NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

martedì 31 marzo 2020

La travagliata storia del monumento torinese a Vittorio Emanuele II


di Sergio Donna 

TORINO. Com’è noto, le spoglie di Vittorio Emanuele II, primo Re d’Italia, spentosi il 9 gennaio del 1878, furono tumulate a Roma, nel Pantheon. I Torinesi si aspettavano che venissero accolte a Superga, dove sono custodite le tombe di decine di duchi, duchesse, Re, Regine e Principi sabaudi. Ma Vittorio Emanuele era il primo Re d’Italia, e si pensò che il suo corpo dovesse essere più opportunamente tumulato in uno dei monumenti simboli della capitale del regno, nel pieno centro storico di Roma.

Il nuovo Re Umberto I, figlio di Vittorio, consapevole dell’affetto dei Torinesi per la monarchia e in particolare per questo Padre della Patria, che proprio da Torino aveva progettato e ordito l’Unità d’Italia, si sentì in dovere di erigere, nella città che per quasi cinque secoli era stata sede del ducato e poi della monarchia sabauda, un imponente monumento alla memoria dell’amatissimo sovrano.

Umberto decise così di elargire la considerevole somma di un milione di lire per la realizzazione di un grande monumento a Torino, in onore di suo padre. Fu contemporaneamente indetto un bando di concorso per l’erezione del monumento. Come luogo di posizionamento, fu scelto l’attuale crocevia tra Corso Vittorio Emanuele e Corso Galileo Ferraris, allora coincidente con l’angolo a nord-est del quadrilatero delimitante l’antica piazza d’Armi.

Furono presentati ben 46 bozzetti e 8 disegni. Il responso della Commissione Giudicatrice fu pubblicato il 1° aprile del 1879 sulla Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia. Fu considerato vincitore del progetto il giovane scultore genovese Pietro Costa, allora trentenne (1849-1901).

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