la finestra che il muro gli facevano venire la stessa  idea. Si affacciò al balcone e guardò quanto era in alto. Sarà stato trenta metri sopra a un cortilaccio d’asfalto. Non soffrì le vertigini, non ne aveva mai sofferto. Luca G. guardava l’asfalto lercio comparso di polvere e pietrisco. Il grigio può essere un colore molto triste. Tornò a camminare nella stanza, più lentamente perché ormai aveva deciso che non c’era più bisogno di andare in fretta. Si poteva lasciare qualcosa di scritto. 
Non sappiamo capire il motivo della nostra nascita, ma possiamo spiegare qualche volta, perché togliamo il disturbo. A chi scrivere? Ci fosse qualcuno pensò, a cui scrivere una cosa così grossa, ora andrei  da lui e smetterei di guardare la finestra. Non devo spiegazioni. Non me ne chiedono. Non se ne chiederanno. Si sentì in compagnia, la compagnia di coloro che hanno scelto la morte. Era una grande compagnia. Camminò verso il balcone ancora una volta. Il cielo era molto azzurro, piatto e insensibile dietro le residenze sontuose e dietro le fetide stamberghe. Le guglie del minareto parlavano di uno strano al di là. Il cortilaccio  d’asfalto lo stava aspettando. Posò le mani sulla ringhiera e si sporse in avanti. Due bambini, che prima non c’erano, avevano preso a giocare di sotto. Raspavano fra le pietre e s’ intorcinavano nella polvere. Nuvolette si alzavano quando battevano per terra i loro piedini scalzi e sporchi. Ridevano. Si picchiavano. Si rincorrevano. I bambini non hanno colpa. Un uomo che muore è troppo brutto per loro. Luca G., il legionario, si calmò un momento, e rientrò nella camera. Si lasciò andare sul letto e accese una sigaretta. L’ultima, magari. Dal materasso si alzò un odore di muffa che si mischiò al fumo. Divenne un odore di funghi bruciati, di sottobosco inquinato. Nello specchio la sua immagine non compariva. L’angolo di rifrazione, pensò, mi butta sul soffitto, o in mezzo alla stanza, sul lampadario, e il mio corpo svanisce … lo specchio era accanto ad una cassettiera alta quanto un uomo. Quasi tutti i cassetti erano aperti. Luca G. si alzò e curiosò dentro, fra le sue cose. 
Chissà come, chissà perché, da un cassetto saltò fuori una rivista italiana, piegata a una certa pagina. In bella mostra c’era la foto della mia faccia, che rideva e faceva le boccacce, per scherzo. Luca G. cominciò a leggere la mia storia. Quando staccò gli occhi dalla rivista, il cielo era ancora azzurro e piatto, e il cortile lercio, e le stamberghe erano fetide, ma dentro al cuore gli era tornata la voglia di vivere, e i bambini potevano tornare a giocare tranquilli. Mi scrisse che gli avevo salvato la vita, che la mia forza lo aveva impressionato, che allora doveva farcela anche lui. Adesso Luca G. lavora in un lebbrosario. Dice che si sente dentro la necessità di fare qualcosa per gli altri”.  Dopo aver letto questa testimonianza della grande Benzi mi accorgo che sento il bisogno di fermare la mia attenzione sulla sua grande capacità di amare. Il Signore dona alle persone speciali, come la Benzi, una forza immane che sanno trasferire agli altri.. 
Voglio trascrivere una parte di quanto riportato nel risvolto interno del libro. “ Il vizio di vivere è il vizio di Rosanna Benzi, quello che non perdette quando la poliomelite la costrinse il 21 marzo del 1962 a giacere immobile in un polmone d’acciaio, all’ospedale di San Martino ( Genova). Da allora quella condizione non è mutata, ma la piccola stanza al Pronto Soccorso, anziché trasformarsi in un buio recesso di tristezze e disperazione senza appello, è diventata una crocevia dove si incontrano amici, personaggi famosi, giornalisti e perfino ammiratori. Attorno a Rosanna e al suo sbuffante polmone d’acciaio è sempre avvertibile un alone d’allegria, d’impegno civile e d’operosità. Si discute, si scherza, si redigono gli articoli della rivista che Rosanna dirige, si mangia, si festeggiano il Natale, e i compleanni..” Già dalle prime righe del libro si comprende come la sua vita sia stata molto difficile. “Il bicchiere era posato sul comodino accanto al letto. Avevo una sete terribile ma il mio braccio non si alzava abbastanza da raggiungerlo. La mano lo sfiorava, cercava inutilmente di afferrarlo e poi ricadeva lungo la sponda del letto, e io non potevo far altro che ritentare, perché avevo sete, una sete secca e spietata. Leggendo queste poche righe, il mio pensiero va al navigatore solitario Ambrogio Fogar, il cui sogno era quello di alzarsi dal letto dove il suo corpo era inchiodato e osservare il cielo e vedere le stelle. Penso pure al grande attore americano,Christopher Reeve, che nei suoi film aveva interpretato la figura di Superman e che dopo una caduta da cavallo rimase paralizzato. Passò la sua vita immobilizzato in una carrozzina, respirava attraverso una macchina e nonostante tutto seppe accettare il suo tragico destino. Anche questo grande attore aveva un sogno da realizzare: alzarsi dal letto e aprire una porta. Un piccolo gesto che compiamo tante volte al giorno e non ci rendiamo conto della fortuna  che possediamo. Nei duri momenti della mia vita, ho pensato molto a questi due personaggi. Il caro Fogar  passò gran parte della sua vita a sfidare la morte con  imprese che sembravano  impossibili e dopo fu costretto a sfidare il vivere quotidiano per ottenere dei piccoli risultati. Rosanna Benzi passò ventinove anni della sua vita nel polmone d’acciaio e questi ventinove anni sono stati importantissimi, diventarono un modello di vita spesa per aiutare gli altri e a infondere loro coraggio. Sul Corriere della Sera alla sua morte, la giornalista Daniela Attimani gli ha dedicato un grande articolo dal titolo: “ Donna Coraggio è morta con un sorriso – Ventinove anni in un polmone d’acciaio Rosanna Benzi aveva il Vizio di Vivere. 
Nell’articolo ho appreso che un gruppo d’intellettuali voleva che fosse nominata senatore a vita. Il primo sostenitore di questa nomina apparteneva al partito Democrazia Proletaria. Concludo questo ricordo di Rosanna con le parole della giornalista del Corriere: “ Domenica sera Rosanna Benzi ha lavorato. Nella sua stanza, tappezzata di quadri, piena di libri, animali di peluche, piccoli gadget colorati, si è riunita la redazione della rivista - Gli Altri-. Insieme hanno preparato il prossimo numero sul quale verrà pubblicata una lettera per la pace indirizzata a Bush e a Saddam. Quando i collaboratori si sono accomiatati, Rosanna “ stava abbastanza bene”. Durante la notte ha perso conoscenza, la fine è sopraggiunta ieri mattina”.

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